Il fascino discreto del futuro

Il fascino discreto del futuro

Sono preoccupato. Decisamente preoccupato.

Sono preoccupato soprattutto per me stesso, lo ammetto. Per il mio futuro, per quello della mia famiglia, dei miei amici, degli umani in genere.

Quello che sta palesemente accadendo sotto i nostri occhi è una trasformazione senza precedenti nella storia dello sviluppo della società e dell’essere umano. È una trasformazione non casuale, ma programmata. Da chi, almeno per il momento, non è dato saperlo. O meglio, ci sono alcuni che, evidentemente qualcosa sanno, magari perché ne sono stati messi al corrente da altri, ed ogni tanto si lasciano sfuggire brandelli di verità. Particolarmente discusso da noi in Italialand il caso dell’ex ministro della “Transizione ecologica” Roberto Cingolani.

La mia preoccupazione ha un nome (e cognome): IA, ossia Intelligenza Artificiale (o Artificial Intelligence, per fare bella figura con gli esperti del settore). Ora non sto qui a fare tutta la storia e la cronistoria di questa meraviglia della tecnica, anche perché oltre ad essere lunghissima è anche molto complicata. Non basterebbe questo mio “piccolo” articolo a descriverne la genesi e lo sviluppo. Per chi avesse curiosità può cercare di districarsi in questo complesso campo attraverso la lettura di questo ottimo articolo divulgativo.

Fatto sta che a partire dal 2022, cioè pochi secondi fa se volessimo mettere su una stringa lineare lo sviluppo della tecnica e della tecnologia umana, si è dato pubblico avvio alle danze che riguardano quella che, a mio parere, sarà la più grande e pericolosa (per l’uomo) evoluzione verso il “futuro”.

A dire il vero questo è uno dei più difficili articoli che ho scritto. Ho iniziato ad esaminare e “collezionare” materiale fin dal maggio del 2021 (più di 80 articoli e conferenze letti e seguiti sull’argomento. Ho messo molti link in questo pezzo, ma solo per far capire come i fili della ragnatela siano difficili da sbrogliare. Se volete potete anche non visitarli). Da allora, pian piano, mi sono reso conto del fatto che, come la Pandeminchia, anche il tema che veniva sempre più discusso dell’IA aveva a che fare con la trasformazione radicale del nostro mondo che è stato deciso con largo anticipo dai soliti noti. In questo caso si tratta della tecnologia e dell’utilizzo della stessa che comporta, come un cavallo di Troia, al suo interno un pericolo mortale.

Per principio non sono contrario all’innovazione tecnologica, anzi.

Il telefono cellulare, vera novità della mia generazione (e di quelle precedenti) è stato una vera e propria rivoluzione tanto nel modo di comunicare, quanto in quello dei comportamenti sociali.

Come molti della mia età sono stato da principio restìo ad abbandonare le buone vecchie segreterie telefoniche, prima a nastro, poi digitali. Poi la comodità prese il sopravvento e cedetti all’utilizzo di questa scatola che ci ha resi schiavi. Come scriveva Orazio nel secondo libro delle sue Epistole: «Graecia capta ferum victōrem cepit» (ossia la Grecia, conquistata [dai Romani], conquistò il selvaggio vincitore).

Il problema non sta nella tecnologia in sé, bensì nell’utilizzo che se ne fa. In questo caso è un utilizzo a doppio senso, dove il sopravvento è stato (non a caso) preso dalla parte di chi il servizio lo “offre”, ossia il “sistema”. In realtà l’utilizzatore, che crede di essere libero, è utilizzato attraverso quest’oggetto (cellulare o computer che sia) che, come ho già più volte scritto, è la più potente arma di costrizione finora mai usata da qualunque dittatura in qualunque tempo. Più dei fucili, più delle minacce, più del ricatto. Anzi, il ricattato è felice di esserlo al punto tale da anelare lo strumento della sua schiavitù, pagandolo a caro prezzo al suo schiavista. Quest’ultimo, attraverso la propria industria, sforna in continuazione tale strumento di tortura e coercizione in nuove versioni, sempre più sofisticate e sempre più accattivanti agli occhi dello schiavo.

Nella storia dell’umanità non si era mai vista un’idea più diabolica per soggiogare il corpo e lo spirito degli uomini. Nemmeno Pol Pot riuscì a tanto. Fra le efferatezze, da lui e dai Khmer rossi, compiute si dice che facesse pagare ai parenti le pallottole con cui giustiziava le sue vittime. Qui, al contrario, sono le vittime che pagano spontaneamente.

Dal fare una telefonata (che come recitava un vecchio slogan pubblicitario avrebbe potuto allungarti la vita) all’essere schedati e controllati nel vero e proprio senso della parola attraverso questa scatoletta maledetta è stata questione di un attimo. In pochissimo tempo la scatola magica si è trasformata in un potentissimo strumento di controllo.

Lo stesso concetto è valido per l’IA. A chi non piacerebbe avere a disposizione una macchina che potesse risolvere tutti i problemi e i compiti più difficili in tempo reale? Una sorta di “lampada di Aladino” a cui basta chiedere per avere ciò che si vuole.

Ma le cose stanno proprio così? Non direi!

AI Generativa, innanzitutto, è un’arma a doppio taglio, soprattutto nelle sue applicazioni del tipo ChatGpt e similari (variano da azienda ad azienda, anche se al grande pubblico è più nota la versione di OpenAI).

Sulla pericolosità di tale tecnologia ha ben messo in guardia Catherine Austin Fitts, conosciuta dal grande pubblico dei non addetti al mondo bancario e amministrativo americano a partire dal periodo della Pandeminchia, allorché rilasciò un’intervista proprio su ciò che stava succedendo e su cosa il cosiddetto “deep State” mondiale aveva programmato per le masse.

In pratica attraverso l’utilizzo di ChatGPT il controllo attivo e passivo sulla massa sarà facilissimo.

Oltre a questo, come distinguere la realtà dalla menzogna digitale? Già ora girano in Rete filmati, completamente fatti dalla IA, con personaggi veramente esistiti che parlano e discutono di avvenimenti “storici” completamente reinventati. I principali destinatari di tali filmati sono i giovani, coloro che maggiormente credono nelle potenzialità (peraltro sicuramente presenti) di tale tecnologia, utilizzandola però senza alcun senso critico e, soprattutto, senza una cultura di supporto alle spalle. Infatti, nel corso degli anni, non a caso, è stata fatta terra bruciata nelle scuole, nei programmi scolastici e nei libri di testo, dell’utilizzo del senso critico, soprattutto attraverso il tentativo, più o meno riuscito, della cancellazione della Storia e della Filosofia. Questo ha fatto sì che i più giovani non abbiano neanche una “memoria storica” del passato che, quindi, si può riscrivere a proprio piacimento. In Rete, oltre alla cosiddetta “disinformazione” voluta, sono sparite decine di migliaia di testimonianze del passato messe online già da anni. Oltre alla chiusura sistematica di canali dei social considerati “scomodi”.

Sempre in Rete sono già infiniti gli esempi di manipolazione della realtà: non solo notizie inventate di sana pianta (che sono all’ordine del giorno, soprattutto sui canali dei “professionisti dell’informazione”), ma addirittura filmati completamente falsi, con personaggi falsi o reali che parlano ed agiscono come si vuole che facciano per il grande pubblico. Anche per i tecnici del settore è oramai quasi impossibile affermare se un filmato sia “vero” o “falso”. Oramai l’interesse su quanto prodotto dalla IA è un affare irrinunciabile. Basti dire che Alphabet, società madre di Google, lo scorso febbraio ha perso 70miliardi di capitalizzazione sul mercato, a causa di un “errore”. In pratica il suo strumento di creazione di immagini Gemini AI ne stava producendo di storicamente e fattualmente inaccurate (tipo George Washington che risultava un po’ troppo “abbronzato”, o nazisti con la pelle di varie colorazioni). In pratica per inseguire l’ideologia woke imperante era diventato più realista del re, fino al ridicolo.

 

Lo scopo di tale tecnologia

Ma tutto ciò non viene fatto di nascosto. La verità e la progettualità ci vengono dette in faccia. E questo già da tempo. Lo scopo ultimo dell’IA è il controllo. Totale!

Il buon Yuval Noah Harari (del quale mi ero già occupato qui) così si è espresso su tale materia: “Lo strumento più efficace utilizzato da un dittatore nella storia è la paura. Sei Stalin e vuoi tenere in riga la gente, cosa fai? Li terrorizzerai. Come si terrorizza un’intelligenza artificiale? Cosa farai? La manderai in un gulag? Ucciderai la sua famiglia? Voglio dire, cosa puoi fare a un’IA che inizia a dire cose o fare cose che vanno contro la linea del partito o cerca di toglierti il potere? I dittatori si trovano in un problema molto, molto serio, in un certo senso persino peggiore di quello delle democrazie”.

Ma di esempi in tal senso ce ne sono a bizzeffe.

Lo sviluppo di questa tecnologia è continuo ed esponenziale.

Lo stesso Sam Altman, fondatore di ChatGPT, durante l’Entrepreneurial Thought Leader (ETL) tenutosi alla prestigiosa Stanford University ha dichiarato: “Possiamo dire proprio ora con un alto grado di certezza scientifica che GPT -5 sarà molto più intelligente di GPT-4. GPT-6 sarà molto più intelligente di GPT-5 e non siamo vicini al vertice di questa curva…”.

Quale dunque il confine? Non se ne vede la fine.

Non a caso tutte le più potenti aziende mondiali ci si sono buttate a capofitto: da Apple a Microsoft, da Amazon a Google, per non dimenticare il buon caro vecchio Elon Musk (o “muschio”, come lo chiama giustamente Greg) che qualche tempo fa, proprio per abituare le pecore che lo seguono, si lanciò in una finta crociata contro la pericolosità potenziale dell’IA, salvo poi utilizzarla lui per primo nelle sue aziende, soprattutto in Neuralink. È un affare lucroso ed una corsa nella quale tutti vogliono arrivare primi al traguardo. E naturalmente te lo pubblicizzano nel modo più affabile e affascinante possibile. Vogliono convincere le pecore che l’IA è umana come noi, molto umana, tanto da assumere un avvocato per provarlo.

 

La strada che porta all’Inferno

Ma in che modo si manifesterà tale controllo?

Oltre al controllo delle menti più “fragili”, perché meno supportate da senso critico e da memoria storica, come dicevo prima, quello che secondo me a breve, molto più a breve di quel che si pensi, accadrà sarà la sostituzione degli “umani” con l’IA e con i robot da quest’ultima guidati.

In verità sta già accadendo un po’ ovunque. Per parlare di un campo come il mio, quello del giornalismo, già da molto tempo testate prestigiose come il Washington Post producono articoli redatti da IA. Vengono prodotti perfino i telegiornali attraverso tale tecnologia.

Una mia amica tedesca, che fa la traduttrice di libri dall’italiano al tedesco per conto di prestigiose case editrici teutoniche, mi ha raccontato di aver partecipato di recente ad un seminario del suo settore durante il quale ad un gruppo di traduttori, assieme a lei, sono stati sottoposte alcune traduzioni. Il gruppo doveva decidere quale delle versioni proposte, a partire da un testo in inglese, fosse stato a parer loro meglio tradotto in tedesco. Ebbene, la prima scelta è ricaduta su un testo che si è rivelato poi essere stato effettivamente tradotto da un umano, ma il secondo scelto era stato tradotto dall’IA.

Perfino nel campo della vita privata e sessuale si tenta di introdurre tale tipo di tecnologia.

Non solo le professioni per così dire “intellettuali” potranno, prima o poi, essere sostituite, ma anche quelle “manuali”, attraverso i robot. Oramai ne esistono di tutti i tipi, in ogni campo di quello che oggi è l’agire umano (dalla produzione in fabbrica, al settore sanitario, da quello dei servizi a quello della manodopera specializzata, ecc.) prodotti da aziende specializzate in ogni angolo del Globo.

Un robot potenzialmente lavora 365 giorni l’anno, 24 ore al giorno, non si ammala, non va in ferie e non fa figli a cui badare. Ovviamente già immagino il commento dei soliti benpensanti che diranno: “Eh, ma si rompono anche loro”. Grazie tante… Ma per un robot che necessita di riparazioni o di sostituzione ce ne sono una schiera infinita che continuano a fare il loro lavoro indefessamente.

E allora? Cosa accadrà dell’umanità, o meglio, di quel che ne rimane? Semplice: a chi sarà rimasto, tra una Pandeminchia e l’altra, occorrerà dare una sorta di reddito di cittadinanza, due croccantini per dirla sempre “alla Greg”, tenendo tutti sotto il costante ricatto di toglierglielo se non saranno ubbidienti. Ovviamente sarà una moneta digitale, a tempo (andrà spesa entro e non oltre una certa data, pena la sua sottrazione), da spendere per comprare oggetti per lo più inutili e cibo spazzatura da mangiare. Il tutto rigorosamente in “città da 15 minuti”. Saremo tutti felici di non avere nulla, per far riferimento allo slogan coniato da lor signori.

 

Conclusione

Le tecnologie, o meglio, quella che Umberto Galimberti (finché non s’è rincoglionito con la Pandeminchia) chiamava l’età della Tecnica, sono uno strumento potentissimo, molto più di quanto comunemente possiamo immaginare. E proprio per questa ragione devono essere messe sotto il vaglio di una, per così dire, categoria dello Spirito, ossia la Morale. Non a caso è una delle branche del pensiero umano più importanti e dibattute nel corso dei secoli dalla Filosofia. Cosa è lecito e cosa non lo è? Fin dove ci si può spingere nel perseguire determinati scopi e cosa si può ritenere “accettabile” per ottenerli? Chi è che stabilisce cosa sia per l’appunto “accettabile” e chi no? Ci si può fidare della “Scienza” in un campo come questo? La risposta è ovvia.

E allora? Ci si può ribellare a questo, a quanto pare, inevitabile destino di “assimilazione” per dirla con un’efficace espressione usata da parte dei Borg nella serie di Star Trek?

Direi di no, ma in parte sì.

Personalmente ho deciso di non avvalermi di tale tecnologia. Per così dire ho deciso di rimanere “analogico” e di non usare (almeno coscientemente) questo potente strumento per qualsivoglia operazione io compia e per qualunque problema io debba risolvere. Questo per due ragioni principali: la prima è che voglio utilizzare le mie capacità di ragionamento e culturali in genere per “cavarmela” in ogni circostanza della vita. Sono umano, ho un cervello con i suoi pregi e i suoi difetti e, soprattutto, non temo di non sbagliare. So perfettamente che è più facile prendere un ascensore per salire fino all’ultimo piano di un palazzo, ma so anche che l’esercizio fisico, per quanto duro e stancante, alla fine apporterà al mio organismo umano molti più benefici che momentanee scomodità. La seconda ragione è che mi rendo perfettamente conto del fatto che il “sistema”, che già mi ha reso schiavo volente o nolente per molte, troppe cose della mia vita quotidiana, sicuramente, attraverso un algoritmo si accorgerà in tempo reale del fatto che ho fatto utilizzo della sua tecnologia a buon mercato (in questo caso addirittura gratuita) e saprà così all’istante che la mia volontà, prima o poi, potrà essere piegata ed io, implicitamente, ricattato. Il sistema saprà che ha fatto breccia nel mio cervello e che avrà una fessura per rendermi “schiavo”, così come ha fatto con il cellulare.

No, non si tratta solo di accettare di utilizzare una macchina, che può avere anche dei risvolti di utilità. Si tratta di qualcosa di più profondo. Si tratta di delegare al “sistema” la capacità umana di pensare e prendere decisioni, giuste o sbagliate che siano. Ognuno è libero di scegliere in tal senso su cosa fare. Io, almeno finché mi sarà concesso, preferisco vivere.

 

 

Foto di copertina: © Mindworld Pixabay

Vot’Antonio, vot’Antonio!

Vot’Antonio, vot’Antonio!

Quando ero giovane, tra gli ultimi anni del liceo e quelli universitari, avevo un amico fraterno con il quale condividevo l’amore per la conversazione. Parlavamo per ore praticamente di tutto: dai sentimenti alle scelte difficili da prendere, dai progetti per il futuro alle nostre speranze, dalla Filosofia alla Politica. C’era solo un problema: io ero un ragazzino ancora dalle idee confuse, almeno in campo politico, mentre il mio amico le aveva molto più chiare delle mie, o almeno così a me sembrava.

Fu proprio durante le nostre lunghe conversazioni che io, pian piano, “maturai” le mie convinzioni politiche passando da posizioni “centriste” (più che altro influenzate dall’ambiente impiegatizio familiare) a convinzioni di “sinistra”. Tuttavia la differenza tra le mie posizioni e quelle del mio amico rimaneva grande: io avevo una visione, per così dire, di social democrazia, confondendo il mondo della Grecia antica (che tanto amavo) con quello moderno della “democrazia rappresentativa”. Il mio amico, invece, sembrava non credere al “sistema” ed aveva posizioni “extra-parlamentari” che io all’epoca giudicavo troppo “estremiste”. Nel corso di pochi anni, comunque, spostai le mie convinzioni fino a finanziare, da studente universitario squattrinato, il giornale “Lotta comunista” del quale iniziai a sposare le convinzioni politiche (almeno quelle dei suoi intellettuali). Tuttavia continuavo, illudendomi, a credere nei valori che mi erano stati inculcati e, pur annullando la scheda elettorale (non sentendomi minimamente rappresentato), continuavo ad andare al seggio elettorale, ritenendo che il voto rappresentasse ancora un “segno di democrazia” irrinunciabile.

Col passare degli anni ho capito che l’esercizio del voto, tanto bello sulla carta, poco ha a che fare con ideali democratici egualitari. Il voto, al contrario, è un potente strumento di legittimazione del potere. Anzi, lo è sempre stato.

 

Vota Antonio la Trippa

Le ragioni per le quali i partiti politici e i mass media insistono così tanto all’unisono che voi andiate a votare sono principalmente due. La prima, la più evidente, riguarda tutta quella pletora di omuncoli e nani da circo che campano facendo i maggiordomi del vero potere, quello economico-finanziario, all’interno dei parlamenti: “Tengo famiglia” si sarebbe detto una volta. Oggi, semplicemente, questa schiera di parvenu campa solo grazie alle prebende che le derivano dalle cariche ricevute all’interno dei partiti e degli incarichi istituzionali ricoperti. Ad eleggerli, il più delle volte, non è il voto degli illusi che ancora pensano che l’urna possa far cambiare la rotta prestabilita della politica, bensì la decisione presa dai partiti stessi che scelgono chi candidare e in che posizione mettere i singoli individui negli elenchi delle liste elettorali. In pratica a decidere chi dovrà sedere sopra una determinata poltrona non sono i cittadini con il loro voto, ma i giochi di potere (spesso di piccolo cabotaggio) all’interno delle segreterie e delle correnti politiche. Diverse migliaia di euro al mese, privilegi che un cittadino medio non si sogna minimamente di poter ricevere in tutta la sua vita e un vitalizio assicurato anche solo dopo una legislatura passata a fare il passacarte in qualche “sacro” emiciclo sono una ragione più che sufficiente affinché vi martellino dalla mattina alla sera con il messaggio dell’importanza del vostro voto. Ma non è né la sola, né a mio parere la principale.

In effetti chi è veramente preoccupato dal fatto che la massa possa disertare le urne è chi detiene il vero potere e che il “sistema” ha creato e mantiene attraverso tutta una massa di istituzioni e servizi preparati apposta per la sussistenza del medesimo. Non solo apparati burocratici, ma anche apparati dell’informazione che martellano dalla mattina alla sera il cittadino, il suddito per meglio dire, con slogan e surrettizi ragionamenti atti appunto a spingere le pecore a legittimare il sistema stesso, in questo caso con il voto. Se per assurdo nessuno si recasse alle urne ciò significherebbe non solo la completa eliminazione dalla scena politica e sociale di tutto quell’ammasso di servi e servetti di cui sopra, ma, soprattutto, un disconoscimento totale del sistema in sé. Il re sarebbe a quel punto “nudo”. È un po’ come per la storia della Pandeminchia e dei vaccini. Se nessuno li avesse fatti tutta la pantomima che ne è seguita e tutti gli attori in essa coinvolti sarebbero svaniti in pochissimo tempo. E forse oggi ci sarebbero ancora persone che, purtroppo, ci hanno lasciato più o meno prematuramente. In quel caso gli “anarchici” erano quanti, medici e ricercatori seri in testa, hanno lanciato un grido d’allarme circa quanto stava avvenendo e a quali conseguenze si sarebbe potuti andare incontro (come poi, puntualmente, è avvenuto). Sarebbe bastato esercitare un ragionevole dubbio per capire che la strada che ci stavano facendo intraprendere ben poco aveva a che vedere con il “nostro” bene. Ma si sa, il “sistema” adopera proprio le emergenze, vere o fittizie che siano, per spingere le persone a credere a soluzioni da lui stesso proposte (e messe in atto comunque). L’emergenza serve proprio per dare la legittimazione a quanto messo in atto. Si vedano ad esempio tutte le misure messe in atto “per il nostro bene” dopo l’altra pantomima, quella (tragica anch’essa per chi l’ha vissuta sulla propria pelle) dell’11 settembre 2001. Una volta deciso che tutto il mondo avrebbe dovuto adottare misure “anti-terrorismo” non sono state più tolte. Vedasi ad esempio quelle negli aeroporti e le centinaia di telecamere che ci controllano a vista dalla mattina alla sera ovunque.

Le elezioni funzionano allo stesso modo: si lancia l’allarme dell’astensionismo e ciò che potrebbe comportare, inventandosi appositi slogan, come dicevo sopra, del tipo: “Se non voti, comunque la tua astensione permetterà agli altri di raggiungere il quorum per essere eletti”; oppure: “Occorre essere responsabili in un momento in cui la democrazia è da più parti messa in pericolo”. Già, la democrazia è messa in pericolo. Se ce ne fosse una! E in ogni caso bisognerebbe vedere da parte di chi.

Il famoso adagio attribuito a Mark Twain “Se votare facesse qualche differenza, non ce lo lascerebbero fare” ha un fondamento che va al di là del senso comune. Il sistema prevede tutto pur di mantenere il potere e di perpetuare la propria esistenza. Come rimarcava giustamente Ernst Jünger nel suo “Trattato del Ribelle” il totalitarismo del sistema deve prevedere anche un finto, piccolo spazio per un’opposizione, proprio per giustificare e legittimare la sua soverchiante totalità. Allora, come scriveva l’autore tedesco, bisogna avere il coraggio di ribellarsi, di “andare nel bosco”, che è l’esatto contrario dell’indifferenza. Nel bosco si è soli, ma si è liberi e disposti alla lotta, alla ribellione. «La violazione del diritto assume talvolta apparenza di legalità, per esempio quando il partito al potere si assicura una maggioranza favorevole a modificare la Costituzione. La maggioranza può contemporaneamente agire nella legalità e produrre illegalità: le menti semplici non afferrano mai questa contraddizione. Eppure, già nelle votazioni, molto spesso è difficile stabilire l’esatto confine tra diritto e arbitrio.».

 

Fenomenologia di una nazione in declino

Piccola digressione finale che, in parte, ha a che vedere con quanto scritto finora. In Germania, in questo periodo elettorale, si stanno susseguendo una serie di “misteriosi” atti di violenza (più o meno annotabili) nei confronti principalmente di esponenti politici della SPD o dei Verdi. Ma tu guarda un po’ il caso, proprio in prossimità della tornata elettorale. Sempre al margine della stessa occorre rimarcare che degli otto principali partiti che si presentano per uno scranno europeo i solerti media tedeschi hanno deciso di escludere il crescente (almeno nei sondaggi) da poco nato partito Bündnis Sahra Wagenknecht, ossia “Alleanza Sahra Wagenknecht”, la ex deputata della Linke (della quale ho più volte scritto che a mio parere è il solo vero politico tedesco rimasto all’interno del Bundestag) dai dibattiti pubblici televisivi. Questo sempre per favorire il processo democratico, s’intende.

Eh, quanto è bella la democrazia anche in Kruchland! Così bella che i politici tedeschi, dopo che gli hanno distrutto ben due gasdotti, la fonte primaria d’energia per l’ex “locomotiva d’Europa”, e che ora sono costretti a comprare il gas sottobanco e per vie traverse a prezzi molto più alti sempre dalla Russia (oltre a quello a buon prezzo -si capisce l’ironia?- dagli Stati Uniti) di cosa si occupano in questi giorni? Ma ovvio, del rincaro dei prezzi del Kebab! Un fatto gravissimo, soprattutto per i più giovani (noti consumatori di cibo spazzatura, per l’appunto). Il fatto è tanto grave che se n’è occupato anche il Cancelliere Scholz in persona impegnandosi a farlo tornare a prezzi più ragionevoli, ossia sui 3 euro. Tanto vale la democrazia oggi.

Dei Vannacci e Toti di turno da noi non voglio nemmeno fare un cenno.

Mi raccomando, continuate a votarli!…

 


Gli onorevoli © Youtube Roberto Molfetta

 

Come parla? Le parole sono importanti!

Come parla? Le parole sono importanti!

“Come parla? Le parole sono importanti!” diceva, anzi urlava, Michele Apicella ad un’attonita intervistatrice (Mariella Valentini) in “Palombella rossa”. Ed aveva ragione. Le parole sono effettivamente importanti e pregne di significato. Il loro utilizzo può essere fonte di comprensione, malintesi o perfino una vera e propria arma utilizzata a scopo manipolatorio.

Questo appare chiaro soprattutto nel linguaggio comunicativo, che nel corso degli anni è stato volutamente cambiato. Oggi sono all’ordine del giorno, ovunque, termini come “resilienza” oppure “sostenibilità” (e relativi aggettivi, applicabili alla qualunque). La cosa non è di poca importanza ed è stata fatta artatamente. Resilienza è esattamente l’opposto di resistenza. Una volta si adoperava veramente di rado tale termine e per mettere in rilievo la caratteristica tipica della flessibilità contrapposta alla rigidità. È resiliente una canna di fronte alla potenza del vento di un uragano. Il giunco si piega e non offre “resistenza” alla forza impari delle folate d’aria che viaggiano a velocità elevatissima, proprio per non spezzarsi e volare via. Ma qui il concetto è fra due entità di grandezza incomparabile: il piccolo e debole giunco da una parte, la enorme forza e velocità del vento dall’altra. Questo è il vero significato da attribuire a tale termine. Oggi, invece, lo si è volutamente diffuso per stare a significare che chiunque, difronte alle difficoltà o calamità in cui può imbattersi, può risultare vincitore proprio in virtù di tale caratteristica. Meglio fingersi morti, senza combattere, come fanno alcuni animali quando sono sotto attacco da parte di rivali molto più forti. Si utilizza quindi questa sorta di linguaggio “fluido” per esprimere un concetto che non è proprio del termine, ossia resistenza ad un evento catastrofico esterno. Bisogna essere “fluidi” per resistere. Anche nella fisicità. Di qui il passo al “gender fluid”, un essere senza un’identità precisa, né donna né uomo né omosessuale (o ermafrodito per includerci anche un altro genere sessuale già noto da migliaia di anni). La fluidità, quindi la non identità per eccellenza, diventata sinonimo di modello ideale della società moderna, e anche per tale modello si crea un linguaggio apposito (vedi l’utilizzo della cosiddetta “schwa“, la “e” rovesciata “ә“). Dunque, se si è “resilienti” non si è “resistenti” nei confronti del “sistema”.

Come dicevo prima, altro termine principe dei tempi che stiamo vivendo è “sostenibilità”. Se leggiamo nel vocabolario Treccani (sulla cui evoluzione nel corso del tempo bisognerebbe scriverne a parte, ma non in questa sede) sotto questa voce troviamo scritto: «sostenìbile agg. [der. di sostenere]. – 1. a. Che si può sostenere: una tesi difficilmente sostenibile. b. Che può essere affrontato: una spesa s.; questa situazione non è più sostenibile. 2. estens. Compatibile con le esigenze di salvaguardia delle risorse ambientali: energia s.; sviluppo s., locuzione con la quale si indica una strategia di sviluppo tecnologico e industriale che tenga conto, nello sfruttamento delle risorse e nelle tecniche di produzione, delle condizioni e delle compatibilità ambientali».

Dunque quello che una volta era solo un significato per “estensione” di quello originario, derivato dal latino (“sub” e “tenere”, cioè tengo da sotto, sostengo, supporto), è diventato al giorno d’oggi il significato primario del termine. O meglio, lo hanno volutamente fatto diventare tale. Tutto deve essere “green”, verde, pulito. A partire dall’energia, anche quella usata per muovervi.

 

L’ambito sociale

Ma non basta. Il vostro stesso agire nell’ambito sociale deve essere “sostenibile”. Comprate un biglietto di aereo? Avete colpevolmente contribuito all’emissione di CO2 nell’atmosfera e quindi dovete abituarvi all’idea che in un prossimo futuro ciò non vi sarà più permesso senza pagarne uno scotto tanto in termini di denaro, quanto di libertà di movimento. Tutto questo, ovviamente, al netto del fatto che nessuno dichiara i principi in base ai quali sareste colpevoli di tale “misfatto” (come avreste in pratica fatto ciò), né che l’anidride carbonica “naturale” nell’atmosfera è di gran lunga superiore a quella prodotta per cause antropiche ed è per giunta necessaria al tanto citato (spesso a sproposito e senza cognizione di causa) ambiente. Di esempi se ne potrebbero fare a bizzeffe: uno per tutti le operazioni bancarie che effettuate online. L’utilizzo del vostro pc o smartphone per tali operazioni (un bonifico, un estratto conto, ecc.) comporta un certo quantitativo di emissioni di CO2 a voi imputabili, quindi per questo dovrete presto “pagare” (sempre nei termini citati sopra).

Dunque sì, le parole sono importanti e, come abbiamo visto, non vengono usate a caso. Il linguaggio viene lentamente cambiato nella società, in modo che ad esso ci si abitui lentamente (finestra di Overton), a partire dai libri di testo nelle scuole. Queste ultime sono oramai ridotte a succursali del “sistema” e non servono ad altro se non a veicolare alle nuove generazioni (perfino quelle troppo piccole per essere indottrinate attraverso gli onnipresenti smartphone) tale nuovo modo di “leggere la realtà” attraverso le parole e gli esempi (anche visivi).

Il cambiamento del linguaggio avviene anche a livello istituzionale. Lo si è visto bene durante il periodo della “pandemia”. Le decisioni prese non dovevano ricadere sulla responsabilità specifica (seppure queste sono state a livello locale ben evidenti) del singolo individuo o governante di turno, bensì sulla necessità dovuta al corso degli eventi. Di qui l’utilizzo massiccio del “si” impersonale: “si è deciso”, “si rende necessario”, “si consente”, ecc. ecc..

Come diceva Martin Heidegger in “Essere e Tempo” l’utilizzo del “si” nella comunicazione, per esprimere decisioni o imposizioni fatte percepire come inevitabili, serve per privare l’essere umano della sua caratteristica progettualità e per spingerlo verso la massificazione e l’appiattimento, facendogli percepire che egli non ha nessuna libertà di scelta. La prima forma di lotta verso la libertà di scelta infatti arriva già nel linguaggio, proprio perché delle decisioni arbitrarie ti vengono presentate come già prese, e a chi dissente rimane solo la disobbedienza.

Tutto ciò sarebbe già sufficiente per capire la gravità della situazione e ciò che ci aspetta in un futuro prossimo, anzi nel nostro presente. Tuttavia non c’è solo questo.

 

ChatGPT

Il “sistema” utilizza la tecnologia, la “tecnica” come avrebbe detto Galimberti quando ancora (spiace dirlo) non si era bevuto il cervello, per assoggettare l’uomo, i giovani in primis. E quale migliore strumento se non l’Intelligenza Artificiale per compiere tale operazione? ChatGPT come fonte del sapere, facile, rapida, e soprattutto gratis!

I giovani (ma non solo) la usano oramai quotidianamente, anche per svolgere i compiti loro assegnati dagli insegnanti. La macchina (opportunamente istruita attraverso algoritmi) ti dice esattamente quello che dovresti scoprire o fare tu attraverso lo studio ed il sacrificio. Il risultato è un concetto che non è proprio di chi lo dovrebbe elaborare, ma qualcosa che viene ripetuta a pappagallo, senza alcuna mediazione critica del soggetto percepiente. La macchina pensa per noi e ci suggerisce quello che dobbiamo dire e come ci dobbiamo comportare. Il migliore dei mondi possibili, per il sistema.

Soluzioni? Francamente non ne vedo alcuna all’orizzonte. Chi ha la coscienza di ciò che sta avvenendo può parare i colpi inflitti ovunque tutt’intorno, al meglio o alla peggio. Per tutti gli altri, essendoci immersi fino al midollo, non vedo soluzioni atte a farli “svegliare”, fermo restando che il “dialogo” non serve a niente, tantomeno a convincerli altrimenti da quanto assorbono quotidianamente. La lotta è impari, personalmente passo la mano.

Auguri a tutti! Per il futuro e per il nuovo anno.

 

P.S.: Dopo questa più o meno lunga disamina avrei voluto parlare del nostro amato Paese, Italialand e delle tante “armi di distrazione di massa” di quest’ultimo periodo (dal caso Cecchettin e patriarcato annesso, al Mes e la Meloni, per finire con la Ferragni). Purtroppo, o forse meglio per voi, mi sono dilungato troppo in questa chiacchierata. De “Nella tana del Bianconiglio” (così avevo intitolato l’articolo) ne parlerò (forse) un’altra volta.

 

Ma come parla? Le parole sono importanti!

© Youtube Amazon Prime video

Intermezzo

Intermezzo

Tema

Allora bambini, prendete carta e penna e scrivete: il candidato provi ad ipotizzare un sistema per poter ottenere una società con un numero di individui strettamente necessario allo svolgimento delle mansioni non automatizzabili attraverso la tecnologia, totalmente sottomessi e controllati, che permetta al contempo di massimizzare le perdite ed ottimizzare i guadagni.

Si tengano presenti le eventuali inevitabili difficoltà logistiche e gli imprevisti sia di carattere materiale (carenza momentanea di approvvigionamento di mezzi e materiali di produzione, possibili perdite di questi ultimi per guerre, sabotaggi e cose simili), sia di carattere “umano” (possibili rivalità fra i soggetti esecutori o piccole sacche, inevitabili, di ribellione).

Il candidato ha mezz’ora di tempo da adesso per svolgere l’elaborato. È consentito l’utilizzo della più fervida fantasia nello svolgimento, tanto si tratta solo di una ragionata ipotesi di lavoro.

 

Svolgimento

Qualcuno di voi ricorderà di sicuro la famosa Spectre, quella vera e propria associazione a delinquere che per lungo tempo è stata uno dei principali antagonisti di James Bond, l’agente dei servizi segreti britannici con licenza di uccidere uscito dalla penna di Ian Fleming. Sembra quasi che gli sceneggiatori dell’epoca avessero precorso gli attuali tempi. O forse proprio ad un’associazione reale, già allora esistente, si erano ispirati.

Una volta, forse, erano le cosiddette “Sette Sorelle”, ossia le maggiori compagnie petrolifere dei tempi di Enrico Mattei (che coniò tale locuzione), oggi sono i grandi fondi d’investimento: Black Rock, Vanguard, State Street, solo per citare i più grandi.

Questi ultimi sono veri e propri colossi in grado di spostare le politiche economiche, sociali e militari di intere nazioni. Le intelligence internazionali supportano la palese importazione forzata in Europa di centinaia di migliaia di musulmani attraverso le famose ONG soriosiane. Come ho più volte sostenuto questo viene fatto non per ragioni economiche, di sostituzione di manodopera (di cui non hanno assolutamente bisogno*) per i fabbisogni produttivi di diverse nazioni europee, Italia in testa, bensì per formare un sostrato sociale potenzialmente esplosivo. Questo si sta palesando ora, con la guerra scatenata da Israele in Palestina**. Più che prevedibili le proteste, prima, gli attentati potenziali, poi.

Fin dalle Guerre Napoleoniche, passando per la formazione dei vari Stati nazionali e per la Rivoluzione Russa, approdando infine alle prime Due Guerre Mondiali, i grandi capitalisti (leggi le solite famiglie) hanno sempre finanziato entrambe le parti in causa. In pratica, chiunque fosse il vincitore sul campo, loro hanno sempre tratto vantaggi economici e politici enormi. In questa Terza Guerra Mondiale, che stiamo vivendo un po’ a tozzi e bocconi, è esattamente la stessa cosa. Il tutto preparato con larghissimo anticipo e sempre in funzione del maggior guadagno possibile: in questo caso il controllo totale sulle masse a livello mondiale.

Ora è senz’altro più chiaro lo scenario che è stato preparato. Una guerra in Medio Oriente significherebbe la totale prostrazione economica e sociale di quello che rimane dell’Europa. Oltre ai disordini sociali innescati in modo specioso o sorti in modo spontaneo, la crisi energetica (e di conseguenza economica) sarebbe di una portata devastante, al cui confronto le attuali difficoltà economiche sarebbero solo un gioco per bambini. Questo per non parlare delle decine, se non centinaia di migliaia di potenziali vittime che sul campo di battaglia pagherebbero un prezzo ancora più grande in prima persona. Popolazioni già duramente messe alla prova da situazioni politiche ed economiche che si protraggono da anni in quella regione del mondo, vedrebbero arrivare un epilogo ancor più devastante. Il tutto senza tenere in conto una possibile escalation militare fra “forze occidentali” (Nato, Israele e alleati vari) e “orientali” (Cina, Russia, Iran e alleati vari). La possibilità di una guerra fatta anche con armi atomiche a basso potenziale non è affatto da escludersi, purtroppo.

Alla fine, “cui prodest scelus, is fecit” diceva Seneca nella sua “Medea”. L’ho già scritto chi è il beneficiario di questo sfacelo. Ma siccome io volo di fantasia, arrivo a dire che al di sopra di questi gruppi di potere finanziario guidati dalle solite famiglie c’è un livello ancora. Di questo, però, non voglio assolutamente parlare, perché come ebbe a dire Tommaso Buscetta, durante il Maxiprocesso del 1996, riguardo le rivelazioni che fece al giudice Falcone nel 1984 circa i rapporti tra la Mafia e i politici lui non parlava, perché non voleva perdere di credibilità come pentito (i rapporti erano tali che nessuno gli avrebbe mai creduto. Almeno all’epoca). Ecco, per quel poco che ancora presso alcuni godo di credibilità e sanità mentale, non voglio passare anche quest’ultimo Rubicone.

 

Intermezzo da Cavalleria rusticana © Youtube Charlotte Church

 

 

* Non ne hanno bisogno per la semplice ragione che: a) delle singole economie nazionali non gliene importa assolutamente nulla. Anzi, se uno Stato, come ad esempio il nostro, è in crisi economica totale o fallisce, non possono che essere felici, acquistando quel poco che rimane di beni e servizi, privati e pubblici, per due soldi; b) inoltre non ne hanno bisogno perché oggi la produzione (e lo sarà sempre più) è per lo più robotizzata, e l’apporto umano è sempre più residuo e superfluo. Importare centinaia di migliaia di “schiavi” a basso costo non gli serve di certo per sostituire posizioni lavorative che già non esistono più di loro o per raccogliere qualche quintale di pomodori d’estate. Se pure un immigrato entrasse seriamente a far parte del circuito produttivo di un Paese, ciò non avverrebbe prima di diversi anni, e questo non serve di certo per salvare le attuali già asfittiche economie del Vecchio continente.

** Se si vuole approfondire seriamente il tema della nascita dello Stato ebraico si ascoltino queste due conferenze tenute da Paolo Barnard, quando ancora faceva il giornalista (qui e qui).

Procede tutto come previsto

Procede tutto come previsto

Confesso la mia passione giovanile per le saghe di fantascienza. In particolare ricordo una frase detta dal “cattivo” per eccellenza della saga di Guerre stellari, l’imperatore Sheev Palapatine (alias Darth Sidious o Lord Sidious) pronunciata in una scena del sesto episodio (terzo film della serie, girato da Richard Marquand) “Il ritorno dello Jedi”, mentre conversava “amabilmente” con un altro dei personaggi iconici della storia, Dart Vader (nel doppiaggio italiano tradotto Fener): “Everything is proceeding as I have foreseen”, ossia “Tutto procede come avevo previsto”.

Questa frase la potrei pronunciare io in base a ciò che avevo scritto in diversi miei articoli già molto tempo fa, oppure, in modo più appropriato, è ciò che m’immagino che si dicano tra di loro i veri fautori del cambiamento epocale che stiamo vivendo (o subendo, dovrei dire). Già, perché le cose non potrebbero andargli meglio.

Tra finti (o appositamente provocati) “cambiamenti climatici”, guerre “false” che altro non servono se non a contribuire alla distruzione dell’economia europea, deportazione di massa di “profughi” che altro non servono (o serviranno) a contribuire a destabilizzare ancor più da un punto di vista soprattutto sociale i Paesi europei (Italialand in primis) già duramente fiaccati da sanzioni (vere o false), provvedimenti vessatori di diverso genere imposti dall’apparato marionetta burocratico di Bruxelles e Francoforte, e ritorni di finte pandeminchie, adattate con nuove varianti di malattie, direi che se fossi al posto loro non potrei che congratularmi con me stesso. Fin qui hanno fatto un ottimo lavoro, ovviamente dal loro punto di vista. Per non parlare di quanto stanno mettendo in opera per il controllo sociale, attraverso la digitalizzazione della moneta e dei dati di tutte le pecore (noi) governate attraverso la tecnologia, il cui strumento principe, come ho già scritto più di una volta, è il nostro oramai inseparabile smartphone.

 

Eh, ma i BRICS…

Dunque una tragedia? “Ma no!”, sostengono gli ottimisti. “Ci sono i BRICS, c’è Donald Trump, c’è Putin…”. Insomma ci sono i “salvatori della Patria” che combattono dalla nostra parte. Almeno questa è la narrativa portata avanti da molta gente facente parte della cosiddetta “contro-informazione”, come ad esempio Cesare Sacchetti con il suo “La cruna dell’ago”. Sospendo il giudizio sull’autore, anche se una mia opinione su di lui me la sono più o meno fatta nel corso del tempo. Certamente ciò che trovo poco credibile è la sua narrazione circa la nascita dei BRICS e la figura di personaggi come Trump e Putin. Al contrario trovo imprescindibile per capire l’interconnessione esistente tra i vari gruppi di potere mondiali l’ottimo blog The mirror truth, che riporta con analisi dettagliate i profondi legami tra l’alta finanza dei soliti noti e i potentati economici mondiali, quelli dei mandarini cinesi inclusi.

Figure come quella di Donald Trump o Elon Musk sono considerate, come dicevo, da parte della cosiddetta contro-informazione come quelle di paladini a cui far riferimento per pensare ad un mondo “vecchia maniera”, come quando sembrava a noi tutti che le cose “fossero normali”. In realtà loro, come lo stesso Putin (vero o sosia che sia), fanno parte, tanto quanto i vari Biden, Trudeau, Sunak, Von der Leyen & Co., della massoneria, solo però in logge avversarie a quelle di questi ultimi.

Tralascio la figura di Putin, perché sarebbe troppo lungo delinearla qui. Trump, che oltre alla famosa storia della sua catena alberghiera salvata dal fallimento grazie all’intervento di una piccola banca di proprietà dei soliti Rothschild (storia molto ben raccontata da Pietro Ratto nei suoi libri “I Rothschild e gli altri” e “Rockefeller e Warburg, le famiglie più potenti della terra”), ha stretti legami, attraverso il genero Jared Kushner con la comunità ebraica cashidica, nonché proprio tramite quest’ultimo ed il figlio Donald Jr., è legato al gigante Blackrock, quindi di nuovo ai Rothschild. Mi voglio soffermare un pochino di più su Musk, da tutti visto come un visionario un po’ pazzoide e genialoide.

 

La mobilità “green”

Tra le tante attività del vulcanico personaggio c’è quella, come tutti sanno, dell’imprenditore, ed in special modo quella di costruttore di auto elettriche con il marchio Tesla. Ma la produzione di auto elettriche ha in sé qualcosa che non torna affatto. Personalmente ho intervistato un operaio della sede berlinese di questa fabbrica di automobili, incuriosito dai metodi, le quantità e le tempistiche di produzione (a Berlino, in particolare, si produce il modello Y della gamma). Ebbene, con mio sommo stupore ho scoperto che ogni giorno lo stabilimento di Musk sforna circa 1.000/1.200 auto (una ogni 45 secondi, secondo un ciclo di produzione H24 suddiviso in tre turnazioni di lavoro, da 8 ore ciascuna). Ovviamente il numero di vetture prodotte, che si vorrebbe portare ad una ogni 40 secondi, dipende da inconvenienti che possono capitare in catena di montaggio. Tradotto tutto ciò vuol dire che al ritmo attuale di produzione lo stabilimento sforna ogni mese circa 36mila vetture, ossia 432mila all’anno. Se si scendesse come tempo di realizzazione ad una ogni 40 secondi (in Asia già producono al ritmo di una ogni 35 secondi), vorrebbe dire una produzione media di 720mila veicoli all’anno. E questo solo per il modello Y.

Ora, calcolando che, secondo il Sole24 Ore, la produzione di auto elettriche BEV (Battery Electric Vehicle, quindi non ibride) venduta lo scorso anno in Europa ammonta a 1,56milioni di unità (di cui Tesla appunto con il suo modello Y la fa da padrone con 137mila veicoli venduti, seguita dall’altro suo Modello 3 con 91.500 veicoli venduti) e con un ritmo di produzione sempre in crescita (almeno stando alle previsioni) la domanda sorge spontanea, come avrebbe detto Catalano: ma con tutte queste auto elettriche prodotte, cosa pensano di farci? Questo quesito nasce anche dalla considerazione che il terzo modello venduto è risultato essere l’ID.4 della Volkswagen, ma con solo 67.500 immatricolazioni e tutti gli altri modelli a calare. Per non parlare del fatto che il prezzo medio di una Tesla Y va dai 50 ai 60mila euro circa. Quanti europei si potranno permettere il lusso di lasciare le proprie “vecchie” auto a combustione, magari comprate solo un paio di anni fa, in favore di un veicolo elettrico?

Tutto questo per non dire della “presunta” convenienza dell’elettrico, sia in quanto a costi di produzione e rendimento energetico, sia in quanto a possibilità reali di produzione di “energia pulita”. A tal riguardo molto interessanti sono le considerazioni fatte dall’ingegner Fabio Castellucci (le potete trovare in diverse interviste online: ad esempio qui o qui).

A mio parere troveranno quindi una qualche forma di “incentivi” per far passare forzosamente alla mobilità elettrica, magari rendendo di fatto impossibile sostenere economicamente i costi di un’auto “tradizionale”, offrendo nel contempo la meravigliosa possibilità di usufruire di una BEV (e quindi del potersi spostare con un mezzo “proprio”) in cambio dell’ennesima dose di vaccino o della definitiva abdicazione della privacy. Il tutto nell’ottica del massimo spostamento consentito nelle “città da 15 minuti”, quindi perfette per la scarsa autonomia della mobilità elettrica. In pratica ve ne dovete stare in recinti cittadini, dove potete essere facilmente controllati. Il tutto sempre con la scusa della “salvaguardia dell’ambiente”. In pratica avremo una massa di persone convinte che il mondo sta morendo a causa della scelleratezza umana. A tal uopo hanno creato una massa di giovani generazioni di “dementi per il clima”, i quali, tra una secchiata di vernice ad un’opera d’arte o un monumento e un’incollata d’arti all’asfalto cittadino, pensano di salvare il pianeta. Il tutto rimproverandovi, voi sporchi automobilisti di Panda inquinanti! Tralasciando il fatto che nel medesimo tempo i potenti della terra si riuniscono periodicamente in luoghi favolosi del pianeta per dire a noi tutti come dobbiamo comportarci per non inquinare, mangiando grilli e carne sintetica, mentre loro si spostano esclusivamente con jet privati, mangiando manicaretti assai costosi, prodotti e cucinati alla “vecchia maniera”.

 

Il meraviglioso mondo di Italialand

Dunque, mentre i destini del mondo passano attraverso la “finta” guerra ucraina, l’ennesimo rigurgito di pandeminchia, i “cambiamenti” climatici, l’immissione forzata e forzosa di africani nel Vecchio continente e la sempre più manifesta rovina economica di quest’ultimo, nel meraviglioso mondo di Italiand, fra le tante minchiate (per i puristi della lingua, vedasi il link messo) con le quali vengono cibati gli italioti, due in particolare hanno occupato per settimane intere tutti i mass-media ed i salotti “bene” e “non” della Penisola: il generalissimo Roberto Vannacci, detto (da me) “piedone l’africano”, e la pesca del desiderio dell’Esselunga.

Il primo l’ho voluto soprannominare così perché mi ha ricordato molto, in un’immagine pubblicata per il settimanale italiota “Chi”, un personaggio interpretato da Bud Spencer (Carlo Pedersoli) in una tetralogia uscita negli Anni Settanta per la regia di Steno. Il generalissimo, personaggio creato ad hoc per spostare l’attenzione dell’italiota medio, è palesemente un gatekeeper, per usare un linguaggio “moderno”, ossia un infiltrato del sistema, come si sarebbe detto una volta. Magari fonderà anche un suo movimento politico, per dividere (come se ce ne fosse bisogno) ancora un po’ l’opinione pubblica nostrana. D’altra parte l’uomo forte, tendente al cazzone, ops… volevo scrivere allo sbruffone, è sempre piaciuto dalle nostre parti.

Ma si sa, gli italioti sono anche molto ondivaghi, quindi bisogna dargli anche storie più “leggere” e di “buoni sentimenti” su cui spostare la propria attenzione. Quindi? Che si fa? Ma semplice, si monta un caso su cui farli discutere animatamente per settimane a partire da uno spot commerciale “paraculo”, come si direbbe nella Capitale. Uno spot di quelli strappalacrime, come quelli che ogni anno, puntualmente, sotto Natale, sforna in Germania una notissima catena di supermercati. Buoni sentimenti nei confronti della nonna o del nonno di turno questi ultimi, buoni sentimenti nei confronti della piccola bambina di genitori divorziati nel primo.

D’altra parte perché mai dovrebbero focalizzarsi su una situazione economica e sociale a dir poco disastrosa i concittadini della bella famigliola della Esselunga? Non sia mai che poi a qualcuno (oramai un essere in via d’estinzione) gli venisse voglia di protestare, o chessó, di ribellarsi contro il governo fantoccio di turno.

Già, perché non vale neanche la pena oramai vedere chi sia l’incaricato di turno a passare le carte a Palazzo Chigi. A tal proposito il concetto lo aveva ben chiarito il salvatore della Patria Mario Draghi, allorquando ricopriva ancora il ruolo di capo della BCE: “I mercati non temono le elezioni, le riforme hanno il pilota automatico”. Ed è solo quello che conta. Le decisioni vengono prese altrove. Il popolo, in pratica, s’illude di contare qualcosa attraverso la scelta di candidati fantoccio di questo o quel partito. Esemplare a tal riguardo la frase dell’altro uomo forte di Goldman Sachs, il venerabile professor Mario Monti, allorquando in un’intervista del 2015 ebbe a dire:Si può sperare che l’opinione pubblica acquisti consapevolezza della perdita di leadership da parte di chi governa? È possibile che le pecore prendano a guidare il pastore nella buona direzione, assumendo anche il controllo del cane da pastore? Un po’ difficile.”. Quindi pecore, pascolate e zitte!

 

Israele, bel suol d’amore

Mentre sto per concludere questo mio lungo articolo (come al solito, direte voi! Ma d’altronde non si possono racchiudere così tanti argomenti e considerazioni in un tweet) arriva la notizia dell’attacco di Hamas in più parti d’Israele. La situazione è tutt’ora in divenire e, a parer mio, è un po’ troppo presto per dire cosa stia realmente accadendo: reale attacco secondo gli uni (ossia i sostenitori di Israele), “false flag” secondo gli altri (i sostenitori dei palestinesi). È molto probabile che possa trattarsi dell’inizio vero e proprio dell’escalation della Terza guerra mondiale (già in corso in più parti del globo: Europa, Africa, Asia ed ora Medio Oriente sotto diverse forme). In ogni caso è l’ennesimo sintomo della lotta che si sta svolgendo ai vertici dei gruppi di potere massonici, mai come ora in contrasto tra di loro per decidere chi sarà a guidare il mondo prossimo venturo, quello del controllo digitale verso cui tutti, nessuna delle grandi potenze escluse, si stanno dirigendo a vele spiegate.

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Youtube © Star Wars

Il re è morto. Viva il re!

Il re è morto. Viva il re!

Una breve premessa

Chi scrive è stato in passato, direi per un lungo periodo, un simpatizzante di “sinistra”, anche estrema oserei dire. Questo sempre al netto del fatto che ciò è accaduto quando, in qualche misura, della divisione tra “sinistra” e “destra” nella politica italiana ancora si poteva parlare, e sempre che in realtà abbia un senso dire di “essere di sinistra” o “essere di destra”. Solo il passare degli anni, infatti, mi ha insegnato che anche le ideologie (poco importa quali) sono sempre state utilizzate dal “vero” potere per comandare e soggiogare i popoli di tutta la terra. Questi ultimi, invece, hanno sinceramente aderito ai ruoli che di volta in volta venivano loro offerti, spesso anche a costo della propria vita e di quella delle persone a loro care.

Questa breve introduzione solo per non ricevere, dai soliti quattro cretini lobotomizzati, gli usuali epiteti che sono stati addestrati ad utilizzare, come i cani di Pavlov, nei confronti di chi la pensa diversamente dalla narrativa corrente del politically correct.

 

Una storia italiana. O forse no

Era il 17 febbraio 1992 quando l’allora, quasi sconosciuto, pubblico ministero Antonio Di Pietro ottenne dal Giudice per le indagini preliminari Italo Ghitti un mandato d’arresto per l’ingegner Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, nonché esponente di spicco del PSI milanese, per un’indagine iniziata l’anno prima che lo vedeva coinvolto in prima persona in una vicenda di corruzione amministrativa e di pagamenti di mazzette. Era solo l’ago nel pagliaio e rivelò ben presto un giro di tangenti che da anni era praticato in tutto il Paese, ma che tutti facevano finta che non esistesse. Le indagini si allargarono e, dopo le elezioni politiche dei primi di aprile di quell’anno, disastrose per tutte le formazioni (Lega e Rete di Leoluca Orlando escluse), fu un susseguirsi di accuse, dimissioni e, in alcuni casi, anche suicidi sia di politici che di imprenditori (fra gli altri l’ex presidente dell’Eni Francesco Cagliari e l’imprenditore Raul Gardini, presidente del gruppo Ferruzzi-Montedison, entrambi coinvolti nella storia della tangente “Enimont”). In poco più di un anno fu travolta un’intera classe politica, capi di partito in testa. Si registrarono anche diverse minacce di morte allo stesso Di Pietro (personaggio, per altro, niente affatto adamantino. Ma sarebbe troppo lungo parlarne qui.). Le inchieste, oramai numerosissime, videro coinvolta perfino la Guardia di Finanza. Solo il vecchio PCI sembrò essere toccato marginalmente da quest’ondata di scandali. Ma, in realtà, il motivo per il quale non fu coinvolto direttamente è ben altro. Ne riparlerò più in là in questo articolo.

Tutto ciò portò, come vedremo presto, alla fine della prima Repubblica, per usare un’espressione giornalistica.

 

Fozza Itaia

Ricordo perfettamente una sera del 1992 quando con alcuni amici stavamo girando per le strade di Roma chiacchierando. Ad un certo punto, nella zona di San Giovanni, notammo tutti dei cartelloni pubblicitari che esponevano l’immagine a tutto schermo di un neonato sorridente con sopra la scritta “Fozza Itaia”. Ci facemmo subito tutti la stessa domanda: “E questa, che roba è? Sembra uno slogan calcistico!”. Anche se i pubblicitari lo negarono in seguito, nessuno mi leva dalla testa che fossero, per così dire, le prove tecniche di trasmissione per il nuovo partito, già previsto, che sarebbe stato fondato nel gennaio del 1994, dopo la sua entrata in politica nell’ottobre dell’anno prima, da un imprenditore milanese: Silvio Berlusconi.

Il motivo per il quale, oggi, a distanza di anni, ritengo che non fossero casuali quei cartelloni pubblicitari è che poco più di due anni prima, esattamente il 9 novembre del 1989, era caduto il Muro di Berlino. Da allora si decise altrove che l’assetto politico europeo dovesse cambiare e che l’Italia in particolare dovesse dare spazio ad una classe politica nuova, che sostituisse la vecchia che, seppur corrotta e corruttibile, aveva il grandissimo peccato di essere formata da uomini politici autentici, cioè la cui formazione era stata quella politica reale e che, a modo suo, teneva comunque al bene generale del Paese. In altre parole bisognava spazzare via chi aveva ancora un concetto di mondo multi-polare e non globalista e la cui visione dei rapporti di forza risentiva ancora di “valori” politici, sociali e morali che appartenevano allo sviluppo dei secoli precedenti. La fine del 20esimo secolo, al contrario, doveva preparare a quei principi unificatori e annullatori delle differenze di pensiero che tutt’oggi sono le linee guida dei recenti sviluppi internazionali.

Proprio per questo motivo, quella che sto qui riassumendo, non è forse (come ho scritto sopra) proprio del tutto una “storia italiana”. E questo tanto per quanto riguarda la storia di “Tangentopoli”, quanto per l’entrata in campo (come usava dire lui stesso, mutuando il termine dal suo amato calcio) di questo personaggio tanto controverso, quanto atipico della politica italiana.

Nel bene e nel male il politico Berlusconi, assolutamente inscindibile dall’imprenditore, ha caratterizzato circa 17 anni della politica e società italiana: dalla fondazione ufficiale della sua Forza Italia nel gennaio del 1994, fino al 12 novembre del 2011, data delle sue dimissioni “forzate” da Presidente del Consiglio. Tali dimissioni, come notai all’epoca discutendo con i miei amici della sopra citata sera del 1992, erano state in realtà un vero e proprio “colpo di Stato” ad opera dell’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano* (forse il peggiore Presidente che la Repubblica italiana abbia mai avuto assieme all’attuale) e della comunità politica ed economica internazionale. Quest’ultima era la vera mandante di ciò che fece in pratica Napolitano. Molto probabilmente l’imprenditore Berlusconi fu ricattato. Le azioni di Mediaset iniziarono a perdere il proprio valore scendendo in picchiata per tutto il 2011, perdendo ben il 45,5 per cento già solo fino ad agosto. Non le andò certo bene anche per gli anni immediatamente successivi. Fu creata, nel 1987 e valeva 4miliardi a fine 1996, l’anno della quotazione in Borsa, per poi toccare i 30miliardi ad inizio del 2000, con l’avvento di Internet. Da allora però è stato un lento, inesorabile declino fino ai circa 1,7miliardi odierni, meno della metà di quanto valeva al momento della quotazione di 27 anni fa. In pratica Goldman Sachs & Co. fecero capire al Cavaliere che era arrivato il momento di cedere le redini del comando. E fu così che iniziò l’era Monti.

 

Berlusconi il corruttore

Sicuramente Berlusconi ha contribuito a peggiorare da diversi punti di vista il già traballante Paese della fine degli Anni 80. Sono il primo a ritenere che con le sue televisioni, grazie alla complicità di personaggi come Maurizio Costanzo e il di lui marito (no, non è un lapsus il mio…) che hanno portato nelle case degli italiani, già di loro tendenti alla superficialità, il peggior qualunquismo e la peggiore volgarità legata agli istinti primari (pappa, sesso becero e popò). È inoltre vero che il personaggio Berlusconi (e anche questo non è un caso) ha usufruito per i suoi progetti imprenditoriali dell’aiuto economico e non della Mafia, che, ricordo a noi tutti, è la “mano sporca” del potere internazionale. Altrettanto lo è che sia stato un corruttore ed abbia commesso forse decine di reati amministrativi e non, oltre ad aver approfittato del doppio ruolo di politico e di imprenditore, con un conflitto d’interessi palese, per far beneficiare, attraverso oltre 70 provvedimenti legislativi ad personam, le sue aziende di vantaggi di ogni genere, anche a danno di imprese dello Stato.

Ebbene, tutto ciò è sicuramente vero (come i molti processi a suo carico hanno più volte provato). Ne ero sicuro anni fa e lo sono ancora. Tuttavia non trovo che, nonostante tutto, il ruolo più grave, più denso di responsabilità in tutto il periodo che Berlusconi ha significato qualcosa per il nostro Paese e non solo, sia stato il suo. Berlusconi si è sempre presentato per quello che era, senza infingimenti. Non è stato proprio così per altri protagonisti della vita politica e sociale italiana.

E qui torniamo al ruolo che svolse, come ho scritto prima, il vecchio PCI durante la fase concitata di “Mani pulite”. Come ho già accennato, il vecchio Partito Comunista, o ciò che ne restava dopo la “svolta” occhettiana del 1991 con la trasformazione in PDS (Partito Democratico della Sinistra). Non è un caso che il nome riecheggiasse quello di uno dei due principali partiti di oltreoceano. Così come non è un caso che a succedere ad Achille Occhetto, secondo me manipolato da altri, nel 1994, anno della vittoria elettorale di Berlusconi, ci fu Massimo D’Alema uno dei più loschi personaggi della politica italiana (non sto qui ad elencare le varie nefandezze accumulate nella sua lunga carriera politica). Quello che una volta era il “portaborse” dei vecchi politici del PCI, diventò protagonista, formando così (assieme ad altri portaborse di altri vecchi partiti) la “nuova” classe politica della “seconda Repubblica” (oggi, con la cosiddetta “terza”, siamo alle mezze calzette di quelli della seconda).

La cosiddetta “sinistra” (che con i “valori” della “sinistra” di una volta non ha più nulla a che fare, così come la “destra” odierna con quella di una volta) in tutti gli anni che è stata al governo, alternandosi con il Cavaliere, non ha mai, dico mai, cancellato nessuno di quei 70 provvedimenti legislativi ad personam fatti passare da quest’ultimo. Un caso? Non direi proprio.

 

Questo o quello per me pari sono

Al vero potere, quello massonico internazionale, Silvio Berlusconi, a sua volta massone, con la tessera della loggia Propaganda 2 (P2) di Licio Gelli (come il già citato Maurizio Costanzo) serviva per portare l’Italia verso quella direzione che, ahinoi, gli fece prendere. Tuttavia il personaggio era, per così dire, istrionico. Aveva la spiacevole tendenza a sentirsi protagonista. In altre parole a fare ogni tanto come cavolo gli pareva, non tenendo conto del fatto che i padroni che lo tenevano al guinzaglio non avrebbero gradito questa sua “autonomia” di vedute. E gliela fecero pagare, fino a scaricarlo quando capirono che, oltre a non servirgli più, stava diventando anche dannoso per i loro piani (Putin, Gheddafi, ecc.). Dall’altra parte, sempre i veri padroni del vapore, per gli italiani (sarebbe meglio chiamarli, come sono solito fare, italioti) hanno inscenato la parte della finta opposizione creando, per l’appunto un partito di “sinistra”, facendogli cambiare nome nel corso degli anni. Ma perché usarono il vecchio PCI (e per l’uopo non lo fecero coinvolgere in “Mani pulite”)? Semplice. Perché il vecchio Partito Comunista era quello che aveva una distribuzione sul territorio capillare e che, attraverso le sue cooperative, poteva meglio raggiungere la maggior parte del popolino lavoratore. Alla medio-alta borghesia ci avrebbe pensato, per l’appunto il Berlusca.

Quando i servetti de “sinistra” avevano iniziato a stancare il popolino cencioso, che sarà pure cencioso, ma c’ha sempre uno stomaco e mal sopporta che chi lo dovrebbe difendere sorseggia a champagne, mangiando caviale (vi ricorda qualcosa di oggi?) fregandosene palesemente di lui, le élite mondiali tirarono fuori dal cilindro la nuova “fint’opposizione”: i 5 Stelle (o stalle, come preferite). Con questi ultimi, come ho già detto altrove, caddi anch’io in inganno e gli diedi il mio voto (dopo circa 30 anni di onorata scheda annullata). Chiaramente non feci lo stesso errore la tornata elettorale successiva.

Oggi, le sinistre “fucsia-arcobaleno”, come le chiama giustamente Diego Fusaro, si stracciano le vesti (colorate) sui “social media” per il fatto che è stato proclamato il lutto nazionale per la morte di Berlusconi (è tutto un “non in mio nome” o “not in my name”, perché in inglese fa più figo, ovunque). Oltre a non importarmi assolutamente nulla dell’atto politico voluto dall’attuale Governo marionetta (cambia la casacca dei burattini, ma i burattinai sono sempre gli stessi), devo dire che trovo semplicemente deprimente il fatto che esistano così tanti decerebrati a piede libero. Sul fatto che abbiano diritto di voto non mi preoccupo più da un pezzo, visto che, come diceva qualcuno (non mi interessa se fosse realmente Mark Twain o meno), “se servisse a qualcosa non ce lo lascerebbero fare”.

Il re è morto, viva il re! Avanti un altro.

 

*Ne avevo parlato in diversi articoli, fra cui qui, qui e qui

Ho sofferto un mare di cambiamenti e niente potrà mai più essere lo stesso

Ho sofferto un mare di cambiamenti e niente potrà mai più essere lo stesso

Non ho più scritto a lungo perché, come diceva Ludwig Wittgenstein nel suo “Trattato Logico-Philosophicus” «Wovon man nicht sprechen kann, darüber muss man schweigen», ossia «Ciò di cui non si è in grado di parlare, occorre tacerne». E infatti di cosa mai avrei potuto scrivere oltre a quanto ho già fatto nei miei precedenti articoli circa l’epoca che stiamo vivendo? Ben poco, in effetti.

Questo anche perché tutto sta procedendo come pianificato, almeno per coloro che hanno deciso che si dovesse mettere in atto questo cambiamento epocale nelle esistenze di tutti noi: prima è stata la volta della finta pandemia, poi è arrivata la guerra (che sta scemando nell’interesse di molti), ora è la volta della graduale scomparsa delle banche commerciali (vedi il caso svizzero e quello della Silicon Valley) in favore di un cambiamento centralizzato di valuta digitale. Non abbiate paura, avverrà a breve giro di vite, non così lontano nel tempo come alcuni credono e continuano a sostenere.

Circa 200 banche statunitensi sono a rischio fallimento e potrebbero crollare in modo simile a quello della banca californiana. Un rapporto afferma che “Anche se solo la metà dei depositanti non assicurati sceglie di prelevare fondi, quasi 190 banche sono esposte al potenziale rischio di deterioramento dei depositanti assicurati, con depositi potenzialmente assicurati per 300 miliardi di dollari”.

Uno studio di quattro economisti di importanti Università, pubblicato il 13 marzo sul Social Science Research Network, sostiene che l’aumento dei tassi di interesse della Federal Reserve ha portato al deprezzamento di attività come i buoni del Tesoro statunitensi detenuti da queste banche. Il segretario al Tesoro Janet Yellen ha avvertito che non tutti i depositi non assicurati saranno salvati dalla FDIC. In altre parole, saranno salvate solo le grandi banche.

In Europa il meccanismo è stato annunciato da Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della BCE, durante la sua dichiarazione introduttiva dinanzi alla Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo: «La fase istruttoria del progetto relativo all’euro digitale è iniziata oltre un anno fa. Sin dal suo avvio, lo stretto coinvolgimento del Parlamento europeo è stato prioritario per la BCE. Nel corso del 2022, in questa Commissione abbiamo discusso regolarmente le principali opzioni tecniche esaminate. I vostri contributi hanno fornito indicazioni preziose per il nostro lavoro; insieme con i riscontri ricevuti da altre controparti sia pubbliche sia private, essi hanno contribuito ai progressi compiuti nei mesi scorsi. Queste interazioni sono essenziali per assicurare che la moneta pubblica (la moneta emessa dalla banca centrale) risponda alle preferenze e alle esigenze dei cittadini e delle imprese, in un contesto digitale in continua evoluzione.

Le abitudini di pagamento dei cittadini europei stanno mutando a una velocità senza precedenti: negli ultimi tre anni i pagamenti in contanti effettuati nell’area dell’euro sono diminuiti dal 72 al 59 per cento di quelli totali, mentre i pagamenti digitali si sono ulteriormente diffusi. Nei Paesi Bassi e in Finlandia, ad esempio, il contante è utilizzato soltanto in un quinto delle transazioni. Al tempo stesso, i cittadini vogliono avere la possibilità di pagare con moneta pubblica. La maggior parte di essi considera importante o molto importante avere sempre a disposizione una tale opzione. Un euro digitale risponderebbe a questa crescente domanda di pagamenti elettronici, rendendo disponibile la moneta pubblica in forma digitale. Insieme con il contante, un euro digitale offrirebbe ai cittadini europei l’accesso a un mezzo di pagamento che consentirebbe di pagare ovunque nell’area dell’euro, senza costi. La facilità di accesso e la convenienza del suo utilizzo favorirebbero l’adozione della nuova moneta, migliorando l’inclusione finanziaria. Nel mio intervento odierno esaminerò come l’euro digitale potrebbe aiutarci a rendere disponibile la nostra moneta ovunque e per ogni necessità nell’area dell’euro. Concluderò le mie osservazioni soffermandomi sul programma di lavoro per il 2023, durante il quale la BCE porterà a termine la fase istruttoria del progetto relativo all’euro digitale e la Commissione europea presenterà la sua proposta legislativa.». Insomma il controllo sociale, attraverso una moneta digitale a tempo ed emessa dalle sole banche centrali, è ben tracciato. Prima nei Paesi occidentali, poi seguiranno gli altri (con le buone o con le cattive).

Il sistema è stato messo in moto e, aggiustamenti a parte, ha una sua precisa tabella di marcia. Il principio della rana bollita è sempre valido, così come quello della finestra di Overton.

Questo mio breve scritto è quindi più che altro un promemoria fatto a me stesso, in primis, circa un paio di punti che vengono tessuti da tutte le parti in causa. A chi si è preso la briga di leggere i miei precedenti articoli chi siano “le parti in causa” dovrebbe essere oramai ben chiaro. Per i più distratti si potrebbe riassumere semplicemente che non esiste “il buono” contrapposto al “cattivo”, per capirci meglio il “Trump” contrapposto al “Biden” di turno (o viceversa, a seconda di come si vuole credere alla narrativa corrente), oppure il “buono Occidente” contrapposto al “cattivo Oriente” (per semplificare i “buoni della Nato”, contro i “cattivi russi e cinesi”), bensì esistono due principali gruppi massonici che si alternano al vertice della piramide del potere mondiale, prevalendo l’uno ora e l’altro dopo, facendosi “sgambetti” reciproci strada facendo (leggi finti scandali su cose in realtà ben note a tutti, o finti attentati di varia natura tendenti a “destabilizzare” l’altra parte, almeno agli occhi dell’opinione pubblica).

Insomma è tutto un gioco delle parti su di un’enorme scacchiera, dove i pedoni che vengono massacrati (più o meno consapevolmente) siamo tutti noi “comuni mortali”. Chi stia al di sopra perfino dei re e delle regine comporterebbe un discorso a parte che non intendo affrontare qui, anche perché sono conscio che mi dareste tutti del matto (ancor più di quanto alcuni già non facciano).

 

I soldatini di piombo

In questa scesa agli inferi non si può fare affidamento per un rallentamento (non penso nemmeno ad un’inversione di marcia, secondo me impossibile) sulle cosiddette “nuove generazioni”. Come ho già scritto altrove, sono masse di soldatini che sono state preparate appositamente nelle scuole ed Università di tutto il mondo attraverso programmi fatti ad hoc per tale scopo. In loro (e non mi riferisco solo ai ventenni o agli adolescenti) è stato ucciso ogni senso di coscienza critica, creandogli appositamente una realtà indiscutibile, calata dall’alto, che non tollera dubbi, se non quelli finti creati appositamente per dar a vedere che il dissenso è tollerato. D’altro canto ci aveva già spiegato bene come funziona la cosa Ernst Jünger nel suo “Trattato del ribelle”.

I docili soldatini, armati di cellulare, cercano risposte ai quesiti del mondo attraverso gli algoritmi di “ChatGPT” (già il nome è tutto un programma: Chat Generative Pre-trained Transformer, ossia “Trasformatore pre-istruito generatore di conversazioni”), sapientemente messi su dall’azienda “senza scopo di lucro” OpenAI, tra i cui fondatori e partecipanti figurano i soliti noti: Elon Musk, Reid Hoffman (LinkedIN), Peter Thiel (PayPal), Sam Altman e Jessica Livingston di “Y Combinator” (incubatrice di startup come Airbnb, Stirpe, Coinbase, Dropbox, Twich, Reddit), Ilya Sutskever, ex esperto Google sull’apprendimento automatico, l’Amazon Web Services (sussidiaria che si occupa dei servizi su cloud).

Se ne vanno quindi in giro per il mondo, scandendo slogan (preparati appositamente da altri per loro), lanciando anatemi contro chi osi mettere in dubbio la vulgata del mainstream e dispensando di tanto in tanto perle di saggezza politica o morale. Soprattutto i trenta-quarantenni sono la quintessenza della saccenza incolta ed autoreferenziale. E questo è un fenomeno che non risente dei confini geografici. Un po’ ovunque nel mondo sono quella fascia d’età in cui meglio si assommano queste nuove “qualità” dell’homo technologicus (sic.), e si espandono democraticamente in tutte le branche dell’agire umano. In pratica sono, oramai, il perno centrale della moderna società (ovviamente esistono debite eccezioni, ma appunto sono tali).

 

Italialand, meine Liebe

Breve accenno ad Italialand, dove tra un “orbe terracqueo” del Presidente del consiglio Meloni e una “rambata” del sindaco di Firenze Nardella, sfilano le orde LGBTQXYZ+++— (si nota l’ironia?) capitanate dalla neo segretaria del PD Elly Schlein, la Greta Thunberg de noantri, allevata direttamente in seno alla compagine “neo liberal” americana. Ovviamente tutto ciò nulla ha a che vedere con il sacrosanto diritto degli omosessuali di avere diritti civili e sociali, bensì con la destabilizzazione dell’individuo attraverso la finta richiesta di normalizzazione di pratiche fortemente discutibili da diversi punti di vista, quale, ad esempio, quella della maternità surrogata. Di questi argomenti se ne potrebbe discutere per giorni, e non intendo certo qui farlo.

 

Senescenza

Personalmente mi sento come un essere immerso in una visione “spengleriana” del mondo, ossia facente parte di un mondo (in Der Untergang des Abendlandes, ossia “Il tramonto dell’Occidente”) già morto e privo di speranza che tenta in tutti i modi di resistere al suo declino. Colpa mia, della mia generazione (e di tutti quelli delle generazioni immediatamente precedenti alla mia) che non abbiamo saputo vedere la polpetta avvelenata che era stata lanciata nel nostro recinto. Eppure i mezzi per capirlo c’erano già, solo che non li abbiamo usati. Le analisi a posteriori servono solo per consolarsi e, se ci si riesce, per capire.

Nostalgicamente penso alla frase pronunciata da Donald Sutherland alla fine del bellissimo film di John Sturges “The eagle has landed” e un po’ mi ci identifico: «Bonnie my love, as a great man once said: I have suffered a sea change and nothing can ever be the same again… as they say in Ireland: we have known other days».

Niente di nuovo sul fronte occidentale

Niente di nuovo sul fronte occidentale

E dopo una lunga, calda, pausa estiva eccomi di nuovo a dispensare per i miei ventiquattro lettori (non sum dignus di paragonarmi a Manzoni, quindi mi tengo sotto di uno. Povero Manzoni!) perle di “saggezza” che scaturiscono dai recenti sviluppi sullo scenario internazionale e nazionale.

Ed è proprio per questa ragione che ho intitolato questo mio pezzo come il bel romanzo di Erich Maria Remarque (al secolo Erich Paul Remark), perché sempre di guerra voglio trattare, anche questa combattuta da una massa di illusi, sia sul campo di battaglia che su quello delle “retrovie” fisiche e mediatiche, rappresentate da tutti noi.

 

La “guerra non guerra”

Di questa “guerra non guerra”, molto strana, ho già parlato qui, qui e qui. Ora, dopo l’estate sembra si stiano aprendo nuovi pericolosi scenari, in un crescendo continuo di rifornimenti militari e possibili venti di guerra nucleare. In realtà c’è un gioco delle parti da entrambi i fronti dello scontro. Da una parte la stampa occidentale volutamente travisa il discorso tenuto lo scorso 21 settembre da Vladimir Putin sostenendo che stia minacciando l’Occidente, perfino mobilitando i riservisti russi. Dall’altra lui, zar Vladimir, che sa perfettamente cosa sta facendo, secondo i piani prestabiliti, sia da un punto di vista militare che di alleanze economiche e strategiche. A questo proposito il recente incontro tenutosi a Samarcanda, in Uzbekistan, ha sancito un ulteriore passo nella marginalizzazione dell’Occidente, vedendo consolidarsi le alleanze tra la Russia, la Cina e altre nazioni che oramai rappresentano una fetta di popolazione del globo ben maggiore rispetto a quella degli Stati Uniti e dei loro alleati.

In buona sostanza tutto procede come pianificato. L’unico “inconveniente” è il colpo di coda del deep state americano, o meglio di quello che fa capo all’amministrazione Biden, che tenta in tutti i modi di far convogliare le energie russe nella guerra in Ucraina per distogliere lo zar Vladimir dal rafforzamento dell’alleanza con la Cina, vero obiettivo di Washington. E così è una gara fra gli alleati della Nato ad inviare armi al fantoccio Zelensky. Questo perché la guerra deve durare, il più a lungo possibile. Almeno finché il suo scopo non sarà ottenuto in gran parte.

Già, perché il vero scopo di questa guerra è la distruzione economica dell’Europa, Germania in testa. Le sanzioni, imposte dal grande fratello americano, danneggiano solo i Paesi europei. In particolare quelli più supini di altri ai diktat d’oltre oceano, noi, ovviamente, in prima fila. In Germania, dopo la politica da “bottegaia” di Frau Merkel, che uccideva l’economia delle altre nazioni, ma sicuramente avvantaggiava quella teutonica, sono arrivati loro, i figliocci di Klaus Schwab e del World Economic Forum, al secolo i Grünen (che nulla hanno a che fare con i vecchi Verdi tedeschi degli Anni Settanta/Ottanta). Questi sono piccoli soldatini indottrinati dai signori della nuova ideologia globalista, formati nelle e dalle istituzioni di stampo fabiano. Fra di loro spiccano per servilismo ed incapacità il ministro degli Esteri Annalena Baerbock e quello dell’Economia, nonché Vice-cancelliere, Robert Habeck. La signora Baerbock, recentemente a Praga, ha dichiarato perfino pubblicamente quali siano i principi politici da lei seguiti che, testuali parole, “non ha importanza ciò che possano pensare i miei elettori tedeschi”, sono dettati da altri interessi. Tutto sta a vedere quando l’establishment economico tedesco non ne avrà le scatole piene di vedere la propria economia andare a pezzi. Per il momento la linea americana sembra tenere. Bisognerà aspettare almeno fino alle elezioni di midterm dell’otto novembre che si terranno negli Stati Uniti quando, almeno così sembra secondo i sondaggi, i Repubblicani potrebbero prendere il controllo totale di entrambe le camere causando, di fatto, una sconfitta totale dei Dem. Allora, forse, la tensione in Europa potrebbe calare un po’.

Potrebbe calare, ma non finire. Questo perché anche l’amministrazione Trump, di comune accordo con quella russa, ha già da tempo deciso che l’Ucraina dovrà essere il nuovo “confine” tra Occidente ed Oriente. Sarà la linea di demarcazione tra i due blocchi di influenza mondiali. Ovviamente non esisterà più come Paese unico, ma sarà diviso a Nord-ovest sotto l’influenza anglo-americana e a Sud-est sotto quella russa. Non è che Trump avesse dunque altri piani. È solo che il suo sforzo maggiore era incentrato sull’economia interna del Paese e non sull’industria bellica e l’espansione verso Oriente. Anche per lui la Cina rappresenta uno spauracchio, ma l’intento era quello di staccare la Russia dall’alleanza oramai consolidata nella quale l’ha spinta l’amministrazione Biden. Dunque, anche se tornasse fra due anni Trump, noi certamente non possiamo farci soverchie illusioni di libertà o cambiamento di marcia.

D’altra parte è un po’ che sta girando in Rete un documento della “Rand corporation”, think thank americano da sempre considerato creatore di strategie politiche poi immancabilmente adottate dai governi statunitensi, dal titolo “Rafforzare gli Stati Uniti indebolendo la Germania”. Ne ha diffusamente parlato anche il bravo Roberto Mazzoni in un’intervista da lui rilasciata a “Il vaso di Pandora” e riproposta sul suo canale in modo più ampio. Ebbene in tale documento, vero o diffuso ad arte da altri che sia, si preconizza la distruzione sistematica del sistema produttivo tedesco, e a ricasco di quello europeo, proprio attraverso un piano di distacco dalle forniture energetiche russe: “L’attuale modello economico tedesco si basa su due pilastri: un accesso illimitato a fonti energetiche russe a basso costo e a energia elettrica francese a basso costo, grazie al funzionamento delle centrali nucleari francesi. L’importanza del primo fattore è considerevolmente superiore a quella del secondo fattore. Un blocco delle forniture russe può creare una crisi sistemica che sarebbe devastante per l’economia tedesca e, in modo indiretto, per l’intera Unione Europea”. Ed ancora: “L’unico approccio fattibile per garantire che la Germania rifiuti la fornitura di energia dalla Russia consiste nel coinvolgere entrambe le nazioni in un conflitto militare in Ucraina. Le azioni che stiamo per intraprendere in Ucraina condurranno inevitabilmente a una risposta militare da parte della Russia. I russi non potranno più ignorare la massiccia pressione esercitata dall’esercito ucraino sulle repubbliche non riconosciute del Donbas. Questo ci consentirà di etichettare la Russia come aggressore e applicare nei suoi confronti l’intero pacchetto di sanzioni preparate in anticipo”.

Ripeto, vero o falso che sia (la Rand corporation ne ha negato l’autenticità), il documento descrive comunque bene l’attuale situazione, le cause e le prospettive della stessa. Oramai i giochi sono aperti e, a meno che i tedeschi non decidano di mandare a casa gli attuali politici zerbini che li governano, vedo molto difficile un cambio di passo per i prossimi anni. D’altra parte i piani dell’Agenda 2030 sono noti a tutti e di qui alla fine del decennio, come si suol dire, c’è uno sputo di distanza. Dunque bisogna procedere (secondo tali piani) e a spron battuto, fra una finta (speriamo che si limitino a questa) epidemia e una guerra che distrugga l’economia del Vecchio continente, accompagnata da una “crisi climatica” creata ad hoc (non mi soffermerò qui a parlare dell’ingegneria ambientale che oramai viene comunemente messa in atto da più parti).

 

All’armi! All’armi! All’armi siam fascisti!

Ed eccoci arrivati al nostro piccolo orticello: Italialand! Finalmente il 25 settembre è passato e il popolo italiano ha potuto dare sfogo alla sua voglia di partigianeria sui social media, come ogni bravo cittadino italiota è preparato a fare oramai da anni. E allora è stato un tripudio di “Attenti al fascio”, anzi, alla “fascia”, per rispettare l’ultima idiozia del vocabolario Treccani (che oramai è guidato da quattro gatti, per giunta scemi), da una parte e di “Dio, patria e famiglia”, ma quella bucata dal sacro vaccino, s’intende, dall’altra. La pantomima delle “libere” elezioni ha dato, come al solito, anzi, più del solito, il meglio di sé. Le “oppo-finzioni”, più grandi e più piccole hanno sfoggiato le migliori livree per l’occasione, dalla “ducia” considerata adatta a ricoprire un eventuale incarico di leader di governo perfino dalla signora Hillary Clinton, tanto per fare un nome, all’infiltrato Paragone, apertamente sostenuto dal caro vecchio senatore Mario Monti.

Dunque ora ci sono orde di camicie nere che s’aggirano per le strade delle città italiane e i diritti (quali? Quelli che oramai sono negati da tempo?) non ci saranno più per decreto del nuovo establishment di “destra” (ho amici che staranno ridendo a crepapelle pensando alla Meloni come “di destra”). D’altra parte Giorgietta “de noantri” è l’unico leader di partito italiano a far parte dell’Aspen Institute, famoso centro di studi internazionali, la cui sede italiana vede come presidente Giulio Tremonti, come vicepresidente John Elkan e che annovera tra i suoi membri Romano Prodi, Giuliano Amato, Paolo Mieli e, guarda chi si ritrova, Mario Monti. Insomma, come dire, un covo di sovversivi dell’ordine costituito.

Ora, tra le grida e gli strepiti della “sinistra” (qui sono io che rido a crepapelle), probabilmente Giorgietta dovrà formare il nuovo esecutivo (degli ordini che gli vengono imposti. Si chiama così apposta 😉), con una legge di bilancio che sia di gradimento di Bruxelles. Ah, a proposito di Bruxelles, stavo per dimenticare le “finte” (in senso di finto scandalo) parole pacate e di giudizio neutrale (come deve essere per la carica che ricopre) della baronessa von der Leyen (e già, è pure nobile, grazie al marito Heiko, quello coinvolto nella storia dei vaccini, tanto voluti da sua moglie per l’Europa) allorquando le è stato chiesto cosa pensasse di un’eventuale “presa del potere” da parte delle “destre” in Italia, Ursula ha così chiosato: “Se le cose andranno in una direzione difficile – ho già parlato di Ungheria e Polonia – abbiamo gli strumenti”. Ad ognuno il giudizio al riguardo.

Insomma, come fa dire Tommasi di Lampedusa a Tancredi Falconieri, nipote del principe di Salina Fabrizio Corbera: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”.


© Youtube Roberto Romagnoli

A pensar male si fa peccato…

A pensar male si fa peccato…

Un breve articolo per chiarire quelle che, a mio parere, sono due “falsità” create ad hoc.

Allargamento della Nato

La prima riguarda l’andamento dell’allargamento dell’Alleanza atlantica. Quanti ritengono che la Nato abbia rotto gli accordi del post Muro di Berlino (ossia che in cambio della caduta del medesimo l’Occidente non avrebbe dovuto tentare di inglobare gli ex Stati dell’Unione Sovietica, cosa invece puntualmente accaduta) stanno gridando allo scandalo. Tuttavia, secondo me, nel corso del tempo, quella che era una verità inoppugnabile s’è modificata in vista dello sviluppo rapido che s’è deciso di dare al futuro (molto prossimo) del mondo da parte di tutti gli attori partecipanti. Ciò che sta avvenendo è una spartizione di sfere geopolitiche prestabilite (ne ho scritto qui).

In parole povere Usa e Gran Bretagna da una parte (con i loro accoliti Canada ed Australia), Russia e Cina dall’altra (e accoliti vari anche in questo caso), stanno portando rapidamente a termine tale spartizione, dove l’Ucraina rappresenta il confine europeo delle reciproche sfere d’influenza. Pertanto l’entrata di Svezia e Finlandia all’interno della Nato non è altro che un ulteriore passo verso il consolidamento programmato di queste sfere d’influenza. Il tutto fatto passare come il proseguimento dell’iniziale rottura dei patti da parte della Nato. Quale scusa migliore della guerra in Ucraina per accelerare tale processo?

“Vaccinati” famosi che si ammalano

La seconda “falsità” riguarda i casi di malattia Covid riscontrati nei più famosi fra i propugnatori della campagna vaccinale, ad iniziare da quel Anthony Stephen Fauci che un ruolo di primo piano ha rivestito in tutta questa vicenda. Il controverso dottor Fauci si sarebbe ammalato con la variante Omicron pur essendo (così dice la vulgata) vaccinato per ben quattro volte. Subito un coro di “avete visto!” si è levato fra le fila di quanti sono sempre stati contrari (giustamente) alla vaccinazione di massa per il Sars Cov 2. In realtà, quel che penso è che sia tutta una messinscena, così come lo è il fatto stesso che si sarebbe vaccinato (lui ed altri attori attivi di questa pantomima), per far vedere alla massa delle pecore che veramente si sono vaccinate e che poi si sono ammalate lo stesso, magari finendo anche in ospedale, che sì, ci si ammala dopo ben 4 dosi di vaccino, ma in modo più lieve rispetto ad un non vaccinato. Ovviamente quest’ultima è una palese falsità, cosa ampiamente dimostrata da studi recenti pubblicati sulle più blasonate riviste mediche e come risulta da un recente studio effettuato in Gran Bretagna. Ma per il popolo bue quel che conta è l’esempio e la ripetizione come un mantra della notizia falsa, diffusa dai media di regime.

In pratica tutti costoro penso che siano il classico specchietto per le allodole, il coniglio tirato fuori dal cilindro per tranquillizzare quanti, a questo punto, un piccolo dubbio iniziano (miracolo!) a farselo venire. Che ci si vaccina a fare se ci si infetta ugualmente e si rischia di finire in ospedale in molti casi?

Ovviamente non posso provare concretamente tali tesi, anche se le indicazioni per supporre che siano giuste sono molteplici. Diciamo che io sono uno che tende a pensare male, ma come diceva il cardinale Giulio Mazzarino (poi ripreso da Giulio Andreotti): “A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina”.

Topolino e le meraviglie del domani

Topolino e le meraviglie del domani

Correva l’anno 1974 e, lo ricordo ancora, in uno splendido sabato pomeriggio di fine ottobre-primi di novembre mi trovai a passeggiare con la mia famiglia lungo la mitica “via Veneto” a Roma. Non so se esista ancora, ma all’epoca c’era una grande edicola di giornali quasi nel punto dove la via della “Dolce vita” si biforca con via Bissolati, di fronte all’Ambasciata americana. Ebbene, lì supplicai mio padre perché mi comprasse un giornaletto extra, rispetto alle normali uscite settimanali di “Topolino”, di cui ero lettore accanito: si trattava di un “Albo d’oro”, dal titolo affascinante di “Topolino e le meraviglie del domani”. Quale bambino avrebbe saputo resistere al mistero che si celava dietro un titolo tanto accattivante? Ben pochi, sicuramente non io. Convinsi alla fine mio padre a cedere ed entrai in possesso di quel giornalino illustrato (peraltro di forma inusuale rispetto ai “normali” Topolino, perché largo e corto in altezza). La storia (Mickey Mouse – The World of Tomorrow), cosa che all’epoca ignoravo, era stata scritta per la versione statunitense da Bill Walsh, mentre Floyd Gottfredson ne aveva fatto i disegni e Dick Moores il ripasso a china, il tutto nel lontano 1944.

La trama del fumetto vedeva Topolino ricevere per posta un misterioso pacco contenente dei vestiti invisibili che, una volta indossati, gli avrebbero mostrato le bellezze del mondo del futuro. Pensando che si trattasse di un regalo dei suoi amici scienziati, Topolino si introdusse nel “nuovo mondo” insieme a Pluto, trovando una Terra iper-tecnologizzata che aveva addomesticato ogni residuo di natura selvaggia. Nominalmente il crimine non esisteva più, ma dei misteriosi uomini meccanici rapirono Minni. Messosi alla sua ricerca insieme all’eccentrico ispettore Gluesome, Topolino arrivò nella valle nascosta di Mekkakia, in cui Pietro Gambadilegno tempo prima aveva sfruttato uno scienziato per assemblare una prima frangia di robot auto-costruenti con cui conquistare il pianeta (risultato ottenibile grazie anche all’ausilio di un nugolo di robot dalle fattezze umane che avrebbero dovuto in sordina prendere il posto delle relative controparti umane). A Mekkakia, oltre a una splendida donna-robot (Mimi) che si innamorò di Topolino, era già pronto un perfetto replicante del topo dalle orecchie rotonde… La storia continua, ma sarebbe troppo lungo riassumerla tutta. Alla fine non sarà chiaro se si sia trattato di un viaggio reale o un incubo causato a Topolino dal bernoccolo che gli ha procurato in testa l’omino meccanico del nipote Tip.

Tutto questo lungo preambolo non soltanto per ricordare un piccolo capolavoro per l’infanzia (e non solo), ma soprattutto per avere uno spunto per parlare delle meraviglie del nostro “domani”, che in realtà è già un triste “oggi”.

I novelli “Gambadilegno”

Nella storia di Walsh il tentativo del cattivo Gambadilegno era quello di sostituire l’umanità con dei robot dalle sembianze umane (molti altri nella letteratura e nel cinema hanno ipotizzato quest’evenienza), mentre oggi quello che si sta profilando all’orizzonte è l’integrazione dell’uomo con la macchina, come negli incubi della peggiore (o migliore, secondo i punti di vista) fantascienza dedicata al cosiddetto transumanesimo. Io direi piuttosto una disumanizzazione dell’essere umano in nome, almeno così viene venduta questa trasformazione, del progresso scientifico e della comodità in ambito sociale ed economico. Oramai si parla apertamente di “fusione” di uomo e macchina, ma ovviamente al fine benefico di prevenire malattie o precorrere tendenze insite nel nostro sviluppo fisico e psichico. Uno dei maggiori fautori di questo “nuovo mondo delle meraviglie” è Yuval Noah Harari, storico e saggista israeliano, consigliere di Klaus Schwab. Il nostro, fra le altre cose, pronostica un mondo dove l’essere umano dovrà essere hackerato. Nel 2020, durante l’annuale incontro del World Economic Forum a Davos, ebbe a dire: “    If you know enough biology and have enough computing power and data, you can hack my body and my brain and my life, and you can understand me better than I understand myself. You can know my personality type, my political views, my sexual preferences, my mental weaknesses, my deepest fears and hopes. You know more about me than I know about myself. And you can do that not just to me, but to everyone.

…A system that understands us better than we understand ourselves can predict our feelings and decisions, can manipulate our feelings and decisions, and can ultimately make decisions for us.

…Now in the past, many governments and tyrants wanted to do it, but nobody understood biology well enough and nobody had enough computing power and data to hack millions of people. Neither the Gestapo nor the KGB could do it. But soon at least some corporations and governments will be able to systematically hack all the people. We humans should get used to the idea that we are no longer mysterious souls – we are now hackable animals”*. “Noi ora siamo animali violabili”…

In effetti la strada verso questo tipo di violabilità s’è intrapresa da tempo. Già nobili fondazioni, come quella dei Rockefeller si erano impegnate ad immaginare il nostro futuro in tal senso. Da allora molteplici sono stati i casi di questo tipo di sviluppo. Per fare un esempio la Svezia, noto Paese di sperimentazioni sociali (eh sì, non siamo i soli in Europa), aveva (nel 2018, per la precisione) introdotto la “comoda” pratica di un chip sottopelle che avrebbe il compito di far risparmiare la noiosa operazione di aprire una porta toccando le infette (dopo la “pandemia”) maniglie, oppure risparmiando gli avventori di un negozio dal dover maneggiare del contagioso e sporco denaro. Ma, notizia di questi giorni, ora siamo arrivati ad un nuovo capolavoro in questa direzione. La sperimentazione non è più gratuita, ma la si fa pagare a coloro che ne sono sottoposti. Volete questa enorme comodità di dare il polso per entrare in casa? Allora pagate 200 euro (anzi, 199 per la precisione). Ma arriva a 350 con l’operazione necessaria all’impianto, come ci spiega l’entusiasta giornalone italiano di via Solferino. Immagino che di italioti (e non) che saranno entusiasti d’aderire a questa meravigliosa iniziativa ce ne siano molti.

Le numerose meraviglie del “domani”

Ma le meraviglie del domani sono molteplici, in Italialand e altrove. Nota è ormai la vicenda degli oltre 30 laboratori di bio-ingegneria finanziati dagli americani (e non solo) in Ucraina dalla Metabiota, una delle ditte appaltatrici del Pentagono (ne ho parlato altrove). Quello che i nostri connazionali probabilmente ignorano è che di laboratori di questo tipo ce ne sono anche sul nostro di territorio nazionale. Uno è stato trasferito dal Cairo a Sigonella (come riferito da Franco Fracassi), e uno, udite udite, è a Trieste, città dal carisma mitteleuropeo.

Interessante documento, riguardo quest’ultimo laboratorio, è la Gazzetta Ufficiale uscita lo scorso 15 giugno. Il Centro internazionale per l’ingegneria genetica e la biotecnologia (ICGEB) è stato infatti reso oggetto di una particolare “attenzione” da parte del Governo, conferendogli dei privilegi che per un’azienda privata risultano quantomeno inusuali.

Come si legge sul loro sito, “L’ICGEB è un’organizzazione intergovernativa unica, nata inizialmente come progetto speciale dell’UNIDO. Autonoma dal 1994, gestisce oltre 45 laboratori all’avanguardia, a Trieste, Italia, Nuova Delhi, India e Città del Capo, Sud Africa e forma una rete interattiva con quasi 70 Stati membri, con operazioni allineate a quelle di il Sistema delle Nazioni Unite. Svolge un ruolo chiave nella biotecnologia promuovendo l’eccellenza della ricerca, la formazione e il trasferimento tecnologico all’industria, per contribuire in termini concreti allo sviluppo globale sostenibile”. Ecco la parolina magica: “sostenibile”. Un semplice aggettivo che viene usato oramai come il prezzemolo. Va bene ovunque. Tutto diventa più bello quando lo si apostrofa con questa parola. Dà un’idea di verde (green, come usano dire coloro che sono “all’avanguardia”), fresco, pulito. Virgilio, nell’Eneide, fa pronunciare a Laocoonte la famosa frase “Timeo Danaos et dona ferentes” (temo i Greci, anche quando recano doni). Ecco, il paragone mi sembra appropriato, bisogna diffidare di chiunque usi parole come “sostenibile” o “resiliente”. Nel caso in questione basta dare un’occhiata a chi sono le aziende partner della ICGEB. Fra le altre troviamo “The Bill & Melinda Gates Foundation”, “The National Institutes of Health” (NIH), “New England Biolabs”, vari enti di beneficenza, “Sun Pharma”, “EMBO” e il “Joint Research Centre” della Commissione europea. Molti attori che a vario titolo sono stati coinvolti anche nella “pandemia”.

Fra le cose che sono state stabilite per legge (LEGGE 19 maggio 2022, n. 66 che ratifica un precedente accordo) il Governo l’ha esentata da tutte le tasse, ha reso i suoi locali inalienabili, ha conferito al personale (e ai suoi familiari) immunità totale. Inoltre l’azienda può avere conti in Italia ed all’estero con valute diverse rimanendo esenti da qualsiasi tassazione. Chissà come mai? E perché tanto risalto viene dato ad un’azienda privata e non statale, da metterne addirittura in una legge i privilegi di cui gode (grazie ad un Parlamento dormiente)?

Conclusioni

Vorrei concludere questa mia divagazione sull’oggi (il domani è già presente, purtroppo), con un altro illuminante pensiero del nostro Harari che, durante un’intervista rilasciata lo scorso maggio, così si è espresso: “Penso che la domanda più grande forse nell’economia e nella politica dei prossimi decenni sarà cosa fare con tutte queste persone inutili? Il problema è più la noia e cosa fare con loro e come troveranno un senso nella vita, quando sono fondamentalmente privi di significato, senza valore? La mia ipotesi migliore, al momento è una combinazione di droghe e giochi per computer come soluzione per la maggior parte. Sta già accadendo… Penso che una volta che sei superfluo, non hai più potere”. E ancora in un’altra del settembre 2021: “Se hai abbastanza dati e hai abbastanza potenza di calcolo, puoi capire le persone meglio di quanto capiscano loro stesse e quindi puoi manipolarle in modi che prima erano impossibili e in una situazione del genere, i vecchi sistemi democratici smettono di funzionare. Dobbiamo reinventare la democrazia in questa nuova era in cui gli esseri umani sono ora animali hackerabili. L’idea che gli esseri umani abbiano questa “anima” o “spirito” e abbiano il libero arbitrio… è finita”. E ancora: “Non abbiamo risposta nella Bibbia di cosa fare quando gli esseri umani non sono più utili all’economia. Servono ideologie completamente nuove, religioni completamente nuove ed è probabile che emergano dalla Silicon Valley… e non dal Medio Oriente. E probabilmente daranno alle persone visioni basate sulla tecnologia. Tutto ciò che le antiche religioni promettevano: Felicità e giustizia e persino vita eterna, ma QUI SULLA TERRA con l’aiuto della tecnologia e non dopo la morte con l’aiuto di qualche essere soprannaturale”.

 

Da qualche parte nella casa paterna dovrei ancora averlo “Topolino e le meraviglie del domani”. Devo andarlo a cercare, perché non mi ricordo bene come vada a finire la storia…

 

*Usate il traduttore automatico se non conoscete l’inglese

Volete libero Gesù o Barabba?

Volete libero Gesù o Barabba?

La frase di Draghi rivolta ad un “giornalista” «Preferisce la pace o il condizionatore d’aria acceso?» non è così banale come molti commentatori hanno chiosato. E questo non perché non lo sia nel suo assunto, molto simile a “volete libero Gesù o Barabba” di biblica memoria, bensì perché cela dietro semplici parole disgiuntive ben altro di ciò che si suppone voglia significare. Ad una poco attenta analisi, infatti, potrebbe sembrare che dietro tale semplicistica domanda si voglia poter giustificare le future restrizioni economiche in primis, e sociali in secundis, a causa del solo conflitto ucraino per porre in atto uno stato d’eccezione permanente (che di fatto c’è già). In realtà è quello che si vuole che venga creduto da parte dei contestatori della narrazione corrente. Questo perché non si tiene presente quale che sia il vero obiettivo della guerra nel vecchio continente, ossia la sua stessa distruzione. Questo fine c’è e rimane a prescindere dalla guerra, che è solo uno dei mezzi per attuarla. Se non ci fosse la guerra (o assieme ad essa) i metodi per farlo li troverebbero comunque, e le restrizioni economiche sarebbero fatte per altre cause. Ad esempio con un nuovo lockdown dovuto ad una nuova (comunque assai probabile) “pandemia”. Quindi quella domanda disgiuntiva serve solo a dare una sorta di giustificazione per la messa in atto di un piano, ben studiato in precedenza, che prescinde dal mezzo usato per portarlo a termine. Per capirci è come dire: «Preferite il dilagamento a vista d’occhio del virus o il lockdown totale per porvi argine?». Qui la scelta è fra due cose entrambe negative, nel primo caso invece è fra due cose positive come la “pace” e il “condizionatore”, quindi sembra essere meno restrittiva. Dovete essere pronti a fare sacrifici, sacrificare le vostre cose e libertà se volete che si ritorni ad un clima di pace e tranquillità per tutti. Ma, ovviamente, questo non è vero.

Putin, la guerra e la pandemia

Putin, la guerra e la pandemia

Un breve chiarimento sulla situazione della guerra e della pantomima della “pandemia”. Entrambe sono una faccia della stessa medaglia. Fanno infatti parte di un piano prestabilito e ben pianificato (come ho più volte scritto), partito diversi anni fa. Sono l’espressione di un accordo per un passaggio alla cosiddetta epoca digitale (con relativo controllo totale dell’umanità) la prima, e per la distruzione economica e sociale dell’Europa la seconda. Il vecchio continente, infatti, non è più nei pensieri degli americani, che lo avevano “addomesticato” dopo il secondo conflitto mondiale, prendendo il posto dei britannici. Il loro interesse oramai è l’Asia e il conflitto con il nuovo gigante, la Cina, pertanto considerano il nostro continente “sacrificabile” e, quindi, “spolpabile” (è per questo che per la seconda volta dalla fine della Seconda guerra mondiale -la prima è stata nella ex Jugoslavia- la guerra ri-inizia a farsi sentire nel nostro continente).

Finché al potere c’era l’amministrazione Trump l’accordo per arrivare a questo fine con la Russia di Putin aveva, molto probabilmente, altre tempistiche ed altre modalità. Con la fraudolenta presa del potere da parte dei “falchi” americani (che hanno messo il fantoccio Biden al comando) le cose sono cambiate. Già i laboratori sparsi in Ucraina avevano ricevuto direttive di un’accelerazione nelle sperimentazioni di gain of function (guadagno di funzione), ossia la tecnica che consiste nel produrre su un patogeno delle modificazioni genetiche (mutazioni attivanti), in grado di attivare sul patogeno stesso una nuova funzione o il potenziamento di una funzione preesistente. È infatti molto probabile che il famoso virus Sars Cov 2, causa della malattia Covid, in Europa non ci sia arrivato “con l’aereo” dall’Asia (dove i pipistrelli viaggiano, notoriamente, alla velocità della luce riuscendo così ad infettare in contemporanea due zone differenti della Cina distanti tra di loro più di 900 chilometri). Molto più comodo crearlo direttamente anche nel vecchio continente, poi di lì alla sua diffusione il passo è breve. Ovviamente nelle altre parti del mondo il sistema è stato lo stesso, poi la gente contagiata viaggia ed il gioco è fatto. A tal proposito noto è il fatto che Anthony Stephen Fauci, consigliere sanitario per la Casa Bianca, fosse non particolarmente simpatico allo stesso Trump, ed altrettanto noto è oramai il suo coinvolgimento negli esperimenti di cui sopra. Molto probabilmente l’ex Presidente statunitense fu messo davanti ad un fatto compiuto con lo scoppio della “pandemia”, tant’è che ci fu il teatrino del suo ricovero durato solo tre giorni a seguito dall’essersi infettato con il virus. Se fosse vero o meno la mossa era di tipo politico (in vista delle nuove elezioni) per far vedere agli americani che, con le cure giuste, si poteva superare “facilmente” la malattia. Però il calcolo fu sbagliato e come è andata a finire lo sappiamo tutti.

Tuttavia quello che poi potrebbe essere accaduto è che l’amministrazione Biden, o meglio chi la comanda veramente, potrebbe aver avuto la tentazione di sferrare un colpo mortale alla Russia. Putin, tempo fa, aveva pubblicamente chiesto conto (tramite il suo portavoce Dmitry Peskov) del fatto che qualcuno (gli USA) stesse prelevando il DNA dei russi per ragioni ignote. Dunque, a mio parere, un’ipotesi non troppo peregrina potrebbe essere che, oltre a regolare i conti riguardo al conflitto colpevolmente sottaciuto per anni da parte dell’Occidente nel Donbass, abbia voluto anche mettere (è il caso di dirlo) una pietra tombale proprio su quei laboratori dove, su stessa ammissione degli americani, si stavano conducendo esperimenti in campo virologico “poco chiari”.

Ad una precisa domanda del senatore statunitense Marco Rubio circa il fatto che l’Ucraina potesse avere armi biologiche, il sottosegretario di Stato americano per gli affari politici Victoria Nuland così ha risposto: “L’Ucraina ha strutture di ricerca biologica, sulle quali in realtà, siamo ora abbastanza preoccupati che le truppe russe, le forze russe possano cercare di ottenere il controllo, quindi stiamo lavorando con gli ucraini su come possano impedire che uno qualsiasi di quei materiali di ricerca cada nelle mani delle forze russe se si avvicinano”.

A fare le spese di questo “regolamento dei conti” ci sono gli ucraini e noi tutti europei. I primi stanno vedendo direttamente le conseguenze dei bombardamenti e delle uccisioni (fatti da entrambe le parti sulla popolazione  inerme, di proposito o indirettamente), noi ce ne accorgeremo presto, soprattutto da un punto di vista economico, prima, e da quello sociale, poi e per conseguenza.

La prima vittima della guerra

La prima vittima della guerra

Quando gli eventi scorrono vorticosi ritengo abbia poco senso scrivere circa le cause degli stessi e di dove porteranno in futuro. Per capire occorre aspettare e tirare i fili di diverse trame che si svolgono contemporaneamente sì, ma ciascuna (almeno apparentemente) slegata dall’altra.

Temo che non passerà molto tempo prima che gli sviluppi, a mio parere tragici, di tutto quanto l’umanità sta vivendo oramai da due anni arrivino al loro punto di approdo.

Ricapitolando brevemente abbiamo subito la finta “pandemia” del Sars Covid 2. Oggi sappiamo bene da dove ha avuto origine (link 1, link 2, link 3) e chi ne è stato per così dire “l’ideatore”. In realtà bisognerebbe dire “gli ideatori”, che poi sono sempre gli stessi. Sono poco più di un centinaio tra famiglie potenti e autocrati al mondo che, sottolineo di comune accordo, hanno deciso verso quali cambiamenti l’umanità avrebbe dovuto dirigersi in un breve lasso di tempo. Fra questi fanno parte del gruppo, oltre alle solite famiglie Rothschild, Rockefeller & Co., la nomenclatura dei mandarini cinesi (con cui, come ha ben messo in rilievo Nicoletta Forcheri, sono in affari proprio i Rothschild oramai da anni), il Vaticano, la Mafia e la Russia di Vladimir Putin (forse l’unico un po’ più legato al mondo “vecchio stampo” per certi versi). Hanno peraltro spiegato tutto bene e alla luce del sole nelle loro varie riunioni, oramai semi leggendarie, del gruppo Bilderberg o del World Economic Forum di Klaus Schwab e la sua agenda 2030. Non avrete nulla e sarete felici (e controllati dalla mattina alla sera). Così si può riassumere il loro motto. Il tutto attraverso la tecnologia.

Tutta l’operazione è stata a lungo preparata e i metodi con i quali è stata introdotta sono stati molteplici. A livello internazionale la tensione è stata mantenuta elevata con le varie rivoluzioni colorate, gli attentati in diverse nazioni, sui cui esecutori estremisti (in genere arabi) possono credere giusto i bambini delle elementari o il popolo bue (ossia il 90 per cento dell’umanità). Per aprire la strada verso un cambiamento di modo di vivere ci hanno invece pensato movimenti politici come i “5 stelle” in Italia, o i Verdi in Germania, oltre alla paladina della protesta contro il “cambiamento climatico” Greta Thunberg e i “gretini” lobotomizzati di ogni età, sorti magicamente come funghi in tutto il globo (la madre dei cretini è sempre incinta, si sarebbe detto in altri tempi al di fuori del politically correct).

Infine è arrivata la guerra in Ucraina. Come in tutte le guerre la prima vittima a farne le spese è la verità. L’unica cosa sicura è che della popolazione ucraina non importa nulla a nessuna delle parti in causa, Europa inclusa.

Una guerra “strana” quella mai ufficialmente dichiarata fra Russia, l’invasore, e Ucraina, l’aggredito. La storia, come sappiamo, parte da lontano. Almeno da un lato della questione. E cioè dalla continua trasgressione degli accordi presi al momento della caduta del Muro di Berlino tra l’ex Unione sovietica e la Nato circa il rispetto della neutralità degli ex territori sovietici (Ucraina inclusa), e il trattamento riservato alle popolazioni russofone del Donbass, con il riconoscimento dell’indipendenza da parte della Russia delle due repubbliche di Doneck e Lugansk. Al riguardo si veda l’ottimo lavoro di Giorgio Bianchi, uno dei pochi veri giornalisti che, sul posto, sta raccontando (al momento di questo mio articolo) come si svolgono veramente i fatti e come si sono svolti in passato.

Ciò detto però rimane d’analizzare la situazione generale. Come dicevo prima anche la Russia fa parte del gruppo di potere che si vuole spartire il mondo futuro. Tuttavia penso che durante il percorso che dovrebbe portare a questo obiettivo ci siano dei veri e propri scontri fra gli attori in campo. In questo caso gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, usando il paravento della Nato, e dall’altra lo zar Vladimir. I primi due hanno provato ad assestare un colpo notevole al rivale, non calcolando che quest’ultimo è in realtà un osso ben più duro di quanto pensassero. Se a questo aggiungiamo il fatto che la Cina (vero obiettivo di Washington) si è unita a far fronte comune con la Russia, il quadro risulta quantomeno problematico.

 

Addio Dollaro, addio

A parte l’accerchiamento sicuramente in atto da parte della Nato nei confronti del territorio russo e il tentativo fatto in Ucraina, usando a proprio piacimento il Vecchio continente (come al solito), ora in ballo c’è la supremazia monetaria e il passaggio (voluto da tutti gli attori contendenti) alla moneta digitale. Primo passo? La poderosa spallata di Putin al Dollaro, chiedendo il pagamento del prezioso (almeno per l’Europa, la vera perdente di tutta questa controversia) gas russo in rubli e non più in Euro o Dollari ha segnato un punto di non ritorno al passato. Il costo dell’oro in Rubli è inferiore a quello dello stesso in Dollari. Il Petrodollaro, che sostituì gli accordi di Bretton Woods nel 1971, è al suo capolinea. La Russia e la Cina hanno deciso che fosse arrivato il momento di mandarlo in pensione.

Ma attenzione, tutto ciò non è il gioco del buono nei confronti del cattivo (in questo caso dei russi nei confronti degli americani). Io non faccio nel modo più assoluto parte di quanti in Rete stanno gongolando al solo pensiero che la globalizzazione sia al suo capolinea. La globalizzazione per come l’avevamo intesa fino ad ora sì. Ma le élite l’hanno trasformata e hanno pensato ad una forma di controllo globale digitalizzato. Non è un caso che la Russia accetti il pagamento per le sue materie prime anche in Bitcoin. Perché sanno molto bene anche i russi che la moneta digitale (che è purtroppo il futuro degli scambi commerciali di qualunque tipo) permette un controllo sociale pressoché totale. Oltre a sapere perfettamente dove si trova e cosa fa un individuo, se non s’attenesse ai diktat di chi comanda o trasgredisse le regole a lui imposte, potrebbe essere immediatamente punito attraverso la chiusura immediata del credito, rendendogli di fatto impossibile la vita. Esattamente come accade ora in Cina in diverse regioni e il cui modello è quello a cui s’ispirano i “socialisti liberali” alla Mario Draghi*.

Per questo c’è stata la “pandemia” prima ed ora la guerra. Tutto era già programmato, così come sono programmati i cambiamenti climatici. Tutto tendente ad un unico obiettivo: il mondo sarà spartito in tre gruppi di potere. L’anglo-americano da una parte, con Canada, Australia e colonie varie da una parte; il blocco sino-russo dall’altra, con India e altri Paesi legati alle loro economie; ed infine l’Europa, o meglio quello che ne rimarrà. L’anello debole infatti siamo proprio noi, schiacciati dagli interessi americani da una parte e dalla carenza di materie prime dall’altra. Eravamo, anzi siamo, il boccone più ghiotto. Siamo un continente relativamente ricco ed abbiamo, noi italiani in particolare, il maggior numero al mondo di opere d’arte ed un alto tasso di ricchezza privata, mobile ed immobile.

A me fanno ridere quanti in Rete affermano: “La globalizzazione sta crollando”, oppure, “viene giù tutto. Abbiamo vinto”, anziché “Putin è l’ultimo paladino contro la globalizzazione”. Putin senz’altro è un ottimo politico vecchio stampo, e innanzitutto fa gli interessi della sua di nazione, ma non è uno stinco di santo né più né meno che gli altri. Ha anch’egli uno scopo ben preciso, quello di spartirsi una fetta della torta globale. La sola differenza è che lo fa con una sorta di etica che i suoi avversari/complici non applicano più da tempo. O che forse non hanno mai applicato. Come si suol dire, fra cani non si mordono. O meglio, ogni tanto tentano di farlo, forse nella speranza di cogliere impreparato l’antagonista, ma lo scopo finale è sempre ben presente a tutti.

La Cina, oramai diventato un gigante economico e tecnologico, è la vera antagonista degli Stati Uniti (che inizialmente l’avevano favorita pensando di relegarvi la produzione industriale di massa, non rendendosi invece conto di aver reso dipendente da essa per la produzione industriale strategica le aziende occidentali). L’impero cinese ha una grande potenza nella logistica costruttiva, cosa che può tornare utile alla Russia che, al contrario, eccezion fatta per Mosca e San Pietroburgo (ossia la parte “europea” del suo territorio), ha ingenti quantità di materie prime, ma non le infrastrutture. Pertanto i cinesi e i russi si sono alleati per uno scambio reciproco in tal senso. Vladivostok in particolare rappresenta la punta di diamante di tale alleanza, in quanto porto che si affaccia sul Mar del Giappone, quindi sull’Oceano pacifico, al confine con la Cina e la Corea del Nord e che, attraverso lo stretto di Bering, rappresenta un’alternativa per il trasporto di merci attraverso la rotta nordica (che oramai con lo scioglimento dei ghiacci è una più che valida alternativa alle consuete rotte controllate per lo più dal blocco economico opposto).

Sia la Cina che la Russia hanno comprato negli ultimi anni grandi quantitativi di oro sui mercati di tutto il mondo, e questo proprio in previsione di uno “sganciamento” dal petrodollaro. Dopo gli Stati Uniti, i più grandi detentori di oro al mondo sono la Germania, e proprio noi, seguiti dai francesi e dagli svizzeri. Dunque noi europei siamo come una grande torta da spartirsi. Cosa ne consegue è facile da predire.

 

Da dove viene la nostra classe politica

Come dicevo alla fine chi ci rimetterà sarà in primis proprio il Vecchio continente, che non ha risorse energetiche proprie e che vedrà la sua industria ed impresa manifatturiera andare in fumo. Già si colgono chiaramente le prime avvisaglie in molti Paesi, il nostro, ovviamente manco a dirlo, fra i primi. L’inflazione ha iniziato a galoppare un po’ ovunque e alla fine il risultato sarà un autentico disastro. I governanti europei, nessuno escluso, fanno parte di quella classe dirigente o inetta (e per questo scelta per governare) o collusa, essendo cresciuta proprio all’interno delle istituzioni, scolastiche ed universitarie prima, politiche e sociali poi, delle élite che comandano il mondo. A tal proposito si veda l’ottimo libro di Davide RossiLa Fabian Society e la pandemia”.

Sono una massa di parvenu che ci governano non nel nostro interesse, bensì in quello delle élite che li hanno formati e messi al potere. Il tutto fra la colpevole distrazione della massa, assopita dietro all’ultimo modello di cellulare, o alla squadra di calcio di turno, oppure ai consigli dell’influencer (ovviamente creato/a ad arte) che propaganda beni di ogni genere di consumo, dispensando di tanto in tanto perle di saggezza politica o sociale da seguire.

Due anni di “pandemia” hanno fatto ben vedere come pochissimi individui ricchi oltre ogni limite dell’immaginabile siano riusciti a mettere gli uni contro gli altri tutto il resto dei componenti dell’umanità. E il tutto facendogli credere, attraverso i potentissimi mezzi dei media totalmente asserviti, che bisogna combattere non contro quello che una volta si sarebbe definito il “sistema”, bensì a suo favore. Ovviamente in nome del “bene comune” e per contrastare le emergenze (da loro stessi create ad hoc). Neanche la propaganda nazista era riuscita a tanto. I dittatori hanno avuto bisogno della forza per far sì che la popolazione obbedisse obtorto collo. Invece, per la prima volta nella storia dell’umanità, le vittime si sono sottoposte volontariamente ad ogni sorta d’angheria dei propri carnefici. Ripeto, per paura, per stanchezza, per vigliaccheria o per semplice accondiscendenza determinata da un’ipnosi collettiva indotta.

Direi che ben poco rimane da sperare riguardo un recupero di posizione da parte delle popolazioni mondiali. Anche se in assoluta maggioranza la posizione a cui sono arrivate è di una debolezza tale che non lascia adito alla speranza di una sollevazione generale. Le rivolte, come abbiamo purtroppo più volte visto in questo periodo (Canada, Australia, Francia… la stessa Italia), sono sempre state messe a tacere con la forza, complice anche una quieta accondiscendenza dei “ribelli” ancora illusi dal fatto che ci si possa aspettare giustizia dalle istituzioni, credendole super partes e facenti il “bene del popolo”. In realtà si è da tempo passato quel sottile confine tra il legale e l’illegale da parte di chi ci avrebbe dovuto tutelare nei confronti del potere economico. Ora è questo stesso che ha preso la parte di quello legislativo e giudiziario. E, purtroppo, non mi sembra che ci sia verso di fermarlo.

 

L’Eurogendfor

Inoltre ciò che mi sembra inevitabile è la guerra civile in diversi Paesi, perché quando i nodi verranno al pettine (e secondo me sarà molto prima di quanto si possa pensare) lo scontro sociale fra queste élite e la classe medio-bassa sarà inevitabile. Come diceva Catone il censore: “Lo stomaco non ha orecchie”. E molti saranno gli stomaci che rimarranno vuoti molto presto. Penso che a nulla varranno i tentativi di rabbonirli con una sorta di reddito di cittadinanza universale (già provato in diverse salse in diverse parti del mondo, Italia inclusa) e l’intervento della violenza repressiva sarà la sola strada per contenere la rabbia del popolo. Vi ricordate l’Eurogendfor? Probabilmente no. Si tratta di quel corpo militare istituito durante il Consiglio europeo di Nizza del dicembre del 2000 e definitivamente ufficializzato con il trattato di Velsen nel 2007, firmato quest’ultimo da Francia, Spagna, Portogallo, Paesi Bassi e, ovviamente, Italia, la cui sede è a Vicenza (dove si trova, guarda caso, una delle più importanti basi americane in Europa). Il trattato è composto di 47 articoli, e fra questi si leggono cose interessanti. I suoi compiti sono: «Condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico; monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi comprese l’attività di indagine penale; assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attività generale d’intelligence; svolgere attività investigativa in campo penale, individuare i reati, rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autorità giudiziarie competenti; proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici» (art. 4). Il raggio d’azione: «EUROGENDFOR potrà essere messa a disposizione dell’Unione Europea (UE), delle Nazioni Unite (ONU), dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche» (art. 5). La sede e la cabina di comando: «la forza di polizia multinazionale a statuto militare composta dal Quartier Generale permanente multinazionale, modulare e proiettabile con sede a Vicenza (Italia). Il ruolo e la struttura del QG permanente, nonché il suo coinvolgimento nelle operazioni saranno approvati dal CIMIN – ovvero – l’Alto Comitato Interministeriale. Costituisce l’organo decisionale che governa EUROGENDFOR» (art. 3). L’EGF gode di una totale immunità: inviolabili locali, beni e archivi (art. 21 e 22); le comunicazioni non possono essere intercettate (art. 23); i danni a proprietà o persone non possono essere indennizzati (art. 28); i gendarmi non possono essere messi sotto inchiesta dalla giustizia dei Paesi ospitanti (art. 29). Come si evince chiaramente, una serie di privilegi inconcepibili in uno Stato di diritto.

Il 14 maggio 2010 la Camera dei Deputati della Repubblica Italiana ha ratificato l’accordo. Presenti 443, votanti 442, astenuti 1. Hanno votato sì 442: tutti, nessuno escluso. Se una parte delle Forze dell’ordine “regolari”, come penso, prenderà le parti degli oppressi, di chi pensate che si serviranno gli oppressori per contenere la rivolta e piegare i ribelli?

Ai posteri l’ardua sentenza.

 

* A proposito di quest’utlimo, a tutti quelli che dicono che si tratta di un Governo d’incompetenti quello che sta portando avanti l’Italia da due anni a questa parte rispondo che non è così: sanno perfettamente cosa stanno facendo (glielo dicono cosa fare) e lo stanno facendo bene. Almeno dal loro di punto di vista.

 

Gli specchietti per le allodole

Gli specchietti per le allodole

Il modo più certo per dissimulare la realtà e cercare di incanalare il malcontento da parte del potere è sempre stato quello di inserire nel contesto sociale una sorta di “specchietto per le allodole”. Questo nel corso della storia è sempre avvenuto e casi ve ne sono di più e meno famosi, partendo, ad esempio, da Lorenzo Valla che durante il dodicesimo secolo con la sua famosa dissertazione De falso credita et ementita Constantini donatione denunciò come falsa la presunta Donazione di Costantino, testo con cui la Chiesa aveva per secoli giustificato il suo potere temporale, attribuendo all’imperatore Costantino la decisione di donare a Papa Silvestro I (IV secolo d.C.) i domini dell’impero romano d’Occidente. Oppure la figura della pulzella d’Orléans, quella Giovanna d’Arco (Jeanne d’Arc in francese) che guidò, a soli 17 anni, il suo popolo nella riconquista di parte dei territori conquistati dagli inglesi durante la Guerra dei cent’anni.

Ebbene entrambi questi esempi molto probabilmente sono dei “falsi storici”. Provate a pensare al primo: la Chiesa, il potere assoluto, che governava sul mondo già da secoli, avrebbe permesso ad un intellettuale isolato di sbeffeggiarla e metterla in ridicolo, facendo nel contempo una magnifica carriera sotto i pontefici Niccolo V e Callisto III e morendo, infine, molto anziano e ricco. Francamente poco credibile. Come poco credibile risulta la vicenda della pulzella francese, in realtà molto probabilmente una sorella o sorellastra del re Carlo VII (entrambe le vicende sono state ottimamente trattate da Pietro Ratto nel suo “La storia dei vincitori e i suoi miti”).

 

Santa madre Chiesa

Perché sono partito da questi due esempi? Proprio per arrivare ai nostri di giorni. Il periodo distopico che stiamo vivendo è noto a tutti, e sul palcoscenico della storia, almeno quella nostrana, appaiono diversi personaggi che sembrerebbero andare contro la corrente della narrativa mainstream, ampiamente rappresentata giorno e notte. Mi riferisco in particolare a personaggi come l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America (fatto non secondario quest’ultimo), assurto agli onori della cronaca più recente per una serie di video rilasciati in Rete nei quali descrive con assoluta lucidità e precisione i fatti e i retroscena a questi insiti di questo disgraziato periodo. Il tutto lanciando precise “accuse” e facendo, per così dire, nomi e cognomi di quelli che farebbero parte del presunto piano orchestrato ad hoc per trasformare il mondo da come lo abbiamo conosciuto fino ad un paio di anni fa in qualcosa, appunto, di distopico ed inimmaginabile. Ma voi pensate davvero che un’istituzione come la Chiesa di Roma, un vero e proprio impero che come nessuno altro nel mondo occidentale è durato tanto a lungo, ossia per più di 2.000 anni, possa mai permettere ad un suo alto prelato di fare impunemente le dichiarazioni che appunto fa monsignor Viganò, senza censurarlo, senza tentare di chiudergli la bocca o di infangarlo in qualche modo? Giusto un bambino di pochi anni potrebbe crederci, ma il mondo fluttuante del web ne è pieno di bambini creduloni, e questa è la vulgata che si è sparsa alla velocità della luce.

 

Trieste

Altro personaggio recentemente venuto alla ribalta della cronaca è Stefano Puzzer, definito come “portavoce” dei portuali triestini che hanno provato a “bloccare” le attività del porto per protesta contro il provvedimento, questo sì di stampo fascista, della presentazione del “green pass” per poter recarsi a lavoro. Innanzitutto chiariamo una cosa: il porto di Trieste non è di proprietà dell’Italia, bensì come stabilito dal trattato di Parigi del 1947 (a seguito della Seconda Guerra Mondiale) e con successiva reiterazione di 10 anni dopo, è un territorio sotto tutela degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Infatti è detto porto franco e, in teoria, la polizia italiana lì non avrebbe neanche potuto metterci piede. Dal settembre dello scorso anno il colosso tedesco di Amburgo “Hamburger Hafen und Logistik Ag” (Hhla) ha concluso l’intesa per entrare nella Piattaforma Logistica del porto (con una quota pari al 50,01 per cento), una infrastruttura nata sulla carta nei primi Anni 2000, considerata tra le più grandi opere marittime del Paese negli ultimi dieci anni. In pratica sono i soci di maggioranza. Al porto di Trieste giungono le merci provenienti dalla Cina e dirette nel Nord Europa. Sempre lì arriva tutto il petrolio destinato a rifornire la Baviera, regione tedesca di vitale importanza per l’economia germanica e non solo.

Ora immaginate voi le élite americane ed inglesi (oltre a quelle tedesche) starsene lì a vedere in televisione l’inizio di una potenziale pericolosa sommossa del popolino cencioso, che vorrebbe fermare le attività del porto per protestare contro la tessera di stampo fascista istituita da loro stesse. Secondo voi, potevano mai stare con le mani in mano, senza far niente, a vedere che noi povere formichine iniziavamo ad agitarci con le nostre zampette e che, potenzialmente, a medio-lungo periodo potevamo iniziare a costituire un problema “imprevisto”? Ma quando mai! Allora che fare? Beh, secondo me la cosa più logica sarebbe stata proprio quella di inserire un elemento per così dire “rabbonitore” delle folle in rivolta, per far “ribellare” le pecore con pacata compostezza, così, senza violenze, come piace ai mezzi mainstream che riprendono le facce dei poveri disgraziati che provano a protestare in piazza, salvo poi additarli come pericolosi estremisti se provano ad opporsi ai soprusi della Polizia e dei servizi segreti.

Quando poi qualcuno, come è accaduto, fra i veri portuali in rivolta (il signore in questione non fa lo scaricatore di porto, bensì il sindacalista in giacca e cravatta. Normalmente) ha iniziato a nutrire dubbi sulla figura del “Masaniello” perbenista triestino, allora è arrivato il momento di farlo uscire di scena con un coup de théâtre, facendolo scendere nella Capitale, con il suo banchettino educato, in attesa di non si sa bene cosa (visto che s’era capito fin dal primo giorno di proteste a Trieste che in realtà non ci sarebbe stato nessun tipo di risposta alle istanza dei “rivoltosi”), per poi prelevarlo in modo “misterioso” verso le quattro del pomeriggio e portarlo in “questura” (così dice la vulgata diffusa da lui stesso) per accertamenti. Salvo poi sentirlo a sera inoltrata, al telefono, dire che era stato fatto allontanare da Roma, con una sorta di daspo di un anno sul territorio della Città eterna.

A parte il fatto che sarebbe bastato che spostasse la sua protesta, chessò, a Fiumicino (che è altro comune), ma è stato divertente ascoltare la telefonata da lui fatta in seguito (non quella a Giordano in “Fuori dal coro”) dove si capisce benissimo che si trovava in una macchina, che non era lui che guidava, e che nella macchina c’erano un uomo e una donna che conversavano in inglese. Sicuramente deve essere un caso. Come è un caso risaputo che i nostri servizi prendono ordini da quelli britannici ed americani. Ma questa è un’altra storia.

 

I capi popolo

Come un’altra storia è la vicenda di poco precedente che ha visto coinvolto Giuliano Castellino, leader romano di Forza Nuova (nota organizzazione pacifica per nulla nota alle forze dell’ordine). Ebbene questo longilineo signore aveva aizzato la folla presente a “Piazza del popolo” a Roma, durante la manifestazione con i soliti quattro gatti (ovviamente secondo i media, quelli affidabili) contro il “green pass” dello scorso 9 ottobre, ad andare a “trovare” Maurizio Landini alla sede della Cgil, casualmente aperta pur essendo sabato. La storia come sia andata la conosciamo tutti. La cosa più interessante è che questo pasciuto personaggio lo avevo visto anch’io, ignorando chi fosse, durante la manifestazione (sempre contro il passaporto fascista per lavorare, e non solo) che si era tenuta nel mese di agosto, precisamente il giorno 6, sempre nella stessa piazza. Anche allora arringava la folla, urlando a tal punto che pensavo che gli sarebbe venuto un infarto, e faceva, per così dire, da moderatore ai vari interventi. Il tutto sotto il naso delle Forze dell’ordine (Polizia e Carabinieri) presenti in piazza per “vigilare” a che noi sovversivi non facessimo casini in un bollente pomeriggio (otre 38 gradi) romano.

Ebbene, quel che personalmente ignoravo era chi fosse costui, per dirla con un’espressione manzoniana. Solo a seguito di questi fatti di ottobre ho scoperto che il “signore” fosse stranoto ai tutori dell’ordine, che avesse un braccialetto elettronico, che gli fosse proibito allontanarsi da casa e partecipare a qualsivoglia pubblica attività. Strano, no? Non so se si è colta l’ironia.

Vorrei concludere la disamina di questi “specchietti per le allodole” citando un noto personaggio politico e giornalista che a mio modesto parere è il classico esempio di gatekeeper (letteralmente dall’inglese, il guardiano del cancello), termine tanto di moda ora per dire “infiltrato” in un determinato campo: Gianluigi Paragone. Lo fa bene, lo fa da tanto tempo ed è diventato quasi credibile agli occhi dei più. Molto presente sui media, sa molto bene quali corde toccare del senso di ribellione della gente. Ma come si suol dire, il pesce puzza dalla testa. E la sua…

Infine pongo dei seri dubbi sull’“autenticità” di un paio di personaggi femminili tanto di moda recentemente: il vice questore Nunzia Schilirò e la dottoressa Barbara Balanzoni. Entrambe vengono da ambienti di forze dell’ordine o militari. Forse non è un caso. Forse mi sto sbagliando. Chissà!

La finestra di Overton

La finestra di Overton

In “Hammerstein oder Der Eigensinn” (Hammerstein o Dell’ostinazione) Hans Magnus Enzensberger, scrittore e poeta tedesco, parlando del generale Kurt von Hammerstein-Equord (e della sua famiglia), capo di stato maggiore dell’esercito tedesco quando Hitler prese il potere, fece un’ottima descrizione del clima che si era creato in Germania alla fine della Repubblica di Weimar al fallimento dell’opposizione al regime, passando dal richiamo dell’utopia comunista alla guerra fredda. «A differenza dei politici di Weimar, Hitler fu abile nel convogliare le paure e l’energia distruttiva delle masse», scrisse Enzensberger. «La sensazione di impotenza portò la maggioranza dei tedeschi a rifugiarsi proprio nell’estremismo di Hitler: in molti si convinsero infatti di poter trovare in lui protezione e sicurezza». Eravamo all’indomani della Crisi economica del ’29 e l’incertezza regnava sovrana. Fu così che, come scrive l’autore tedesco, un intero popolo si lasciò andare alla nuova ideologia, credendo di trovare in essa una via d’uscita per i propri guai e non rendendosi invece conto di incanalarsi in un vero e proprio tunnel di accondiscendenza acritica e conformismo cieco. In pratica la gente si lasciò avvolgere dalla falsa sicurezza offerta dalla propaganda di regime, che sapientemente creò all’interno degli strati sociali un profondo solco tra quanti aderirono bovinamente al regime e i pochi che cercarono di opporvisi.

Questo tipo di cose sono di quelle che da noi in Europa solitamente la mia generazione è stata abituata a leggerle sui libri di Storia. Mai avrei pensato in vita mia di dover un giorno vivere esperienze di questo genere direttamente. E questo anche solo fino ad un paio di anni fa. Ed invece l’incredibile sta avvenendo con la scusa della “pandemia”, quest’enorme pantomima montata ad arte dalle élite mondiali per trasformare il mondo così come nelle loro menti malate hanno stabilito che si debba evolvere.

In realtà hanno preparato il campo da lungo tempo e quanto accaduto negli ultimi due anni della vita di tutti noi non è altro che il risultato di qualcosa che parte da lontano, per la precisione da alcune decine d’anni. Almeno a partire dagli Anni Settanta, ma con un’accelerazione decisa fin dalla caduta del Muro di Berlino. Da allora sistematicamente sono stati apportati cambiamenti sostanziali nella società, a partire dal filone dell’istruzione (come ho ampiamente spiegato altrove).

 

I guardiani del potere

Oggi passeggiando per una città come Berlino, così come Roma, Parigi o Londra, per rimanere solo in Europa, si possono vedere migliaia e migliaia di giovani sicuri di sé, belli, sani, alla conquista del mondo. Quel mondo che è stato creato per loro dalle élite. Li hanno infatti fatti studiare sui libri preparati appositamente per formarli, gli hanno creato istituzioni ed enti che li abituassero ad essere “mobili”, o per meglio dire apolidi, attraverso programmi di scambio universitari quali il tanto decantato “Erasmus”. Li hanno abituati a trovare “normale” fare lavori sottopagati e ad essere perpetuamente precari, senza poter fare progetti a lungo termine, mettendo radici, come si diceva una volta, da qualche parte. Gli hanno spacciato la società multiculturale per cosmopolitismo (che sono due cose estremamente differenti), facendogli credere che il non avere tradizioni proprie fosse motivo di orgoglio, in quanto pronti ad “accettare l’altro”, il “diverso”, integrandolo. Già, integrandolo, ma in cosa? In un mondo globale e globalista, dove tutti sarebbero uguali, intercambiabili, sostituibili.

Queste nuove generazioni sono cresciute pensando che il “gender” sia un concetto negativo a prescindere, che i diritti delle minoranze si difendano a scapito di quelli delle maggioranze, a prescindere dalla loro valenza e da cosa si è dovuto fare da parte di altre generazioni per ottenerli, magari a costo della vita di molti. Queste nuove generazioni, sulle quali ancora molto altro si potrebbe dire (ad iniziare dalla grandissima supponenza che le contraddistingue non supportata da una preparazione effettiva), sono quelle che, invece di rappresentare la parte più avanzata della società, quella più “rivoluzionaria” e contestataria dell’ordine costituito, sono la più reazionaria, più pronta a rispondere ai comandi delle élite che le hanno fatte formare. Sono quelle che non mettono in discussione la narrazione corrente degli eventi, che obbediscono come tanti burattini agli ordini che vengono dall’alto, siano essi rivolti direttamente alla loro categoria, sia facendosi prodi controllori affinché vengano rispettate le norme imposte all’ambito sociale da chi comanda. Sono in pratica tanti piccoli soldatini, pronti come la “Hitler-Jugend”, la gioventù hitleriana che il nazismo, attraverso l’eliminazione di ogni forma di individualismo, la Gleichschaltung, ossia la “sincronizzazione” o “allineamento” del popolo tedesco al “nuovo ordine”, forgiava per ottenere fedeltà ed obbedienza alla propria ideologia.

Ebbene, costoro sono oggi i “custodi” del verbo, che redarguiscono e stigmatizzano i dissenzienti perfino più degli altri “allineati” di età più avanzata. Questi ultimi sono conformi o per semplice ignoranza o per convenienza, fingendo di non capire quando in realtà avrebbero i mezzi per comprendere benissimo quanto sta accadendo attorno a loro.

 

Politici, giornalisti e uomini di Stato

Una categoria a parte sono i politici ed i “giornalisti”. Esseri prezzolati per lo più, o rientranti comunque nella genìa degli “utili idioti” di leniniana memoria. Ho scritto qui di come si siano messi subito a disposizione del “potere” per avallare la narrativa corrente sul virus e le sue “varianti”.

Recentemente sono però rimasto letteralmente scioccato da una puntata di una delle trasmissioni di punta della narrazione del regime: “In Onda”, condotta da David Parenzo e Concita De Gregorio. Oltre a questi due fedeli propagandisti della “verità”, vi hanno partecipato il costituzionalista Sabino Cassese, Matteo Bassetti (infettivologo ed autentica star televisiva), Candida Morvillo editorialista del “Corriere della Sera” (sempre di Cairo editore, come “La7”) e Gerardo Greco giornalista televisivo, nonché mio ex (per fortuna) compagno di studi universitari. Ebbene in tale trasmissione, dove è stata fatta l’ennesima apologia del vaccino salvifico, la cosa scioccante è stata la continua demonizzazione dei non vaccinati, additati come veri e propri untori e causa dei molto probabili futuri provvedimenti di nuove restrizioni dovute alla risalita dei “contagiati”. Ovviamente questa volta a causa delle varianti, in particolare della famosa (per non dire famigerata) variante Delta.

A prescindere dall’assioma falso (giacché le varianti sono causate semmai dai vaccinati, tant’è che si contagiano pur essendo tali, ossia come pensano loro protetti), ciò che come dicevo mi ha veramente scioccato e preoccupato e stato il clima di autentica “caccia alle streghe” e demonizzazione rivolta nei confronti dei non vaccinati. Categoria della quale mi fregio di appartenere con orgoglio, pur avendo avuto il Covid-19 ed essendo andato a finire in terapia intensiva.

In particolare mi hanno impressionato le parole di quello che dovrebbe essere un “uomo di Stato”, il professor Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale. Ebbene l’esimio professore, che dovrebbe essere il custode dei diritti sanciti dalla Costituzione, ha dato una bella lezione di realismo a tutti noi, invocando il principio di machiavelliana memoria (Machiavelli in realtà non lo espose in nessuna delle sue opere, ma fu Guicciardini a riportarlo) secondo il quale il “fine giustifica i mezzi”. Pertanto citando dei precedenti “illustri” di leggi risalenti al 1939, 1963, 1966, 1991 e del 2017, che prevedevano, per altri vaccini, l’obbligatorietà, si è detto assolutamente certo della giustezza dell’obbligatorietà del siero miracoloso contro la Sars Cov 2. «Vuoi andare al cinema? Vuoi andare in discoteca? Devi essere vaccinato», ha esordito il buon professore. In pratica ha sancito il ricatto sanitario per legge. Quindi non si tratterebbe di «una vaccinazione obbligatoria totale per 60milioni di abitanti, ma tutti coloro che vogliono svolgere un’attività possono farlo se hanno una copertura vaccinale».

In pratica, ci sta dicendo il buon professore, se non ti fai inoculare il siero sperimentale che impongono le multinazionali del farmaco sei fuorilegge, e quindi ti assumi volontariamente la responsabilità delle restrizioni a cui sarai sottoposto, e verrai additato al pubblico ludibrio. Proprio come si faceva una volta con gli ebrei a cui si faceva cucire sugli abiti una stella gialla. Ha poi chiosato che la cosa deve avvenire per gradi e che la politica deve, prima d’imporre l’obbligo indistintamente per tutti, imporre l’inoculazione vaccinale per potersi muovere liberamente nell’ambito sociale, ossia per andare al ristorante, o in discoteca o ad un cinema. Bisogna agire con prudenza e progressività. In pratica bisogna abituare la gente a questo concetto, come il per il principio della “rana bollita” ben espresso da Noam Chomsky. Tuttavia un piccolo particolare che deve essere sfuggito al noto costituzionalista è dato dal fatto che i “vaccini” sono stati autorizzati dall’EMA per la malattia Covid-19 e non per l’infezione Sars Cov 2, come spiega qui l’avvocato Renate Holzeisen. Quindi la vaccinazione obbligatoria oltre che essere inutile, è per giunta illegale, visto che viene spacciata per protettiva nei confronti dell’infezione (la malattia non c’è scritto da nessuna parte che me la debba prendere).

 

La realtà plasmata

Si sta creando lentamente un clima di assuefazione (proprio come quella di cui ho parlato all’inizio dell’articolo durante la Germania nazista) fra la gente ad una narrativa falsa, ma avallata da tutti costoro dalla mattina alla sera. E come fanno per arrivarci? Con un meccanismo tanto semplice quanto diabolico: la cosiddetta “finestra di Overton”. Quest’ultima è una vera e propria tecnica di ingegneria sociale, esposta da Joseph P. Overton, sociologo ed attivista statunitense morto all’età di 43 anni nel 2003 a seguito di un non ancora chiarito incidente di volo. In pratica si tratta di una tecnica di persuasione e di manipolazione delle masse, in particolare di come si possa trasformare un’idea da completamente inaccettabile per la società, a pacificamente accettata ed infine legalizzata (ne troverete un’ottima spiegazione nel video che carico in fondo all’articolo).

Il problema più grande è che si sta creando in questo modo una lenta e quasi inavvertita spaccatura nella società. C’è un settanta per cento di persone che aderisce o ha già aderito a questa narrativa dell’obbligo vaccinale e del cosiddetto “green pass”, il lasciapassare verde, mentre una minoranza del trenta per cento sarà sempre più emarginata e stigmatizzata.

Se non avverrà un risveglio delle coscienze a breve, temo e prevedo tempi molto bui per l’umanità intera.

 

© Youtube Pensiero Diverso

I professionisti dell’informazione

I professionisti dell’informazione

Ho deciso di scrivere questo articolo a partire dall’analisi di ciò che ha fatto e sta continuando a fare nella narrazione della “pandemia” la “mia” categoria, ossia quella dei giornalisti, dei mass media, soprattutto quella “ufficiale” o, come dice uno spot di Mediaset, “i professionisti dell’informazione”.

Quello che molti ignorano è che il Governo Conte con l’articolo 195 del decreto legge 34/2020 stabilì l’erogazione di un “Fondo emergenze emittenti locali” «per l’erogazione di un contributo straordinario in favore delle emittenti radiotelevisive locali che si impegnano a trasmettere messaggi di comunicazione istituzionale relativi all’emergenza sanitaria all’interno dei propri spazi informativi». Tale notizia è reperibile sulla Gazzetta Ufficiale n. 279 del 9 novembre 2020. All’interno vi si legge: «Al fine di consentire alle emittenti radiotelevisive locali di continuare a svolgere il servizio di interesse generale informativo sui territori attraverso la quotidiana produzione e trasmissione di approfondita informazione locale a beneficio dei cittadini, è stanziato nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico l’importo di 50milioni di euro per l’anno 2020, che costituisce tetto di spesa, per l’erogazione di un contributo straordinario per i servizi informativi connessi alla diffusione del contagio da COVID-19. Le emittenti radiotelevisive locali beneficiarie si impegnano a trasmettere i messaggi di comunicazione istituzionale relativi all’emergenza sanitaria all’interno dei propri spazi informativi…».

Urbano Cairo, editore-padrone tra gli altri de “La7” e del “Corriere della Sera” ha dichiarato all’Ansa di “meritarsi” parte dei proventi del canone televisivo (circa 1,7miliardi di euro) per i servigi offerti in particolare con “La7” durante il periodo della “pandemia”. E come dargli torto? Chi meglio di Mentana, Floris, Formigli ed altri ancora hanno reso con il loro “tam tam” quotidiano a tutte le ore la narrativa sul Covid 19 l’unico argomento degno di discussione? Il solo problema è che la “discussione” è sempre stata a senso unico: il loro, ossia quello della propaganda governativa e di regime in genere. Mai spazio è stato dato a chi la pensasse in modo differente dal pensiero “ufficiale” su tutta la faccenda della “pandemia”. Ricordo che a tutt’oggi il numero ufficiale dei morti nel mondo “a causa” del Covid-19 (che è la malattia della SarsCov2, che è l’infezione) sono… ben 4milioni. I deceduti per tumore solo durante lo scorso anno sono stati circa 10milioni. I soli a cui tale spazio è stato concesso sono stati “invitati” nei salotti televisivi per “confronti” nello stile “uno contro tutti”, mettendoli alla berlina e mettendo in onda spezzoni di discorsi tagliati ad arte, per far sembrare le loro tesi quantomeno contraddittorie, per non dire folli. Il tutto senza possibilità di replica. Un caso per tutti quello del dottor Mariano Amici che lo strapagato professionista dell’informazione Bruno Vespa si è augurato fosse radiato dall’ordine dei medici perché reo di non aver abiurato alla sua professionalità.

A fronte di questa massa di “professionisti dell’informazione”, per chi ha voglia di cercare opinioni che non siano tutte strettamente allineate alla voce ufficiale del mainstream, si possono trovare in Rete variegate voci che, con i pochissimi mezzi a loro disposizione, cercano di informare la gente da altri punti di vista. Fra questi, ci sono: Byoblu (di Claudio Messora), Radio Radio (con Fabio Duranti e la nutrita squadra), Visione Tv con Francesco Toscano, Luogocomune (di Massimo Mazzucco), Contro Tv, (sempre con Massimo Mazzucco), Maurizio Blondet, La casa del Sole Tv (con Margherita Furlan), Becciolininetwork (di Stefano Becciolini), Numero6 (di Morris San), L’orizzonte degli eventi (di Barbara Tampieri), 100giorni da leoni (di Riccardo Rocchesso), Riscossa Italia, FEF Academy, L’Anticonformista, Meglio di ieri (di Daniel Griva), ComeDonChisciotte, Atlantico Quotidiano, l’Antidiplomatico, Nicoletta Forcheri, Oltre la linea News, Enrica Perrucchietti, Il bosco ceduo (di Pietro Ratto), Studi e salute (di Loretta Bolgan), Sandro Torella, Stefano Montanari, Barbara Belanzoni, Silver Nervuti, Matteo Brandi, Luca Donadel, Silvana De Mari, il sottoscritto e molti altri che al momento sono sicuro di aver dimenticato. Ebbene tutti costoro non credo che abbiano usufruito dei fondi stanziati dal Governo, proprio perché non allineati.

Molti hanno un canale Telegram oltre ai siti di cui ho messo il collegamento sopra. Telegram, almeno finora, sembra essere uno dei pochi social media non controllabile da parte dei grandi poteri. E proprio per questa ragione se ne stanno preoccupando. Pertanto sta venendo fuori la bufala secondo cui sarebbe un mezzo usato preferenzialmente da “cospirazionisti”, o peggio ancora da pericolosi elementi “estremisti” che vanno, per ovvii motivi, fermati. Ed ecco allora che Klaus Scwhab, fondatore ed organizzatore del World Economic Forum (organizzazione che decide in pratica i destini del mondo e che ha pubblicamente ammesso il Great Reset), ha iniziato a dire che occorrerà prevedere attacchi informatici su larga scala (a dire il vero non è la prima volta). Pertanto domani, 9 luglio, verrà lanciata una simulazione (sarà veramente tale o l’inizio di un cambiamento reale a livello mondiale?) denominata “Cyber Polygon”. Sarò pessimista (o forse realista?), ma penso che possa trattarsi dell’inizio di un controllo informatico globale, totale e definitivo.

Lo scopriremo solo vivendo, come si suol dire.

I professionisti dell’informazione

© Mediaset Infinity

I dimenticati

I dimenticati

Nell’ormai lontano 1959 uscì un film comico firmato da Steno (Stefano Vanzina) dal titolo “I tartassati”. Un piccolo capolavoro di comicità per raccontare i tentativi di un ricco negoziante (Totò) di evadere il Fisco facendosi beffa di un finanziere (Aldo Fabrizi), anche attraverso i consigli maldestri di un consulente fiscale (Louis de Funès). Il film metteva ben in evidenza la “lotta” tra lo Stato e il piccolo imprenditore italiano, generalmente visto come furbetto ed evasore fiscale.

Quello rappresentato nel film era un altro mondo, un mondo che non esiste più. All’epoca infatti poteva essere vero quanto raccontato in modo arguto dagli sceneggiatori; e questo tanto perché le condizioni generali del Paese erano ben diverse, quanto perché il sistema economico si basava su presupposti totalmente differenti da quello attuale. Alla fine degli Anni 50 la pressione fiscale italiana aveva raggiunto il 23,8 per cento (pressione fiscale, calcolata quale percentuale delle entrate tributarie rispetto al reddito nazionale), mentre nel quarto trimestre dello scorso anno ha raggiunto l’incredibile livello del 52 per cento. Fare il “piccolo imprenditore” non ha dunque più lo stesso significato e oggi si potrebbe quasi affermare che le parti in gioco si sono invertite (le ragioni sono molto complesse e non posso dilungarmi qui a spiegarne il perché, a partire dalla separazione di Banca d’Italia dal Tesoro operata nel febbraio del 1981 per volontà dell’allora ministro del Tesoro Beniamino Andreatta e dell’allora Governatore di Banca d’Italia Carlo Azelio Ciampi).

Oggi le piccole e medie imprese italiane (quelle per capirci che sono rispettivamente sotto i 50 e 250 occupati), per non parlare delle micro (quelle con meno di 10 dipendenti) sono la parte produttiva del Paese che maggiormente soffre delle rigide imposizioni fiscali dovute per lo più dai dettami europei (“Ce lo chiede l’Europa”, il mantra che meglio di ogni altra cosa rappresenta questo salasso) e dalle ulteriori restrizioni (non casuali) dovute alla “pandemia” in corso.

Ho già scritto altrove (ad esempio qui) della distruzione sistematica del tessuto produttivo italiano nel corso degli ultimi 40 anni, pertanto è più interessante qui trattare di quanto sta accadendo in questo periodo.

In questo primo anno (non è un refuso) di “pandemia” i cosiddetti “ristori”, ossia gli aiuti economici, previsti dai governi Conte e Draghi per le imprese ed i lavoratori autonomi ammontano a 64,7mld di euro. Di questi secondo l’Ufficio studi della Cgia di Mestre solo 29 sono stati finora erogati. E questo a fronte di perdite subite per 423miliardi di euro. Dunque gli aiuti finora rappresentano appena il 7 per cento delle perdite subite. Pertanto è chiaro che non v’è alcun interesse a supportare la micro, piccola e media impresa. Anche perché tutte le incombenze economiche che continuano a gravare sulle stesse (affitti, bollette, tasse e spese varie) non sono state sospese o ridotte.

L’unica luce che viene data alla gente per tornare alla “normalità” qual è? Ma ovvio, il vaccino! Solo il liquido salvifico permetterà a tutti di tornare ad operare come prima. Salvo varianti che “potranno” sopraggiungere, e salvo la sconsideratezza della gente “irresponsabile” che causerà nuove restrizioni. Dunque, care partite IVA e piccoli imprenditori, divertitevi per i prossimi due mesi estivi, che poi l’autunno (quello meteorologico) arriva. Quello vostro imprenditoriale è già stato scritto e oramai siete considerati oltre l’inverno. La vostra tomba è già stata scavata dai grandi gruppi internazionali (in mano alla solita élite che vi vuole morti). E il bello è che non ve ne rendete ancora conto e continuate a lamentarvi perché state morendo pur avendo rispettato “le regole”. Le loro.

 

P.S.: questo breve pezzo m’è sfuggito, per così dire dalla penna, dopo aver visto lo sfogo di questa donna nel filmato qui sotto.

 

 

Il migliore dei mondi possibili

Il migliore dei mondi possibili

La “pandemia”, i vaccini, le mascherine… tutti i principali argomenti di cui si sente parlare dalla mattina alla sera ovunque, in tv, sui social, per le strade. Oramai ci si è assuefatti a queste tematiche e le si dà praticamente per scontate. Un po’ come parlare del tempo, quando non si sa bene su cos’altro conversare. Oramai si dà per scontato che la libertà sia rappresentata dal potersi far vaccinare (o marchiare, come le bestie, a seconda dei punti di vista) con il metodo che si ritiene più adatto per sé e nel modo più rapido possibile, e non dal fatto che si possa non volersi vaccinare, cosa che al contrario è vista ed additata come la più turpe delle colpe nell’ambito sociale e addirittura morale (ne ho trattato in questo articolo). Chiunque nutra dubbi circa il volersi far inoculare il liquido salvifico viene messo all’indice e considerato come un reietto ed un untore. Quest’opera di “marchiatura” viene messa in atto a partire dalle svariate truppe cammellate dell’“informazione”. Ad ogni ora del giorno e della notte le solite facce di “esperti”, opinionisti e politici ripetono all’infinito la messa cantata che è stata detta loro di propagandare, a prescindere dalla propria competenza e capacità di comprensione di ciò che ripetono allo sfinimento. E questo avviene ovunque, in ogni Paese, dove più, dove meno e con modalità che cambiano a seconda del tipo di cultura dello stesso.

Da noi, in Italialand, a questo martellamento ininterrotto vengono aggiunti altri diversivi d’accompagno, un po’ perché tipici della nostra di cultura, un po’ perché, come ho già altre volte sottolineato, noi siamo un popolo perfetto per fare esperimenti sociali su larga scala. Ultimo in ordine temporale è la discussione sulla cosiddetta legge “Zan” (disegno di legge per essere precisi), approvata alla Camera ed ora in discussione al Senato. Di detto provvedimento legislativo in particolare sarebbe da esaminare ed approfondire l’articolo 4, dando esso modo (se passasse la legge così com’è) di accusare chiunque di reati d’opinione se si esprimessero pensieri non conformi a quelli del “politically correct”, che potrebbero “offendere” chicchessia su tematiche di carattere sessuale ed “inclusivo” (termine tanto caro ad una certa parte politica, e che volutamente non vuol dire nulla di concreto di per sé). Ma non mi soffermerò ora qui a discuterne. Ci saranno altre occasioni.

Tuttavia c’è un aspetto di tutta questa situazione “surreale” che a mio parere non è stato ancora ben messo in rilievo. Si tratta della stretta connessione che c’è in realtà tra la “pandemia”, le restrizioni messe in atto per “controllarla”, i vaccini e… la “transizione ecologica” e la cosiddetta “digitalizzazione”.

Apparentemente questi argomenti non sarebbero correlati, ma ad un’analisi più attenta i fili possono essere uniti assieme. Partiamo dalle ultime due.

 

Clima, ecologia e bit a volontà

Nel mese di aprile l’Unione Europea (Consiglio e Parlamento) ha raggiunto un accordo politico (confermato pochi giorni fa) che introduce nella legislazione l’obiettivo della neutralità climatica (ossia la capacità della Terra di assorbire le emissioni di gas prodotte) della UE stessa per il 2050, ed un obiettivo collettivo di riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra pari ad almeno il 55 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. A seguito di tale decisione, o per meglio dire dopo, la Corte Costituzionale tedesca ha emesso una sentenza definita da tutti i media “storica”: “…Le disposizioni della legge sulla protezione del clima del 12 dicembre 2019… sono incompatibili con i diritti fondamentali, nella misura in cui mancano requisiti sufficienti per ulteriori riduzioni delle emissioni a partire dal 2031. La legge sulla protezione del clima obbliga il Governo federale a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 55 per cento entro l’anno 2030 rispetto al 1990… i ricorrenti, alcuni dei quali sono ancora molto giovani, hanno avuto i loro diritti civili violati dalle disposizioni contestate”.

Già, “i giovani”, perché molti dei ricorrenti erano proprio quei movimenti giovanili che si rifanno al “Friday for future” di Greta Thunberg. Guarda caso. E il Governo tedesco, così sensibile alle istanze dei giovani (o forse della sua classe imprenditoriale?), ha subito prontamente rilanciato, aumentando l’obiettivo di riduzione delle emissioni della Germania per il 2030 dal 55 al 65 per cento. Il gabinetto federale intende approvare un emendamento corrispondente alla legge sulla protezione del clima nel prossimo futuro.

L’energia sostitutiva del carbone e della lignite per far marciare le industrie tedesche nel futuro sarà molto probabilmente l’idrogeno e quella nucleare a doppio fluido (per capirci i reattori montati sui sottomarini), ma per il momento il gas rimane la fonte energetica più praticabile per la sostituzione del carbone. Di qui l’accordo con il “cattivone” Putin per la costruzione del raddoppio del gasdotto sul Mar Baltico, il cosiddetto “Nord Stream 2”, tanto osteggiato dall’altro cattivone Trump prima, e dal buono Biden adesso. Osteggiato chiaramente non perché qualcuno creda alla barzelletta della cattiveria del “nemico” russo, bensì perché gli Stati Uniti devono esportare il loro gas di scisto in Europa. Pertanto la Germania dà un colpo al cerchio e l’altro alla botte, per non scontentare nessuno. Un capolavoro di diplomazia economica per ottenere ciò di cui ha bisogno: esportare a gogo è l’obiettivo a cui non derogare, quindi…

Quindi l’industria tedesca, vero Panzer della “locomotiva d’Europa” si prepara, in tutti i sensi. Ha bisogno di riconvertire i propri mezzi di produzione, anche attraverso la digitalizzazione (che come vedremo non serve solo a questo), ma per farlo deve investire cospicui capitali. Pertanto quale migliore cosa che fare pagare questa “transizione” a tutti i “clienti” stessi, ossia ai cittadini europei attraverso i finanziamenti (finti) del Recovery Fund (che in realtà a parole dovrebbe servire per i danni derivanti dalla “pandemia”)? Ma come farlo? Semplice! Innanzitutto occorre trovare un alleato che abbia la stessa necessità di riconversione industriale (leggi Francia), poi spingi a livello politico perché la decisione di adottarli venga presa da tutti gli altri Paesi (ci deve essere la maggioranza assoluta). Dopodiché bacchetti i più riottosi ad accettare questa “suppostina”, costituita in maggioranza da prestiti che andranno restituiti con gli interessi (all’Italia sono destinati 191,5miliardi circa, di cui 68,9 di sovvenzioni e 122,6 di prestiti. Inoltre sono previsti altri 31miliardi dal cosiddetto Fondo complementare e 13,5 dal programma “React EU”) con minacce (finte) di non concedere gli aiuti stessi. Questo per una parte dei fondi necessari a tale transizione.

Poi c’è l’aspetto politico. Bisogna spingere su quei partiti e movimenti che nell’immaginario comune maggiormente sono legati al “verde”, all’“ecologia”, alla “salvaguardia dell’ambiente”. Ossia i Grünen, i Verdi tedeschi. E come condire questa scelta sull’onda internazionale del “politically correct”? Ma ovvio! Con una candidata donna alla cancelleria per le prossime elezioni di settembre: Annalena Baerbock, 40 anni di inesperienza e inconsistenza allo stato puro. La candidata ideale per trascinare quell’elettorato giovane, o giovanile, che tanto piace alla gente che piace. Tutto “green”, spirituale, innovativo e, perché no?, digitale.

Sì, perché il futuro passa per i byte, o meglio per i Yobibyte (280) di dati che circolano e sempre più circoleranno in Rete. Una montagna di dati, che valgono tanto oro quanta è la loro massa immane. E per far questo la Germania si vuole mettere al passo con i tempi, come i concorrenti economici americani e cinesi, attraverso la costruzione dei super-computer quantistici (capaci di fare calcoli, che i più veloci computer al mondo impiegherebbero a risolvere in 10mila anni, in circa 3minuti e venti secondi). Una tale potenza di calcolo la si può applicare ad infiniti settori, da quello prettamente commerciale a quello militare, da quello finanziario a quello della ricerca pura. In particolare a beneficiarne sarà quello medico.

 

Resistere, anzi no! Resilire!

Del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (termine tanto usato ultimamente, e non a caso) che si divide in 6 “mission”, ossia comparti per dirla all’italiana, il capitolo riservato alla Sanità o Salute (anche qui il cambiamento non è casuale) è quello a cui è stata destinata la fetta più piccola di risorse (appena 15,6miliardi dal PNRR + 1,71 da React EU + 2,89mld dal fondo complementare) fra quelle che “arriveranno” dall’Europa. Ma come? Non siamo in un’emergenza pandemica mondiale? Visto che ci si è (giustamente) lamentati tanto della carenza dei posti in terapia intensiva nei nostri ospedali, come mai non si è provveduto in più di un anno ad aumentarli? Ah, già! Si sono comprati i banchi a rotelle, quelli sì necessari! Inoltre, per chi non lo sapesse, i nostri Governi (Conte prima e Draghi adesso) non hanno stanziato a tutt’oggi un solo euro per la ricerca nel nostro Paese sul Covid 19, la “più grande pandemia che la storia dell’umanità ricordi”…

Eppure dalla mattina alla sera, come dicevamo, siamo bombardati da continui messaggi che ci ricordano quanto il “virus” sia pericoloso, quanto sia importante che si continuino a mantenere le distanze “sociali”, che bisogna essere “responsabili” per non rovinare quelle due briciole di libertà che ci sono state concesse.

Piccola parentesi: se non lo sapeste l’OMS ha suggerito ai Paesi che stanno applicando a man bassa la campagna vaccinale di abbassare il numero di cicli (si chiamano così) che vengono fatti per verificare se un tampone sia positivo o negativo (entro i venti, perché oltre si rintraccia la qualunque). Dunque il risultato dell’abbassamento dei contagi non è dovuto alla minore diffusione del virus in virtù dell’efficacia dei vaccini, bensì semplicemente perché le analisi (comunque non adatte a diagnosticare tale tipo di positività) vengono fatte in modo più corretto.

Tornando al PNRR, i capitoli più corposi di finanziamento, indovinate un po’, sono assegnati a: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura (40,32miliardi dal PNRR + 0,8miliardi da React-EU + 8,74 dal fondo complementare); rivoluzione verde e transizione ecologica (59,47miliardi dal PNRR + 1,31 da React-EU + 9,16 dal fondo complementare); infrastrutture per una mobilità sostenibile (25,4mld da PNRR + 6,06 dal fondo complementare); istruzione e ricerca (30,88miliardi dal PNRR + 1,93mld da React-EU + 1miliardo dal fondo complementare); inclusione e sociale (19,81mld dal PNRR + 7,25 da React-EU + 2,77 dal fondo complementare).

Dunque, come in Germania, “digitalizzazione”, “rivoluzione verde” e “transizione ecologica” sono ai primi posti. Un caso? Non penso proprio. Quel che penso, al contrario, è che sia esattamente ciò che la classe egemone economicamente, i cosiddetti “poteri forti” avesse in mente fin dall’inizio di tutta questa immensa pantomima. Il virus, ovviamente, è un mezzo per cambiare radicalmente l’economia e la società. Finito un Covid se ne fa un altro, per traslare un vecchio proverbio romano sui Papi. La “pandemia” è un metodo per ottenere il cambiamento che si vuole, e pertanto può essere usata a piacimento. Almeno finché la gente continuerà a dare credito alla narrativa corrente, anche se quest’ultima fa palesemente acqua da tutte le parti. La paura di perdere la vita è il motore di tutta questa narrativa, e per paura di perderla non ci si accorge che, di fatto, non si vive più.

 

Il tuo robot medico

Concludo questo lungo articolo con un’ultima considerazione. Una delle componenti principali della “digitalizzazione” è proprio quella legata alla Salute. Quest’ultima, o meglio la Sanità (concetto ben più ampio di quello usato in questi ultimi anni, ripeto, non a caso), è un mezzo potentissimo di controllo delle masse. E questo non solo perché la malattia è connaturata alla natura dell’uomo, ma anche perché attraverso la medicina si può determinare il destino di un individuo, tanto in senso positivo che negativo. Si possono inoltre indirizzare le masse verso determinati tipi di comportamento, sia con reazioni riflesse sia con metodologie di carattere fisico d’interazione con l’essere umano. In questo quadro la cosiddetta “telemedicina” assumerà sempre più piede in un futuro oramai prossimo. Verranno create delle centrali telematiche che controlleranno costantemente i pazienti a casa propria, e l’interazione con gli smartphone sarà sempre più evidente. In pratica ci sarà un’informatizzazione totale del nostro stato di salute e della nostra vita in genere, dove il vostro medico sarà un programma informatico o un dottore robot. Milioni di dati, come accennavo prima, che saranno vero e proprio oro tanto per le élite che detengono i mezzi tecnologici e finanziari per fare tutto ciò, quanto per le loro aziende da cui oramai l’intera umanità dipende. Dunque oltre il controllo anche il guadagno. L’“Internet delle cose”, per cui è necessario il 5G (già si parla di 6G e oltre) non è una “figata”, è la fine dell’autodeterminazione. Sarete collegati con la Rete 24 ore al giorno e questi miliardi di dati saranno appunto controllati attraverso computer quantistici. Con la digitalizzazione scordatevi la privacy, scordatevi la libertà di decisione e di movimento, scordatevi la vita come l’avete conosciuta fino ad oggi.

Benvenuti nel mondo nuovo, ecologico, sostenibile e digitale. Il migliore dei mondi possibili.

Germania anno zero

Germania anno zero

Gli avvenimenti difficilmente sono casuali. Soprattutto in politica. Magari non se ne conoscono a prima vista i motivi, ma dietro qualcuno o qualcosa ha generalmente agito per ottenere un determinato risultato.

Durante questo periodo di “pandemia” diverse sono le cose che si sono succedute in tutto il mondo e in Europa anche la nazione leader, la Germania, ha visto profondi cambiamenti. In tutti i sensi.

Tanto per iniziare è finita (finalmente diranno alcuni) l’era Merkel. La Cancelliera ha definitivamente, almeno all’apparenza, gettato la spugna, decretando un suo ritiro dalla scena politica attiva rinunciando a un quinto mandato al comando del Paese. La regina di Germania ha provato a lasciare lo scettro a due donne, Annegret Kramp-Karrenbauer e Ursula von der Leyen, ma entrambe non hanno la stoffa per succederle. Alla fine, guarda caso, lo scettro della conduzione del partito è passato nelle mani di “un brav’uomo” come si sarebbe detto in altri tempi, o leggi “mediocre” come si direbbe fuori dai denti (o politically correct) oggi: Armin Lascet, 60 anni, Presidente del Nord Reno-Westfalia. Uomo perfetto per non dar fastidio a nessuno. Tanto perfetto che alla fine si è deciso che dovrà guidare l’Unione ossia la CDU e la CSU (partito gemello della prima, ma solo presente in Baviera) nella corsa per il cancellierato il 26 settembre prossimo. Non è infatti un caso che gente come Wolfgang Schäuble, un falco della politica tedesca, lo appoggiasse apertamente contro il rivale, il Presidente della Baviera, Markus Söder (54 anni). Quest’ultimo certamente preferito dagli elettori tedeschi, perché più carismatico e “deciso” nelle sue pur discutibili decisioni. Ma si sa, in tempi di Covid la figura dell’uomo “forte” e risoluto ha successo per credere di uscire dall’impasse economica, sanitaria e sociale.

Un suicidio programmato

La domanda da porsi è: perché la CDU si è suicidata politicamente? Perché, dopo 16 anni di regno praticamente incontrastato, durante il quale la politica della Merkel ha fagocitato tutto e tutti, in primis la SPD, la più antica socialdemocrazia al mondo con una tradizione politica centenaria (fu fondata nel lontano 1863), ha deciso di abdicare politicamente la guida del Paese egemone in Europa da almeno trent’anni? Perché è chiaro, sondaggi a parte, che il cancellierato tedesco sia destinato ad andare nelle mani dei “Grüne”, ossia i Verdi tedeschi, già in ascesa da tempo nelle preferenze elettorali del Paese, tanto a livello nazionale che locale (un recente sondaggio del Forsa Institute darebbe i Verdi in sorpasso sull’Unione con il 28 per cento delle preferenze contro appena il 21). E non è di certo un caso che proprio il giorno prima della decisione “suicida” del Consiglio esecutivo del partito cristiano democratico fosse stata eletta come candidata alla cancelleria per il partito in ascesa una donna, Annalena Baerbock. Quest’ultima, che passa per essere una vera e propria “promessa” della politica tedesca, a mio parere è al contrario un grande bluff.

Il verde speranza

La “giovane” promessa (ha, si fa per dire, appena 40 anni) ricalca perfettamente la figura della politica perfetta per rientrare nei canoni del “politically correct”. Madre di due figlie, Annalena ha studiato Scienze Politiche e Diritto Pubblico (in Germania si prende la laurea in due specializzazioni, anche se, spesso, non si sa nulla di entrambe. Ma questo sarebbe un lungo discorso che esula dal tema di questo articolo). Si è poi laureata (ma guarda tu il caso!) alla “London School of Economics and Political Science” in Diritto pubblico internazionale e specializzata presso Istituto britannico di Diritto internazionale e comparato. Incarna dunque alla perfezione la figura di quella generazione dei cosiddetti Millenials di cui ho parlato nel mio articolo “L’altra faccia della Luna”. Infatti come incarico “politico” è stata assistente di un’eurodeputata dei Verdi presso il Parlamento europeo (tra il 2005 e il 2008) e pochi incarichi secondari all’interno del Bundestag tedesco.

Dunque quale migliore figura per guidare la successione dell’era Merkel e trascinare un elettorato “giovane” come lei, attento (si fa per dire) alle tematiche dell’Ambiente, della “sostenibilità” (termine che va tanto di moda ultimamente) e aperto alle differenze culturali e sessuali? Come dire, il perfetto manuale della “società liquida”, senza confini e contraria alla tradizione fatta passare, quest’ultima, come segno di regressione e conservatorismo deleterio.

Uomini nuovi per il tempo a venire

I Verdi tedeschi incarnano il partito perfetto (costruito nel corso degli ultimi anni a tavolino e che nulla ha più a che vedere con quello del passato) per far governare direttamente le élite mondiali, attraverso più o meno ignari “soldatini”, tirati su nel corso degli anni nelle Università e nei centri Think Tank (letteralmente “serbatoio di pensiero”) di mezzo mondo. Ma ovviamente i partiti di tutto il mondo, certamente dei principali Paesi europei, ne sono pieni allo stesso modo.

S’è ben visto da noi, con una classe politica nel migliore dei casi inetta, nel peggiore collusa con il sistema stesso. In genere i più “anziani”, quelli che una volta erano i portaborse dei politici del vecchio corso del dopoguerra oramai quasi tutti scomparsi, fanno parte di quest’ultima categoria. I più “giovani”, o quelli che si fanno passare per tali, in genere fanno parte della prima. Per non fare nomi, ne fa parte gente che è stata chiamata dall’estero (dove passava per essere fine intellettuale ed insegnava in quelle stesse Università di cui sopra e dove si era formata a sua volta) a guidare partiti di sistema cui si continua a dare appellativi d’appartenenza politica che nulla hanno a che fare con la loro vera natura. Ma questo è solo un esempio. Gli altri sono la stessa cosa, sotto altre vesti.

Germania anno zero

Dunque quello che sta accadendo in Germania, a mio parere, è un reset completo della classe politica (quello economico lo si sta facendo su scala globale, con l’eliminazione della piccola e media impresa. Ne ho parlato diffusamente nei miei precedenti articoli). Una tabula rasa su cui riavviare il sistema sociale, educativo e, ovviamente, economico. Questo processo non sta avvenendo solo nei Verdi, bensì in tutti i partiti dell’arco costituzionale. La cosa, quantomeno, è più evidente in quelli maggiori, che potrebbero aspirare al governo del Paese. Dunque, per tornare all’inizio di questo discorso, quello della CDU è stato un “suicidio” programmato, perché è stato deciso che, in mancanza di “uomini forti” da mettere al comando del cambiamento programmato, fosse ora di rimpiazzare direttamente la vecchia classe politica con quella creata ad hoc, ed ora pronta a seguire i dettami che le vengono impartiti e per cui è stata formata. Dopo quello della Seconda Guerra Mondiale, magistralmente descritto da Rossellini con la sua immortale pellicola, è per questa Terza Guerra Mondiale, combattuta con altri mezzi, arrivato il momento di azzerare nuovamente la storia tedesca.

C’ho un grillo per la testa

C’ho un grillo per la testa

Breve considerazione sulla vicenda inerente il video che Beppe Grillo ha diffuso in Rete, e che riguarda le polemiche legate alla vicenda giudiziaria che vede coinvolto il figlio Ciro. Al di là se quest’ultimo sia colpevole o meno, cosa che stabilirà la magistratura, quel che a me colpisce di più non è, come tutto il coro unanime di commentatori in Rete e sui mass media si è prodigato a dichiarare, il presunto sfogo “comprensibile” di un padre esasperato, bensì la tempistica e il messaggio in sé. Il processo, credo, va avanti oramai da un paio d’anni, e come tutti i processi in Italia avrà il suo lungo corso. Dunque non penso che sia questo il problema per uno come l’ex comico. A me, piuttosto, è sembrato un messaggio lanciato volontariamente in pubblico a qualcuno, in modo tale da dichiarare pubblicamente che altri tipi di attacchi nei suoi di confronti (e non del figlio) potrebbero far si che lui si sganci da certi tipi di dinamiche, cui fino ad oggi ha dato il suo consenso. Il fatto che Grillo si sia venduto ai “poteri forti” da un pezzo mi sembra oramai scontato e chiaro a molti, se non a tutti. Ad iniziare dalla sua parte politica, per lo più fatta da incompetenti attaccati come tutti gli altri alla poltrona, e che è stata creata appositamente (come ho detto altre volte) per ingabbiare la rabbia crescente della gente nei confronti di una classe politica italiana fatta di parvenu e venduti in genere. Tuttavia il messaggio lanciato così, all’improvviso, sa tanto di pizzino mafioso, di avvertimento a chi deve capire, come a dire “se mi volete fare le scarpe, sappiate che venderò cara la pelle”. Pertanto fatela finita e non mi attaccate (il figlio è un pretesto). È un po’ come dire in pubblico a nuora perché suocera intenda. Magari mi sbaglierò, ma si sa, io so’ complottista… 😏

Lo Jojo

Lo Jojo

Sono state abbandonate certe stronz… stranezze pubblicate sui giornaloni italiani oramai. Tanto non ne hanno più bisogno per confondervi le idee (che mi sembra lo siano abbondantemente). Ora usano le aperture e le chiusure a Jojo. Appena arriverà il bel tempo, inevitabilmente per la vostra voglia di vivere, vi concederanno di uscire, dicendo che i contagi sono calati (e grazie a casa…, faranno meno tamponi, come hanno fatto in Inghilterra). Successivamente, come da copione, richiuderanno tutto, dicendo che la colpa è stata la vostra, razza di irresponsabili, che avrete gozzovigliato tutta l’estate, (vaccinati) per giunta, facendo tornare l’ennesima ondata (di 💩😏). E il circo ricomincerò da capo, pronto per nuove restrizioni, nuove inevitabili varianti (visto che avranno per allora siringato un bel po’ di gente), e nuovi liquidi salvifici pronti (si fa per dire) da inocularvi. Il bello è che alla fine, a forza di siringare gente, questa che come malattia sarebbe calata pian piano di suo in modo naturale come tutte le altre, diventerà endemica veramente. So mago, io. Ne riparleremo fra un anno (se ci sarò ancora 😏).

Benvenuti in Italialand

Benvenuti in Italialand

Il tam tam mediatico sull’importanza salvifica della campagna vacci-anale 😏 sta decisamente dando i suoi frutti. Ora, oltre alla gente che è stata lobotomizzata e che, stremata da un anno di cazzate e soprusi di ogni genere, chiede a gran voce di vaccinare subito tutti per uscirne, si vede bene l’effetto sull'”alta classe” politica italiota. Dalle cariche più alte, che lodano il salvatore della Patria che ha detto che vi dovete abituare negli anni a venire a farvi siringare, perché ci saranno sempre nuovi virus, ops, scusate, volevo dire nuovi metodi di governo delle masse belanti, alla bassa manovalanza (altrettanto inetta) che fa a gara a far vedere che sta facendo tutto il “proprio dovere” per marchiare le bestie. E allora è una profusione di furbetti che sgomitano per avere 5 dosi del liquido salvifico in più (prima erano le mutande facciali, alias mascherine), o che fanno vedere in tivvù quanto sono stati bravi e  solerti  ad aver marchiato i propri concittadini. Il tutto con il plauso o la riprovazione della casalinga di Voghera di turno (leggi Myrta m’inginocchio sdegnata mago Merlino) che dispensa “buon senso” a profusione.
Benvenuti in Italialand
Libertà va cercando…

Libertà va cercando…

Marco Porcio Catone Uticense era fiero ed acerrimo nemico di Gaio Giulio Cesare. Caratteristica del personaggio era, anche a detta dei suoi nemici, di essere uomo retto, scomodo, imparziale e coerente. Talmente lo era che preferì togliersi la vita invece che accettare la grazia da parte dell'”homo novus” che avanzava, ovvero lo stesso Cesare, suo avversario politico. Per lui la libertà contava più della sua stessa vita.

Proprio per questa sua caratteristica padre Dante lo mette nel Purgatorio, e lo immortala con la famosa terzina:

…libertà va cercando, ch’è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta. (Purg. I, 71).

Il concetto di “libertà” è sempre stato molto dibattuto nel corso della Storia, e la Filosofia contemporanea in particolare se n’è occupata a lungo. Per Kant la libertà riguardava un soggetto universale ed astratto, ma de-socializzato e de-storicizzato i cui  imperativi  erano totalmente astratti. Fichte, contemporaneo di Kant, capì che la libertà kantiana, presupponendo l’esistenza dogmatica della “cosa in sé”, rappresentava un presupposto  dogmatico della immodificabilità del mondo. Lui, al contrario riteneva che la libertà è sempre relazionabile alle singole situazioni,  ossia è un concetto sempre determinato. Ad esempio, per chi sta morendo di fame è poter mangiare e bere, e non “libertà di parola”. Al centro dell’analisi filosofica c’è il bene, la verità, non la libertà. Hegel di quest’ultima ne parla profusamente in diverse opere ed in particolare nei “Lineamenti di filosofia del diritto” chiarisce bene il concetto, recuperando quello di Platone ed Aristotele e inserendo l’individuo nella vita pubblica concreta. La società civile non è il luogo della competitività degli individui aventi la libertà di mandarsi in rovina a vicenda, perché per Hegel la comunità deve mettere in campo quelle radici etiche (come la scuola pubblica che deve dare pari opportunità a ciascuno di evolvere). La libertà è una relazione fra individui egualmente liberi, ma per essere egualmente liberi non basta avere la possibilità liberale di non nuocersi a vicenda, bensì ci devono essere anche i diritti di ciascuno (materielle Rechte), per primo il diritto all’esistenza, poi altri quali la sanità, l’istruzione, il lavoro (diritto-dovere quest’ultimo) e non ultimo il diritto al sostentamento. Gli individui, dunque, sono liberi nella misura in cui si realizzano nel quadro della comunità.

Il virus e la paura di morire

Per venire dunque ai nostri giorni, la massima che si sente spesso in base alla quale la “mia libertà finisce dove inizia la tua” non è che un vuoto assioma. Semmai è la tua paura che deve finire dove inizia la mia libertà. Il concetto di “libertà” viene oggi declinato come diritto di non essere contagiato, come diritto alla “salute” e non come diritto di scegliere. La salute viene messa come bene universale e necessario, scambiando un valore del singolo, o un suo bisogno psicologico, con un obbligo dell’intera comunità. Il che è un falso principio. E questo al di là dei veri e propri isterismi a cui stiamo assistendo in questo periodo, in cui stiamo vedendo scene che fino a un paio di anni fa chiunque avrebbe giudicato insensate (gente che aggredisce chi, da solo all’aria aperta, cammina senza mascherina, droni che inseguono persone in spiaggia, abusi di tutti i tipi da parte delle “forze dell’ordine”, ecc.). Ricordo solamente che in nome della libertà centinaia di milioni di persone nella storia hanno sacrificato la propria vita, mettendola al di sopra della propria incolumità o salute.

E ciononostante non si può ugualmente far assurgere la libertà a bene universale e necessario. Tu ti senti libero ad indossare un’inutile mascherina all’aperto (il virus più terribile che la storia ricordi, a detta dei media di regime, si ferma in pratica con una mutanda), quando sei distante dagli altri? Fallo pure se ti fa sentire “sicuro”, ma questo non comporta che lo debba fare anch’io necessariamente, perché non ti nuoccio in alcun modo. Se ti vuoi vaccinare, credendo che questo ti protegga dal virus, fallo pure. Questo non vuol dire che lo debba obbligatoriamente fare anch’io, visto che il “vaccino” (più correttamente farmaco sperimentale) non impedisce che un vaccinato possa trasmettere il virus agli altri, bensì, “effetti collaterali” a parte, dovrebbe innescare nell’organismo dell’individuo (tramite la famosa proteina spike) una reazione anticorpale tale da proteggerlo dal virus. Il tutto con una probabilità che ciò avvenga, che varia da individuo ad individuo e che, al massimo (a seconda del “vaccino”), può arrivare a poco più del 90 per cento dei casi. Questo senza contare il fatto che molti illustri scienziati ritengono che i dati forniti a tal proposito dalle case farmaceutiche sono ampiamente falsati.

Il vaccino panacea miracolosa

Il vaccino, questa moderna panacea contro i mali che affliggono l’umanità (non solo contro il Covid-19), è recentemente al centro dell’attenzione mediatica internazionale. Le multinazionali del farmaco in uno slancio di “generosità”, come non ce n’erano stati prima, si sono buttate a capofitto per trovare la pozione magica salvifica. E, quel che più è stato lodato, in pochissimi mesi l’anno trovata. Peccato però che non abbiano avuto, a quanto pare, l’accortezza di testare tale “arma da fine di mondo”. Un vaccino (e questi trovati non lo sono in senso stretto, perché in realtà si tratta di veri e propri farmaci) necessita di un periodo di test variabile, fino a dieci anni. Ma mai inferiore ai tre. Solo per fare un esempio l’AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome), derivante dal virus dell’HIV (Human Immunodeficiency Virus), non ha a tutt’oggi visto un rimedio definitivo. E questo dal lontano 1981, allorquando venne alla ribalta per la morte sospetta di cinque omosessuali a Los Angeles (il virus aveva scelto l’uomo come suo “ospite” molti anni prima in realtà). In pratica ancora non esiste un vaccino in grado di sconfiggere questo virus. Quindi come si possa affermare che in pochissimi mesi si sia trovato il rimedio per il Covid-19 rimane un mistero, tant’è che le stesse case farmaceutiche non permettono di sapere esattamente il contenuto dei vaccini, e hanno chiesto l’immunità in caso di “eventi collaterali avversi”.

Ma servono questi vaccini? A detta di molti studiosi no. Fra i numerosi di casa nostra a sostenerlo ci sono il dottor Stefano Montanari, laureato in Farmacia con una tesi in Microchimica, e sua moglie Antonietta M. Gatti, fisico e microbiologa che si occupa da anni di nano patologie. Ma oltre a loro ci sono la dott.ssa Loretta Bolgan, laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, con un dottorato di ricerca in Scienze farmaceutiche, e il dottor Francesco Oliverio, psichiatra e pneumologo.

D’altra parte non ci vuole un genio nel campo medico per capire che ciascun individuo reagisce tanto ai virus, quanto ai vaccini o medicinali in modo completamente differente. Quel che può far bene a te, per intenderci, può far male a me. Per questa ragione sarebbe importante, prima di iniettarsi qualsiasi vaccino, fare analisi specifiche per vedere se il nostro organismo non possa risentire del contenuto che ci andiamo ad iniettare.

Vaccino miracoloso vs aspirina

A questo proposito l’argomentazione di quanti affermano: “Eh, prendono qualsiasi medicina che nel bugiardino ha un innumerevole elenco di effetti collaterali possibili, ivi inclusa la morte, perfino nella comune aspirina, e poi non si fidano di un vaccino (sempre salvifico)”. Oppure: “Eh, ma vuoi mettere? In percentuale quante sono le possibilità che il vaccino ti possa nuocere paragonate a quelle in cui questo non accade? Non c’è paragone!”. Già, piccolo particolare, però, che anche fosse solo uno il caso avverso, già basterebbe. E questo in base a quel principio di precauzione che sembra improvvisamente essere passato di moda. Anche un solo morto deve bastare. Anche perché quel morto potremmo essere noi stessi. Riguardo alla prima “boutade” si può semplicemente far notare che mentre quando si firma un consenso per, ad esempio, farsi iniettare il liquido di contrasto per fare una TAC, cosa c’è nel liquido lo si sa eccome, ed è stato ampiamente testato. Al contrario, qui, non si sa minimamente cosa ci si sta iniettando in vena e, soprattutto, non se ne conoscono le reazioni possibili a medio-lungo termine. Inoltre qui si prospetta l’obbligo vaccinale, chiedendo nel contempo l’immunità per chi deve iniettare il vaccino. Perché mai? Basterebbe farsi questa semplice domanda per capire che c’è qualcosa che non va. Inoltre, visto che a detta della stessa OMS, il vaccino servirebbe per proteggere noi, ma non gli altri dal pericolo che li possiamo contagiare, allora perché i vaccini obbligatori? Perché dovrei iniettarmi in vena qualcosa di cui non si può sapere il contenuto (è stato firmato un contratto a questo proposito fra le case farmaceutiche e la UE e gli altri Paesi) se questo non mi consente di tornare alla vita di prima? E se io preferissi morire a causa del Covid, perché non sarei libero di farlo? Forse perché darei il “cattivo esempio” agli altri? Non voglio parlare delle famose “varianti”, che si producono proprio perché si sta vaccinando. Che non si vaccini durante un’epidemia lo dicono tutti i virologi. Questo perché con il vaccino, il virus, sentendosi attaccato dagli anticorpi, per sopravvivere muta, generando appunto le varianti (non coperte dal vaccino che è stato messo in giro per il mondo in questo periodo. A questo proposito vedetevi il video della dottoressa Bolgan messo sopra). Ma la cosa ancora più pericolosa a seguito delle vaccinazioni in atto è la possibilità della comparsa delle cosiddette “chimere”, ossia nuovi virus che con quello di partenza non hanno nulla a che vedere e che, pertanto, non si conoscono con tutte le conseguenze del caso.

Un capitolo a parte spetterebbe alle cure domiciliari, che ci sono e funzionano se la malattia viene presa nei primi stadi, ma che vengono demonizzate e messe alla berlina. Come nel caso del dottor Mariano Amici. Oppure a terapie ospedaliere come il plasma iperimmune usato dal dottor De Donno.

Eh, ma in Israele…

Israele, come il Cile e, ora, la Gran Bretagna, vengono portati come esempi di successo della campagna vaccinale mondiale. Mi soffermerò brevemente solo sul primo caso, per non allungare ulteriormente questo lungo pezzo. Israele, circa 9milioni di abitanti in tutto, ha visto salire vertiginosamente il numero delle morti proprio dopo l’inizio della vaccinazione di massa, passando a fine gennaio, dai 5mila morti per Coronavirus in tutto l’anno precedente, a circa 6mila e 200, in un solo mese, per effetti collaterali del vaccino. Ma come mai questo Paese ha deciso di vaccinare tutti in così breve tempo? Forse perché il primo ministro Benjamin Netanyahu ha firmato un contratto con la Pfizer che prevede la quasi totalità della popolazione vaccinata in pochissimo tempo? E questo in quanto che il Paese ha la singolare caratteristica di essere un caso più unico che raro, giacché la popolazione è catalogata da un punto di vista sanitario, grazie ad un gigantesco database centralizzato. In pratica i dati sanitari di ogni cittadino sono tutti registrati. Quale migliore occasione per testare un farmaco sperimentale, come in un gigantesco laboratorio con 9milioni di cavie? Neanche durante il nazismo. La storia alle volte usa la pena del contrappasso.

 

Il virus per distruggere la piccola e media impresa

Sul fatto che il virus abbia origine artificiale oramai non c’è più dubbio. Lo aveva detto il premio Nobel per la medicina Luc Montagnier, scopritore dell’HIV. E per questa affermazione era stato messo alla berlina da parte dei media di mezzo mondo (si era mostrata una sua foto, durante un’intervista, dove si vedeva una bottiglia di vino poggiata su un camino alle sue spalle. Ovviamente facendo capire che fosse un ubriacone) e da “illustri” scienziati (o presunti tali, solo per il fatto di comparire ogni giorno sui media nostrani) di parere contrario. Salvo poi “ricredersi” quando la cosa è apparsa evidente. Ovviamente si dice che il virus, in ogni caso, era probabilmente sfuggito di mano a qualche scienziato “distratto”.

Ovviamente a una “svista” neanche un bambino delle elementari crederebbe. E infatti

Ma allora il virus a cosa serve? Beh, a dirlo, senza oramai neanche più nascondersi, sono i signori dell’élite mondiale, riunitisi a Davos lo scorso gennaio. Occorre passare ad un Nuovo Ordine Mondiale. Il che vuol dire la trasformazione dell’industria classica a favore della digitalizzazione e del falso “green”. Dico falso perché, in realtà, le industrie “green” non esistono, e i loro possessori sono gli stessi che posseggono quelle “classiche” e “inquinanti”. La corrente utilizzata per caricare (dove?) le auto elettriche secondo voi da cosa è prodotta? “Beh, dall’eolico e dal solare”, direte voi. E invece no! Nella stragrande maggioranza è prodotta proprio dalle vecchie centrali a carbone o lignite (ancora più inquinante), o dalle centrali nucleari in quei Paesi che l’energia la producono anche così (come la Francia, per rimanere vicino a noi). Per fare un esempio di quanto ancora sia lontanissimo il “miraggio” della corrente prodotta dall’eolico e dal solare basti pensare che la Germania, Paese che dell’eolico in particolare ha fatto un vero e proprio vessillo dopo la cosiddetta dell’Energiewende (la svolta energetica con l’abbandono del nucleare) decisa nel 2011 dopo il disastro di Fukushima, in Giappone, produce solo il 25 per cento circa del suo fabbisogno energetico da questo settore. Eppure la “locomotiva d’Europa” è disseminata di pale eoliche. Per non parlare del fatto che non esistono ancora batterie atte a conservare l’energia prodotta per lungo tempo, prima di essere utilizzata. Ogni anno l’asticella del raggiungimento degli obiettivi auto-stabiliti (a parole) della limitazione delle emissioni dannose nell’aria viene spostata sempre più in là, perché non vengono mai rispettati. E ora si sta pensando di tornare al nucleare con i reattori a doppio fluido, ossia quelli che sono montati sui sottomarini ad energia nucleare. Nel mondo ancora i prodotti energetici chimici del carbone, del petrolio e del gas forniscono più di quattro quinti dell’energia per l’umanità (81,1 per cento).

Tuttavia il virus serve a favorire un cambiamento a favore della grande produzione. La piccola e media impresa dovrà sparire dalla faccia della terra, tranne qualche piccolissima nicchia di eccellenze di cui anche le élite economiche del pianeta si vogliono servire perché sarebbe impossibile stravolgerne la produzione senza intaccarne la qualità. Tutti gli altri o si dovranno adeguare, facendosi inglobare dalle multinazionali, oppure saranno strozzati e poi comprati per due soldi. Dovranno rimanere solo i grandi gruppi. Tutto è stato ben calcolato, minimo dal 2015, ma secondo me da ben prima. Alla fine la gente, stremata dalle non casuali chiusure ad organetto, o lockdown per usare un termine “moderno”, che altro non servono che a far fallire le piccole medie aziende appunto (e non per la salvaguardia sanitaria della popolazione. Qui al minuto 2:47 circa), sarà costretta in un primo momento a vendersi ciò che ha risparmiato per sopravvivere. Poi, finiti i soldi, per evitare inevitabili ribellioni, verrà concesso dalle élite un obolo, o reddito universale di cittadinanza che dir si voglia, per sopravvivere e con cui comprare i prodotti che le stesse élite producono. Le proprietà private, altra cosa a cui mirano, non dovranno più esistere e tutto dovrà essere affittato dai grandi gruppi. Per questa ragione viene propagandata in continuazione dai media di regime la storiella (peraltro falsa e smontata in poco dalla Rete) che le vecchie professioni rendevano “infelici” gli individui, che invece ora, con la pandemia, sono costretti a fare lavoretti da studentelli liceali per quattro soldi, ma ovviamente“felici”. Come i servi della gleba di una volta. Tutto questo è stato ben chiarito dalla monetarista Nicoletta Forcheri.

Il virus come metodo d’educazione

Bisogna “abituarsi” all’idea del virus. E per farlo, oltre ai vaccini, servono quei feticci che sono le mascherine, oltre al “distanziamento sociale” (parole non casuali, usate invece di distanziamento fisico). Gli individui che “lavorano da remoto” (quelli che lo possono fare) sono isolati e più deboli, proprio perché divisi. Sono anche controllabili, perfino con software appositi, come mette ben in evidenza lo storico e docente di Filosofia Pietro Ratto. Inoltre la censura cade come una mannaia su chiunque tenti di rompere il muro d’omertà che è stato creato attorno alla narrativa del Covid o metta semplicemente in dubbio il pensiero del mainstream. Io stesso, nel mio piccolo, sono stato più volte censurato da Facebook, con minaccia di chiusura del mio account per “violazione delle norme della community” (non specificate ovviamente). Proprio per questa ragione ho deciso di acquistarmi uno spazio web indipendente, o meglio tale finché i server che mi ospitano lo permetteranno. Se date fastidio, a qualsiasi titolo, nel mondo del digitale basta un click per farvi sparire. Esemplari le chiusure prima degli account Twitter e Facebook di Donald Trump, quando ancora era Presidente, o la cancellazione (poi ritirata) del canale Youtube di RadioRadio o quella più recente del canale di Byoblu (a quanto sembra definitiva). Google, il più potente motore di ricerca usato al mondo, potrebbe farvi sparire dai risultati di ricerca o celare a voi informazioni che state cercando.

Pensateci, un domani potreste essere voi la prossima vittima senza più voce per esprimere il vostro pensiero. È sempre una questione di… libertà.

 

Il ballo del Limbo

Il ballo del Limbo

I diversamente giovani come il sottoscritto (e, ovviamente, anche quelli nati prima) ricorderanno un ballo nato nell’isola di Trinidad, ai Caraibi, che andava molto di moda in tutte le feste a partire dai primi Anni Sessanta, anche grazie alla musica orecchiabile e ritmica di un pezzo dei “Champs”, reso ancor più celebre da Chubby Checker con il titolo Limbo Rock.

Ebbene tale ballo consiste nel passare a ritmo di ballo sotto un’asticella sorretta o da altri partecipanti al ballo medesimo o da appositi sostegni. Ad ogni turno ciascun ballerino dovrà, senza toccare l’asticella medesima o il terreno con la schiena, passare sotto tale ostacolo posto di volta in volta più in basso. In pratica si tratta dell’opposto di quanto  avviene in atletica con l’asticella del salto in alto o del salto con l’asta, dove invece di essere abbassata l’asticella viene posta sempre più in alto per passarci al di sopra senza toccarla.

Questa è l’immagine che mi viene in mente, a me noto complottista di terz’ordine, in merito alla storia, dal mio punto di vista molto divertente, dei vaccini salvifici che in tutti i Paesi si vedono come la panacea a tutti i problemi che la “pandemia” sta causando al mondo. O meglio, si vedevano come tali. Già, perché i meno attenti non ricorderanno come lo scorso anno, nel pieno del panico derivante dalle morti e dall’incertezza su come avvenissero i contagi del virus, si iniziò a parlare del vaccino come il solo mezzo per liberarci da questo immenso incubo e tornare alla “normalità”. Quando poi i vaccini, prodotti a tempo di record, sono arrivati, si è iniziato a dire che nonostante la vaccinazione non si potrà arrivare ad una vita “normale”, come quella di prima. Occorrerà continuare a portare la mascherina e il cosiddetto distanziamento sociale. Questo, dicono i ben informati (oramai chiunque spara opinioni e notizie in proposito a qualunque cosa), perché il vaccino proteggerebbe chi lo fa, ma non gli altri da un possibile contagio (immagino per tocco “divino”, visto che gli anticorpi non dovrebbero rendere nessuno più contagioso). Ad ogni modo la cosa che trovo più interessante non è questa, visto che personalmente non intendo affatto vaccinarmi (e se mai dovessero obbligarmi anche solo per prendere i mezzi pubblici spero di potermi fare quello russo “Sputnik V”), quanto invece il fatto che i vaccini sembra che non bastino per tutti e che, a causa di questo fatto misterioso, i tempi di un “ritorno alla minima normalità” si allungheranno di conseguenza.
In parole povere, non credo che i vaccini non ci siano (fuori dall’Europa ci sono eccome, oltre al fatto che ci sono brocker europei che li hanno e li vendono solo al di fuori dei confini della UE, per espresso divieto). Al contrario penso che si vogliano allungare sempre di più i tempi dell’inutile vaccinazione (le varianti si diffondono e rendono inutile qualsiasi vaccino. Mentre non si dice che basterebbe curare i  sintomi, visto che le cure ci sono e sono a bassissimo costo) per dare più tempo a chi di dovere di far fallire le piccole e medie imprese e impoverire la gente che non trova più lavoro. Il Grande Reset di Davos a questo serve. Un solo anno di finta pandemia (ho già spiegato altrove perché “finta”) non è sufficiente a portare a compimento tale operazione. Occorre continuare con le aperture ad organetto (fatte per ridare una tenue speranza di vedere la fine dell’incubo), salvo poi richiudere tutto dando la colpa ora all’irresponsabilità dei giovani o dei vacanzieri, ora all’ennesima variante proveniente da chissà dove, che causano la terza, poi la quarta, la quinta ondata e così via. Tutto ovviamente condito da false o parziali notizie diffuse a profusione dai media complici e servi del grande potere.

L’asticella si avvicina sempre più verso il terreno e a tempo di Limbo si scende sempre più, ma ancora non tutti se ne stanno rendendo conto.

 

 

 

Delle streghe cattive e di altre favole

Delle streghe cattive e di altre favole

C’era una volta una strega cattiva…, o meglio ce n’erano due. Così potrebbe iniziare la nostra storia. Oppure: in un mondo futuro, manco tanto lontano, c’era una bella principessa addormentata nel bosco. Il suo nome era Italia. 
La povera meschina viveva in povertà assoluta, vessata dalla mattina alla sera da un migliaio di orribili nanetti,  servi sciocchi,  o utili idioti che dir si voglia, delle due regine.
Ogni volta che la principessa stava per essere svegliata da un principe che passava nel bosco,  ecco che le due streghe cattive, ora l’una ora l’altra, provvedevano a farla ripiombare in un sonno profondo facendola pungere dai nanetti con un fuso dalla punta avvelenata. A tempi irregolari le due perfide vegliarde le inviavano finti principi che, con le labbra avvelenate, la baciavano fingendo di volerla liberare dal gioco perverso di sottomissione e in realtà facendola piombare ogni volta in uno stato catatonico sempre più profondo. 
Un bel giorno la principessa più potente (che aveva generato l’altra con lo scopo di occuparsi dei territori lontani in una regione chiamata Europa) decise che era arrivato il momento di mandare un essere molto potente, al suo servizio,  per finire definitivamente di soggiogare la bella addormentata. Questo essere aveva le sembianze di un Drago che sputava fiamme dalle narici ed era circondato da otto fedelissimi che gli facevano da scudieri.
La seconda strega cattiva (quella un po’ meno potente, per capirci) che si chiamava UE e le sue aiutanti, Alemanna e Franzosa in primis, pensarono erroneamente che il Drago fosse stato mandato per dare loro una mano a sottomettere la bella addormentata. Ma in realtà non avevano capito un bel niente. In realtà egli era l’inviato della strega più potente, il cui nome NOM faceva rizzare i capelli in testa per la paura al solo nominarlo, e di quest’ultima doveva portare a termine gli ordini,  fregandosene bellamente delle aspettative di UE e delle sue servitrici. 
Proprio questa, però, era la ragione per la quale agli occhi sognanti di Italia (e non avrebbe potuto essere diversamente, sennò che bella addormentata sarebbe stata!) sembrava essere l’eroe salvatore della Patria. Così ad ingannarsi erano in due: la meschina che versava in un letto di dolore e sangue, e la strega UE e le sue servette.
Alle volte le speranze giocano brutti sogni e il sonno della ragione genera incubi, oltre che mostri.
Il seguito della favola ve lo racconto un’altra volta. Intanto vado sulle tombe dei fratelli Grimm e di Basile per farmi perdonare.
Speriamo che siate indulgenti anche voi!
G
M
T

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Il circo della narrazione corrente

Il circo della narrazione corrente

Un grande circo. Solo questa è l’immagine che userei per definire l’attuale momento politico italiano. La frenetica corsa dei “partiti” (sarebbe opportuno chiamarli così solo in virtù del participio passato del verbo partire, ossia nel senso che sono belli che andati… da tempo oramai) a salire sul carro del vincitore, quel Mario Draghi di cui ho ricordato la figura qui, è uno spettacolo di una tristezza unica e palesa completamente il vuoto cosmico in cui è precipitata la Politica in Italia. Nessuno escluso. La finta opposizione manifestata da “Fratelli d’Italia” di Giorgia Meloni, entrata nell’Aspen Institute, è solo che funzionale a non far dire che il “salvatore della Patria” ha ottenuto un consenso bulgaro, da Paese governato da un sistema dittatoriale, mascherato da democrazia.

Esempio lampante di questo circo è la finta “riflessione” di Beppe Grillo, un comico che si è da tempo venduto a quegli stessi poteri forti che, un tempo, diceva di voler combattere. Il partito da lui creato (cui inizialmente avevo aderito anch’io,  ed è stata la prima e l’ultima volta in vita mia che ho fatto una cosa del genere, illudendomi che fosse realmente “rivoluzionario”) è stato funzionale al “sistema”. E questo per convogliare la rabbia della gente nei confronti di una classe politica oramai completamente inconsistente e perpetuatrice del proprio potere,  ai danni dell’interesse reale del popolo che gli aveva dato il proprio consenso (quando era stato possibile votare, cosa praticamente oramai inutile per la qualità dei possibili rappresentanti, oltre che una forma di democrazia, tale o  presunta, praticamente proibita nel nostro Paese). Ebbene Grillo ha detto di aver trovato sorprendentemente un “grillino” in Draghi, chiedendo, durante il colloquio avuto con quest’ultimo, un “ministero per la Transizione ecologica”.

Si potrebbe obiettare che non si capisce (in realtà la ragione si comprende benissimo, come spiegherò fra poco) il motivo per il quale i 5 Stelle non lo hanno fatto direttamente loro, visto che sono stati al Governo dal 2018. Ma la risposta è molto chiara e logica, almeno per me. E la ragione è molto semplice. Quella di Grillo non è altro che una pantomima, giacché la sua “richiesta” non è altro che la spinta che il Nuovo Ordine Mondiale, ossia quello di Davos e del “Great Reset” (non è complottismo, visto che è tutto pubblico), vuol far passare attraverso il messaggio che la nuova economia “green“, quella preparata con Greta per capirci, è imprescindibile e auspicabile, perché il futuro non può che andare in quella direzione. Ossia verso la digitalizzazione e il cambiamento dell’industria in una forma -dicono loro- di eco-compatibilità e sostenibilità ambientale. Ovviamente non è così. La nuova industria (sempre loro) inquina tanto quanto quella classica. Almeno allo stato attuale delle cose. Ma sicuramente tende alla sostituzione della manodopera umana con le macchine. Queste ultime lavorano 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, 365 giorni l’anno. Non bisogna pagargli uno stipendio, non si ammalano, non scioperano, sono estremamente efficienti e il loro costo si ammortizza in tempi molto brevi. 

L’annientamento della piccola e media impresa

Questo causerà una vera e propria ecatombe nelle fila dei lavoratori che, di conseguenza, andranno a riempire il bacino dei disoccupati, molto spesso con famiglie a carico. Altra operazione che si sta facendo in parallelo è la distruzione della piccola e media impresa, attraverso le chiusure forzate (i vari  lockdown) dovute, così dicono loro, per il dilagare della “pandemia”. A proposito di quest’ultima, come ha fatto giustamente notare l’ex ministro Antonio Martino (qui, dal minuto 9:17 circa), la si può definire tale? La domada è più che plausibile, visto che la “Spagnola”, all’inizio del secolo scorso, causò circa 50milioni di morti con una popolazione mondiale di circa 1miliardo e 400milioni di persone, mentre oggi il Covid ha fatto circa 2,36milioni di morti (ammettiamo pure per causa diretta) a fronte di 7miliardi e mezzo di abitanti.

Un “salvacondotto” sanitario

Allora le chiusure forzate a cosa servono? In Germania è venuto fuori uno scandalo (che non è stato minimamente pubblicizzato sui media mainstream), grazie alla versione domenicale del quotidiano “die Welt”. In base alle informazioni della redazione di Colonia, venuta in possesso di circa 200 pagine di corrispondenza interna, ottenute dagli avvocati nel corso di una controversia legale (tutt’ora in atto), che coinvolgono il ministero degli Interni e il prestigioso Robert Koch Institut, oltre a molti scienziati di diversi altri istituti di ricerca e Università. Ebbene, il Ministero avrebbe incaricato i ricercatori dell’Istituto e delle altre istituzioni di creare un modello di calcolo sulla base del quale il ministro Horst Seehofer (CSU), ha giustificato le dure misure per il Coronavirus per scopi politici nella prima ondata della pandemia, nel marzo 2020. In uno scambio di e-mail il sottosegretario di Stato, Markus Kerber, chiedeva ai ricercatori contattati di elaborare un modello sulla base del quale pianificare “misure preventive e repressive”. Secondo la corrispondenza, gli scienziati hanno lavorato in stretto coordinamento con il Ministero e in soli quattro giorni hanno sviluppato i “motivi giustificativi” in un documento che era stato dichiarato segreto, che è stato distribuito tramite vari media nei giorni successivi. È così che era stato calcolato uno “scenario peggiore”, secondo cui più di un milione di persone in Germania sarebbero potute morire a causa del virus, se la vita sociale fosse continuata come prima della pandemia.

La chiusura forzata serve dunque a questo (e non a contenere i contagi, visto che sui mezzi pubblici si viaggia comunque stipati, praticamente ogni giorno in ogni nazione): a far fallire intere categorie lavorative. In Germania si calcola che già ora un’impresa su cinque è già bella che fallita. E stiamo parlando di un Paese che ha ampiamente fornito sussidi economici (almeno durante la scorsa primavera) alle imprese messe in difficoltà dalle chiusure forzate. Figuariamoci in Paesi come l’Italia, dove gli aiuti sono stati praticamente inesistenti, almeno nella maggior parte dei casi.

La vita prossima futura

E allora? Dopo il fallimento della piccola e media impresa, cosa accadrà? Beh, la gente inizierà ad attingere ai propri risparmi (c’è chi già lo sta facendo) per poter sopravvivere, poi toccherà ai beni immobili (l’Italia in particolare è il Paese che europeo che ha più risparmio privato, che ammonta a circa 9mila miliardi tra denaro e proprietà immobiliari). I grandi gruppi a quello mirano e in cambio, per non far ribellare la gente, le verrà concessa una sorta di paghetta (chiamatelo pure reddito di cittadinanza universale, o come volete) che permetterà alle persone di sopravvivere e di comprare le merci prodotte dai giganti trasnazionali. Il tam tam per far abituare all’idea del nuovo regime è già partito, facendo passare l’idea falsa che non possedere nulla in cambio di una sicurezza sanitaria (ovviamente obbligando le persone a vaccinarsi per poter compiere le più normali attività sociali, come prendere i mezzi pubblici, o frequentare cinema, teatri o anche prendere un aereo per i viaggi più lunghi) è bello e naturale, perché si può usufruire di tutto affittandolo. Da chi? Ma da loro, ovviamente. Le persone non dovranno possedere più nulla. Fa fico (ve lo stanno istillando su tutti i giornali “di regime”) fare il rider per consegnare pizze tutto il giorno, piuttosto che avere il vostro “vecchio” lavoro. Anche se avete 50 anni. Perché dovete essere precari a vita e vi dovete abituare all’idea. Neanche il denaro contante ci dovrà più essere. Con la moneta digitale (che viene detto conviene per evitare i contagi con lo scambio di cartamoneta, oppure per l’altra panzana del controllo dell’evasione fiscale) saremo tutti sotto controllo in ogni momento. Di noi si saprà sempre dove siamo, cosa facciamo e quando lo facciamo. Inoltre ci si potrà chiudere il rubinetto in qualsiasi momento, lasciandoci in povertà assoluta (cosa si può fare quando una banca ci nega l’utilizzo della carta di credito o del pago-bancomat, o il trasferimento elettronico di denaro?), oltre che essere messi alla pubblica gogna come individui pericolosi per la società se non si rispettano le “regole” imposte dal sistema (cosa che regolarmente già avviene in Cina, uno dei due grandi poli del Nuovo Ordine Mondiale). Il tutto tramite applicazioni sul cellulare o sul computer, se lavorate da casa (smart working è bello e fico), oppure con un chip sottopelle, come sta già avvenendo in Svezia, dove, guarda caso, la “pandemia” ha colpito molto poco e la gente (al contrario di quello che vi raccontano giornali e tv) gira quasi del tutto liberamente. Chissà com’è!

Ebbene, di fronte a questo mondo che ci aspetta, che senso ha ancora discutere di Grillo, i 5 Stelle o Salvini? La risposta datevela da soli.



La pantomima è servita

La pantomima è servita

Possiamo leggere nella Treccani: “La pantomima, ossia una rappresentazione scenica muta, nacque in Grecia e si diffuse a Roma a partire dalla fine del 1° sec. a. C.; in seguito si conservò come genere nel medioevo, ed è restata in uso, specialmente in Francia e in Inghilterra, e viene tuttora praticata in varie forme”. Ebbene, quella a cui stiamo assistendo in questi giorni, principalmente in Italialand, ma anche altrove, è l’applicazione pedissequa di tale rappresentazione a dir poco teatrale.

Da noi si esplica in forma di crisi di Governo, fatta “scoppiare” da Renzi. Pantomima messa in atto quando al bulletto di Rignano sull’Arno è stato detto di farla scoppiare. Infatti né lui, né alcun altro dei nostri politicanti può far nulla che non si voglia altrove. E così è arrivato il nuovo “messìa”, il “salvatore” della Patria, il “santo”: super Mario Draghi, classe 1947 (così ricorda più quel che è, ossia una sorta di videogioco).

Breve cronistoria di un “salvatore” della Patria

Non tutti ricordano con esattezza chi in realtà costui sia, anche perché il tam tam quotidiano di tutti i media indistintamente ne tesse le lodi sperticate, senza un commento negativo. In pratica il quadretto da teatrino che ne viene fuori è una santificazione ante-dipartita all’altro mondo, comprensiva di ricordi di perfetti sconosciuti o di gente più o meno nota (intervistata da sosia di comici del passato) che, per un motivo o per l’altro, aveva anche solo toccato il mantello del “santo”.

Al di là della sua innegabile competenza (anche perché sennò non sarebbe stato fatto arrivare alle cariche più alte dove è stato, nel corso degli anni, dalle élite finanziare che comandano il mondo), quel che si omette di dire è l’aspetto totalmente negativo della figura dell’uomo e dell’abile esperto economico-finanziario. A parte ciò che ne pensava quel gran maneggione della politica italiana che era Francesco Cossiga (‘o picconatore), il buon Mario, salvatore della Patria, era criticato anche dal ministro Paolo Savona (massone come lui, ma di loggia avversa alla sua e di Visco, altro ex Governatore di Banca d’Italia). Ma in questo caso si potrebbe dire che fossero gente “di parte”. Allora conviene far parlare i fatti, o per meglio dire i “misfatti” compiuti dall’ex capo della Banca Centrale Europea.  Ci si dimentica infatti, come per magia, che super Mario, ex allievo di Federico Caffé (che si starà rigirando nella tomba), economista di stampo keinesiano, misteriosamente scomparso nel 1987, ben presto aveva per così dire “dirazzato” dalle dottrine del maestro. Il nostro santone, infatti, dopo aver frequentato il MIT di Boston (1971) rientra in Italia dove, dopo alcuni incarichi universitari, nel 1983 diventa consigliere di Giovanni Goria, ministro del Tesoro nel governo Craxi. L’anno dopo, il nostro eroe inizia la sua carriera per così dire “internazionale” diventando direttore esecutivo della Banca Mondiale a Washington, carica che ricoprirà fino al 1990, e presidente del Comitato economico e finanziario dell’Unione Europea. Nel 1991 viene nominato  Direttore Generale del ministero del Tesoro, ruolo che ricoprirà per 10 anni, fino al 2001. Ed è proprio durante questo lungo incarico (voluto da Guido Carli, sarà confermato da Ciampi, Amato, Berlusconi, Dini, Prodi e d’Alema. Insomma tutta bella gente…) che promosse le privatizzazioni selvaggie delle aziende pubbliche italiane. Sempre per conto del nostro Paese fu il capo negoziatore che accettò i vincoli di bilancio del Trattato di Maastricht.

La crociera sul “Britannia”

C’è da notare che nel giugno del 1992 il “nostro” partecipò alla famosa crociera sul panfilo “Britannia” di sua maestà regina del Regno Unito (al secolo l’immarcescibile Elisabetta II). Non era il solo italiano presente. Con lui c’erano infatti Carlo Azelio Ciampi e Beniamino Andreatta, in seguito protagonisti del famoso divorzio tra Banca d’Italia e il Tesoro, oltre ad i vertici di Eni, Iri, Comit ed Ina.

Si partì così nel luglio 1993 con la vendita, o svendita, della prima tranche del gruppo SME, controllato dall’Iri. L’onore di aprire la strada toccò ai surgelati e ai dolci: Motta, Alemagna, Surgela più varie e molte altre eventuali. Se li aggiudicò tutti la svizzera Nestlè. Ci fu poi una frenata con il governo Berlusconi del ’94 (fino al ’96), per poi riprendere la galoppata delle svendite con i governi Prodi e D’Alema. Il gruppo IRI fu smembrato e messo in vendita: il ricavo immediato fu di 30mld di lire, lievitati poi però sino a 56mila e passa. Una cordata capitanata dagli Agnelli si aggiudicò Telecom. Ciampi, allora ministro del Tesoro, spiegò che serviva ad impedire che la Fiat fosse venduta all’americana General Motors. D’Alema, arrivato al governo alla fine del 1998 patrocinò il cedimento di Autostrade a Benetton, introducendo una delle principali specificità delle privatizzazioni all’italiana: la vendita allo stesso soggetto sia del servizio che delle infrastrutture, le autostrade e i caselli, Telecom e i cavi sui quali viaggia il segnale. Successivamente furono privatizzate quote di Enel ed Eni, passando per il disastro di Alitalia. Da allora il debito pubblico, anziché essere risanato come dicevano di voler fare, triplicò. Si perse oltre un milione di posti di lavoro e ci fu un agglomerato di privati che formarono veri e propri monopoli di mercato, di fatto affossando la libera impresa.

Nel 1998 infatti il “santo” aveva firmato il testo unico sulla finanza – noto anche come “Legge Draghi” (Decreto Legge del 24 febbraio 1998 n. 58, entrato in vigore nel luglio 1998) – che introdusse la normativa per l’OPA (Offerta Pubblica di Acquisto) e la scalata delle società quotate in borsa. Telecom Italia sarà la prima società oggetto di OPA, da parte dell’Olivetti di Roberto Colaninno, a iniziare l’epoca delle grandi privatizzazioni. A questa seguiranno appunto la liquidazione dell’IRI e le privatizzazioni di ENI, ENEL, Credito Italiano e Banca Commerciale Italiana di cui ho parlato prima.

Dal 2002 al 2005 il “salvatore della Patria” diventa vicepresidente per l’Europa di Goldman Sachs, quarta banca d’affari al mondo. Alla fine del 2005 viene nominato Governatore della Banca d’Italia, il primo con un mandato a termine di sei anni, rinnovabile una sola volta. Nel 2012 (il 24 giugno) viene ufficialmente “incoronato” Presidente della Banca Centrale Europea (BCE), mentre ad ottobre dell’anno prima aveva preso il suo posto in Banca d’Italia Ignazio Visco (di cui ho parlato prima).

La pantomima con i “cattivi” tedeschi

Proprio nel 2012 farà il discorso nel quale pronuncerà la famosa frase: «But there is another message I want to tell you. Within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the Euro. And believe me, it will be enough», ossia «Ho un messaggio chiaro da darvi: nell’ambito del nostro mandato la BCE è pronta a fare tutto il necessario a preservare l’Euro. E credetemi: sarà abbastanza». Fu così che introdusse il cosiddetto quantitative easing (che vide la luce a partire dal 2015), immettendo in pratica liquidità comprando i titoli di Stato, fra cui quelli italiani, sul mercato secondario (la BCE non può fare acquisti diretti su quello primario). Grande scandalo, soprattutto nelle parole dei tedeschi, in primis quelle del capo della Deutsche Bundesbank Jens Weidmann. A questo proposito non c’è che dire: un bel balletto di dichiarazioni fra i due, secondo il mio modesto parere, di assoluta facciata. In realtà ad entrambi quel che premeva (e che preme tutt’ora) era solo una cosa: salvare l’Euro, ossia il metodo di comando in Europa. Il primo in quanto facente il gioco di chi l’Euro l’ha creato a questo scopo (la Finanza internazionale -leggi anglo-americana-, ossia i veri padroni del mondo), il secondo perché cosciente del fatto che la Germania, messa a guardia del continente dagli stessi di cui sopra, ha avuto solo che da guadagnare dalla moneta unica. Ho infatti già scritto altrove (secondo questo studio qui di cui ho scritto in “Ri-pensare l’Europa” e qui) come risulti evidente da ricerche, compiute peraltro dagli stessi tedeschi, come a guadagnare dall’Euro siano stati proprio loro, e a perderci siano state soprattutto l’economia e le famiglie italiane.

Ebbene, una volta portato a termine il suo compito di salvaguardia dello scettro del comando (l’Euro) il “salvatore della Patria” si è messo “in panchina”, o meglio direi sulla riva del fiume, aspettando che i tempi fossero maturi per ritornare in scena come fosse il “messia”. Ora, dopo la parentesi di Giuseppi, messo lì anche lui per preparargli il terreno, il momento è arrivato. Oggi il Governo, che finirà ciò che ha già iniziato, poi la presidenza della Repubblica.

Quel che è certo è che allo strapotere delle élite si sono piegati tutti, ivi compresi quelli che nei finti partiti di opposizione (leggi Lega o Fratelli d’Italia) sembravano essere le sole luci di speranza di una tenue resistenza. Mi riferisco in particolare ad Alberto Bagnai e Claudio Borghi (che casualmente sono nella Lega, ma che avrebbero potuto rappresentare gli interessi del nostro povero, disastrato Paese, ovunque avessero militato). Entrambi hanno, a mio parere, dovuto cedere agli interessi di partito. Per non parlare della Meloni che è entrata direttamente nell’Aspen Institute, al cui interno ci sono nomi come Romano Prodi, Giuliano Amato, Paolo Mieli e Mario Monti. Amen.

La sconfitta (o sarebbe meglio dire il furto perpetrato ai suoi danni) di Trump ha determinato da noi un governo Draghi, che è la resa incondizionata di un Paese alle élite finanziarie che tale nazione hanno portato alla rovina totale. Una guerra vera e propria (come la finta pandemia in corso), che rappresenta una seconda e, temo, definitiva Caporetto.

 

Lo stomaco e la propaganda

Lo stomaco e la propaganda

Al di là di finti assalti al Campidoglio (Cossiga insegna come ci si deve comportare in certi casi, per non parlare dei Servizi che entrano in scena in questi casi), quel che è successo e sta accadendo in queste ore negli USA è l’esatta fotografia di ciò che accade ovunque nel mondo oramai. Lì la gente che supporta Trump, ossia seppur inconsciamente una certa visione del mondo (non voglio nemmeno tornare sul fatto di come consideri il miliardario americano parte del sistema, seppure da  preferire fra le due) è ancora potuta scendere in piazza. Questo è ancora permesso qui in Germania (non so ancora per quanto), mentre è palesemente proibito e stigmatizzato da noi in Italia,  dove il gigantesco esperimento sociale ha ormai preso piede in modo irreversibile, anche grazie alla complicità del martellamento h24 dei media mainstream (praticamente tutti prezzolati). Il dissenso, oramai, è palesemente osteggiato in gran parte del mondo, supportato dalla finta emergenza della finta pandemia (non voglio nemmeno più tornare sulle cavolate del “negazionismo”, perché non è di quello che si tratta. Nessuno nega l’esistenza del virus né la sua maggiore capacità infettiva, bensì la sua presunta maggiore letalità rispetto ad altri virus, compresa la banale influenza stagionale, e la sua oramai incontestabile curabilità tramite normali e poco costosi farmaci, conosciuti da tempo). Finta pandemia anche perché al prossimo giro, se non verrà usato il Covid 19, sarà la volta del Covid 20, 21 o 22, o un’altra forma qualsiasi di minaccia sanitaria,  attraverso la quale si è capito che si possono ottenere risultati di controllo totale a livello planetario di gran lunga più rapidi e convincenti dell’utilizzo delle bombe.

La visione del mondo si sta lentamente staccando in due, al di là di chi pensa ancora (perché volutamente fuorviato da una narrativa di regime costruita ad hoc a cui ancora molti abboccano) che il mondo si divida tra “destra” e “sinistra”. Non capendo, evidentemente, che parlare di tale suddivisione non ha più il minimo senso. E questo è ormai chiaro anche ad un cieco, essendo venuta chiaramente alla luce la spaccatura tra un’élite ricchissima (i veri padroni del mondo, quelli della tecnocrazia finanziaria, ossia i massoni, di cui a loro volta fanno parte il potere ebraico (diviso a sua volta al suo interno in fazioni fra di loro contrastanti), la Chiesa e la Mafia (che rappresenta il braccio armato per i lavori “sporchi” non sotto copertura dei Servizi) e il resto dell’umanità.

Ebbene, tale “spaccatura” in due, dove le forze messe in campo sono palesemente sproporzionate e sbilanciate a favore dei primi rispetto ai di gran lunga più numerosi secondi, è paradossalmente un segno di speranza. Ritengo infatti che la caduta oramai pressoché palese di questo “velo di Maya” posato fino ad oggi sulla realtà proprio per nasconderla, possa alla fine risvegliare almeno parte delle coscienze fino ad oggi sopite a suon di telefonini, propaganda e paghette (leggi redditi di cittadinanza et similari) distribuiti a gogò dalle élite al popolino sottomesso. Staremo a vedere se sarà più forte la propaganda di una narrazione che non regge più o la forza della fame di uno stomaco vuoto di cibo e di speranza.

 

La museruola come stile di vita

La museruola come stile di vita

Un Paese devastato, nell’economia e nello spirito, nello Stato sociale e nella psicologia. Questo è ciò che  appare evidente ad uno spettatore che veda lo spettacolo a dir poco pietoso che ormai dà di sé l’Italia. Almeno se la si guarda non con gli occhi di un italiano che vive all’interno del Paese, quotidianamente bombardato da una propaganda dall’amaro sapore di regime che i mass media a tamburo battente amplificano ad ogni ora, bensì con quelli di un visitatore che conosca bene la nazione e che la osservi nei suoi giornalieri cambiamenti, quasi impercettibili se visti dall’interno.

 “Andrà tutto bene!”

All’inizio era il mantra “andrà tutto bene!” (slogan usato non solo in Italia. E questo dovrebbe far pensare…), e s’è visto che tutto bene non è affatto andato. Basta vedere la conta dei morti, reali o presunti (tutti morti per Covid, visto che per ogni morto di questo virus gli ospedali hanno preso 600 euro, contro i 300 per altri tipi di patologie). Anche questo slogan, creato ad hoc, è stato coniato con il tempo verbale coniugato al futuro. Così come tutti al futuro sono la miriade di slogan creati e lanciati praticamente ogni giorno dal “premier”, quel Giuseppi mai eletto da alcun cittadino italiano, sbucato apparentemente dal nulla e allevato all’arte della Politica con un corso accelerato tenuto da un alto diplomatico, ex Ambasciatore a Berlino, messogli alle calcagna dal PD a bella posta, affinché impratichisse l’inesperto “prescelto” a diventare un navigato imbonitore di folle, con slogan (per l’appunto) e luoghi comuni che facessero presa su un popolo di certo già avvezzo a seguire l’imbonitore di turno, in passato come nei giorni presenti. Se a questo ci aggiungiamo una martellante campagna mediatica messa su, anche questa ad hoc, da una miriade (pressoché la totalità) di compiacenti mass media nostrani, sempre pronti ad offrire il microfono al parvenu di turno e ad omaggiare l’imbonitore prescelto con elogi sperticati, degni di un De Gasperi o un Cavour (mi scuseranno entrambi per il paragone, mi rendo conto, a dir poco blasfemo), il quadro è quasi completo.

 

Una classe politica di inetti, nel migliore dei casi (leggi gran parte del M5S), e di servi del vero potere, quello che decide come debbano andare le cose (non solo da noi) rappresentato dal vero cancro politico-sociale del Paese, ossia il PD. Entrambi devono continuare a governare una nazione distrutta e resa prona, anche da un punto di vista economico, ad ogni costo. Per farlo stanno preparando tutta la narrativa sulla “seconda ondata del virus”, facendo uscire dati palesemente falsati non più, si badi bene, sul numero di morti che non sarebbe più credibile, bensì su quello dei contagiati, benché asintomatici e del tutto innocui per gli altri. Chi colpevolizzare questa volta? Ovvio, i giovani, coloro che hanno voglia di vivere e divertirsi, soprattutto d’estate. E allora ecco che si è ritirata fuori la vecchia terminologia della “movida“, come sinonimo di gozzovigliamento “colpevole”, ieri per attaccare Salvini, oggi per rendere untori quanti hanno voglia di vivere. Poi è arrivato il periodo scolastico. Quale migliore occasione per propagare il verbo del contagio? Una miriade di giovani (irresponsabili per antonomasia) che potrebbero rappresentare il veicolo ideale della diffusione di un virus che, a detta di fior di virologi (e non dal sottoscritto), è oramai scomparso, almeno nella sua versione primigenia. Quel che ne è rimasto è un virus oramai mutato (come tutti i virus, e in particolare quelli di questa tipologia) e con una carica virale bassissima. 

La scuola

 

 

La scuola dunque. Questa istituzione già a lungo massacrata nel nostro Paese, almeno da 30 anni a questa parte, è stata presa come piattaforma ideale dalla quale far partire i “missili” del contagio. Quale migliore ambiente di quello dove le giovani menti si formano per diventare i cittadini di domani, inculcandogli fin da piccole l’idea del distanziamento e dell’obbedienza cieca, quella non costruttiva, quella che non prevede il dubbio e il fare domande, oltre all’idea che il tuo vicino, il tuo compagno, il tuo amico, potrebbe costituire un potenziale pericolo, quindi come tale un nemico potenziale.
Gli adulti, già formati, non hanno la più pallida idea di quanto questo possa essere devastante sulla psiche di una giovanissima mente in formazione (soprattutto per quella dei più piccoli). Sono danni psicologici che ci si porterà dietro per sempre e che plasmeranno la personalità del futuro essere adulto. Tutto questo senza contare il danno fisico dell’indossare per 5 o 6 ore al giorno una mascherina dove tutti gli scarti del nostro organismo vanno a finire con il respiro, umido per giunta.

 

 

Per far digerire questo regime vero e proprio si è inscenata la buffonata degli oltre 2milioni di banchi con le rotelle (ideali autoscontro per i ragazzi), ordinati a ditte compiacenti, per il costo astronomico di oltre 300 euro a banco (da notare che sui siti cinesi online il costo si aggira dai 16 ai 68 euro circa). Per mantenere le “distanze di sicurezza” sarebbe bastato adottare il metodo usato in altre nazioni, disponendo i banchi già esistenti in modo intelligente, invece di buttarli.
A nessuno in Italialand sembra venire in mente di porsi due domande: primo, in una scuola dove mancano i docenti per seguire gli alunni, erano i banchi una priorità? Secondo: ma com’è possibile che fino a soli 6 mesi fa nelle scuole pubbliche italiane mancava perfino la carta igienica perché non c’erano soldi per comprarla, e oggi, come per magia si possano spendere milioni e milioni di euro per banchi di plastica? La stessa domanda ce se la si sarebbe dovuta porre riguardo agli ingenti mezzi (droni, quoad, elicotteri nuovi di zecca) usati dalle forze dell’ordine durante il periodo del lockdown per rincorrere poveri disgraziati che prendevano il sole isolati o facevano jogging sulle spiagge o mentre facevano il bagno da soli in mezzo al mare. Fino a pochi mesi prima lo Stato non aveva soldi nemmeno per mettere benzina nelle auto di pattuglia o per comprare divise nuove ai poliziotti. Da dove sono saltati “improvvisamente” fuori questi soldi? Mistero! (si fa per dire).
E non voglio parlare del casino che salterà fuori allorquando un ragazzo risultasse “positivo” al Covid: un autentico disastro per l’intera classe e scuola. E per i genitori coinvolti che dovranno rimanere a casa con i propri figli, distanziati da altri eventuali presenze nella casa (come?).

Parola d’ordine “negazionismo” 

 

 

“Le parole sono importanti”, diceva un incuffiato Nanni Moretti in “Palombella rossa”. E sempre nello stesso film rimarcava: “Chi parla male, pensa male e vive male“. E le parole sono usate come armi, tanto per colpevolizzare, come nel caso dei “contagiati asintomatici“, quanto per mettere all’indice, come nel caso dell’espressione “negazionista“, volutamente usata nei confronti di quanti pur non negando la presenza del virus ne contestano la presunta attuale pericolosità, manifestando i propri dubbi. Il termine “negazionista” è quanto di più infamante si potesse trovare per bollare quanti osano farsi domande e porre dubbi. Infatti il riferimento è voluto, in quanto associato a quanti negano che sia avvenuta la Shoah, ossia l’Olocausto degli ebrei da parte dei nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Un espediente di bassa lega che qualifica chi utilizza in questo caso del tutto volutamente e impropriamente tale termine.
Ma le parole sono importanti anche per quello che si vorrebbe si tenesse fra le persone, ossia il cosiddetto distanziamentosociale” e non “fisico”, come sarebbe stato logico chiamarlo. Questo ovviamente non a caso, ma volutamente per rimarcare il fatto che gli individui debbano considerarsi come delle monadi, distanziate le une dalle altre, fisicamente e psicologicamente. La massa non deve esistere, perché anche involontariamente potrebbe fare resistenza. L’individuo isolato, invece, è maggiormente debole, e quindi controllabile, oltre che sanzionabile. 

Un’economia morta

 

 

Quel che rimane del Paese è un’economia disastrata, oltre ad un popolo prostrato dalla continua paura ingenerata da istituzioni e mass media (al loro servizio. Anche in questo caso fatevi due domande come mai non ci siano più voci “fuori dal coro” fra i vari giornali e trasmissioni televisive…). Una città come Roma (a puro titolo d’esempio), che vive di turismo e di servizi, è praticamente morta (-80 per cento di presenze turistiche quest’estate). Si continua a lavorare prevalentemente in “smart working” (che poi cos’abbia di così “intelligente” non si capisce proprio), così la gente non va all’abituale posto di lavoro. Questo comporta che non va a mangiare nelle vicinanze dell’ufficio (come faceva prima) e non va a comprare nei negozi sempre limitrofi, con conseguenze economiche disastrose per questi ultimi. Inoltre lavorare in “smart working” comporta il fatto che voi non siate necessari all’azienda o all’ufficio in presenza fisica nel luogo in cui l’azienda risiede. Chi vi dice che domani l’azienda non si rivolga per fare il vostro lavoro a qualcuno, chessò, in India e che gli costa la metà di voi? Già molte aziende hanno ridotto di fatto la paga mensile tagliando l’erogazione dei cosiddetti “buoni pasto” (che nella stragrande maggioranza dei casi sono parte integrante dello stipendio).
Il Governicchio dell’annuncite declinata al futuro tira a campare, prolungando le cassa-integrazioni fino a gennaio. Secondo i dati dell’Istat finora l'”emergenza Covid” è costata, rispetto al secondo trimestre 2019, 841mila posti di lavoro (-3,6% in un anno). E questo è solo l’inizio. Purtroppo con l’inverno il tracollo economico sarà evidente in tutta la sua portata.
Non mi soffermo qui sul Recovery Fuffa e sul Mes.

 

Un’ultima chicca: lo sapevate che nessuno fino ad oggi ha isolato il Covid-19? In pratica i tamponi effettuati vengono fatti sulla base del fatto che si possa avere una parte di sequenza di uno dei virus Corona (ma non il Covid-19- Sars Cov2) di cui il nostro corpo è ospite abituale. Quindi quando risultate “positivi” vuol dire che hanno trovato una parte soltanto della catena dell’RNA (in 150millilitri di “surnatante“, ci sono circa 30miliardi di molecole simil-virali). In pratica vi dicono di essere “positivi” al Covid-19, mentre hanno semplicemente trovato una parte della catena di uno dei tanti Corona virus.
Per il momento non vi può che salvare l’uso della museruola, ehm… della mascherina, e la speranza che un vaccino salvifico (solo quello di Bill Gates, s’intende) potrà rendervi liberi. Da cosa non si è ben capito, visto che il virus muta in continuazione e che un vaccino per essere efficace deve essere testato minimo per due/tre anni. Ma tant’è, ve lo dice la Sciiiienzaaa. Quella con la “s” maiuscola, s’intende. Tipo OMS, per capirci.


Buon Covid a tutti. E che qualcuno ci aiuti (Dio, se siete credenti). E non dimenticate di salutarvi con la mano sul cuore, non con il gomito, incoscienti! (qui sotto troverete il modo corretto di salutarvi e relativa punizione se non lo farete bene. Ve lo metto così, per agevolarvi. Visto che non capite!)

 

 
 

 

 

 

In ricordo di due geni

In ricordo di due geni

Il 28 luglio è una data importante per l’umanità. Infatti, a distanza di 9 anni, nel 1741 a Vienna il primo, e nel 1750 a Lipsia il secondo, morirono due dei più grandi geni assoluti della musica: Antonio Vivaldi e Johann Sebastian Bach.
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Antonio Vivaldi

 

© Youtube La Voz por Excelencia
Antonio Vivaldi era nato 63 anni prima, nel 1678, a Venezia, dove studiò musica grazie al padre, Giovanni Battista, barbiere e violinista nella Cappella di S. Marco. Alcuni sostengono che suo vero insegnante fosse Giovanni Legrenzi, maestro di cappella a San Marco, ma di questo non si hanno notizie certe. Era comunque talentuoso tanto che a soli dieci anni sostituiva occasionalmente il padre nell’orchestra. La sua era una famiglia numerosa (era il maggiore di 6 fratelli) e poco agiata, pertanto studiò in seminario e nel 1703 fu ordinato sacerdote, guadagnandosi il soprannome di Prete Rossoper il colore dei suoi capelli. Era da sempre stato malato (probabilmente soffriva d’asma) tanto che nell’atto di battesimo si riportò che “hebbe l’acqua in casa per pericolo di morte dalla Comare allevatrice”. Proprio a causa della salute malferma, ottenne presto la dispensa dall’esercizio sacerdotale e poté così dedicarsi interamente alla musica, per la sua e per la nostra fortuna, verrebbe da dire. I suoi concerti venivano dati in differenti chiese veneziane, dove egli stesso si esibiva come virtuoso del violino impressionando i testimoni dell’epoca.
 
© Youtube sgarboo1
Nel 1708, durante il carnevale, venne dato alla Pietà un concerto di musica sacra in onore del re di Danimarca, Federico IV. Fu così che la sua fama travalicò i confini italiani. Nel 1711 venne pubblicato ad Amsterdam L’estro armonico, op. 3, una raccolta di dodici concerti per violino. Fu di tale successo che l’altro nostro autore, Bach, ne trascrisse una parte per tastiera.
Dal 1717 Vivaldi iniziò a lasciare la natia Venezia e a viaggiare. Prima ricoprì l’incarico di maestro di cappella presso la residenza del principe Filippo di Hesse-Darmstadt a Mantova, città nella quale soggiornò dal 1719 al 1722, poi dopo un breve ritorno di tre anni nella Laguna, ripartì alla volta delle maggiori corti europee. Tra il 1722 e il 1725 si recò a Roma, dove suonò per il Papa (Benedetto XIII), per poi tornare a Venezia dove compose diversi concerti di cui il lavoro più famoso sono “Le quattro stagioni” (che fanno parte del Il Cimento dell’Armonia e dell’ Invenzione). Seguì un decennio costellato di viaggi a Mantova (1726), Trieste (1728), in Germania (1729), a Praga (1730), a Verona (1731), ancora Mantova (1732) e Vienna (1733). Tornò a Venezia e nell’estate del 1740 Vivaldi decise di lasciare la sua città. Dopo un passaggio a Dresda, dove suonò i famosi “Concerti di Dresda”, si trasferì a Vienna, città nella quale sperava di ritrovare la fama che pian piano era andata scemando.
 
© Youtube Luis Peres
Ma non fu così. Morì per una “infiammazione interna”, il 28 luglio 1741, solo e indigente. A Vienna fu seppellito in cimitero di un ospedale per poveri che oggi non esiste più. Oltre alle 73 sonate, Vivaldi compose 223 concerti per violino e orchestra, 22 per due violini, 27 per violoncello, 39 per fagotto, 13 per oboe e molti altri per flauto, viola d’amore, liuto, tiorba e mandolino.
Si era ispirato ad altri maestri, come Corelli, Torelli e Albinoni, e fu a sua volta la base per lo sviluppo del concerto solista del periodo classico di Mozart e Beethoven. La sua musica (oltre 760 composizioni), proprio perché così innovativa ed inusuale, cadde ben presto nell’oblio. Fu solo grazie alla riscoperta ottocentesca di Bach che il nome di Vivaldi iniziò a circolare come compositore, da quando cioè i musicologi tedeschi scoprirono che il compositore di Eisenach aveva ripreso le melodie da un gran numero di concerti, circa una ventina, di quello di Venezia.
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A. Vivaldi, Nulla in mundo pax sincera – Emma Kirkby
 

 
© Youtube Kate Price
 

 

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Johann Sebastian Bach

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© Youtube Ahmed Barod
Johann Sebastian Bach, come dicevamo poc’anzi, era nato nel 1685 (soli 7 anni dopo Vivaldi) ad Eisenach, una cittadina extra-circondariale della Turingia (all’epoca ancora Sacro Romano Impero). La sua era una famiglia di musicisti e apprese i primi rudimenti della musica dal padre, Johann Ambrosius, musicista civico (Stadtpfeifer).
Johann era il minore di 7 figli e dopo la morte di entrambi i genitori a distanza di 8 mesi l’una dall’altro, nel 1694, si trasferì dal fratello Johann Christoph, organista ad Ohrdruf, che gli fece conoscere la musica di Pachelbel, Lully, Marchand, e Buxtehude, e dove continuò a studiare organo e clavicembalo. Nel 1699 si trasferì a Lüneburg, in Bassa Sassonia, dove grazie ad una borsa di studio si perfezionò nei due strumenti a tastiera e probabilmente imparò italiano e francese. Nel 1703 divenne musicista di corte a Weimar, in Turingia e nel 1706 divenne organista a Mühlhausen, dove sposò sua cugina Maria Barbara Bach. Due anni dopo si trasferì a Weimar, dove ricevette l’incarico di organista di corte e maestro di concerto di Guglielmo Ernesto, duca di Sassonia-Weimar. Fu in questo periodo che compose la maggior parte del suo vasto repertorio di fughe, il cui esempio più famoso è “Il clavicembalo ben temperato” (48 fra preludi e fughe).
 

© Youtube BachHarmony
Tuttavia i rapporti con il duca si deteriorarono a tal punto che Bach fu anche arrestato per qualche settimana. Si trasferì quindi a Cöthen, in Sassonia Anhalt, presso la corte del principe Leopoldo, dove prese servizio come maestro di cappella, o piuttosto, direttore di musica da camera. Fu in questo periodo che scrisse i “Concerti brandeburghesi” e molta parte della sua musica strumentale (tra cui le suite per violoncello solo, le sonate e partite per violino solo, la partita per flauto solo e le suite per orchestra). Nel 1720 rimase vedovo (la cugina gli aveva già dato 7 figli) e sposò l’anno dopo Anna Magdalena Wilcke, una giovane musicista di soli 20 anni.
 

© Youtube Michael Armstrong
Nel 1723, dopo il trasferimento di Georg Philipp Telemann ad Amburgo, ottenne il posto di organista e cantor (doveva anche insegnare) a Lipsia. Nella città sassone Bach rimase per oltre 20 anni (1723-1750) e in virtù del suo incarico fu costretto a scrivere cantate e oratori quasi ogni settimana. Sono di questo periodo opere del calibro delle due Passioni (secondo Matteo e secondo Giovanni), i tre oratori (di Natale, del Venerdì santo e di Pasqua), il Magnificat, la Messa in si minore e le famosissime Variazioni Goldberg (dal nome del suo allievo Johann Gottlieb Goldberg). Nel 1747 compose l’Offerta musicale per Federico II di Prussia e l’Arte della Fuga. Nell’ultimo anno della sua vita perse l’uso della vista (probabilmente soffriva di glaucoma). La riacquistò per pochissime ore, a seguito dei postumi di un intervento sbagliato fatto da un oculista inglese, ma poco dopo venne colpito da un ictus. Morì pochi giorni dopo, la sera del 28 luglio 1750. Era un piccolo compositore di provincia. Lasciò 20 figli e un patrimonio materiale di 1.159 talleri*. All’umanità quello musicale, che è immenso ed inestimabile.
  • Il guadagno annuale di un mastro artigiano era tra i 200 e i 600 talleri.
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J.S. Bach Concerto for Oboe and Orchestra, BWV 1059, II. Largo – Aria Heinz Holliger, Academy of St Martin in the Fields Chamber Orchestra
 

© Youtube Vihor189
 
J.S. Bach – Partita n° 1 in Si bem. magg. BWV 825 Grigory Sokolov
 

 
© Youtube a vma
 
Delphine Galou, Erbarme dich, mein Gott, dalla Passione secondo Matteo BWV 244
 

 
© Youtube MehdiCapsII
I padroni delle Ferriere

I padroni delle Ferriere

Ta daaa! E dopo 3 giorni rieccomi a voi! (su Facebook) Purtroppo, diranno le malelingue, ma fate attenzione che il Signore vi vede, e non sia mai che decida di punirvi per la vostra insolenza… così come ha deciso di fare FacciaLibro con il sottoscritto.
Cos’è accaduto? Dunque, per quelli che in fondo in fondo (ma molto molto in fondo) mi vogliono bene sono stato bannato per aver osato, per la terza volta da un annetto a questa parte, “violare” le sacre “regole” (i cui criteri conoscono solo loro) di anti fake news del nostro ospite (nel senso di ospitante, in questo caso). Quanto è meravigliosa la lingua italiana! (Letteraria e poetica). Dico sul serio.  Ma non divaghiamo.
Dunque, come dicevo, per la terza volta (le altre due era sempre per due cavolate) hanno deciso che sono un pericoloso spargitore di notizie false e infondate  e  per questo andavo “punito” con il non permettermi di commentare, mettere like, o, soprattutto, postare qualsivoglia contenuto da parte mia. L’oggetto in questione lo trovate al seguente indirizzo di quest’altra piattaforma dove sono iscritto e dove ho deliberatamente lasciato visibile il post incriminato:
https://vk.com/wall562785996_5

Come potrete vedere da soli si tratta di uno screenshot fatto alla pagina di un Tg di Sky (in lingua inglese, ma facilmente comprensibile anche a chi non la conosce). Tale post era evidentemente ironico, visto anche lo “stato d’animo” che vi avevo aggiunto, ma l’algoritmo censorio di FacciaLibro è stato inesorabile, e zac! Mi ha tagliato le pudenda. Ovviamente a nulla è valso il fatto che accettassi la loro decisione (le altre volte, pur essendomi opposto, il risultato era stato identico,  seppur per sole 24 ore). E sono stati buoni e caritatevoli, perché oltre ad avvertirmi che la prossima volta di giorni me ne daranno 7, come la galera (ah, se potessero!), mi hanno anche scritto che sono stati compassionevoli non cancellandomi del tutto l’account.
Lo screenshot lo trovate qui: https://vk.com/wall562785996_6
Dunque, perché vi metto a parte di tutto questo? Semplicemente per farvi meditare sul fatto a chi stiano in mano i mezzi di comunicazione che utilizziamo quotidianamente.
Direte: “Eh, ma li utilizzi gratuitamente ed hai accettato implicitamente le loro condizioni nel momento in cui hai sottoscritto quello che è un vero e proprio contratto quando ti sei iscritto…”. Vero! Ma ci sono, proprio per questa ragione, due piccoli particolari. Il primo è che questi grandi colossi dell’informazione (per lo più americani) fanno transitare solo le notizie che vogliono loro sulle loro pagine,  arrogadosi così un diritto di censura  circa cosa non è loro gradito (lo ha fatto anche Twitter con Trump. Solo che quest’ultimo ha avuto il potere, che un semplice utente non ha, di rispondergli per le rime modificando la legislazione locale in merito). Quel che da un punto di vista giuridico non torna è che loro affermano di essere “solo” dei “contenitori” e non degli editori (che, in quel caso, avrebbero sì diritto di censura). Se fossero tali dovrebbero pagare gli utenti per i contenuti che pubblicano, e di cui si appropriano i diritti d’autore non pagando per questi ultimi. Come semplici “contenitori” tale diritto di censura non dovrebbero a nessun titolo esercitarlo. Neanche se questo fosse previsto dalla legislazione dello Stato in cui sono presenti gli utenti (che come tali sono legalmente responsabili davanti alle pubbliche autorità del luogo in cui vivono). In questo modo, invece, si erigono a “sceriffi” della loro (che entità statali pubbliche non sono) di legge, del tutto privata. E ripeto,  a questo punto dovrebbero pagare per i contenuti gli utenti, e le tasse per i profitti derivanti dalla pubblicazione  degli stessi agli Stati sul cui territorio “virtuale” operano (cosa quest’ultima che, come ben si sa, non avviene).
Il secondo, ma per questo non meno importante, punto della questione è che episodi come il mio, o come quello della recente chiusura dell’account di YouTube di “Radio radio” (con accuse assurde di diffusione di contenuti pedo-pornografici, poi ritirate con riapertura del canale medesimo a seguito delle proteste degli utenti e della minaccia di querela per diffamazione da parte della radio stessa) fanno meditare circa il fatto che l’informazione pubblica, soprattutto quella per così dire “virtuale” della Rete, passa praticamente tutta attraverso i rubinetti di società, o per meglio dire colossi  dell’informazione PRIVATI (il fatturato annuo di Google, solo per fare un esempio, è di gran lunga superiore al PIL dei Paesi Bassi). Se domani decidessero di bloccare le poche voci libere e dissenzienti rispetto al mainstream (cosa che già stanno da più parti applicando) chi potrebbe contrapporglisi? Non di certo noi, semplici utenti singoli. E cos’è questa se non una forma neanche tanto velata di dittatura alla “grande fratello”?

Meditate gente, meditate. 

La messa cantata del neo-liberismo

La messa cantata del neo-liberismo

Un’immagine, alle volte, è più esplicativa di mille parole. E proprio l’immagine di una riunione (nonostante le restrizioni dovute all'”epidemia” di Coronavirus) tenutasi, purtroppo, nella mia città natale, Roma, la città “eterna” (lo sarà ancora a lungo? Speriamo!), di una massa considerevole di decerebrati, ops, pardon, volevo dire giovani benintenzionati, mi ha ispirato questo post.
L’immagine in questione, o meglio il filmato, è quello che trovate qui in calce dove, appunto a piazza del Popolo, migliaia di giovani si sono “spintaneamente” radunati per gridare il loro sdegno per quanto accaduto a George Perry Floyd, uomo di colore (quale?), come si usa dire al giorno d’oggi (perché nero, o peggio ancora negro – termine derivante dal latino nĭger – sembra che sia diventato politicamente “non corretto” da utilizzare), ucciso da un poliziotto, anche questo di colore (bianco. In questo caso il colore non è offensivo), nella città statunitense di Minneapolis, in Minnesota. Con questa ironica (s’era capito?) distinzione non intendo dire che non vi sia discriminazione razziale (in questo caso il termine razza lo si può usare, secondo i benpensanti), ma che un criminale è tale a prescindere dal colore della pelle.

C’era una volta l’uomo nero
Il punto è proprio questo: la discriminazione razziale c’era anche ai tempi del tanto venerato Barach Obama, il Presidente “democratico”, quello del Premio Nobel per la pace per capirci (il fatto che, dopo aver ricevuto il riconoscimento internazionale, abbia fatto ben 7 guerre in giro per il mondo è del tutto marginale, s’intende). Omicidi da parte di bianchi, poliziotti o no, nei confronti dei neri ce n’erano in abbondanza anche allora (come ce ne sono stati praticamente da sempre nella storia degli Stati Uniti e non solo). Anzi, se volessimo fare una conta dei morti, il picco si registrò nel 2015, quando a capo della Casa Bianca c’era il “nero” Obama. A questo aggiungiamoci il fatto che il sindaco di Minneapolis, il 38enne (dato questo importante) Jacob Frey, è di parte democratica, come si evince bene anche da questa evocativa immagine (sempre il potere che le immagini suscitano), esplicativa del suo endorsement (come dicono le persone colte) per quell’agnellino di Hillary Clinton. Ebbene, il giovane (fino ai 40 si è giovani oramai) pollo d’allevamento, ops, scusate, il giovane brillante politico, in prima battuta aveva deciso solo di licenziare i colpevoli dell’omicidio, senza processarli per tale reato. Solo quando si è sollevata la protesta da mezzo mondo ha “prontamente” messo rimedio a questo disguido. Ma si sa, la notte porta consiglio.
Ora, quello che è passato, complici soprattutto i mass media americani (e non), è che il cattivone, colpevole di questo ennesimo atto di violenza della polizia (a questo proposito ci sarebbe da sottolineare che ci sono altrettanti, anzi di più, atti di violenza compiuti da neri su bianchi, poliziotti e non), come ovvio è stato Donald Trump. #hastatotrump, per dirla in termini moderni. Inoltre, come per magia, allorquando sono scoppiate le rivolte in tutto il Paese e nel resto del mondo (evidentemente ci sono stati episodi analoghi in ogni nazione dell’orbe terracqueo), si sono visti poliziotti preparare pietre lungo il percorso dei “manifestanti” che, spintaneamente, sono scesi in strada per testimoniare il loro sdegno per la morte di Floyd brandendo lo slogan  #BlackLivesMatter.

Le nuove crociate

Negli Stati Uniti è in corso una, neppure tanto velata, guerra civile, con tanto di coprifuoco e guardia nazionale in campo. Intere città sono state messe a ferro e fuoco da orde di manifestanti, la cui furia si è manifestata anche con un rigurgito di iconoclastia, insozzando o distruggendo statue di personaggi storici, a torto o a ragione, considerati “colpevoli” di essere stati in qualche modo coinvolti con la segregazione razziale o di averla quantomeno indirettamente favorita. Fra le illustri vittime si annoverano anche Cristoforo Colombo e Ghandi, notoriamente quest’ultimo colpevole di aver discriminato le truppe di sua Maestà britannica nel suo Paese, la ricca (per gli autoctoni, ovviamente) India. È scoppiata una furia di stampo talebano, dove le vittime sono non solo le statue o i simboli, ma anche le persone. Episodi di follia collettiva, assalto ai negozi e ai negozianti, e una serie varia di atti di violenza pura gratuita girano in rete, filmati un po’ ovunque. Sembra di vivere in uno di quei film tipo “1997: fuga da New York”.
Tutto sommato, a ben pensarci, in tempo di Coronavirus, chi avrebbe tutto l’interesse di aggravare la già precaria situazione? Ovvio, non di certo Donald Trump, che vorrebbe essere rieletto il prossimo novembre. E allora? E allora potrebbe venire il dubbio che siano i suoi avversari, formati ovviamente dai “Democratici” (mai nome fu più sviante dalla realtà) e da parte dei Repubblicani, i cosiddetti falchi del “deep State” che con i primi hanno diversi obiettivi in comune. Il biondo Donald, sarà pure uno sporco affarista, ma non è uno stupido come lo dipingono. Non è manovrabile e non è possibile farlo fuori con mezzi “leciti”, minacciandogli le aziende, come fu fatto in Italia con quella mezza calzetta di Berlusconi. E allora come si fa? Ma ovvio! Si mette su una bella “rivoluzione” colorata, dopo che si è provato inutilmente per 4 anni a farlo fuori dipingendolo come il diavolo in persona tramite i mass media, completamente venduti (ecco alcuni esempi: qui, qui e qui) eccezion fatta per la Fox che sta dalla sua di parte. In questo caso non d’arancione, ma di nero è colorata la rivolta. Il malcontento, più che giusto della comunità nera già c’è, quindi versare benzina sul fuoco è un gioco da ragazzi. Un po’ come il famoso terrorismo islamico (che guarda caso è un po’ che non salta fuori con qualche attentatuccio da qualche parte nel mondo), messo su come messinscena dai servizi segreti di mezzo mondo, fomentando qualche “povero” invasato che poi, guarda tu sempre il caso, regolarmente viene fatto fuori dalle efficientissime forze d’intervento (che prima avevano, ma guarda tu sempre la casualità, fatto acqua da tutte le parti, tanto da non prevedere l’attentato).

Utili idioti di tutto il mondo, unitevi!

Ma lo stigma negativo affibiato a Trump (che sottolineo, a scanso di equivoci, non riscuote le mie simpatie in quanto affarista, con tutto quello che ne consegue) deve travalicare i confini degli USA. Così movimenti di protesta simili a quelli statunitensi si sono “magicamente” espansi in tutto il mondo. Sono stati arruolati per primi gli “utili idioti”, allevati dal sistema nel corso degli ultimi 30/40 anni, come ho scritto ne “L’altra faccia della Luna“. Quindi, istigati dai mass media, si sono mossi i vari movimenti, soprattutto giovanili, che sono scesi in piazza con slogan e canti contro l’odiato dittatore. La furia iconoclasta ha colpito le principali capitali mondiali, distruggendo e insozzando quelli che sono stati indicati come simboli (che stavano lì da decine di anni, se non secoli) della discriminazione e dell’oppressione. In nome di questa “necessaria” liberazione da tali simbologie si sono messe in atto devastazioni e violenze varie (anche omicidi, sempre in nome della libertà, s’intende).
E arriviamo dunque a noi, il laboratorio sociale per eccellenza in Europa, assieme a Svezia e alla città di Berlino. Come si evince dal filmato di cui parlavo all’inizio, sono state mobilitate le “truppe cammellate”, in prevalenza giovanili, che gravitano attorno a quella che ancora viene spacciata per “sinistra”, ma che altro non è che la gentaglia di appoggio creata appositamente dal grande Capitale internazionale per operare nel nostro disgraziato Paese. Della Sinistra storica non hanno proprio più un bel niente, se non negli slogan sbiaditi e nei titoli dei giornaloni italiani (tutti allineati, s’intende. Ci mancherebbe pure che non fosse così!). Così come la “Destra” storica non esiste più.
Ebbene sono scesi in piazza, in tutta Italia. Soprattutto Bologna è un laboratorio perfetto per testare questo tipo di movimenti “spintanei”. Non scordiamoci che è la città dove abita e opera Romano Prodi, artefice della svendita del patrimonio economico italiano assieme ad altri personaggetti come Beniamino Andreatta ed altri ancora, considerati quest’oggi “padri della Patria”. L’ex Presidente della Commissione Europea (1999-2004) nonché fondatore di Nomisma, società di consulenza e ricerche di mercato dove il Capitale italiano forma i giovani rampolli che serviranno a rimpiazzare i vari “Cottarelli & Co.” nel prossimo futuro. Insomma un crogiolo dove far crescere le “nuove” tendenze per influenzare i giovani (su come sia stata destrutturalizzata la Scuola ho già parlato sempre in “L’altra faccia della Luna”).
E infatti dove sono nate le “Sardine”? Ma a Bologna, ovviamente! Poi si sono “espanse” un po’ ovunque, anche fuori dei confini patrii. A Berlino, ad esempio, ce n’è una rappresentanza (sparuta, a dire il vero), ma che ricalca lo stesso cliché di quelle italiane. Le idee sono le stesse e si muovono in rete, soprattutto sui vari gruppi Facebook presenti in Germania e nella Capitale in particolare. Lo scorso 14 giugno, in concomitanza con una ben più grande manifestazione organizzata da circa 130 gruppi per “non permettere che i diritti umani, la giustizia sociale e la giustizia climatica siano messi l’uno contro l’altro”, sotto il motto #SoGehtSolidarisch e formando una catena umana ideale lungo diversi km nella città, le Sardine berlinesi si sono mobilitate per manifestare anche loro lo sdegno nei confronti di quanto accaduto a Floyd. Purtroppo però a Berlino c’erano circa 28 gradi e si sa, più che i principi poté la voglia di fare il bagnetto in qualche lago nei dintorni e dei circa 2mila e 100 membri iscritti al gruppo c’erano (evidentemente in rappresentanza) appena una ventina di eroici protestatori. Ma va apprezzato lo sforzo. Un po’ meno la capacità critica dei nostri connazionali e di tutti gli altri giovani (anche quelli della manifestazione principale #Unteilbar erano per più dell’80 per cento sulla ventina o poco più). Sono una generazione che non è più abituata a pensare con il proprio di cervello e, come spugne, assorbono ciò che gli viene propinato in Rete o tramite il tam tam collettivo ripetendolo con slogan e modalità anch’essi preparati per loro ad hoc.
Coronavirus o meno mala tempora currunt, come dicevano i Romani e il redde rationem sembra essere sempre più vicino. Molto più di quanto noi tutti ci aspettiamo, temo.


L’altra faccia della Luna

L’altra faccia della Luna

Voglio spezzare una lancia a favore delle giovani generazioni. In particolare mi riferisco non tanto a quella dei ventenni o più giovani ancora, quanto a quella dei trenta-quarantenni, i cosiddetti Millennial. Questo, premetto, è inusuale da parte mia, perché ritengo che sia una generazione impreparata, spesso non colta pur volendolo apparire, e molto supponente. Inoltre, a rincarare la dose di critica, c’è il fatto che gran parte di coloro che ne fanno parte oggi costituisce la nostra “classe dirigente”, a tutti i livelli e in tutti i campi.
Detto ciò spiego il perché di questo mio, apparente, cambio di pensiero.
In realtà queste generazioni sono quelle dei nati a cavallo della caduta del Muro di Berlino, che sono cresciute con il mito dell’Europa unita, della “pace perpetua” (come avevamo creduto anche noi), ma che a differenza di quanti nati prima di quel periodo sono stati educati in scuole e Università appositamente per loro preparate, con un sistema educativo nuovo che è andato avanti di pari passo con quello del pensiero economico neo-liberista. Ed è proprio quest’ultimo, il neo-liberismo, che ha messo su una gigantesca opera di mistificazione del reale, ad uso e consumo delle nuove generazioni, utilizzando ingenti mezzi e destrutturando sistematicamente la realtà preesistente, riuscendo perfino a renderla estranea a quanti avevano contribuito negli anni a produrla o, almeno, a viverla.
Ma andiamo con ordine per capire come ciò sia avvenuto nel corso del tempo.

La Scuola
Tale opera di destrutturazione è partita dal sistema educativo, la Scuola pubblica, che è stato sistematicamente distrutto tanto nei mezzi che nelle metodologie d’insegnamento. Si è costantemente fatta una campagna tendente a denigrare il ruolo del pubblico (come per il resto delle attività dello Stato), facendo passare attraverso i media compiacenti o semplicemente superficiali, il messaggio che il privato era migliore, più efficiente e più “al passo con i tempi”. Questo è avvenuto tanto nell’ambito della Scuola che dell’Università. Quest’ultima vide un flebile movimento di protesta denominato la “Pantera” (poi conclusosi come al solito all'”italiana”, ovvero con un nulla di fatto) contro le riforme che l’allora ministro Antonio Ruberti voleva introdurre (dicembre 1989). Tali riforme, fra le altre cose, prevedevano il finanziamento privato delle ricerche e l’ingresso delle aziende nei consigli di amministrazione degli Atenei. In pratica l’inizio della privatizzazione delle Università. Fatta eccezione per alcuni emendamenti alla legge concessi da Ruberti, la privatizzazione iniziò. Lo stesso processo lo subirono le scuole. Soprattutto con la riforma voluta dal ministro Luigi Berlinguer (1996-98) che ha ridotto, con le successive modifiche degli altri Governi, la Scuola ad una succursale delle aziende. Il processo di “aziendalizzazione” è ben stato spiegato da Pietro Ratto, in particolare in questa intervista. Contemporaneamente è stata messa mano ai programmi scolastici, provando a più riprese ad eliminare lo studio del Latino, del Greco e della Filosofia, per fortuna non riuscendoci. Ovviamente non è un caso che si sia tentato ripetutamente di fare ciò, perché sono materie che fanno pensare e problematizzare l’esistente, cosa che il Nuovo Ordine Mondiale non vuole per ovvie ragioni. Invece tagli notevoli sono stati fatti allo studio della Storia, perché bisogna “dimenticare” il passato, per vivere in un eterno presente, senza memoria (se non per “fascismi” e “ismi” vari inventati di sana pianta, perché utili a stigmatizzare chi non pensa come il mainstream vuole).
Sono stati man mano cambiati i piani scolastici e le scuole assieme alle Università, come dicevamo, sono state sempre più trasformate in aziende che devono far quadrare il bilancio. I presidi sono diventati dei ragionieri e i finanziamenti dello Stato variano a seconda del numero di alunni che frequentano gli istituti. Per questa ragione ha preso piede via via l’andazzo a non bocciare più così spesso nelle scuole, per evitare la probabile emorragia di alunni. Si è perfino arrivati a vedere veri e propri episodi di bullismo e di vessazione nei confronti degli insegnanti, tanto da parte degli alunni che dei loro genitori. La scuola, una volta luogo di formazione (pur se criticabile per diversi aspetti) è stata costantemente svilita di contenuti e di autorità educativa, pur scaricandole addosso ogni genere di colpa circa il comportamento degli alunni che la frequentano. L’Università, dove i privati sono entrati a man bassa, non è da meno. La ricerca è mortificata e si sono istituite facoltà a numero chiuso là dove una volta era possibile accedervi liberamente. Si sono semplificati i programmi, un po’ perché devono passare solo i messaggi educativi voluti (ci sono libri di testo estremamente validi che sono stati sostituiti volutamente con altri, scritti ex novo), un po’ perché i “nuovi” alunni spesso non sono in grado di comprendere i testi che una volta venivano usati per i programmi proposti dai docenti della “vecchia guardia”. Ne ho avuta esperienza diretta di ciò già alla fine del corso dei miei studi universitari. Gli atenei, man mano che andavano in pensione i cosidetti “baroni”, che saranno pur stati tali, ma molto spesso erano comunque docenti di spessore e qualità, hanno rimpiazzato la classe docente con i portaborse di questi ultimi, o con gente “nuova” formatasi nel solco della nuova ideologia imperante. Ovviamente non è un discorso che si può generalizzare al cento per cento, ma in buona parte è senz’altro corretto.
Molto in sintesi è questa l’educazione scolastica avuta dai “giovani”, ossia coloro che sono cresciuti con l’idea che l’Europa fosse un’opportunità (come se prima non ci fosse stata) di viaggiare e formarsi con gli appositi programmi come l’Erasmus, quest’ultimo vero totem intoccabile per molti di costoro. Ho personalmente conosciuto una donna (di poco più di trent’anni) che ha chiamato il figlio Erasmus (sic.) e che la figlia che portava in grembo voleva (almeno così mi disse) chiamarla Europa. La ragione era che si era conosciuta con il marito proprio grazie a questo bellissimo programma di interscambio universitario. Mi sembra una ragione più che valida per rovinare la vita a due bambini. Un po’ come chi in passato chiamava i propri figli “Palmiro”, “Bettino” o “Benito”.
Europa Europa, tutti verso il Sol dell’avvenire 
I “diversamente giovani”, come il sottoscritto, si ricorderanno quasi certamente un bel programma televisivo di Rai Uno, ideato da Michele Guardì, Giorgio Calabrese e Mario Di Tondo e condotto dal duo Frizzi-Gardini, che si chiamava “Europa Europa” (1988-1990, guarda caso). A chi non piaceva l’idea dell’unione, almeno spirituale e culturale dei popoli europei? Certamente a me piaceva, e come a me piaceva a tantissimi altri della mia generazione e anche di quelle precedenti. Peccato però che di illusione si trattava e non ce ne rendevamo conto. Anche con trasmissioni come quella di cui ho appena parlato si instillava pian piano l’idea nella massa che l’Europa era la terra promessa. Nessuno di noi, o almeno la maggior parte di noi, immaginava che in realtà era una pietanza avvelenata accuratamente preparata, e che prevedeva una portata unica: quella economica attraverso cui governare i popoli. Cuoco prescelto? La Germania, of course.

Diritti civili in cambio di quelli sociali
Il mainstream, televisivo, di giornali e in Internet ha per anni martellato l’opinione pubblica con messaggi tendenti da un lato a sdoganare alcune categorie di persone quali gli omosessuali, la comunità lgtb e quanti erano stati ingiustamente mortificati ed emarginati dalla società, dall’altro ha fortemente caldeggiato la progressiva concessione di diritti civili, nella stragrande maggioranza dei casi sacrosanta, a favore di tali categorie. Ma si è ben guardato dal mettere in evidenza il fatto che tutto questo è stato ottenuto in cambio dei cosiddetti diritti sociali, conquistati con anni e anni di dure battaglie e duri confronti delle generazioni precedenti. In pratica da un lato è stato fatto passare il messaggio che togliere, ad esempio, l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori fosse un qualcosa di ineluttabile, per via dei tempi contemporanei in cui l’evoluzione dell’economia imponeva un mercato del lavoro “snello” e “mobile”, ma dall’altro si è concesso, sempre ad esempio, il diritto per le coppie omosessuali di contrarre regolare matrimonio. Come se quest’ultimo sacrossanto diritto civile fosse in qualche modo compensativo del furto fatto sul piano sociale. Tutto ciò è stato sapientemente orchestrato, complice una classe politica nel migliore dei casi inetta, nel peggiore collusa.
Ebbene si sono movimentate le masse giovanili per dare supporto a questa voce, sapientemente mobilitate tramite le piattaforme su Internet, con manifestazioni di solidarietà e supporto a queste cause, così come era accaduto in ambito internazionale per le manifestazioni organizzate a favore della “primavera araba” o della “rivoluzione arancione”. Peccato che i giovani non abbiano fatto altrettanto a favore del mantenimento dei diritti sociali che sono stati loro sottratti costantemente nel corso degli ultimi anni, facendo della loro stessa generazione una massa di persone senza lavoro e precaria a vita.
Greta, i “gretini”, senza dimenticare… le “Sardine”
Una generazione fragile e (quindi) volubile e facilmente manipolabile. Questo è il risultato del lavoro fatto costantemente da molteplici organizzazioni internazionali sui più giovani, facendo pressione martellante sulle loro coscienze attraverso i social media, ampiamente utilizzati ormai da tutti noi. Sono nati movimenti in favore dell’ambiente, come quello della diciassettenne svedese Greta Thunberg, ragazzina arrivata improvvisamente alla ribalta internazionale proprio grazie al grande battage pubblicitario fatto, dai media di tutto il mondo, alle sue proteste in favore del clima messe in atto, inizialmente, davanti al Riksdag di Stoccolma. Da metà agosto 2018 iniziò a fare uno sciopero scolastico fino alle elezioni svedesi di settembre, oltre le quali divenne un appuntamento fisso ogni venerdì, lanciando così il movimento Fridays for future cui iniziarono ad aderire soprattutto grandi masse di giovani. Quest’ultimi sono senz’altro stati mossi da buone intenzioni (chi potrebbe dire che la tutela del clima non sia importante?), ma il “fenomeno Greta” era veramente stato solo l’impegno di una ragazzina sconosciuta che, improvvisamente, è diventata una vera e propria star ricevuta in pompa magna da capi di Stato e autorità religiose? Solo un ingenuo potrebbe pensarlo o le menti più manipolabili. Che dietro un fenomeno così ci sia stata la grande industria internazionale produttrice di tecnologie “green” è abbastanza intuitivo, anche se non provabile direttamente. Adesso, buona grazia dell’arresto forzato in tutto il mondo di attività produttive e dei mezzi di locomozione, vedrete che per il conseguente calo delle particelle inquinanti nell’aria si dirà che “Greta aveva ragione”. Si dirà che occorre convertire tutte le tecnologie produttive al “green”, senza dire, però, che molto spesso quest’ultime inquinano l’ambiente più di quelle tradizionali, come nel caso dell’energia necessaria e del problema delle scorie derivanti dal processo di smaltimento delle batterie elettriche per auto. Comunque sia, sull’onda emotiva del messaggio della giovane svedese, grande rilancio hanno avuto quei partiti politici che si rifanno all’idea di una società compatibile con l’ambiente. I Verdi, in particolare in Germania, ne sono un esempio lampante. Alle elezioni federali del 2017, infatti, avevano raggiunto appena l’8,9 per cento dei consensi elettorali. Solo due anni dopo, alle elezioni europee, sono balzati al 20,5 per cento, scalzando alla grande la seconda posizione della più antica socialdemocrazia al mondo, quella rappresentata dalla SPD (crollata al 15,8 per cento), prendendone di fatto il posto nelle preferenze dei tedeschi in un’ipotetica nuova coalizione governativa. Ed indovinate un po’ chi ha votato in maggioranza il partito green per eccellenza? Bien sûr, i giovani nella fascia d’età compresa fra i 25 e i 40 anni. Was für eine große Überraschung! direbbero da queste parti (ossia una vera sorpresona). 
Berlin, du bist so wunderbar
Una particolare attenzione riguardo al fenomeno giovanile tedesco andrebbe riservata alla città di Berlino, vero e proprio esperimento sociale a tal riguardo (tanto quanto, sempre a mio parere, l’Italia lo è di fenomeni di massa derivanti da fattori emozionali, molto istintivi e per niente razionali). La Capitale tedesca è infatti un catalizzatore (non a caso) dei giovani provenienti da tutto il mondo. A dire il vero lo è da lungo tempo e per due ragioni storiche ben precise. La prima è che Berlino è sempre stata considerata una città “libertina” e dai costumi liberi. E questo addirittura dalla fine del 19° secolo. La seconda è che il Muro creò nella parte occidentale un micro-cosmo del tutto particolare, visto l’isolamento all’interno della ex DDR, che faceva sì che solo i giovani e i fuggiaschi volessero vivere nella enclave. Questo in cambio di notevoli vantaggi economici e di un ampio margine di libertà dovuto alla implicita complicità dei governi della BRD (Bundesrepublik Deutschland), che avevano il problema non secondario di mantenere “viva” una città in cui nessun tedesco voleva recarsi. Pertanto si chiudeva un occhio, o anche tutti e due, di fronte ad evidenti “anomalie” nel quadro delle regole statali, oltre a foraggiare con un autentico fiume di denaro e di droga Berlino Ovest proprio per questo scopo “sociale”. Insomma libertà a gogo, in tutti i sensi, che attirava gli “spiriti liberi” da tutte le parti del mondo. Tutto ciò creò il “mito” di Berlino che i media compiacenti contribuirono ad amplificare anche dopo la caduta del Muro, quando le cose iniziarono in realtà a cambiare, e non poco (tranne per la droga). Ma tanto basta. Berlino nell’immaginario collettivo è rimasta la città del “possibile”, dove tutto è concesso e la trasgressione è all’ordine del giorno. Il che sicuramente, almeno in parte, è ancora vero. Quello che non è più vero è il fatto che sia proprio il paese di Bengodi. Anzi… Tuttavia, per le ragioni dette sopra, rimane un elemento di attrazione irresistibile per i giovani, che ne vengono attratti come fa il miele con le api, scambiando il multiculturalismo (multi-kulti) con l’egualitarismo. Non è vero che siamo tutti uguali, semmai abbiamo i medesimi diritti, in uno Stato di diritto, ma ciascuno con le proprie caratteristiche e capacità che ci rendono individui unici ed irripetibili. Per questi giovani la società aperta di popperiana memoria è un altro totem, non capendo che il cosmopolitismo è ben altra cosa rispetto all’omologazione, e che le differenze vanno semmai preservate e non annullate in nome di un’accoglienza pelosa, come si sarebbe detto in altri tempi.
Se si osservano le statistiche ufficiali la più alta percentuale di abitanti berlinesi è proprio quella della generazione compresa fra i 25 e i 45 anni, ossia proprio i “Millennial” di cui si parlava all’inizio di questo lungo articolo. Quale migliore campo di sperimentazione sociale si potrebbe trovare per chi volesse “testare” l’influenzabilità, o quand’anche la manipolazione, di una fascia giovanile resa nel corso del tempo “sensibile” a messaggi di empatia sociale e a tematiche, appunto, di ordine civile o ecologico? E non è sempre un caso che la più grande fetta dell’elettorato dei Grüne, ossia i Verdi tedeschi, sia proprio della stessa fascia d’età.
Piccolissimo capitolo a parte sono i giovani italiani presenti in Germania, in particolare nella Capitale. Mi astengo dal fare commenti su persone in particolare, che pure potrei citare tra “influencer” e no, per calare un velo pietoso su persone che sono di una saccenza stomachevole, contraddittorie nelle “idee”, e di un’ignoranza abissale, in senso tecnico del termine e non.

Anti… qualcosa e Sardine a volontà
Quello di Greta non è il solo movimento che ha messo in moto le generazioni più giovani. Recentemente in Italia c’è stato infatti quello delle cosiddette “Sardine“. Nato spintaneamente (no, non è un errore d’ortografia), si è manifestato come un afflato contro l’orco cattivo, “bocio” come si direbbe a Roma, l’anticristo della politica italiana, ossia Matteo Salvini, ex ministro dell’Interno e capo politico della Lega.
Avviso per i naviganti: non sono leghista, non lo fui mai né mai lo sarò, quindi eventuali polemiche o etichette che mi si volessero mettere addosso (come è stato già fatto) non coglierebbero affatto il punto della questione da me sollevato, e lasciano il tempo che trovano. Il mio personale giudizio politico sul personaggio in questione, pur essendo negativo al pari di quello nei confronti di tutti gli altri leader politici di rilievo del nostro disgraziato Paese, non è rilevante ai fini di questo discorso. Il tema non è infatti Salvini o la Meloni, quanto le idee che stanno dietro chi li vorrebbe contrastare. Ossia il nulla assoluto. Personalmente ritengo che tale “movimento” e quei quattro personaggetti portati alla ribalta dai media nostrani, lecchini del potere, siano il frutto di una un’élite finanziaria internazionale che ha ben compreso che i partiti, in particolare il PD, che finora hanno per così dire tirato la carretta del messaggio neo-liberista mascherato da valori di “sinistra”, non abbindolano più così bene come una volta un popolo esausto da anni di vessazioni economiche e raggiri intellettuali. Lo stomaco non ha orecchie, diceva Catone il censore. Quando si tira troppo la corda si rischia che si rompa definitivamente. E l’antifona cantata dai partiti al servizio del grande capitale internazionale è arrivata quasi alla fine del suo ciclo, essendo venuto alla luce anche il bluff dei Cinque Stelle, partito creato a tavolino per imbrigliare la rabbia della gente. 
Pertanto, che fare? Ed ecco il coniglio tirato fuori dal cappello del saggio padre della Patria (uno dei tanti) Romano Prodi, l’artefice per ben due volte della sconfitta di Berlusconi (l’altro “bocio” sconfitto nel passato dal partito “de sinistra” di cui sopra). Se i partiti non tirano più, puntiamo sui giovani come traino. Et voilà, tirati fuori quattro trentenni, capitanati da Mattia Santori, soprannominato dalle malelingue “i ricci con il vuoto sotto”, che in occasione delle ultime elezioni regionali, in primis quelle dell’ultima roccaforte del PD, ossia l’Emilia Romagna, molto si sono dati da fare per chiamare a raccolta un assopito popolo “de sinistra” che oramai poco sembra attratto dalle sirene rotte di partito (altra generazione di 30-50enni allevati appositamente per prendere il posto dei vecchi dirigenti del PCI, oramai pallidissimo ricordo di pochi). È stata fatta una campagna mediatica incredibile dai nostri media compiacenti. I quattro dell’apocalisse sono stati invitati ovunque, come fossero grandi esperti di politica, salvo poi fare scivoloni incredibili come la famosa foto con Luciano Benetton e Oliviero Toscani. Caduti quasi nel dimenticatoio sono stati recentemente riesumati, guarda tu un po’ il caso, da Lilli Gruber in una puntata di Otto e mezzo. Ci si sta preparando per il dopo-Coronavirus. Ce ne sarà bisogno, visto l’andazzo soprattutto economico che sta prendendo il nostro Paese a seguito delle decisioni a dir poco infauste dell’attuale Governo di Giuseppi. Piccola perla del Santori è stata l’ideona di una “patrimoniale orizzontale, garantita dal Governo”. Come dire: poche idee, ma confuse. Comunque l’idea di una patrimoniale è stata ritirata fuori anche da un altro paladino del neo-pensiero “de sinistra”, ossia il genio della gastro-filosofia italiana Oskar Farinetti (grande amico del leader maximo oramai in calo di consensi, ma grande stratega politico, Matteo Renzi).
Riassumendo hanno forgiato individui dalla psiche fragile (molti giovani sono costretti a far ricorso a cure psicoterapeutiche), poco avvezzi a  problematizzare la realtà e a cui hanno messo in mano un telefonino (a dire il vero ce lo hanno messo in mano a tutti), attraverso il quale inviano quotidianamente impulsi che dirigono verso determinate direzioni. Un gigantesco test di pavloviana memoria.  
Insomma un bel quadretto quello che viene fuori da una disamina della generazione che dovrebbe guidare il nostro mondo in questo periodo di pandemie, finte o meno. La lancia che all’inizio ho detto che mi sento di spezzare nei confronti di questi giovani non è in effetti indirizzata nei confronti della maggioranza, semmai nei confronti di una piccola minoranza che ne fa parte e che qualche sforzo di comprensione della realtà che la circonda, al di là della messa cantata e dei piatti pronti facili che le hanno apparecchiato, lo fa. Cerca di farlo, anche se spesso (ma non sempre) non è in possesso di tutti i mezzi culturali adatti. Sono persone che quantomeno si sforzano di vedere al di là dell’ovvio, non accontentandosi della narrazione mainstream e del relativo bombardamento a cui sono sottoposte quotidianamente. Hanno curiosità, cercano. Anche di vedere l’altra faccia della Luna. Sono la sola speranza che ci rimane.


L’altra faccia della Luna




Il lavoro al tempo del Coronavirus

Il lavoro al tempo del Coronavirus

Allora, riassumendo: il Coronavirus, il Covid-19, è stato ufficialmente riconosciuto (l’11 marzo) come pandemico dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), quindi ora è allarme ovunque, Stati Uniti compresi. In Germania aumentano i casi di contagio “ufficiali” (al momento in cui scrivo siamo oltre i 29mila casi), come in Francia e negli altri Stati europei. Ma indubbiamente il Paese più colpito, almeno finora, è il nostro. E la compassionevole presidentessa della Commissione Europea, Ursula Gertrud von der Leyen, in un forzato italiano (due parole, seguite dall’inglese) ha espresso il 12 marzo scorso tutta la sua (e quella dell’Europa) solidarietà per le nostre sofferenze dicendo che la UE avrebbe fatto di tutto per supportare l’Italia. “Ma che belle parole, signora mia”, avrebbe detto Luciano Rispoli. Peccato, però, che subito dopo (stesso giorno) ci sia arrivata una mazzata di multa da pagare subito da 7,5milioni di euro per quelli che sono stati considerati come “aiuti” di Stato dati agli albergatori sardi nel 2008 per supportarne la crisi. A questi vanno aggiunti L’Ue multa l’Italia: 7,5 milioni per gli aiuti agli alberghi sardi
80mila euro al giorno, finché non verrà recuperato l’intero ammontare dei fondi “illegalmente” assegnati agli albergatori. Per la precisione l’Italia sarebbe rea di non aver recuperato interamente i L’Ue multa l’Italia: 7,5 milioni per gli aiuti agli alberghi sardi
13,7milioni all’epoca erogati e che sarebbero dovuti rientrare totalmente attraverso il pagamento effettuato dagli imprenditori alberghieri. Stiamo parlando fino allo scorso anno, per capirci, dell’89 per cento dell’importo totale in conto capitale recuperato (ossia l’83 per cento di tale importo maggiorato degli interessi). Quel che mancava all’appello dei severi giudici europei erano circa 2milioni, e per questo gli è parso giusto appiopparci una multa di 7,5. L’Europa.

La BCE

Poi c’è stata (sempre lo stesso giorno) l'”opportuna”, e non certamente casuale, uscita di madame Lagarde, la prestanome al vertice della BCE, la quale ha dichiarato candidamente: «Non siamo qui per chiudere gli spread, ci sono altri strumenti e altri attori per gestire quelle questioni» (Federico Fubini sul Corriere della Sera sostiene che si sia limitata a ripetere le parole della tedesca Isabel Schnabel, facente parte del board della Banca Centrale Europea). In realtà tale frase ricalca a pieno quello che è il compito della BCE, ossia fare gli interessi di una banca privata i cui componenti sono una élite intoccabile giuridicamente e non imputabili a seguito delle proprie decisioni. Gli interessi portati avanti sono chiaramente quelli tedeschi, e segnatamente quelli voluti dal Jens Weidemann, il governatore della Bundesbank. Fatto sta che le dichiarazioni della signora francese hanno causato un crollo delle Borse, e la nostra ha subito le più gravi perdite con quasi 17 punti percentuali (per capirci una perdita di70miliardi di euro), salvo poi “scusarsi” due giorni dopo a seguito della valanga di critiche ricevute da ognidove. Poi, il 18 notte la decisione di fronteggiare la crisi del Coronavirus con 750milardi di euro pompati nell’economia europea (tra l’altro facendo naufragare l’intenzione del Governo di Giuseppi & Co. di chiedere l’intervento del MES). La cosa curiosa è che abbia dichiarato che la BCE comprerà titoli di Stato “finché non giudicherà che la crisi del Covid-19 sia finita, ma in ogni caso non terminerà prima di fine anno”. Già, come fa a sapere madame Lagarde che la crisi innescata dal virus si protrarrà fino a fine anno?
Intanto la Germania sta progressivamente preparandosi alla “grande fuga”. Ha deciso di riportare in Patria tutte quelle produzioni per essa essenziali che erano state finora date agli apparati produttivi esteri, ad iniziare da quelli cinesi. Sta inoltre, cosa per la nostra economia disastrosa, cercando di portare le produzioni della componentistica necessaria alle industrie (soprattutto quella dell’automobile) che viene fatta nel Nord Italia in Germania.

Piccola digressione su Greta 
Greta, ve la ricordate? E come dimenticarla visto che è stata da pochissimo ricevuta in pompa magna e con un sorriso a 32 denti dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen (il 4 di marzo). Annunciato un piano che prevede entro il 2050 di passare al “green“. Docici Paesi hanno chiesto che si vada ancora più in fretta. Già, la fretta. Soprattutto quella delle multinazionali che producono questo “green”. Avete visto come l’Ambiente si è rigenerato durante questo periodo di sosta “forzata”? L’inquinamento è calato e la natura è tornata a prendere il sopravvento. Quindi la strada giusta è questa. Greta aveva ragione. Capita l’antifona? Piccolo particolare è che l’industria del “green”, nella stragrande maggioranza dei casi, inquina più di quella “classica”. Un esempio? Le batterie per auto elettriche. Per smaltirle si consuma più CO2 di quella prodotta da un normale motore a scoppio. Considerando che la crisi economica derivante da questo periodo di inattività falcidierà una miriade di piccole e medie aziende (l’Italia sta messa malissimo, essendo le nostre addirittura in maggioranza “micro” imprese, ossia con meno di 200 dipendenti), indovinate un po’ chi avrà tutti i benefici economici derivanti dalla produzione industriale?

Il virus nel Nord-Italia 
La parte più produttiva del nostro disgraziato Paese è il Nord, si sa. Ed è anche quella più colpita dalla virulenza del Covid-19. Un caso? Può essere. O anche no. C’è chi ipotizza che quello che ha colpito il Nord d’Italia sia un ceppo completamente differente da quello che si è diffuso in altre parti del Paese o nel resto d’Europa. A supporlo è il dottor Wayne Marasco, della Harvard Medical School. A riferirlo è Paolo Barnard in una serie di tweet che ha pubblicato sul suo profilo (dopo lunga assenza). Sembrerebbe che questa variante del virus sia molto più virulenta e con effetti molto più aggressivi rispetto alle altre. E qualche domandina hanno iniziato a farsela anche altri.
Tralascio in questa sede di parlare più ampiamente del fatto che i dati sulla diffusione del virus e del calcolo dei morti dato dai media nostrani è quantomeno singolare. Invece di guardare quelli ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità si sparano cifre di tutti i tipi. 

Bazooka, annunci e armi di distrazione di massa
Come ha giustamente osservato il senatore Bagnai, ogni qual volta si parla in economia di interventi delle banche centrali o dei governi che decidono di immettere denaro nel sistema produttivo dei vari Paesi si usa il termine “bazooka“. Evidentemente la similitudine con le armi affascina il mondo giornalistico in modo particolare. E allora ecco che si parla del bazooka messo in atto dalla Lagarde, i tardivi 750miliardi di cui sopra, o i circa 550miliardi (espandibili fino a 1.000) messi in campo dalla Germania attraverso il KfW (Kreditanstalt für Wiederaufbau, ossia l’lstituto di Credito per la Ricostruzione, creato nel 1948 a seguito del piano Marshal e il cui capitale è detenuto all’80 per cento dal Governo federale e per il restante 20 dai singoli Länder). Stessa operazione quest’ultima fatta dalla Francia attraverso la Banque publique d’investissement che è una joint venture di due entità pubbliche: la “Caisse des dépôts et consignations” e “EPIC BPI-Groupe”. Solo noi non finanziamo le nostre imprese attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, e non se ne capisce la ragione. O forse no, si capisce benissimo.
Fatto sta che il bazookino messo in campo dal nostro Governo, i famosi 25miliardi, sono un po’ come uno stuzzichino che fa da antipasto. Soprattutto considerato il fatto che l’Italia è (o meglio era) un Paese che macina circa 120-130miliardi di euro al mese di PIL. Stare fermi o quasi per uno o più mesi vuol dire un autentico disastro economico. Ma ecco i paladini dell’Europa ad ogni costo, i difensori dell’austerità e del “ce lo chiede l’Europa” che si sono fatti prontamente avanti con la richiesta non avallata dal Parlamento, come sarebbe dovuto avvenire, dell’intervento del MES (il Meccanismo Europeo di Stabilità), vero cavallo di Troia per la Troika e la fine definitiva stile Grecia. Senza tenere conto che i soldi che sarebbero necessari all’Italia il MES attualmente non li ha. Sono soldi che i singoli Paesi “volontariamente” mettono da parte per casi in cui l’economia di qualche membro dell’Unione ne avesse urgentemente bisogno. Ovviamente previo una “revisione” dei propri conti. Ebbene il capitale attuale del MES è di circa 80miliardi, di cui 14 nostri. Direi dunque una pistola, più che un bazooka. A consigliare caldamente l’Italia ad accettare gli “aiuti” del MES c’è Lars Feld, uno dei cinque consiglieri economici della Cancelliera, il quale s’è espresso (ma tu guarda un po’ il caso) in tal senso in un’intervista rilasciata recentemente alla FAZ.
Rimane comunque la gravità dello scavallamento della volontà parlamentare operata dal premier, lo stesso Giuseppi che si sta attribuendo poteri da ducetto approfittando della situazione drammatica. A tale proposito interessante è l’articolo di Andrea Pruiti Ciarello sul sito della Fondazione Einaudi.
Tornando un attimo agli “aiuti” messi in campo dal nostro Governo, sono previsti 300milioni per aiutare le “partite IVA”.  Visto che si vogliono dare 600 euro, una tantum, a ciascuno, vorrebbe dire circa 500mila partite Iva. Peccato che in Italia quelle attive su 6milioni e mezzo siano circa 5milioni. I conti non tornano. Nella sola città di Berlino sono stati preventivati aiuti per 300milioni per i lavoratori autonomi, che potranno arrivare fino a 500milioni. Poi viene da chiedersi come si sosterranno, da noi e altrove, quanti lavorano in nero, che magari riescono a racimolare un migliaio di euro al mese, riuscendo così ad andare avanti. Inoltre ricordo a noi tutti che qualsiasi agevolazione sia messa in campo, in Italia come in Germania o ovunque, si tratta sempre di prestiti o rimandi di pagamento di imposte. I prestiti andranno comunque restituiti (finanziamenti a debito, come la nostra cara moneta) e le imposte andranno pagate comunque, magari proprio anche con quegli stessi prestiti. Quando decideremo di uscire dalla gabbia dell’Euro (ovviamente non lo faremo mai) ed inizieremo di nuovo a battere moneta sarà sempre troppo tardi.
Comunque andrà a finire e quando, questo evento è senz’altro la causa di un cambiamento epocale. Una vera e propria terza guerra mondiale, anzi proprio globale e nulla sarà mai più come prima. Che ci piaccia o no.


Poi            “

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L’Italia al tempo del colera

L’Italia al tempo del colera

Noi italiani siamo uno splendido esempio di esperimento sociale. Siamo diventati sempre più, col passare del tempo e complici i media, un popolo di senza cervello, che risponde istintivamente agli stimoli, qualunque siano e da qualunque parte provengano. Non mi riferisco al Coronavirus, il Covid-19, l’ultima “peste” diffusa nel mondo come perfetto esperimento sociale, ma alla miriade di stimoli che ci vengono quotidianamente propinati che vanno dalle mode più stupide, alle campagne “contro l’odio”, all’anti “fascismo” o al martellamento sui social media di notizie di ogni genere. Come il famoso esperimento di Pavlov rispondiamo prontamente, sbavando, insultandoci fra di noi, fra fazioni diverse. Perché l’italiota è tifoso per antonomasia, ovviamente.
Le ultime disposizioni prese dal Governo di Giuseppi in merito al contenimento della diffusione del virus (non parlerò qui di come secondo me sia nato e si sia diffuso) con apposito Dcpm (9 marzo) prevedono azioni da tempi di guerra: divieto di spostamento se non per comprovati motivi quali quelli di lavoro, sanitari o per esigenze sanitarie (bisogna compilare apposito modulo con un’auto-certificazione); divieto assoluto, che non ammette eccezioni, è previsto per le persone sottoposte alla misura della quarantena o che sono risultate positive al virus; controlli in autostrade, sui treni e negli aeroporti. La sanzione per chi viola le limitazioni agli spostamenti è l’arresto fino a 3 mesi o multa fino 206 euro (articolo 650 del Codice penale); nei casi più gravi si applica l’articolo 452 del Codice penale (delitti colposi contro la salute pubblica). Inoltre le misure prevedono lo stop di 2 mesi delle attività dei tribunali, potenziamento del SSN e requisizione da parte della Protezione civile di ospedali, hotel, alberghi e mezzi. Un bollettino di guerra in pratica.
Non c’è altra nazione al mondo (se non la Cina, dove notoriamente il sistema sociale è ben differente) in cui si sono messe in atto misure del genere. Forse Francia, Germania o Spagna, per rimanere in Europa, non hanno lo stesso problema? Certo che sì. Viene volutamente tenuto sottotono. E questo al di là del fatto che il virus sia veramente così pericoloso o meno. Visto che un vaccino non c’è (in realtà c’è benissimo, solo che non viene per ovvi motivi reso disponibile, ma questo è un altro discorso perché io sono un noto complottista) non si può far altro che adottare comuni misure di igiene personale e rafforzamento delle difese immunitarie dell’organismo. Lavarsi bene le mani, il viso e gli occhiali (se li si porta), prendere vitamine quali la C e la D e evitare di dare la mano alle persone o salutarsi con baci. Per il resto non si può fare altro. 
Dunque, tornando a noi, l’Italia è la sola nazione che abbia adottato misure del genere e non perché, come ce la raccontano siamo “più responsabili” degli altri, bensì perché siamo i soli disposti a farlo. I nostri “non” politici, al servizio delle élite finanziarie mondiali, emettono norme ad uso e consumo di un grande esperimento sociale e noi italioti obbediamo senza pensarci su. Questo perché siamo tutti tecnici di calcio quando si tratta di sparare cavolate, ma ci affidiamo ai “competenti” quando si parla di cose serie dove dovremmo capire cosa vada effettivamente fatto o meno. 

Quello che non ci dicono, i cosiddetti esperti, che per far fronte in minima parte all’inevitabile disastro economico che si sta preparando (non ne usciremo vivi) il Governo di Giuseppi si appresta a comunicare a Bruxelles (la nostra mamma amorevole) uno sforamento di bilancio di 7,5miliardi (tanto per iniziare) che ci verranno concessi in via eccezionale salvo poi accettare “obbligatoriamente” il MES, ovvero la confisca forzosa dei nostri beni. E sarà magicamente Grecia. Benvenuti in Europa, la mecca delle nuove generazioni cresciute nel mito dell’Erasmus e dei confini “aperti”!

(L’unico lucido è Sgarbi)

 

 

 

 

La vita ai tempi dell’odio

La vita ai tempi dell’odio

Ci sono momenti nella vita in cui si avverte chiaramente di essere giunti ad un capolinea. Direi che questo è uno di quelli. E non mi riferisco solamente alla mia personale di storia, che tutto sommato è abbastanza insignificante nell’economia del mondo, ma a quella di un’epoca storica. Quella che stiamo vivendo è un’epoca che somiglia molto alla sceneggiatura di uno di quei film di fantascienza americani in cui l’umanità è dominata da un gruppo ristretto di individui che vivono protetti in luoghi agli altri inaccessibili, e che sfruttano tutti gli altri per mantenere il loro potere. E’ questo che sta accadendo, che hanno reso reale con una lunga preparazione e che ha subito una potentissima accelerata con la caduta del Muro di Berlino.
La storia è complessa e semplice nel contempo. Noi tutti, il popolo, questo termine che oramai nel linguaggio comune ha preso (non a caso) un’accezione dispregiativa, ci siamo come addormentati, imbabolati dal vortice rapido degli avvenimenti. La preparazione era stata lunga e meticolosa, ma noi non ce ne siamo accorti. Hanno agito su più fronti. E lo hanno fatto da anni. Hanno creato le basi per la caduta del Muro, anche grazie ad una serie di eventi ben architettati e fatti passare come un caso del destino, come la morte di Papa Luciani e l’elezione di Wojtyla. Nel frattempo avevano “allevato” una classe dirigente che aveva studiato nelle loro Università, nelle loro istituzioni, nei loro Think Tank, ossia i loro “serbatoi di pensiero”. Poi è stata la volta, da noi dell’eliminazione completa di una classe politica sì corrotta, ma scomoda perché non allineata al neo-pensiero liberista, e a livello internazionale la creazione del progetto europeo, cornice entro la quale la moneta unica ha rappresentato un vero e proprio metodo di governo, senza neanche il bisogno di provocare rivoluzioni o guerre.
Hanno lavorato bene, non c’è che dire. E mentre loro lavoravano, creando le nuove generazioni, i “millenial” prima (quelli che sono nati negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso), cresciuti con il mito dell’Erasmus, e i nuovi giovani apolidi, asessuati, apolitici (se non per ciò che gli viene propinato ad hoc sui social media e sugli organi di regime) e facilmente manipolabili, noi, quelli della mia generazione o di quelle precedenti, o combattevamo, nell’illusoria convinzione di riuscire a “farcela”, per il nostro incerto futuro, oppure ci adeguavamo all’aria che tirava diventando, più o meno in modo cosciente, complici del sistema stesso.
La corda è stata tirata a lungo. Troppo a lungo. Tanto che una parte dei “signori del mondo” si è accorta che così non poteva andare ancora a lungo, per sfinimento totale degli sfruttati, e ha deciso di iniziare un’azione di condizionamento contraria alla prima. A scanso di equivoci, non perché facciano parte dell’armata del bene, per così dire, ma perché si sono resi conto che la corda si sta spezzando irrimediabilmente.
Quella che stiamo vivendo sulla nostra pelle è una vera e propria guerra, fatta ai piani alti, tra NWO1 e NWO2. Ma attenzione, in ciò non c’è nulla di complottistico (altro termine usato da quella che giustamente Diego Fusaro chiama la neo-lingua), bensì uno svolgimento di fatti che i più semplicemente non riescono neanche a vedere, perché realizzati ad un livello superiore a quello dei bisogni medi della gente, troppo occupata a portare a casa il pranzo con la cena. Lo scontro in atto è su tutti i livelli: politico, commerciale, sociale, comunicativo… Da entrambi gli schieramenti si creano gruppi di influenza, senza esclusione di colpi. Nella narrazione comune (che è quella dei vincitori del primo e finora unico round) il NWO1 sarebbe il difensore dei valori della democrazia. Bene, se non fosse che in realtà è solo un simulacro di quello che si dice che sia. Hanno creato un vero e proprio esercito di utili idioti (da una parte e dall’altra) che sono funzionali a questo scontro e che prendono le briciole che gli lasciano cadere in terra, pensando di essere in realtà loro dei grandi cacciatori. Hanno fatto sì che la società sia permeata di questi “falsi” valori, facendoli passare per “il solo dei mondi possibili”, dove noi tutti dobbiamo girare come formichine impazzite alla ricerca di non si sa bene cosa.
In tutto questo bailamme, dove appunto i valori sono liquidi e i punti di riferimento sono del tutto incerti, il rischio di essere passati per fautori dell’una o dell’altra parte, se in realtà si cerca di essere solo se stessi e di ragionare con la propria testa, è altissimo. Proprio per questa ragione sono stati creati tutta una serie di mantra, quali l’etichetta di “fascista”, “populista”, “nazionalista”, “sovranista” e via discorrendo, sovvertendone il significato originario e che altro non sono che specchietti per le allodole degli allocchi che si lasciano abbindolare da tali stigmatizzazioni. In questo contesto è evidente che, anche se vengono portati avanti ragionamenti giusti, che tendono a non relativizzare tutto e a rendere la società e le menti liquide, vengono fatti passare come cose negative, senza dare la possibilità del ragionamento articolato su quanto sostenuto. Quindi, se il Salvini o il Trump di turno dice una cosa che in altri tempi sarebbe stata considerata normale e di buon senso viene subito bollato con un epiteto a scelta fra quelli prediletti dalla neo-lingua. Dall’altra parte, nel contempo, il rischio di lasciarsi andare a facili arruolamenti (questi sì neo-fascisti o similari) è forte (e voluto, almeno in parte), perché fa leva sugli istitnti più bassi del popolo che è sfiancato da anni di soprusi e martellamento continuo, tenuto sotto il piede di chi lo vuole schiavo. Questo avviene ovunque nel mondo, non solo da noi in Italia. Avviene negli Stati Uniti, avviene in Germania, in Francia, in Cile, in Spagna e così via. E’ sempre il frutto del medesimo scontro di poteri e a farne le spese è sempre il popolo, comunque sia stato formato, comunque la pensi, comunque si comporti.
Io sono fortemente pessimista. Anche a voler aderire (solo per far argine ad una deriva che dura da troppi anni) al secondo schieramento (che è esattamente come il primo, dal mio punto di vista) ritengo che sia tardi per chiunque. E’ da troppo tempo che i neo-liberisti hanno in mano il destino del mondo ed hanno preso un vantaggio, secondo me, incolmabile. Spero di sbagliarmi, ma la reazione che c’è stata da parte dell’altro gruppo di potere è stata troppo tardiva e non hanno modo di vincere la guerra. I soli che potrebbero sconfiggere entrambi gli schieramenti sono gli sfruttati, cioé il popolo. Ma non hanno i mezzi per farlo, né culturali, né materiali. Perché sopravvivere e vedere l’alba del giorno dopo costa, e pure caro. L’hanno creato così questo sistema. Pertanto, o la gente si sveglierà capendo cosa sta realmente succedendo, oppure gli incubi di Orwell e Aldous saranno solo il preambolo di una fine senza fondo.
 
 
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