E’ di ieri il bell’articolo, perfettamente condivisibile di Giulietto Chiesa sul Fatto Quotidiano sul nostro Presidente della Repubblica. La medesima esigenza di manifestare sconcerto alle parole del Capo dello Stato l’avevo espressa personalmente in un mio post di un paio di giorni fa. Risulta francamente incomprensibile l’atteggiamento di Giorgio Napolitano, ex componente del Partito Comunista Italiano, facente parte dell’area cosiddetta “migliorista” si, ma pur sempre uno dei maggiori esponenti di quello che era il più grande partito comunista europeo dopo quello dell’Unione Sovietica. Seguace di Amendola ebbe, il nostro Presidente, incarichi di rilievo nell’ex PCI e, foss’anche per i suoi trascorsi di uomo dedito alla cultura (si potrebbe dire che facesse parte della cosiddetta intellighenzia napoletana del dopoguerra), ci si sarebbe aspettato un atteggiamento un po’ più critico nei confronti delle palesi “ingiustizie” sociali non sanate in alcun modo dal presente Governo, anzi senz’altro aggravate dai sacrifici richiesti ad una classe sociale di certo non privilegiata. E’ pur vero che i tempi sono cambiati, ma i valori, soprattutto quelli di equità e solidarietà, dovrebbero rimanere tesoro “storico” di qualunque coscienza. Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti nel suo film “Palombella rossa” (film proprio sul cambiamento del partito comunista italiano) e come ha ribadito Ritanna Armeni l’altro giorno in un suo articolo molto interessante, la “sinistra”, sempre che questo termine abbia ancora un significato nel quadro politico italiano attuale, non ha più parole che fino a qualche hanno fa erano alla base di un comune sentire fra la “sua gente” all’interno del proprio vocabolario politico.
Al di là di come la si possa pensare politicamente i valori dovrebbero essere patrimonio comune di un popolo, in special modo di uno che ha un’eredità culturale e sociale densa di storia ed importanti esempi come il nostro; soprattutto chi maggiormente ci dovrebbe rappresentare, chi dovrebbe essere l’esponente di un pensiero comune di una nazione, quale appunto un capo di Stato dovrebbe essere, penso abbia il compito interiore di tutelare, anche da un punto di vista di onestà intellettuale, tutte le componenti sociali della società che rappresenta, in primis quelle economicamente più deboli e per questa ragione, più esposte e meno tutelate. Le cose stanno cambiando, i nostri riferimenti stano cambiando, forse noi tutti siamo profondamente cambiati, ma in meglio? Sarà che sto invecchiando, ma per dirla con Woody Allen “Dio è morto, Marx è morto ed anch’io inizio a non sentirmi più tanto bene…!”