L’Italia, patria del diritto, soprattutto quello ereditato dai Romani, in quel caso sì un autentico capolavoro tutt’ora alla base di numerosi ordinamenti giuridici europei, annovera ancora fra gli altri suoi numerosi gioiellini legislativi il cosiddetto Codice Rocco, del 1930.
Alfredo Rocco, ministro di Grazia e Giustizia del Governo Mussolini, varò anche il codice penale che porta il suo nome e che è tutt’ora in vigore. Pur non essendo fra i personaggi più oltranzisti del periodo era pur sempre un rappresentante politico di un’epoca non certamente famosa per essere propriamente liberale, di conseguenza non ci si possono di certo aspettare miracoli da un testo normativo figlio di tale periodo. Questa la necessaria premessa d’ordine storico; poi c’è la cronaca minuta dell’italietta delle solite false polemiche che riempiono i titoli dei nostrani giornaletti e tg.
L’ultima pietra dello scandalo è stata quella rappresentata dalla condanna definitiva dell’allora direttore di “Libero” Alessandro Sallusti (subito soccorso da tutti i benpensanti e paladini della libertà, come da copione). I fatti risalenti al 2007, in breve vedono una vicenda giuridica che coinvolgeva una ragazzina di 13 anni rimasta incinta a cui un magistrato, Giuseppe Cocilovo, lasciò piena scelta di coscienza riguardo all’aborto, peraltro avallato dalla madre (i genitori erano separati, il padre non sapeva nulla della storia e la ragazzina ebbe un crollo psciologico che ne causò il ricovero in neurologia, facendo venire fuori tutta la storia).
Ebbene, il paladino del libero pensiero Sallusti autorizzò la pubblicazione di un articolo la cui tesi, mai smentita peraltro e a firma Dreyfus, pseudonimo a quanto pare del “giornalista” oggi deputato del Pdl Renato Farina, secondo la quale la vicenda fosse di una gravità tale, avendo per giunta alterato gravemente il reale svolgersi del fatto, da giustificare una condanna a morte dei genitori, del medico e del giudice coinvolti nell’efferato abominio di quell’aborto! Buona e sana “morale” pseudocattolica di quel personaggetto di tutto rispetto di Farina, su cui molto ci sarebbe da scrivere in altra sede.
Ora il punto qual’è? Non bisogna forse difendere la libertà di stampa e d’opinione? Bisogna considerare reato quello della libera espressione di un giornalista? Risposta: ovviamente no! Il problema è che qui, surrettiziamente, si scambia la sacrossanta difesa della libertà d’opinione, non di certo tutelata dal nostro ordinamento giuridico, con la volontà diffamatoria deliberata di chiunque sia considerato, per una ragione o per l’altra, un esponente con parole od azioni, di un pensiero contrario a quello di una “parte” politica o di leadership della società. Gli effetti di tale diffamazione sono molto più gravi e persistenti di quel che apparentemente si potrebbe pensare: il caso Boffo insegna. Si fa presto a rovinare la vita di quello che si considera, a torto o a ragione, un avversario, soprattutto se si hanno alle spalle ingenti mezzi economici e non per poterlo fare. Il difficile è uscire da parte di chi se ne trova vittima da tutta una serie di conseguenze derivanti dal giudizio negativo in ambito sociale e lavorativo che questo comporta. Ci sono state persone, con molta più visibilità sociale del magistrato in questione (penso ad esempio ad Enzo Tortora), che si sono viste completamente rovinata la propria vita dall’oggi al domani, senza nulla poter fare per evitarlo, nonostante la notorietà di cui godevano.
Dunque non sto qui a difendere un indifendibile Codice Rocco, che tutte le parti politiche hanno avuto il tempo necessario per abolirlo o al limite cambiarlo in gran parte, dalla ormai decisamente lontana caduta del Fascismo e che non lo hanno mai fatto, bensì sto dicendo che non si può scambiare la libertà d’opinione con il totale avallo dell’uso di un privilegio, quale quello di poter esprimere, con un’eco nazionale, un vero e proprio attacco politico e di idee a persone che non hanno la possibilità reale di vedere difesi i loro diritti più elementari, venendo additati come “nemici” della democrazia e della società, con tutte le conseguenze nefande per la propria vita di cui sopra. La stampa che è un vero e proprio potere, come lo stesso Orson Welles aveva capito e ci aveva insegnato in un bellissimo film (Citizen Kane), va sì difesa nel giusto espletamento delle proprie funzioni, ma non giustificata ad ogni costo. Ciascuno è libero di esprimersi, avendo il coraggio di sostenere le proprie idee fino in fondo, senza per questo avere una sorta di salvacondotto per ogni infamità. Voltaire sosteneva che, pur non condividendo le idee altrui era disposto a difendere il diritto degli altri ad esprimerle, perfino al costo della propria di morte: concetto ben differente e ben più elevato che le volontarie tonnellate di fango spalate da taluni su altri per vincere ad ogni costo e fatte passare per un nobile diritto!
Nemulisse

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