“L’antipolitica”, questo El Dorado sulla bocca di tutti i commentatori delle cose italiane, questa panacea di tutti i peccati, originari e non, della “politica” italiana, questa enorme scusa presa in prestito da serie considerazioni, fatte da chi un cervello ce l’aveva (tipo Simone Weil) ed adoperate in modo superficiale e storpiato ad hoc, scimmiottandosi l’un l’altro, parlando in termini estremamente generici, oppure prendendo di mira chi minaccia la propria e l’altrui poltrona di potere (vedi il Movimento di Grillo)! Ora, fermo restando che io non creda affatto che Grillo ed i “grillini” possano essere la soluzione ai mali incancreniti della nostra povera Italietta, purtuttavia penso che siano il tipico specchietto per le allodole (che spero facciano invece un gran servigio alla comunità, spazzando via tutti questi inetti che continuano ad infestare la nostra vita politica nazionale), esposto ad arte per un abitudinario e sonnacchioso popolino, quale il nostro purtroppo è. Vorrei capire esattamente di cosa stiamo parlando: il nostro è un Paese dove quello che una volta era in più grande partito comunista dell’Europa occidentale, con fanfare e squilli di tromba, sbandiera ovunque la propria modernità, palesando un’organizzazione ben oliata per fintissime “primarie”, dandosi un manto di partito “nuovo” e moderno, salvo poi tirare fuori dal cappello il cogniglio delle deroghe alle regole d’incandidabilità dei matusa presenti nei loro organici di partito. Ed ecco che come d’incanto “bella gente” come Rosy Bindi, piuttosto che la Finocchiaro o Fioroni (e con loro altri 7 giovincelli del panorama “politico”) si ritrovano la loro leggina ad hoc interna che li rimette in gioco per l’ennesima volta: ma come! Non erano forse il nuovo? Non erano la “vera politica” nuova, contrapposta appunto a quella fantomatica antipolitica additando i grillini in primis? Questo per non parlare dei giochetti di potere messi su per contrastare l’ascesa “ufficiale” al potere (che di fatto già ha) del valletto Monti, giochetti che vedranno (vogliamo scommettere?) accordi sottobanco con l’ex finto nemico, mummia Berlusconi, (ci sono in ballo il processo Ruby, il pagamento del Lodo Mondadori ed altre cosucce varie) tendenti a destabilizzare, come se ce ne fosse bisogno, l’instabilissimo panorama elettorale.
Tito Livio, nel suo Ad Urbe condita, racconta che Lucio Quinzio Cincinnato, ancor prima della scadenza dei sei mesi di mandato a dittatore, ritenendo concluso il suo incarico pubblico, si ritirò nuovamente a vita privata, tornando ad arare il proprio campo, ma erano altri tempi. E pensare che in Italia di campi da zappare ce ne sarebbero più che a sufficienza per tutti i nostri moderni “cincinnato”, nessuno escluso!
Lucius Quinctius Cincinnatus
Nemulisse

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