Ed intanto mentre nel “Belpaese Galvani” si discettava se la sacrossanta protesta della gente esasperata fosse “contaminata” da tendenze fasciste o comunque violente (cosa questa che, come bisognerebbe ricordare ai benpensanti, di sinistra o di destra che siano, è sempre avvenuta da che esistono le manifestazioni popolari in piazza), i veri artefici di tutto ciò si continuano a godere lo spettacolo da lontano. Quello che non si riesce proprio a capire, sempre nel Paese del formaggino, è che inettitudine dei nostri politici a parte, i veri giochi sono fatti da altre parti. Voglio chiarire una volta per tutte che chi scrive non è contrario di principio all’Europa unita, anzi, o ad una moneta unica: sono contrario a questo modello d’Europa e a questo modello di moneta unica. Ho sempre dichiarato che la sola via d’uscita dalla situazione attuale sia quella di fare un’unione politica europea, con una moneta unica che sia vera proprietà delle nazioni che ne facciano parte e non di banchieri privati.
Cosa occorrerebbe fare allora? In Italia senz’altro azzerare la classe politica, togliere tutto il potere usurpato in questi anni da parte della Finanza e finta imprenditoria per ridarlo alla Politica, il cui compito dovrebbe essere quello di servire i cittadini e non di essere servita attraverso privilegi e prebende. La legge elettorale, qualunque essa sia, dovrebbe prevedere la ineleggibilità di chiunque sia stato in politica, a qualunque titolo (per capirci nessun “sindaco d’Italia”, tanto di moda fra commentatori e riciclati attuali), per più di due mandati, qualunque fosse l’incarico pubblico che ricoprisse in precedenza. Ovviamente gli stipendi di chi è al servizio della comunità dovrebbero sì essere più che dignitosi, ma non superare il tetto di quelli dei parlamentari tedeschi o francesi, a cui sono ora decisamente superiori. Rendicontare le spese fatte potrebbe sembrare superfluo anche solo dirlo, ma attualmente i nostri rappresentanti in Parlamento non sono obbligati a farlo.
Detto ciò, mi rendo perfettamente conto che, a meno che non si voglia aspettare minimo 20/30 anni (tempo necessario per creare una classe politica dirigente degna, in quanto preparata), toccherebbe affidarsi al buonsenso degli attuali partiti, che nella forma in cui sono presenti oggi direi che sono diventati superflui, nel senso in cui lo diceva Simone Weil. Tutta questa operazione, riassunta così malamente in poche righe, sarebbe in realtà di una complessità enorme (di qui il mio pessimismo sul futuro dell’Italia).
Comunque fatta l’Italia occorrerebbe fare l’Europa, parafrasando Massimo d’Azelio.
Già perché la “ricostruzione” dell’Italia è solo una parte della soluzione dell’enorme problema presente in Europa. La crisi che attanaglia così tanti Paesi del vecchio continente non è solo una crisi economica, è una crisi culturale, di sistema. Di qui il compito degli intellettuali di tutta le nazioni componenti l’UE. Fare l’Europa vuol dire fare prima i cittadini europei attraverso la formazione del pensiero, ovvero far capire a gente così diversa per usi e costumi la necessità ormai impellente di un’unione politica. Occorrerebbe, dunque, far capire ad un olandese, piuttosto che ad un portoghese, quali infiniti vantaggi avrebbero dall’avere una sola direzione comune in tutti quei settori che la Politica governa o dovrebbe governare. Questo è il compito della cosiddetta “intellighenzia”, non dei politici che dovrebbero essere l’emanazione della conseguente volontà popolare. Viene prima chi elegge, poi chi è eletto. Un edificio lo si costruisce a partire dalle fondamenta, non dal tetto.
Il mondo è cambiato, ed anche velocemente. Non capire questo causa disastri, e se ne vedono le conseguenze. Pertanto sarebbe molto più utile che quanti esprimono ancora, a qualsivoglia titolo, la parte “intellettuale” dei singoli Paesi si dedicassero più a studiare il periodo storico in cui tutti noi viviamo, per poi divulgare un sentimento di unione attualmente inesistente.
La guerra è iniziata. Tutti in Europa!