“Le parole sono importanti, chi parla male pensa male”, così diceva Michele Apicella, il personaggio di Nanni Moretti, nel film Palombella rossa. Sì, le parole sono importanti perché sono rivelatrici di un modo di pensare, di una cultura che si ha alle spalle, dei propri valori. Attenzione, ogni volta che faccio riferimento nei miei post al termine “valore” lo faccio nel modo più laico che si possa pensare; non a caso sono ateo! 
Ricordo per motivi, diciamo così, anagrafici quando la cosiddetta “intellighenzia” di sinistra (me compreso, non in quanto facente parte di quest’ultima bensì in quanto aderente ai valori che la sinistra propugnava) criticò con feroce ironia le gaffes di Silvio Berlusconi: dal “Romolo e Remolo” pronunciato nella base militare di Pratica di Mare al “culona” riferito alla Cancelliera tedesca Angela Merkel. Per non parlare di tutta la sequela di lunghissime chicche della nostra “classe politica” degli ultimi 20 anni, dal “tunnel” della Gelmini, Ministra della Pubblica Istruzione, fra il Cern in Svizzera e i laboratori del Gran Sasso, al nuovo posizionamento sulla carta geografica di Bari a nord del Gargano, fatto da parte del Governatore della Puglia Nichi Vendola.
Ebbene, ora che la “nuova sinistra” è al potere, come una volta si sperava ci andasse l’immaginazione, mostra chiaramente la stoffa di cui è composta. Un esempio banale, ma secondo me rivelatore della pasta di cui sono fatti i “giovani rampanti” di questa classe politica è l’uso dei termini usato in dichiarazioni di carattere squisitamente politico. E’ infarcito di tecnicismi proprii di un linguaggio inerente ad atre professionalità, quelle professionalità da cui in realtà provengono e che li vedrebbero sicuramente come persone di eguale successo. M’è capitato di sentire un’intervista a Filippo Taddei, giovane responsabile economico del PD di Renzi, il quale riferendosi alla disastrosa situazione finanziaria del Comune di Roma ha usato il termine “condizionalità” (traducendo probabilmente dall’inglese “conditionality“) che in italiano non esiste, anziché “condizione”. Questo banale errore di carattere etimologico in realtà vuol dire molto di più di quanto non sembrerebbe a prima vista. Non si tratta di mera ignoranza della lingua, come poteva capitare ai “vecchi politici” che magari avevano fatto la gavetta venendo dai più bassi strati sociali, anzi! Costoro fanno parte di una classe politica di laureati perlopiù, quando addirittura non abbiano alle spalle dottorati e prestigiosi masters conseguiti all’estero. Quindi il problema non è di carattare nozionistico quanto piuttosto di provenienza culturale. Termini quali “spending review”, cioé “revisione della spesa pubblica”, oppure “spread”, cioé “differenziale”, sono tutti derivati da un preciso linguaggio tecnico, quello dell’economia (anglosassone) e sono entrati nel comune linguaggio politico in quanto usati da “politici” di tipo nuovo, dai cosiddetti tecnici, Mario Monti in testa. Ebbene, questo dice molto, anzi direi tantissimo di come sia formata la nostra attuale classe dirigenziale nel Paese e ci dovrebbe far capire come si sia operato nella società un progressivo scambio di ruoli a cui ci siamo un po’ tutti abituati ed uniformati. I pubblicitari hanno sempre saputo bene che ripetere un messaggio ancorché falso decine di volte, alla fine, lo fa sembrare vero o almeno verosimile alle orecchie di chi lo ascolta, operando una sorta di lavaggio del cervello. Bene, proprio questo è accaduto e sta accadendo alla nostra Politica. Accorgersene è fondamentale, cambiare questo stato di cose è quantomeno auspicabile se si vuole tornare a considerare la società che ci circonda sotto un’altra Weltanschauung  (visione del mondo, termine filosofico tedesco stupendo). 
Sì, le parole sono importanti. Apicella aveva ragione.
Nemulisse

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