Eh sì, la riservatezza è proprio una delle cose che maggiormente colpiscono gli italiani circa il modo d’essere dei tedeschi. Quel senso di “chiusura” non consono con il modo d’essere di noi gente mediterranea: poche parole, gesti misurati e poca, anzi pochissima, confidenza.

Fin dal mio arrivo a Berlino per la prima volta, tanti anni fa, salendo sulla metro rimasi colpito dal silenzio e dalla compostezza della gente; perfino i cani erano, e lo sono tutt’ora, poco inclini a cedere ai richiami per una carezza. Com’era possibile? C’era un incantesimo che regolava il modo di essere di questi alieni dalla lingua incomprensibile? Erano veramente così freddi, come lo stereotipo tipico di noi latini voleva che fosse il tedesco “medio”? Il sospetto che la cosa stesse in un altro modo mi venne una sera, quando entrai in quello che all’epoca era uno dei centri sociali più in voga di tutta la città, situato in Oranienburger Straße, il Tacheles. Ad assistere al concerto di un gruppo rock, che definirei piuttosto “alternativo”, c’era un campionario di umanità del tutto inaspettato ed insospettabile: dal punk con la cresta arancione che svettava sul resto del cranio rasato alla dolce ragazza bionda con le espadrillas e la minigonna mozzafiato, dal tipo con enormi baffi in pantaloni neri e borchie sugli stivali all’attempato signore …enne, in giacca color cachi e camicia verde. Oltre a questi, c’era una miriade di altri tedeschi e stranieri di ogni parte del mondo, di ogni età e look, ma tutti, e sottolineo tutti, con una caratteristica in comune: un assoluto anticonformismo e gioia di stare lì ad ascoltare musica bevendo birra.

Berlino oggi: il Tacheles è stato chiuso, aihmè! Nella metro tutte le mattine incontri colonne di persone silenti, con al limite le cuffiette del cellulare nelle orecchie oppure gli occhi bassi intenti a leggere un libro. I pochi sguardi che incroci sono di gente che scende frettolosa di lì a poco. Allora? I robot sono tornati? Il carattere di rigore in campo economico si riversa sul carattere generale della nazione? La risposta arriva il venerdì sera, alle 18.00 in punto: Feierabend, ovvero il tempo del riposo serale.

D’improvviso l’atmosfera cambia, la metro si popola di più e meno giovani dall’aria festante che, chiacchierando allegramente e bevendo da una bottiglia tenuta in mano come fosse un’appendice del corpo, si dirigono in ogni locale della città. Allora puoi vedere l’animo profondo del tedesco; allora capisci che non sono dei robot caricati a molla; allora senti che il calore umano è una caratteristica che ti unisce al di là della lingua, al di là di modo di essere che te li rende agli occhi così diversi e che Thomas Mann, il grandissimo scrittore tedesco, sosteneva, credo giustamente, derivare dalla loro educazione luterana intimista, rivolta all’interiorità, cioè l’esatto contrario di quanto la nostra di educazione, per lo più cattolica, ci ha inciso nel DNA, ovvero essere aperti ed esternare i nostri sentimenti agli altri.
Ecco la chiave di volta: la differente educazione. Così ti accorgi che la voglia di divertirsi è la stessa, la voglia di fare “casino” ti accumuna, la voglia di comunicare ti unisce e per due giorni il compassato vicino di casa si trasforma in un essere più “umano” ai tuoi occhi e pensi di non essere nell’austera Germania; ti senti un po’ a casa tua laggiù, nel tuo paese, in Italia.

La calma della domenica ti riporta alla quiete ordinata delle famiglie a spasso nei parchi di Berlino; lo apprezzi, ti godi il sole che illumina le vie appena ripulite dai bagordi di due giorni di libere sensazioni. Vivi con serenità il momento.
 La sera, rincasando, incontri Herr Baumanns, il tuo dirimpettaio che hai visto festoso ed un po’ brillo soltanto il giorno prima. Lo saluti, contraccambia già in modo austero. Sapete entrambi che le vostre anime s’incontreranno di nuovo soltanto il prossimo venerdì!
Nemulisse

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