Sono impresse nella memoria di tutti noi le immagini del piccolo, presumibilmente siriano, riverso su una spiaggia turca, piuttosto che quelle dei poveri disgraziati morti per asfissia nel camion su territorio austriaco. Tragedie, entambe, forse evitabili, forse no. Chi può esserne certo? Sono immagini che hanno però il demerito di suscitare compassione e giudizi unanimi di condanna da parte dell’opinione pubblica solo perché avvengono ora, in una sonnacchiosa fine estate, quando le notizie per i media sono in calo e tutti sono “affamati” di qualcosa di cui parlare. Stesso effetto non lo ricordo, francamente, per le altrettanto povere vittime che ogni giorno, bambini inclusi, lasciano questa valle di lacrime in Palestina, piuttosto che in Iraq o Libia, piuttosto che Tunisia o Afganistan. I morti sono tutti uguali, ma per noi alcuni lo sono più di altri perché li vediamo, quando fa comodo al mainstream farceli vedere. Diciamo che li notiamo di più, ad essere indulgenti con noi stessi.
Detto questo l’analisi politica di ciò che sta accadendo è l’altra faccia della stessa medaglia: l’accoglienza. Qui un misto di buonismo ed opportunismo si mescolano con una situazione di per se stessa già estremamente complicata. Il buonismo dei Paesi del Sud d’Europa, come il nostro, impreparati ad affrontare un afflusso così massiccio di persone (salvo inventarsi alcuni il modo per specularci sopra, appropriandosi dei sussidi destinati all’accoglienza) ed il calcolo economico di Paesi del Nord d’Europa, tipo la Germania, che avendo un calo demografico pari al nostro, ma un’economia molto più forte ed uno stato sociale (che noi non abbiamo) da mantenere ha bisogno di manodopera, anche da formare. Infatti, loro, si sono attrezzati per derogare alle proprie leggi e (in futuro) a quelle europee per permettere a costoro di entrare in Germania per lavorare. Per noi, questi disgraziati, rappresentano dei “rivali” per i poveracci che già faticano ad arrivare alla fine del mese, per i tedeschi sono solo che una risorsa altrimenti difficile da reperire. Gli costerà circa 4 miliardi di euro in più nel bilancio dello Stato nel 2016, lo hanno già calcolato. Ma sono ben disposti, naturalmente, ad accettare questo “sacrificio” in vista dei futuri benefici ottenuti dal mercato del lavoro tedesco. Programmano loro, noi invece affrontiamo come sempre l’emergenza, senza programmare né per capacità né per il fatto che, obiettivamente, non ce lo possiamo permettere da un punto di vista economico e sociale. Intanto gli organizzatori di questo esodo di massa continuano a “pompare” gente dal Sud del mondo verso l’Europa, tranquilli, indisturbati, approfittando dell’incapacità dei nostri politici, a loro volta succubi di un mainstream mediatico, loro unico punto di riferimento culturale e di ideali. Fa parte della guerra che stiamo combattendo senza neanche percepirlo, se non per le conseguenze lasciate sul campo. La democrazia è la prima vittima, chi non ce la fa la seconda non meno importante della prima.
Ed intanto il mare nostrum diventa sempre più il palcoscenico di una farsa a cui sembra che nessuno sia capace di mettere la parola fine.