Vi è mai capitato, da piccoli, di rimanere incantati quando vostra nonna o vostra madre vi raccontava una favola? Ebbene a me successe di provare di nuovo tale sensazione quando ero già grande, al cinema.
L’anno era l’ormai lontano 1987 ed il film il bellissimo Wings of desire di W. Wenders, in Italia uscito con il titolo Il cielo sopra Berlino.
“Als das Kind Kind war, ging es mit hängenden Armen, wollte der Bach sei ein Fluß, der Fluß sei ein Strom, und diese Pfütze das Meer…”*
Così iniziava la “favola” che stavo vedendo e che descriveva un posto bellissimo, pieno di fascino, fuori dal tempo.
M’innamorai a prima vista, pur non avendo ancora conosciuta la mia amata! Così decisi di andare a farle visita e, nell’estate del ’90 appena poco dopo la caduta del Muro, partii per quello che definirei un vero e proprio pellegrinaggio alla scoperta di Berlino.
Come ogni innamorato avevo ben impressa nella mente l’immagine della mia amata e fui felice di riconoscerla, scoprendola nel contempo, in ogni singolo luogo: dalla Gedächtniskirche a Braitescheidplatz alla Messe, sempre a Charlottemburg; dalla StaadtsBibliothek in Potsdamer Straße al ponte sulla S Bahn della Langenscheidtstraße ed il bunker nella Pallasstraße; dalla colonna della Vittoria in Straße des 17. Juni, in pieno Tiergarten, alla Postdamer Platz e l`Anhalter Bahnhof, luogo con una delle parti più ampie della cosiddetta “terra di nessuno”, zona fra le due porzioni di Muro durante la divisione della città,
E l’amore non si limitò alle sensazioni vissute attraverso le immagini del film, anzi! Si ampliò ancor di più scoprendo la parte “segreta”  fino a quel momento non vista, quella dell’Ost-Berlin.
Mitte, quel gioiello pieno di bellezza antica, con i suoi monumenti ed i suoi meravigliosi musei, con l’allora cupa, ma proprio per questo ancor più affascinante, Friedrich Straße; Prenzelauer Berg, allora non ancora così gettonata, con gente incuriosita e diffidente che ti vedeva passare nei suoi cortili alla scoperta di chissà che cosa; Friedrichshain, dall’inconfondibile architettura sovietica, che ti rendeva benissimo l’idea dei film di spionaggio e dove ti sentivi come seguito da qualche agente della Stasi che ancora non si era accorto della riunificazione; un po’ come quei giapponesi che erano rimasti a guardia di qualche avamposto nel Pacifico pure a guerra finita, dopo il 1945.
Molto rimaneva ancora da ricostruire: la cupola del duomo, che all’epoca era ancora in fase di restauro, o le chiese poste difronte il Neues Palais a Potsdam, nel parco di Sanssouci; altre cose invece non ci sono più, come il Palast des Republik, orribile costruzione fatta in periodo sovietico al posto dell’antico castello di Berlino che era stato danneggiato durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Su tutta la città troneggiava l’imponente Fernsehturm nella mitica, almeno per la mia immaginazione di lettore di A. Döblin, Alexander Platz: tutt’oggi considero quest’ultima un ottimo punto dal quale abbracciare l’intero panorama di Berlino, ma la trovo orrenda da un punto di vista estetico. D’altra parte ogni innamorato è pur sempre conscio dei difetti dell’amata/o!
Da allora Berlino è molto cambiata, sia da un punto di vista architettonico che sociale. Alcune cose non ci sono più, come il Checkpoint Charlie sulla Friedrichstraße, altre sono sorte, come il Sony Center a Potsdamer Platz; in molti quartieri i vecchi berlinesi che vi abitavano da tutta la loro vita hanno lasciato il posto a nuovi arrivati, anche stranieri come me. Non tutti questi cambiamenti mi piacciono, ma una cosa è certa: la vitalità e lo spirito libero di questa città sono rimasti intatti e come 24 anni fa mi ritorna ancora in mente la poesia di Peter Handke …“Als das Kind Kind war, warf es einen Stock als Lanze gegen den Baum, und sie zittert da heute noch”.**
E’ evidente che sono ancora innamorato!

*“Quando il bambino era bambino, se ne andava a braccia appese, voleva che il ruscello fosse un fiume, il fiume un torrente, e questa pozza, il mare…”
**“Quando il bambino era bambino, lanciava contro l’albero un bastone, come fosse una lancia. E ancora continua a vibrare”

Nemulisse

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