Questa è la vicenda narrata da Titus Petronius Niger, detto arbiter elegantiae, scrittore presso la corte dell’imperatore Nerone. La storiella descrive le sorti di Enricus (Lettae) detto Encolpio e del suo efebo Angiolinus (Alfanae) detto Gitone, nonché del burrascoso rapporto avuto dal primo con il suo rivale in amore Silvius (Berlusconaes) detto Ascilto. Il clou della vicenda s’ambienta a casa di Giorgius (Napoletanus) detto Trimachione, dove tra balli e canti dei servi di Giorgius, i tre, assieme ad un’accolita di commensali di vario tipo (loro pari), discettano delle più svariate argomentazioni, mangiando e bevendo a più non posso. Incerta è la fine dell’opera, sebbene si sappia per sicuro della fine “ingloriosa” dei due protagonisti (l’uno vittima d’impotenza e nelle mani di una non ben precisata amante che lo perseguita, forse una tale Matteae Renzina, mentre l’altro, Angiolinus, farà addirittura testamento, ben sapendo che gli eredi potranno godere dei suoi privilegi solo facendolo a pezzi e mangiandone il corpo!). Qualche novella accessoria fa parte di questo racconto di metà estate e fra queste ricordiamo Il suicidio dell’operaio senza lavoro, Il rapimento della pulzella Kazaka, La compravendita dell’Effe trentacinque, La distruzione della Magna Charta Costitutionalis, Il responsus iudicii Silvius Berlusconaes
Ci piace inoltre ricordare un piccolo frammento dell’opera (CXXXII, 15) che così recita:

«Quid me constricta spectatis fronte Catone,
damnatisque novae simplicitatis opus?
Sermonis puri non tristis gratia ridet,
quodque facit populus, candida lingua refert.»

«Perché guardate me con fronte aggricciata, o Catoni,
e censurate un’opera di inedita schiettezza?
Qui ride la grazia ilare d’un parlar puro,
e la lingua verace riporta quello che fa il popolo

Buona metà estate a tutti!

Nemulisse

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