Quando abitavo a Roma una volta l’anno, con la bella stagione, usavo andare a visitare il cimitero acattolico situato a fianco del celebre monumento funebre, fatto a forma di piramide, di Caio Cestio, uno dei membri del Collegio dei Septemviri.
Tale mio rito era dovuto sia al fatto che il luogo è molto bello e suggestivo, sia all’alto numero di tombe di personaggi famosi in esso presenti. Stiamo parlando di nomi quali i poeti Keats e Shelley, i filosofi A. Gramsci e A. Labriola, gli scrittori L. d’Eramo e C. E. Gadda, la giornalista e scrittrice M. Mafai, il fisico B. Pontecorvo ed il figlio del grandissimo poeta e scrittore tedesco J. W. Goethe, August. Questi solo per citarne alcuni dei più conosciuti.
Sarò un tipo stravagante, ma ho sempre trovato i posti dedicati alla “pace eterna” luoghi splendidi per passeggiare, proprio perché permettono dietro le loro mura di allontanarsi dal caos cittadino, contemplando in genere nel silenzio più totale, rotto solo dal cinguettio degli uccellini, monumenti funebri talvolta anche di discreto valore artistico.
Fu così che quando mi stabilii a Berlino decisi un pomeriggio di visitare un piccolo cimitero, quello di S. Matteo (Der Alte St.-Matthäus-Kirchhof), uno degli oltre 200 presenti nella capitale tedesca, situato in Großgörschenstraße a due passi dalla fermata della U-Bahn Yorckstraße,.
Ci sono posti altamente suggestivi, che ti danno una sensazione di atmosfera magica e surreale. Quello che stavo visitando ne fa sicuramente parte.
Era primavera inoltrata e l’aria aveva un profumo di natura in pieno risveglio. M’incamminai per il vialetto che dall’entrata principale corre in salita lungo una collinetta. A destra e sinistra praticelli molto curati con una serie di tombe segnalate a distanze uguali da semplici lapidi stese in terra. Più avanti s’intravedevano piccole costruzioni che immaginai fossero cappelle di famiglia.
A metà salita girai per un viottolo sterrato. Meditavo sulla bellezza del posto quando ad un tratto fui attirato da un luccichio proveniente da dietro un cespuglio. Mi avvicinai, guardai un po’ meglio, e scorsi fra il folto della vegetazione una cosa incredibile: una scarpina di vetro. Lì per lì rimasi sbalordito, ma poi, trovandomi in una città stravagante come Berlino, pensai che potesse essere un soprammobile un po’ kitsch, finito in quel posto chissà come.
Ripresi a passeggiare e notai una serie di belle statue, disposte in fila. Dovevo essere arrivato in un’area riservata a gente sicuramente benestante, vista la differenza con le tombe poste all’entrata.
D’improvviso un ranocchio attraversò il vialetto gracidando e sparì come un lampo nel folto della vegetazione. Ci doveva essere uno stagno o quantomeno una fontana da qualche parte, pensai, ma non ne scorsi traccia in nessuna direzione.
Arrivai nei pressi di un alto muro e girato l’angolo vidi un bell’albero di mele. Avevo fame così ne colsi una e le diedi un morso. Era molto saporita e non mi so spiegare come mai non mi stupii più di tanto di aver trovato in un cimitero un albero da frutto, come fosse normale che stesse lì.
L’atmosfera aveva sempre di più qualcosa di strano e mi pareva quasi di stare in un luogo fuori dal tempo.
Arrivato in cima alla salita mi attirò una di quelle piccole costruzioni che pensavo fossero le cappelle di qualche famiglia nobile. Era tutta colorata. Mi avvicinai e notai che l’aspetto delle finestre era un po’ strano: in effetti erano dipinte. Provai a toccarle e con mia grandissima sorpresa me ne rimase un pezzo in mano.
Aveva una consistenza molto simile a quella della mollica di pane e questo mi spinse ad odorarlo prima ed assaggiarlo con la lingua poi: incredibile a dirsi, ma era proprio marzapane. È vero che Berlino è una città di artisti e gente anche un po’ eccentrica, ma fino a questo punto… riflettei.
Non feci a tempo a finire di stupirmi della cosa che udii alle mie spalle come un ringhio di cane. “Cos’altro deve capitare?”, dissi fra me e me girandomi. Vidi ben chiari i denti di quello che sembrava a prima vista un lupo, per niente intenzionato a darmi il tempo di capire su come potesse trovarsi lì, in quel posto.
Nobilmente decisi che fosse il caso di tentare la fuga e senza pensarci due volte iniziai a correre nella direzione opposta. Sentivo che l’animale ansimava alle mie spalle e capivo che non avrebbe tardato a raggiungermi. Arrivai all’angolo del vialetto e nel tentativo di percorrere la curva scivolai su un cappuccio di stoffa rosso, cadendo come un sacco.
Non ricordo più nulla di quello che successe poi. Dovevo essere svenuto sbattendo sul terreno. Quel che so è che quando mi risvegliai il lupo, miracolosamente, non c’era più. Mi sollevai, diedi una spolverata ai jeans imbiancati ed alzai lo sguardo. Davanti a me c’erano quattro tombe. Su due di queste i nomi incisi sopra attirarono la mia attenzione: Wilhelm e Jacob. Il loro cognome era Grimm*.
Visitate il vecchio cimitero di S. Matteo. Chissà che non capiti anche a voi di fare stranissimi incontri come i miei.
Nemulisse

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