Divide et impera

Divide et impera

La formazione degli Stati nazionali esaminata da F. Chabod vedeva la spinta “romantica” come molla potente nella costruzione di un pensiero nuovo. Le realtà esaminate erano altre, gli uomini erano altri, le componenti socio-economiche erano altre. Eppure un fondo di verità rimane in quell’analisi storico-sociologica. C’è bisogno di una coscienza nazionale per rendersi indipendenti da un pensiero “unico” che non è più europeo (come quello esaminato dallo storico italiano), bensì globale. A partire dalle identità nazionali, oramai prive di contenuti “forti” (leggi ideali e pensiero autonomo), si può e si deve passare ad un’identità di continente; questo perché il mondo si è fatto “piccolo”, molto stretto per singolarismi che non avrebbero futuro alcuno. Quel che intendo dire è che, non essendoci un pensiero comune, le singole identità vengono tenute separate ed attaccate nei loro valori fondanti, proprio per raggiungere lo scopo appena enunciato. Separare per comandare.
“Divide et impera”, il detto attribuito a Filippo il Macedone, è più che mai attuale. Si controllano meglio le nazioni se si pongono le basi necessarie a mantenerle disunite. Di qui l’attacco alla forza economica in primis e politica poi. Rendere deboli, per non dire schiave, le singole nazioni da un punto di vista economico è la prima strategia da mettere in atto per ottenerne il controllo politico. Se a questo aggiungiamo il controllo politico attraverso propri uomini nei posti chiave delle decisioni legislative e sociali, il gioco è fatto. Per avere un maggior controllo, quale migliore tattica del porre a capo dei maggiori organismi economici-legislativi delle di per sé deboli istituzioni europee propri esponenti? Insisto ancora una volta: uomini nuovi per un pensiero nuovo. Questo ci vorrebbe all’interno dei singoli Paesi europei. Riappropriarsi delle identità nazionali, minate dall’interno delle proprie Istituzioni, e pensare ad una vera unione politica europea. Altrimenti non c’è futuro e la catastrofe sarà inevitabile.
Il bastone e la carota

Il bastone e la carota

Questa è la storia di un Paese dei balocchi dove gli abitanti, decisamente sonnacchiosi, si riunivano giorno dopo giorno sulla pubblica piazza per sentire il sermone dell’imbonitore di turno che guidava il Paese medesimo. E’ una storia un po’ noiosa, perché sempre uguale, ed un po’ triste, perché fa intendere la fine non proprio gloriosa. Giorno dopo giorno l’imbonitore, comandato da sottili fili trasparenti che abili burattinai tenevano da lontano, raccontava una favola sul futuro del Paese e tutti lo ascoltavano a bocca aperta, come se ciò che dicesse fosse realmente rilevante per un domani migliore rispetto al mesto presente. Lo schema era sempre lo stesso: “…bla, bla, bla… Dobbiamo riformare il Paese, sennò nella Grande Nazione non saranno contenti e la nostra condizione rimarrà quella che è”.
Così gli anni passavano e la massa pendeva dalle labbra del solito imbonitore con deferente atteggiamento, come fosse un salvatore della Patria. Historia magistra vitae, diceva Cicerone, ma in questo caso non risultava essere vero, purtroppo.
Un altro anno è passato. E’ cambiato l’imbonitore. I problemi sono aumentati ed i cittadini del piccolo Paese sono rimasti sempre gli stessi, cioé sonnacchiosi e privi di senso critico. Forse, anzi no, senza il forse, se li meritano gl’imbonitori e la loro condizione. Visto che gli piace tanto il bastone, s’accontentano dell’illusione della carota.

Laura Mengani – Il bastone e la carota

 

Gli uomini nuovi

Gli uomini nuovi

Eppure sì, ne sono convinto, un’Europa diversa è possibile. Forse proprio la crisi ucraìna potrebbe essere la spinta verso il cambiamento. 
La politica espansionistica degli Stati Uniti con le sanzioni imposte alla Russia potrebbe rappresentare il volano che spinga le nazioni europee al cambiamento, Germania in testa. Gli interessi economici in gioco stanno diventanto talmente pesanti che persino la miope politica estera della Cancelliera tedesca potrebbe cambiare. Se così fosse sono sicuro che la Francia s’accoderebbe a tale cambio di direzione, producendo a cascata un “ripensamento” delle strategie di molte altre nazioni più deboli politicamente.
Occorrerebbero uomini nuovi; gente in grado di cambiare le alleanze finora messe in atto. Partendo dall’Economia, finora punto divisivo e non aggregativo all’interno dell’Unione, si potrebbe sperare in un cambiamento generale che coinvolga, finalmente, il livello politico.
Il gioco politico degli americani si sta rivelando un boomerang per tutti gli Stati europei e voci discordanti circa l’opportunità di continuare su questa strada iniziano a levarsi anche negli alti vertici delle classi dirigenti nazionali. E’ a questo punto che gli “uomini nuovi” dovrebbero intervenire e prendere le redini della situazione, trascinando quelle forze sopite che auspicano un cambiamento verso nuovi orizzonti. Possibilmente verso una rifondazione dell’Unione stessa, su altri presupposti e basi. La Politica deve ritornare a fare il suo mestiere, anche a vantaggio della stessa Economia. E questo gli economisti europei lo stanno ben comprendendo. E’ una questione d’interessi, s’intende, ma questa volta tali interessi sono contrari a quelli imposti da oltre oceano e dalla Gran Bretagna. Ripeto, potrebbe essere la volta buona che s’inizi ad intravedere la fine del tunnel senza uscita nel quale la miopia dei nostri politici ha finora accompagnato trionfante la Finanza specualtiva. E’ ora che la Germania capisca che non è più il caso di fare il battitore libero e s’assuma la responsabilità morale e politica di fare da trait d’union di una nuova Unione Europea, su base federale, che pur rispettando le singolarità sia veramente un’unione politica. La sola che abbia un senso.
Chi aiuterà… la Merkel?

Chi aiuterà… la Merkel?

Eh sì, la Crisi è ovunque. Mal comune, mezzo gaudio come si suol dire. Soprattutto quando si ha bisogno di “armi di distrazione di massa”, in questo caso di tipo economico. Così gli “analisti” italiani, seguiti a ruota in pompa magna dai nostri media, noto esempio di indipendenza e competenza, si sono sperticati nel dichiarare ai quattro venti che “perfino la Germania frena”, udite udite, con un bel -0,2% del Pil. E’ come dire che un elefante ha rallentato la sua corsa perché un orecchio gli si è piegato contro il vento, rallentandone la corsa. Ovviamente non si analizza più di tanto il perché di questo “enorme” calo nell’economia tedesca, perché altrimenti si vedrebbe che non è di certo dovuto a motivi occupazionali, i più alti dal dopoguerra ad oggi, bensì ai recenti eventi dell’Ucraina e le sanzioni stabilite dagli Usa e dalla Ue nei confronti della Russia, di cui la Germania è il 1° partner commerciale europeo. Già vedo orde di tedeschi ammassarsi sul confine polacco in cerca di pane e possibilità di lavoro. A noi va bene perché siamo divisi da questo Paese “stagnante”, secondo quanto dichiarato dal nostro show man per eccellenza, il venditore di fuffa a cottimo Matteo Renzie, dai monti svizzeri ed austriaci, sennò chissà che non si potrebbero vedere anche per le strade di Milano o Torino, oppure fra le calli di Venezia gentili Fräuleins in cerca di cibo per le proprie famiglie. Già vedo Frau Merkel fortemente preoccupata per questa china che la sua debole economia sta prendendo. Poverina, lei.




Who is the next?

Who is the next?

Nothing will never change! Nothing, unfortunately.
The destiny of Italy is to be a slave country. It has been clear yesterday when Silvio Berlusconi has been absolved from the criminal offence related to the sex scandal of Rubi (Bunga bunga). The problem is not this (even if it’s the result of the laws that he made during his Government). The problem is why he has been absolved. The italian Prime Minister, Matteo Renzi, would like to make deep changings into italian Constitution and Berlusconi is the chief of the other political party that would like to do the same (only the Movement 5 Stars would like to stop the destruction of our Bill of Rights, according to the illegal plan of Licio Gelli and the american and bad italian secret services). They will do it, unfortunately. They are destroying our country as it happened in Greece, selling all the public companies to private banks and international companies. We are going forward to a period in which we will pay for working (to mantain our jobs and our positions into the job market), without Rights, without a sure future, without political reference points, without reference models. This is a war and it seems to me that They are winning. I wish I’m wrong! 

Una situazione grave, per non dire disperata

Una situazione grave, per non dire disperata

La situazione è grave, anzi direi gravissima. Ciò che sta accadendo in Italia non ha precedenti e, cosa questa che ha dell’incredibile, nel silenzio generale dei cosiddetti “intellettuali” e costituzionalisti di tutto il Paese. Tranne qualche sporadica eccezione che,  purtroppo, ha ben poca risonanza. Io non so se il fatto di essere all’interno del Paese non faccia ben rendere conto di cosa stia in realtà accadendo, ma vista da fuori la cosa è abbastanza chiara nella sua gravità: stanno letteralmente distruggendo le basi democratiche e le istituzioni del nostro Paese, con la complicità più o meno cosciente di personagiucoli da strapazzo, quali quelli della nostra attuale classe politica. La “smania” di riforme, della Costituzione in primis, non è casuale, bensì,  a mio parere, è un lucido piano di smantellamento delle istituzioni repubblicane (cosa questa già in parte attuata in Grecia ed altri Paesi europei) messa in atto “usando” dei giovani incompetenti, messi lì alla bisogna e fatti scientemente passare come il “nuovo” che avanza e cambia le cose.
Un intero Paese obnubilato dai suoi problemucci interni ed ovviamente coinvolto dal crescente tasso d’impoverimento quotidiano (non frutto di circostanze, bensì voluto ad hoc).
Non c’è che dire! Il piano di Rinascita Democratica di Licio Gelli, rivisitato e modificato secondo nuove necessità e variazioni impreviste (leggi Movimento 5 stelle) nel quadro politico italiano. E, ripeto, tutto questo nell’assordante silenzio della cosiddetta Intellighenzia di questo nostro povero Paese. Direi purtroppo che non c’è molta speranza
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Berlino centro del Mediterraneo

Berlino centro del Mediterraneo

Berlin liegt am Mittelmeer, ovvero Berlino si trova nel Mediterraneo: questo è il titolo del libro di Roberto Giardina, giornalista e scrittore che da molti anni vive e lavora in Germania,  presentato ieri presso l’Istituto italiano di cultura della capitale tedesca, nel corso di un dibattito-intervista condotto dall’attrice Elettra di Salvo. Quest’opera è il frutto della traduzione nella lingua germanica di parti di suoi precedenti libri –L´altra Europa, L´Europa e le vie del Mediterraneo e Itinerari erotici– tutti pubblicati in Italia da Bompiani, e che a Berlino vede la luce per le stampe dell’editore Avinus.
No, il significato del titolo non è un ossimoro, come potrebbe sembrare a prima vista. Lo si può già intuire a partire dal sottotitolo: Un viaggio immaginario attraverso l’Europa. In un viaggio infatti ci conduce l’autore, partendo da Creta, la terra in cui tutto ciò che si è sviluppato nel vecchio continente ha avuto origine, per poi passare dalla sua terra natìa, la Sicilia, e salire pian piano lungo tutto lo Stivale; varcate poi le Alpi in Svizzera, luogo di passaggio, arriva in Germania, visitandone le città principali. Approda infine alla sua meta,Berlino per l’appunto.
L’Europa dunque, così antica ma anche così piccola, geograficamente parlando. Quella di Giardina non è un’Europa dei confini nazionali, bensì quella dei popoli dove, a ben guardare, ci si accorge che le similitudini fra i luoghi e le usanze dei suoi abitanti sono in realtà ben maggiori di quanto si possa immaginare. Così, ad esempio, si comprende perché a Berlino si trovino opere architettoniche neoclassiche di Schinkel, apparentemente ispirate alla Grecia, pur non essendo mai stato il famoso architetto prussiano in quel Paese: l’aveva semplicemente immaginata, mitizzandola. Stessa cosa per le opere letterarie di Goethe, che più in là della Sicilia non si era mai spinto. In ogni luogo dunque si può trovare un misto di realtà e fantasia, così come gli scambi culturali e storici hanno forgiato l’intero continente. Oggi più che in passato i confini hanno perso il loro significato letterale. Uomini di tutte le nazioni si spostano oltre le proprie frontiere, contribuendo ancor più a questo scambio culturale e sociale, rendendoci tutti cittadini di una sola nazione ideale. Nel Settecento Immanuel Kant non si spostò mai dalla sua Königsberg eppure, dalle notizie che riceveva da corrieri, riusciva a crearsi un quadro di posti anche lontanissimi, certamente immaginandoli, ma rendendoli in fondo un po’ a suo modo reali e più vicini di quanto non lo fossero.
Giardina, alla fine del suo viaggio, come già molti altri italiani prima di lui, Pirandello in testa, approda a Berlino. La città di Marlene Dietrich, figlia mai amata eppure così tanto legata a questa sua città “madre”. E proprio come tutti i figli hanno alcune caratteristiche dei propri genitori, così questi ultimi sono uno specchio amplificato dei pregi e dei difetti della loro prole. Berlino, questa madre-matrigna dell’attrice Marlene, è anch’essa una diva, e come tutte le dive ci affascina, ci seduce, ci rende un po’ suoi schiavi, pur non essendo bella come altre sue consorelle-rivali in Europa. La si ama a prescindere, perché è diversa, perché è strana, perché non è una Metropoli, perché è tutto e non è nulla. E’ una parte di noi, da qualunque luogo di origine si provenga ed in lei ci riconosciamo sentendoci a casa. Sì, Berlino è decisamente al centro del Mediterraneo!

Una storia come tante

Una storia come tante

Questa è una storia vera, una storia d’amicizia e lealtà. La persona che me la raccontò non c’è più e certo non si sarebbe mai immaginata di finire in un racconto come questo.

Italia, 1942. Fausto era un giovane ufficiale di complemento, con incarico di traduttore presso gli alti comandi tedeschi. Proveniva da un paesino della provincia di Rieti, Castel di Tora, sul lago del Turano, a pochi chilometri da Carsoli. Quest’ultimo era un centro nevralgico per l’esercito tedesco nell’Italia centrale, durante la seconda guerra mondiale, ed ospitava un ospedale militare aperto anche ai civili per tre giorni alla settimana.

Franz era un ufficiale medico della Wehrmacht (Forza di difesa) tedesca, di stanza in quel presidio medico. Era nato a Berlino, 26 anni prima, ed era uno poco tagliato per la guerra, come Fausto del resto; forse pure per questa ragione fra i due era subito nata una simpatia spontanea.

Ad unirli, inoltre, c’era il comune amore per le lettere antiche (Franz andava in guerra con Tito Livio in tasca mentre Fausto insegnava Latino e Greco) e la poesia tedesca ottocentesca; Hölderlin ed Heine in particolare, anche se le poesie di quest’ultimo Franz le doveva recitare quasi di nascosto, poiché era di origine ebraica.

I giorni sembravano passare in fretta in quel periodo e, con il trascorrere dei tragici avvenimenti della guerra, si accumulavano in mesi. Accadde così che, in un giorno di ottobre, due caccia spitfire della RAF (Royal Air Force) britannica venissero abbattuti dalla contraerea tedesca presente nella zona.

I piloti riuscirono a lanciarsi fuori dei veicoli prima della loro esplosione e subito furono cercati dalle pattuglie germaniche ed italiane. Per loro fortuna furono trovati dagli abitanti del paese e subito nascosti sui monti circostanti.

Si sa, italiani brava gente, e Fausto incarnava alla perfezione questo stereotipo. Pertanto ben presto i due inglesi si ritrovarono a mangiare in casa sua, anche per sfuggire alla morsa del freddo invernale che sui monti della Sabina è particolarmente rigido.

Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, così Franz, che si trovava a passare con una pattuglia da quelle parti, decise proprio quel giorno di andare a far visita al suo amico italiano. Mein Freund, wo bist du? Gridò spalancando la porta del tinello dove i tre stavano mangiando.

Ci sono momenti nella vita di ciascun individuo in cui ci si sente il sangue gelare nelle vene. Questo è appunto quello che accadde ai presenti in quella stanza. I due piloti inglesi, ovviamente in abiti civili, guardarono l’ufficiale tedesco tenendo in sospeso nell’aria il cucchiaio ricolmo di una calda brodaglia, che voleva somigliare ad una minestra.

Gli occhi di Fausto e Franz s’incrociarono: le parole non avrebbero saputo descrivere lo stato d’animo che sentivano crescere proprio lì, alla bocca dello stomaco, come se qualcuno gli avesse dato ad entrambi un calcio con gli anfibi militari.

Un senso di smarrimento, quasi di disperazione per tutti e due. Lo sguardo sa spesso esprimere sentimenti e sensazioni come nessun altro mezzo di comunicazione sa fare; ed è proprio attraverso lo sguardo che dovette passare fra i due un messaggio misto di fiducia tradita, smarrimento e richiesta d’aiuto, da ambo le parti. Passarono pochi secondi, ma sembrarono essere un’eternità.

Poi, come un raggio di Sole fra le nubi nere che coprono il cielo, arrivarono le parole dell’amico che c’era dietro la divisa, lo stesso amico con il quale fino a pochi giorni prima Fausto aveva condiviso la gioia di quei versi stupendi: Der Herbstwind rüttelt die Bäume, Die Nacht ist feucht und kalt*…

Lieber Freund, du bist im Moment beschäftigt wie ich sehe. Du hast Gäste bei dir. Ich werde ein anderes mal kommen **, disse Franz girandosi verso la porta. Poi salutò con un cenno della mano con la quale stringeva forte i guanti che si era appena poco prima sfilati, nell’entrare con entusiasmo. Fausto gli sorrise, quasi a liberare l’anima da quella morsa. E rispose a mezza voce: Bis bald, mein Freund!

Non parlarono più di quell’episodio. Arrivò il settembre del ’43. L’Armistizio sanzionò una separazione “formale” fra i due amici di un tempo. Tuttavia ciò che lega due anime non può essere separato da un’uniforme. Franz continuò ad aiutare l’amico di un tempo, cercando di “proteggerlo” dalle ire del comando tedesco, ormai nemico dell’esercito italiano.

Quando arrivarono gli americani ed i tedeschi si ritirarono oltre la Linea Gotica, Franz scrisse una cartolina a Fausto per dargli sue notizie e dirgli che stava in salvo, sulla strada per la Germania. L’indirizzo che mise per non comprometterlo direttamente fu: “Alla signora Comune Castel di Tora”, ed il messaggio era “Ich bin zu Hause”***.

Dopo la guerra, si rincontrarono solo una volta, molti anni dopo, a Berlino.

Chi fra voi visitasse Castel di Tora, nella bella Sabina, potrà leggere una scritta sulla tomba di un certo Fausto D., posta nel piccolo cimitero del paese: “Scuote gli alberi il vento d’autunno, nella notte umida e gelida; avvolto nel mio grigio mantello, cavalco tutto solo nel bosco…”*.

A Berlino invece, il visitatore di quello di Dorotheenstädtischer, poco distante dalla tomba di Bertolt Brecht troverà quella di un certo Franz K. Sopra ci sono incise quest’altre parole: “Der Herbstwind rüttelt die Bäume, Die Nacht ist feucht und kalt; Gehüllt im grauen Mantel Reite ich einsam, einsam im Wald”*.

Un silenzioso filo lega questi due “sconosciuti”: ora sapete il perché.

* Scuote gli alberi il vento d’autunno, nella notte umida e gelida… (Scuote gli alberi il vento d’autunno, di H. Heine)
** Bene amico mio, vedo che sei occupato. Hai ospiti. Tornerò un’altra volta.
*** Sono arrivato a casa
“Give me a fulcrum, and I shall move the world”

“Give me a fulcrum, and I shall move the world”

Reference points are important in our life. With reference points I mean all those things that give us the idea of a possible future, a sense for daily life, a goal to reach. Until few years ago the world had great ideologies and each of these ideologies had values to pursue. These values were our leading figures. Over the later years they are disappeared because the ideologies seem to be disappeared and people are confused. In many countries all over the world there is a sort of a single thought and people seem to give up of thinking, looking for new leaders who give them new values to reach. This is the great disease of the present age. There is a sort of Big Brother of the novel Nineteen Eighty-Four by George Orwell and it seems not be allowed to think in a different way from the way of thinking of the opinion leaders who speak through the use of media. The opinion of people is made by what media say, so if you control media you control people, accomplish the single though. The only way to escape from a such situation is to study, to read a lot, to make up for lost capacities to criticize the world in which we live, the world that other people has prepared for us, without our contribution and our permission. It’s a war, and as in all wars it will take time, much time and will be many victims, too!
Gerhard Thieme –  Archimedes
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Everybody lies