Un giaccone galeotto

Un giaccone galeotto

Viaggiava spesso fra Roma e Berlino. Le vicissitudini della vita lo avevano portato a non badare più molto ai piccoli fatti quotidiani sui quali inciampava accidentalmente ed il passare degli anni gli aveva creato una patina di indolente indifferenza proprio lì, sul fondo dell’anima.
Erano state quelle appena passate vacanze non facili. Tornare a “casa”, quando una casa che senti tua non ce l’hai più e quella che è diventata la tua nuova “casa” non la senti ancora tale; tornare in un ambiente familiare “difficile”, dove i tuoi maggiori affetti, quelli che “normalmente” dovrebbero essere tali, non sono rappresentati dai tuoi familiari più prossimi, ma da amici che sono stati i succedanei di un sentimento familiare mancato; tornare e constatare che il tempo passa, inesorabile e ti mette alla prova per l’ennesima volta con i mali fisici della vita, tuoi o di chi ti è più prossimo. Insomma una prova ad ostacoli più che una vacanza.
Questo in sintesi il “fardello” con cui, tra il senso di liberazione da un periodo oggettivamente pesante e la nostalgia causata da una partenza, vissuta per l’ennesima volta, da un pezzo della propria vita, si accingeva a tornare verso il proprio futuro.
Volo pomeridiano questa volta, quando in inverno è già buio, nonostante non sia così tardi oggettivamente. Le solite famiglie con bambini piccoli, i soliti ragazzi chiassosi che scherzando riempiono l’aria di fastidiosi suoni gutturali e non, i soliti tizi silenziosi, come lui del resto, che osservavano gli altri dietro uno sguardo inquisitore e di noia.
Aveva optato per un volo low cost italiano, perché in quell’occasione era stato molto più conveniente economicamente di quelli tedeschi e questo lo infastidiva un po’, tanto a causa dei posti a sedere più angusti quanto per le restrizioni imposte dalla compagnia sui bagagli; in fin dei conti, aveva pensato, si trattava solo di volare per poco meno di due ore.
Usava in genere tentare di salire per primo sugli aerei, anche se il posto era già assegnato, e questo per una ragione che aveva a che fare con il suo carattere un po’ spigoloso, da persona precisina, come un po’ tutti quelli del suo segno zodiacale, avrebbe detto se avesse creduto nell’oroscopo. In realtà il motivo era che sapeva quanto fosse difficile trovare un “buco” libero per il proprio bagaglio a mano su quel genere di voli e non voleva rischiare di dover vedere la propria valigia e soprabito messi dalla parte opposta dell’aereo. Così era meglio arrivare fra i primi e prendere comodamente posto per sé e per le proprie cose: molto più facile anche all’arrivo per scendere senza dover aspettare una vita l’uscita degli altri. Così fece anche in quell’occasione: salì fra i primi, salutò il personale di bordo, trovò il suo posto e mise il bagaglio proprio sopra quest’ultimo. Poi si sfilò il giaccone, lo piegò al meglio perché non si sgualcisse del tutto e si mise a sedere in attesa che arrivasse il resto dei passeggeri. Non gli era di certo sfuggito, in tutto questo suo da fare, che fra l’equipaggio a bordo c’era una donna molto bella, ma l’indolenza di cui dicevamo prima ed un fatalismo a cui s’era ormai abituato facevano sì che il pensiero di come entrarci in contatto gli rimanesse relegato in un angolo remoto della mente. Intanto l’aereo si popolava di corpi e di rumori ed il momento del decollo si avvicinava sempre più. Ed ecco il momento fatale: la bella assistente di volo si avvicinò per “sistemare” le valigie e spostò, pressandolo ben bene, il suo giaccone in un interstizio fra i bagagli. Non l’avesse mai fatto! Il suo giaccone nuovo nuovo! Come osava? Il nostro s’alzò stizzito e con un gesto di fastidio in volto s’apprestò a risistemare l’oggetto già completamente deturpato, nella sua mente, così come lo aveva messo all’inizio, dove non dava fastidio pur non assumendo la forma di un salame schiacciato. Poi, come per giustificarsi del repentino scatto, si girò verso la bella hostess e disse: “Scusi sa, ma così me lo distrugge!”. Lei lo guardò fra lo stupito e l’aria di chi sotto sotto pensasse: “Ma guarda questo qui! Mi sembra “Furio” di Bianco, rosso e verdone” e con voce decisa e canzonatoria replicò: “Veramente l’ho solo sistemato perchè non cadesse”. Ecco, l’aveva sistemato perché non cadesse, ed in effetti non l’aveva messo poi così male e lui si stava maledicendo da solo per aver messo in moto il cervello solo dopo che il suo istinto da “zitello” acido l’aveva fatto scattare in piedi come una molla. Un senso di frustrazione, lo stesso che conosceva così bene fin da piccolo, lo colse dopo essersi rimesso seduto mentre si dava del cretino da solo. Che fare? Questo il dilemma che occupò il suo cervello mentre l’aereo si apprestava al decollo e lei, l’oggetto da quel momento in poi dei suoi pensieri, stava lì in piedi a mostrare a tutti i passeggeri cosa fare in caso di malaugurato incidente. Già, come poteva rimediare ad una figura da cretino assoluto agli occhi di quella che, ora, considerava la sola cosa degna d’attenzione in quell’aereo?
Bisogna pur dire che al nostro non mancava senso d’iniziativa e, nonostante una timidezza che l’aveva accompagnato fin da piccolo, sapeva ben destreggiarsi fra il ribollire dei suoi sentimenti. Decise così che il solo modo per non perdere la faccia completamente e tentare l’impossibile fosse quello di fare il galante. Fu così che, non appena l’aereo fu decollato e si poterono slacciare le cinture di sicurezza, s’alzò, aprì lo sportello nel quale c’era l’ormai famoso giaccone e da quest’ultimo tirò fuori un porta documenti estraendone un suo biglietto da visita. Poi prese un libro dal suo bagaglio a mano e si rimise a sedere calando il ripiano del sedile avanti a sé. Con finta nonchalance finse di leggere qualche riga, mentre in realtà pensava intensamente cosa scrivere sul retro di quel cartoncino patinato. L’esperienza non gli mancava in proposito e, vuoi per l’età non proprio più tenera, vuoi per un fondo d’animo romantico che s’annidava laggiù da qualche parte, nella sua mente, buttò giù qualche riga di scuse, con annesso invito a cena per farsi perdonare d’essere stato “scortese”.
Dopo il difficile “parto” si mise a leggere, alzando di tanto in tanto gli occhi, solo quando lei passava fra i passeggeri per portare bevande o altro. Fu una vera sofferenza trovare il coraggio per consegnarle quel biglietto all’arrivo a Berlino. Passandole davanti, proprio sul portellone d’uscita, le consegnò il biglietto sorridendole e dicendole: “Grazie per il volo, a presto!”. Lei sorrise, ringraziò a sua volta e lui uscì di fretta. Mentre andava verso il basso edificio difronte l’aereo ripassava mentalmente quel che era successo, in parte vergognandosi, in parte chiedendosi se l’avrebbe mai più rivista.
Berlino d’inverno è un misto di bellezza, freddo e stimolo a vincere i propri limiti. Ci si adegua al gelo cui non si è abituati solo a guardare i suoi abitanti, che sembrano temprati nel ghiaccio. Pian piano si diventa bravi a passeggiare con naturalezza con diversi gradi sottozero. Le idee, si freddano anche loro.
Anche quella s’era oramai congelata nei suoi ricordi, dopo più di un mese.
Bisognava pur controllare di tanto in tanto il cellulare usato in Italia per essere sicuri che qualcuno non l’avesse contattato ancora su quel numero. Lo accese distratto. Aspettò che si caricassero i programmi e, quasi con distrazione, aprì quello per chattare: un messaggio da un numero sconosciuto. In fondo una firma: un nuovo capitolo della sua vita!
Il calciatore perfetto

Il calciatore perfetto

Confesso che non sono mai stato in vita mia esperto di calcio, ebbene sì! Tuttavia, pur non amando particolarmente lo sport nazionale italiano per eccellenza, non mi sfuggono i termini calcistici più in voga ed il loro significato. Uno di questi è “assist”. A dire il vero credo che sia d’uso comune anche in altri sport di squadra, ma la mia notoria passione per le cose del Belpaese mi porta ad usare un linguaggio consono all’andazzo generale, anche in campo sportivo. Ebbene, trovo che il buon Mario Draghi, presidente della BCE, sia un ottimo giocatore nel ruolo di assist. Già, infatti ha doverosamente fatto trapelare il fatto che la Banca Centrale Europea farà presto “le pulci” alle banche europee, declassando quelle non “consistenti”, attraverso il cosiddetto stress test. Dunque una quindicina di banche italiane sono certamente a rischio (che paura!), perché si paventano ripercussioni, tanto per cambiare, sui piccoli azionisti delle stesse. Allora, che fare? Avrebbe detto qualcun altro, in altri tempi. Beh, si potrebbe tentare di far passare l’ennesima porcata del definitivo regalo alle banche di pezzi dello Stato, attraverso una vera e propria regalìa di Banca d’Italia (o meglio di quel che ne resta, per inciso bene pubblico) alle voraci bocche delle banche private attraverso un decreto inserito ad hoc dal Governo all’interno di quello per l’abolizione della seconda rata dell’Imu. L’assist di Draghi non farebbe digerire agli italiani l’ennesima porcata a favore dei poteri finanziari internazionali (le nostre banche sono compartecipate e scalabili dall’estero), pertanto occorre “nascondere” tali tipi di provvedimenti. Salvo poi che un gruppo come i 5 stelle non facciano opposizione in Parlamento, con la solita dose di contumelie da parte di tutti gli altri partiti conniventi allo status quo. Intanto le fabbriche chiudono, l’economia va sempre più a fondo e la solita italietta continua a vedere i soliti personaggiucoli che vanno in televisione, invitati dai soliti giornalistucoli, che discettano dei soliti statistucoli come il Renzi o il Berlusconi di turno. Non c’è veramente speranza per il mio popolo, purtroppo!
L’insostenibile leggerezza del “nuovo”

L’insostenibile leggerezza del “nuovo”

Calamandrei Piero, Amendola Giorgio, Andreotti Giulio, Basso Lelio, Bonomi Ivanoe, Croce Benedetto, De Gasperi Alcide, Della Seta Ugo, Di Vittorio Giuseppe, Dossetti Giuseppe, Einaudi Luigi, Fanfani Amintore, Foa Vittorio, Gronchi Giovanni, Gui Luigi, Iotti Leonilde, La Malfa Ugo, La Pira Giorgio, Leone Giovanni, Longo Luigi, Merlin Angelina Livia, Merzagora Cesare, Moro Aldo, Nenni Pietro, Nitti Francesco Saverio, Notarianni Giuseppe, Orlando Vittorio Emanuele, Pajetta Gian Carlo, Paratore Giuseppe, Parri Ferruccio, Pertini Sandro, Pollastrini Elettra, Rescigno Matteo, Romita Giuseppe, Ronchi Vittorio, Rosselli Enrico, Rumor Mariano, Saragat Giuseppe, Scalfaro Oscar Luigi, Segni Antonio, Tambroni Armaroli Fernando, Taviani Emilio Paolo, Terracini Umberto, Togliatti Palmiro, Treves Paolo, Valiani Leo, Zaccagnini Benigno.



“Carneade! Chi era costui?” ruminava tra sè don Abbondio seduto sul suo seggiolone, in una stanza del piano superiore, con un libricciolo aperto davanti, quando Perpetua entrò a portargli l’imbasciata. “Carneade! questo nome mi par bene d’averlo letto o sentito; doveva essere un uomo di studio, un letteratone del tempo antico: è un nome di quelli; ma chi diavolo era costui?”.

Sembra quasi di leggere il Manzoni per molti cittadini italiani, soprattutto se di giovane età.

Questi  erano invece i nomi di alcuni fra i più conosciuti dei “padri costituenti” della Repubblica italiana (l’elenco completo lo potete trovare qui).
Matteo Renzi, Silvio Berlusconi: questi i nomi degli aspiranti “nuovi padri costituenti” di quel che resta della Repubblica italiana.
Se la cosa non fosse quasi tragica direi che fa quasi ridere. Già, c’è proprio poco da ridere oramai. Un Paese il nostro che sta registrando uno dei livelli più bassi nella sua millenaria storia, in diversi campi. Quello politico è palese tanto quanto quello economico, ma soprattutto quello culturale è infimo. “Cosa c’entra il livello culturale ora?”, direbbero i saggi che dispensano perle per ogni dove. C’entra, eccome! Un fenomeno da baraccone come Berlusconi o quello del finto innovatore, privo di consistenza politica e di pensiero, come Renzi sono il frutto di un tracollo culturale innanzitutto. Tracollo che pervade sì la politica, ma soprattutto la società che tale gente ha “partorito”. I nomi che ho citato all’inizio, di diversa provenienza culturale e fede politica, erano tutti legati da un sostrato comune: era gente preparata! Il nostro è un Paese che è sempre sopravvissuto grazie alla genialità di pochissimi e al buon lavoro di pochi, ma sostanzialmente si è trascinato in avanti, seguendo l’onda, per la maggior parte dei suoi cittadini. Ora il momento è grave, molto più di quanto non si percepisca. Lo Stato è massacrato dall’esterno, da poteri economici e finanziari che sono riusciti ad infiltrare loro uomini al suo interno (come in molte altre parti d’Europa), così come al suo interno da gente inconsistente ed impreparata che contribuisce ad aggravare la situazione generale. Il fenomeno del berlusconismo, per quanto biasimevole da innumerevoli punti di vista, ha rappresentato per i poteri finanziari esteri una vera anomalia, non allineata ai propri progetti e per questa ragione è stato “accantonato” in modo non proprio democratico (lo dico da feroce oppositore di quanto esso abbia rappresentato per il nostro Paese negli ultimi 20 anni). Il cosiddetto “nuovo”, in prospettiva, è peggiore. Questo per due ordini di motivi: il primo perché sono fermamente convinto che sia sapientemente “pilotato” da una serie di poteri economico-finanziari, tanto interni quanto esterni al Paese; il secondo perché, in questa vacatio d’idee e pensiero generali in cui siamo piombati, sembra essere alla maggioranza della gente che si fa “trascinare” dall’onda una sorta di “vento nuovo”, di “aria fresca”, di “rinnovamento” che tali non sono, anzi! Come diceva il personaggio di Tancredi, nel bellissimo romanzo di Tomasi di Lampedusa il Gattopardo, “bisogna cambiare tutto per non cambiare nulla” ed in questo sono bravissimi tutti, Renzi in testa con i suoi seguaci. Venti anni fa è stato il turno dei vari d’Alema, Veltroni & Co., ora è il turno loro, ma, perché c’è un ma e grande come una casa, ora i tempi sono cambiati. Il mondo va veloce, tanto, troppo per questi omuncoli e donnicciole che vogliono decidere dei nostri destini credendosi dei novelli demiurghi in grado di plasmare l’avvenire, non rendendosi minimamente conto di essere plasmati a loro volta da altri, essendo privi di un loro carattere e formazione solida. Se gli italiani non si svegliano e smettono di accettare supinamente ogni cosa gli venga propinata come fosse oro colato il futuro che vedo all’orizzonte è peggiore di quanto non lo prefigurassi solo fino a poco tempo fa. Come dicono gli spagnoli: suerte!

 

A debate about Memory

A debate about Memory

On an Italian newspaper, “Espresso”, recently Umberto Eco, the italian philosopher and writer, has written an article that is a letter to his nephew. Into the article he “talk” to his nephew about the importance of technology and of reminding things (poetry better than the names of football teams) as well. This caused a debate on internet in Italy, because some people accused Eco to be old and to do obvious remarks. Personally I don’t think so! It is true, in fact, that the risk of saying oratory things is high, however the cultural level of Italian children has become very poor in the last 20 years. I can say this both because I personally talk with some teenagers, sons and daughters of friends of mine, and because talking with another friend of mine who is a teacher, he told me that is very common to find children and teenagers very smart with technological instruments like smartphones or laptop, but completely unable to write something by themselves, with their own ideas. It is a relapse into illiteracy and is very serious in my opinion. I don’t know if in the other countries it is the same, but I find it dangerous for many reasons that, as I explained in a previous post. I would like to know what is the situation in other countries and what people thing about it.

Gli uomini del futuro

Gli uomini del futuro

Quando ero piccolo amavo leggere libri e fumetti di fantascienza, soprattutto quelli che parlavano di mondi futuri possibili. Ero letteralmente affascinato dalla tecnologia. Immaginare che un domani si sarebbe potuto visitare altri pianeti o più semplicemente comunicare a distanza, mentre si guidava o passeggiava, galvanizzava la mia fantasia. Finito di leggere fantasticavo su come sarebbe potuta essere l’umanità di lì a pochi anni ed ovviamente mi prefiguravo mondi bellissimi, dove il progresso aveva portato benessere e comodità di ogni genere per tutti. Potremmo dire oggi, a ragion veduta, che avevo una visione ottimistica del futuro.
Purtroppo, guardando con gli occhi dell’adulto di oggi, direi proprio che tale mondo non esiste, e questa “delusione” mi si amplifica nel prefigurare quello che potrà essere il futuro prossimo dell’Italia, almeno basandomi sulla triste realtà che mi circonda e sull’altrettanto triste classe politica e dirigente di questo Paese. Questo mio apparente “pessimismo” si basa sui fatti della vita quotidiana: passi infatti che ho trovato ‘peggiorati’ i miei concittadini, da diversi punti di vista, durante questi mesi di mia assenza dal Belpaese, ma ho per l’ennesima volta constatato come i nostri politici, quelli che dovrebbero avere una visione del futuro per il Paese, siano inconsistenti ed inconcludenti più che mai. Vedendo i “dibattiti” politici in televisione, oltre a trovarci sempre le solite facce che da sole se la cantano e suonano, come si suol dire, ho visto “il nuovo” del panorama politico di destra (i “giovani” di Forza Italia) e di sinistra (per capirci i “renziani” della prima e dell’ultima ora) che mi ha fatto rimpiangere amaramente gente come Andreotti o Craxi (che per quanto detestabili un’idea di futuro comunque ce l’avevano). Se il “nuovo” è rappresentato da gente che per risolvere la situazione economica disastrata in cui siamo crede di aver trovato la soluzione nel permettere “ai giovani di aprire un’impresa in un giorno, invece di fare una trafila estenuante”, allora voglio tornare al vecchio!
Già, perché è vero che in Italia sia tutto molto più difficile a causa della burocrazia elefantiaca, ma ciò che trovo disarmante è come costoro non si rendano conto che permettere ad un “giovane” d’aprire un’impresa in un giorno per poi costringerlo a chiuderla il giorno seguente per le tasse e la mancanza di lavoro è pura demagogia, se non, nel peggiore dei casi, miopia assoluta su quale sia il fondo del problema. E’ come insegnare ad un bambino a rispettare l’ambiente, salvo costringerlo poi a vivere in una discarica per tutta la vita. Quello che gli “sceneggiatori” del nostro futuro non capiscono o fanno finta di non capire è che sia altrove la vera radice del problema e che per quanti sforzi uno faccia per tamponare le falle dello scafo non otterrà mai nulla se non decide di mettere la barca in secco. Sono le regole dell’economia internazionale che strozzano il Paese che vanno messe in discussione, è una visione futura diversa d’Europa che va rivista, è un coinvolgimento degli altri Paesi dell’Unione che è necessario per risolvere anche i problemi di casa nostra. E’ giusto pulire in casa propria, ma se gli altri continuano a tirarci contro la polvere non riusciremo mai a respirare aria pulita.
Ecco, questo è quanto mi aspetterei di sentire da chi s’immagina e progetta il mio futuro. Purtroppo, però, non ci sono più i fumetti di una volta!

Ich, Sohn von Europa

Ich, Sohn von Europa


Ich bin Italiener, ich weiß, wer ich bin. Ich bin der Sohn von Europa, das Europa von Dante und Shakespeare, Moliere und Goethe, Leopardi und Manzoni, von Joice und Mann. Ich bin der Sohn des europäischen Galileo und Newton, Pasteur und Fleming, Einstein und Fermi. Ich bin der Sohn des Europa von Vivaldi und Bach, Mozart und Beethoven, Wagner und Brahms, Verdi und Strawinsky. Ich bin der Sohn von dem Gedanken von  Platon und Aristoteles, von Thomas und Descartes, von Kant und  Hegel, Marx, Russell und Wittgenstein. Ich bin der Sohn von dieser Zeit und dieser gemeinsamen Wurzel. Wer bist du Deutscher? Bist du der Sohn von des gleichen Europa?
Das ist mein erster Beitrag in deutscher Sprache. Entschudigen Sie die Form…
Letterina a Babbo Natale

Letterina a Babbo Natale

Caro Babbo Natale quest’anno sotto l’albero vorrei trovare:
un etto di coerenza,
due pizzichi in meno d’ipocrisia
un po’ di  coraggio
lungimiranza quanto basta.
Insomma, caro Babbo Natale, mi dovrei rivolgere a te in un’altra lingua piuttosto che l’italiano, perché mi rendo conto che potresti avere problemi a capire questi semplici concetti non essendo molto in voga nel mio Paese d’origine. Che ci vuoi fare? I bambini come me non possono scegliere dove nascere e, tutto sommato, devo confessarti che fino a qualche tempo fa (facciamo finta che decenni siano solo pochi anni) anch’io pensavo che il posto dove sono nato non fosse poi così male. Poi però si cresce e si capiscono tante cose: si capisce che a te, esserino che s’interroga sulla propria esistenza, non t’ha portato la cicogna in un fazzoletto legato sotto il becco; che, ahimé, tu e la Befana m’avete ingannato per un certo periodo, facendomi credere che lasciavate i regali sotto il camino calandovi dal comignolo (quale poi, visto che a casa mia non c’è mai stato un comignolo inteso in senso classico del termine?); che gli asini non volano come nelle fiabe! Già, si smette di credere nelle fiabe, almeno dovrebbe accadere quando si cresce. Proprio per questa ragione, caro Babbo Natale, inizio a pensare che i miei connazionali, almeno in una gran parte, siano rimasti piccoli dal momento che alle favole credono ancora. Questo sarebbe molto bello, babbino caro, se non fosse che in realtà vivono in un mondo di adulti che da tali si comportano, mentre loro sembrano sempre “invischiati” in un eterno gioco, salvo poi lamentarsi quando prendono schiaffi dalla vita che, purtroppo, non è roba da bambini, almeno non in eterno. Eh, se fossero cresciuti i miei connazionali! Chissà, magari aprirebbero gli occhi e non direbbero che le cose non si possono cambiare “perché tanto sono tutti uguali e non fanno nulla per cambiarle, le cose”. Magari s’accorgerebbero che per cambiare le cose bisogna innanzitutto capire da dove provengono realmente i problemi contingenti e che chi denuncia questo stato di cose c’è, e che non è vero che “non agisce” concretamente, perché agire concretamente vuol dire anche far capire dove sta il problema a monte, per poi poter cambiare il corso del fiume a valle.
Insomma caro Babbo Natale, tu che vieni dal nord, da un Paese molto freddo, avrai sicuramente la mente fresca per capire quello che ti sto scrivendo, perché il freddo “intosta”, diceva mio nonno e, magari, punge a tal punto da svegliare. Le cose sono due e non lo dico per essere pessimista, anzi! O svegliate, sempre tu e la Befana, gli italiani in un breve periodo, oppure temo proprio che il Carnevale manderà tutto di nuovo in “soffitta”, per non dire in vacca (ops, m’è sfuggito) lasciando il mio bel Paese ancor peggio di come è adesso.
Ah, dimenticavo, passa buone feste!

Post un po’ palloso, ovvero la costruzione delle fondamenta

Post un po’ palloso, ovvero la costruzione delle fondamenta

Ed intanto mentre nel “Belpaese Galvani” si discettava se la sacrossanta protesta della gente esasperata fosse “contaminata” da tendenze fasciste o comunque violente (cosa questa che, come bisognerebbe ricordare ai benpensanti, di sinistra o di destra che siano, è sempre avvenuta da che esistono le manifestazioni popolari in piazza), i veri artefici di tutto ciò si continuano a godere lo spettacolo da lontano. Quello che non si riesce proprio a capire, sempre nel Paese del formaggino, è che inettitudine dei nostri politici a parte, i veri giochi sono fatti da altre parti. Voglio chiarire una volta per tutte che chi scrive non è contrario di principio all’Europa unita, anzi, o ad una moneta unica: sono contrario a questo modello d’Europa e a questo modello di moneta unica. Ho sempre dichiarato che la sola via d’uscita dalla situazione attuale sia quella di fare un’unione politica europea, con una moneta unica che sia vera proprietà delle nazioni che ne facciano parte e non di banchieri privati.
Cosa occorrerebbe fare allora? In Italia senz’altro azzerare la classe politica, togliere tutto il potere usurpato in questi anni da parte della Finanza e finta imprenditoria per ridarlo alla Politica, il cui compito dovrebbe essere quello di servire i cittadini e non di essere servita attraverso privilegi e prebende. La legge elettorale, qualunque essa sia, dovrebbe prevedere la ineleggibilità di chiunque sia stato in politica, a qualunque titolo (per capirci nessun “sindaco d’Italia”, tanto di moda fra commentatori e riciclati attuali), per più di due mandati, qualunque fosse l’incarico pubblico che ricoprisse in precedenza. Ovviamente gli stipendi di chi è al servizio della comunità dovrebbero sì essere più che dignitosi, ma non superare il tetto di quelli dei parlamentari tedeschi o francesi, a cui sono ora decisamente superiori. Rendicontare le spese fatte potrebbe sembrare superfluo anche solo dirlo, ma attualmente i nostri rappresentanti in Parlamento non sono obbligati a farlo.
Detto ciò, mi rendo perfettamente conto che, a meno che non si voglia aspettare minimo 20/30 anni (tempo necessario per creare una classe politica dirigente degna, in quanto preparata), toccherebbe affidarsi al buonsenso degli attuali partiti, che nella forma in cui sono presenti oggi direi che sono diventati superflui, nel senso in cui lo diceva Simone Weil. Tutta questa operazione, riassunta così malamente in poche righe, sarebbe in realtà di una complessità enorme (di qui il mio pessimismo sul futuro dell’Italia).
Comunque fatta l’Italia occorrerebbe fare l’Europa, parafrasando Massimo d’Azelio.
Già perché la “ricostruzione” dell’Italia è solo una parte della soluzione dell’enorme problema presente in Europa. La crisi che attanaglia così tanti Paesi del vecchio continente non è solo una crisi economica, è una crisi culturale, di sistema. Di qui il compito degli intellettuali di tutta le nazioni componenti l’UE. Fare l’Europa vuol dire fare prima i cittadini europei attraverso la formazione del pensiero, ovvero far capire a gente così diversa per usi e costumi la necessità ormai impellente di un’unione politica. Occorrerebbe, dunque, far capire ad un olandese, piuttosto che ad un portoghese, quali infiniti vantaggi avrebbero dall’avere una sola direzione comune in tutti quei settori che la Politica governa o dovrebbe governare. Questo è il compito della cosiddetta “intellighenzia”, non dei politici che dovrebbero essere l’emanazione della conseguente volontà popolare. Viene prima chi elegge, poi chi è eletto. Un edificio lo si costruisce a partire dalle fondamenta, non dal tetto.
Il mondo è cambiato, ed anche velocemente. Non capire questo causa disastri, e se ne vedono le conseguenze. Pertanto sarebbe molto più utile che quanti esprimono ancora, a qualsivoglia titolo, la parte “intellettuale” dei singoli Paesi si dedicassero più a studiare il periodo storico in cui tutti noi viviamo, per poi divulgare un sentimento di unione attualmente inesistente.
La guerra è iniziata. Tutti in Europa!
Il migliore dei mondi possibili

Il migliore dei mondi possibili

La difficoltà maggiore che si ha nel giudicare se stessi è quella di essere oggettivi nel vedere i propri difetti e, di conseguenza, i propri pregi. Bisognerebbe essere tanto lungimiranti da cercare di porsi su un punto d’osservazione più in alto e vedersi come un altro da sé, una sorta di estraneo che ci osservi con occhio non accondiscendente, bensì neutrale. Beh, è una delle cose più difficili in assoluto, mi rendo conto. Rimane comunque il solo modo per avere una percezione di sé (chi meglio di noi stessi può conoscere il nostro modo di essere?) con una certa attendibilità, non alterata da un’assoluta estraneità (per esempio se ci facessimo giudicare da uno straniero, non molto avvezzo agli usi e costumi propri di chi in un posto c’è nato e vissuto). So di sembrare un po’ “tronfio”, ma questo è ciò che ho cercato di fare quando ancora vivevo nel Belpaese ed è ciò che, a maggior ragione, faccio oggi che non ci vivo più, ahimè! La lontananza aiuta a vedere cose che dall’interno, forse, non si osservano bene. Tutto questo “cappello” era necessario per cercare di non urtare la suscettibilità dei lettori di questo mio blog, anche di quella dei più attenti.
Ebbene, non si può continuare a parlare di ciò che avviene quotidianamente, in Italia ed in Europa, senza stupirsi di come non scoppi una ribellione generalizzata contro questo crescente stato di cose che impoverisce i corpi e le anime.
Ho iniziato a scrivere questo articolo prima che la gente iniziasse a scendere nelle strade il 9 dicembre scorso. Ed ecco che la realtà supera, come al solito, la fantasia. Quasi un anno fa, avevo scritto un post che auspicava un momento come questo, un momento in cui la gente iniziasse a prendere coscienza dello stato delle cose ed iniziasse a protestare in modo democratico sì, ma deciso.
Per parlare solo da noi, ogni giorno compaiono sui Media scandali, scandalucci, inciuci ed ingiustizie, con dovizia di commenti anche di persone non banali che rasentano il disgusto totale. Non ci si può stupire più di tanto se la gente comune, la cosiddetta “casalinga di Voghera” (povera Voghera e povera casalinga!), non scenda in piazza con i forconi contro tutte le cose stomachevoli che sopporta quotidianamente. Non ci si può stupire di tutto ciò se anche i i cosiddetti intellettuali, professori universitari, scrittori, giornalisti, liberi pensatori, per non parlare dei simulacri dei politici, trovino del tutto normale commentare le singole notizie del momento, come fossero lo svolgersi del solo dei mondi possibili. Già, perché non è il migliore dei mondi possibili, per scomodare il filosofo Leibniz, quello in cui viviamo. E’ un mondo creato da noi stessi, nella misura in cui siamo accondiscendenti a ciò che una parte dell’umanità ha scelto per noi.
Per tornare all’Italietta, quella che vedo dall’estero, ci sono tutti i giorni le solite polemicucce; in televisione le solite facce che stanno dibattendo sulle solite cose inessenziali: Berlusconi, la legge elettorale, la sacralità del Presidente della Repubblica, il taglio dei costi della politica, Renzi “salvatore” della Patria e chi più ne ha più ne metta. Si parla di tutto per non affrontare realmente nulla. Ed intanto l’Italia muore.
Ecco, è questo che si vede da fuori dell’Italia. Un Paese che continua a dibattere del nulla, incapace di uscire da un’autoreferenzialità che lo fa attorcigliare su se stesso. Per questa ragione spero che non finisca in un nulla questo movimento nato dai cittadini che sono scesi in piazza. Anzi, spero si allarghi fuori dai confini nazionali, anche in quei Paesi europei che stanno vivendo sulla propria pelle la mancanza di esponenti della classe politica capaci di tutelarli e rappresentarli. Vorrei finalmente vedere un’Italia che, al contrario di quanto acutamente affermava Flaiano, non fosse “un paese dove sono accampati gli italiani”. Sarebbe ora di crearlo il migliore dei mondi possibili e non lasciarlo più nelle mani di un “dio creatore” che lo ha fatto per noi a “sua” immagine e somiglianza.

Gottfried Wilhelm von Leibniz

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Everybody lies