Un viaggio come tanti

Un viaggio come tanti

E siamo arrivati a Natale; anche quest’anno ce l’abbiamo fatta! Soprattutto di questi tempi è un gran successo, ovunque si viva. Diciamo che ci sono posti al mondo dove la percezione della festa non c’è mai stata, se non per l’onda lunga dei paesi “occidentali”, vedi l’Africa od il Medioriente. Da noi, gente civile (s’è colta l’ironia?), le feste che iniziano prima dell’anno e finiscono con il giorno della Epifania (celebrata nel mondo cattolico) sono in pieno svolgimento.
Questo è il primo anno che vivo questo periodo fuori dal Belpaese. Dall’estero si notano le differenze, i pregi ed i difetti di come la società italiana viva queste feste. Io non sono religioso, tuttavia non posso non notare come negli ultimi anni quella che un tempo era una festività prettamente legata al mondo religioso si sia oramai trasformata in un rito di carattere prettamente consumistico, di pessima qualità per giunta. Quando ero piccolo si sentiva nelle strade l’atmosfera differente da tutto il resto dell’anno. L’attesa per un evento che non aveva uguali e che s’era atteso per 12 mesi. Oggi mi sembra sia diventato più che altro un rito, ovvero quello dei regali. Più un’abitudine che un piacere, che con l’arrivo della crisi è diventata quasi un incubo per molti: la si vive come un obbligo morale impellente a cui dover dare seguito, spendendo il meno possibile. Non si regala più, insomma, per il gusto di farlo. Quando ero piccolo il regalino fatto ai nonni piuttosto che ai genitori era del tutto simbolico, ma sentito dall’animo di un bambino. Era la cosa più importante dell’anno, per la quale ci si era preparati in un così lungo periodo. Penso che anche gli adulti sentissero sinceramente un’atmosfera di “famiglia” che si è andata a perdere nel corso del tempo. Sarà forse perché sono sempre più rare le grandi famiglie, quelle che almeno in queste occasioni si riunivano attorno ad un tavolo per condividere, nel bene e nel male, un senso di appartenenza comune. Non perché non ci fossero differenze, ma il senso di un qualcosa che univa era presente comunque. 
Oggi c’è molto solipsismo: sarà il consumismo, sarà che oramai è difficile trovare quel collante che era rappresentato dai nonni e dagli zii, quelli che erano sopravvissuti al tempo della guerra, quelli che sapevano che le radici comuni avevano una loro importanza e sapevano riunire tutti, almeno per quei giorni di festa. Oggi di famiglie così ce ne sono sempre meno; almeno io ne conosco poche. I nonni e gli zii di quell’epoca non ci sono più, sono andati a riposarsi dopo le tante fatiche della vita. Hanno dato, ciascuno a suo modo, il proprio contributo a questo senso d’appartenenza. I figli, oramai grandi, o li hanno seguiti o non hanno per lo più il medesimo carisma. I nipoti poi, fra i quali ci sono anch’io, sono presi da problemi personali e sociali che, spesso, li vedono distratti da una vita che li ha travolti. Non hanno più quel sentimento d’appartenenza che li vedeva “felici”, in modo inconscio, quand’erano piccoli. I bisnipoti, le nuove generazioni, vivono giustamente un mondo radicalmente cambiato rispetto a quello dei loro bisnonni e dei loro nonni. Molti sono stati costretti ad emigrare, molti preferiscono “il gruppo” degli amici alla famiglia. E’ giusto che sia così.
Sì, tornerò a “casa” questo Natale, ma so che sarà solo un viaggio come tanti, perché già so che non avrò quel senso d’appartenenza di quand’ero piccolo e questo, in fondo all’anima, mi rende un po’ più triste!
Capitani “coraggiosi”

Capitani “coraggiosi”

Il filosofo americano Noam Chomsky ha messo più volte in guardia dal Potere e dai suoi servetti che lavorano nei media, per dirigere il mondo nella direzione che è loro più congeniale. Inoltre è pur vero che dopo tanti anni di “tv zerbino” non ci si fa quasi più caso a certi personaggi che infestano la televisione, in particolare quella italiana. Tuttavia non posso non avere un senso di repulsa (di schifo, se preferite) per il livello a cui è arrivato ieri sera il buon Fabio Fazio quando ha ricevuto il portatore di carote Barroso, prima, e Paolo Mieli (che non so come descrivere, se servetto stupido o, al contrario, servo astuto), poi. Barroso è andato in tv a fare il suo mestiere: dopo il bastone, anzi la bastonata direi di Olli Rehn, quel magnifico giocatore di pallone fillandese che ha tirato un bel rigore diretto in una porta sostanzialmente vuota, c’erano state le proteste di tutta la squadra, presidente del Borgo Rosso football club in testa, re Giorgio I. Anche l’allenatore Letta s’era sbracciato manifestando la sua insoddisfazione (ha imparato dal re, che in genere al contrario manifesta “soddisfazione”). Ed ecco allora che la “Fifa” (Federazione Internazionale Finanzieri Affamatori) ha mandato l’uomo della carota, il buon Barroso per l’appunto, che s’è affrettato a dire che quello che aveva detto il suo “collega” era solo parzialmente vero e che dobbiamo continuare sulla strada inziata, perché la fine (s’è dimenticato di dire se quella di tutto) è all’orizzonte. Dunque lì il lecchino Fazio a fargli da contraltare con domandine non troppo scomode: mai disturbare il manovratore! Diciamo che il quadro era già sufficientemente disgustuso, quand’ecco all’orizzonte apparire lui, il paladino di Francia, il sommo giornalista di vecchia esperienza, Sir Paolo Mieli. Accomodatosi sulla poltrona più facile d’Italia ha pronunciato le fatidiche parole: “Un santo Barroso, lo avete applaudito fin troppo poco”. No comment da un punto di analisi prettamente politica (chi segue questo blog sa come la penso al riguardo), per non parlare di quella sociale!
Per fare un paragone con il Paese portato a modello da una parte (i poteri forti europei) e contestato dall’altra (larghi strati socio-politici di molti altri paesi in piena crisi nel vecchio continente), si può capire quale sia la differenza di fondo che c’è nella concezione del progetto di società futura, anche nel fare televisione; la Germania della “Große Koalition” si concede il lusso di trasmettere in pieno giorno, su uno dei tanti canali televisivi, lezioni universitarie di Filosofia, con fior di docenti provenienti dalle migliori università tedesche, che tengono conferenze sulle più svariate tematiche del pensiero contemporaneo. Fino a circa 20 anni fa, la nostra di televisione pubblica, trasmetteva a cura di Rai Educational lezioni di filosofia che avevano il compito di divulgare il pensiero filosofico: dopo un breve periodo vennero convertite a servizi multimediali a pagamento, per poi sparire definitivamente dal panorama d’interesse della nostra tv di stato.
Questo ultimo particolare sta solo a significare che una società in decadenza non si può permettere ciò che una in pieno sviluppo, con governanti lungimiranti (per quanto criticabili, anche da chi sta scrivendo), può fare per il suo popolo. L’esempio della tv che trasmette lezioni di filosofia serve solo come termometro di ciò che dovrebbe essere un corretto sviluppo dell’informazione di massa, semplicemente per promuoverne la capacità di pensiero autonoma. Educare al pensiero, alla bellezza, alla cultura in genere, perché lo spettatore “passivo” di oggi sarà il cittadino “consapevole” di domani e questo andrà a vantaggio di tutta la comunità: ecco ciò che andrebbe fatto, a prescindere dal ritorno economico. Non ha importanza il fatto che una minoranza segua un’opera di musica classica piuttosto che uno spettacolo teatrale o un balletto. Una società che ha capito ciò è una società di per se stessa vincente, perché pensa al futuro del suo popolo ed al modo migliore per stimolarne le energie positive; una società come la nostra, purtroppo, dopo anni di disinteresse per la “cosa pubblica” in generale, non può che permettersi la divulgazione di pensiero del Fazio di turno o del “servo astuto” come Mieli, altro che professori di filosofia. Decisamente ci teniamo sul piccolo, piccolissimo cabotaggio: con capitani di questa fatta non andremo mai “al largo” e saremo sempre costretti a navigare sotto costa, con uno sguardo sull’orizzonte veramente ridotto!
Triste storia di Martina e Paolo

Triste storia di Martina e Paolo

“Vengo a trovarti”, diceva Martina allontanandosi lungo il viale, “lo prometto!”. Quella fu l’ultima volta che la vide mentre le faceva un gran sorriso. Erano anni che aveva deciso di ricercarla, ma una strana indolenza, diciamo intima, dell’anima, glielo aveva impedito. Così era sopravvissuto a questa sua voglia, tanto da dimenticarsene oramai.
E’ bella Parigi all’alba, specialmente a maggio. Il sole accarezza dolcemente la collina di Montmartre e s’insinua fra i vicoli che scendono dalla chiesa, verso valle. “Bonjour, madame Olivier”; “Bonjour à vous monsieur Moretti” rispose la vicina mentre usciva di casa trafelato. Poco più di 5 minuti ed ecco la fermata di Pigalle. Pochi scalini per scendere fino alla linea 12; venti minuti per arrivare alla Concorde, un caffé al bar difronte l’ufficio e via sull’ascensore, fino al 25° piano del grande edificio bianco.
Piano 12, quello delle assicurazioni Axa. Fermata d’obbligo perché entrano parte degli impiegati che, dopo aver timbrato, salgono nell’ufficio aperto al pubblico al 20° piano. S’aprono le porte, pochi secondi e Paolo si sente mancare: era lì, se ne era quasi scordato, l’aveva sepolto quel ricordo come a volerlo reprimere, ma ora era lì. Eh sì, il ragionier Berthoud era lì che lo fissava con sguardo serio e profondo; gli si avvicinò e gli disse: “Mensieur Moretti, non avete ancora pagato la vostra quota della cooperativa!”.

Beh! Che v’aspettavate? La solita storia melensa di lui lasciato da lei  (o viceversa) che poi si ritrovano e vivono più o meno felici assieme? Nooo, roba da soap opera. Io, notoriamente, sono un cinico e preferisco farmi mandare a quel paese da chi ha letto queste poche righe. D’altra parte mi sto preparando all’aria del Santo Natale. Ne avrete di tempo per sentire storie dove il bene vince sempre sul male e dove l’amore trionfa su tutto. Poi mica posso sempre scrivere cose serie, no? 😉

Un uomo tranquillo in gran periglio

Un uomo tranquillo in gran periglio

Questa è la storia di un uomo tranquillo, che chiese consiglio in un periglio.
Siccome la stada aveva smarrita, chiese soccorso con grande fatica.
Al poveretto l’aiutarono in tanti, tutti solerti e molto pedanti
Fecero chiasso in grandi riunioni, cercando sfogo alle proprie pulsioni.
C’era il saggio che tanto parlava, poi c’era il vecchio che tanto sapeva
C’era la bella che tutti attraeva e pure il dotto che solo annuiva.
Rimaser a consiglio, per tanto aiutare, fino ad un mese o forse anche più.
Quando poi il cibo iniziò a scarseggiare, deliberarono tutti contenti:
Il poveretto si dovea rassegnare ed un atlante alfine comprare.
La morale di questa storiella è che a parlare c’è sempre favella
Il sol consiglio che ne puoi ricavare è che era meglio non stare a cercare!

Filastrocca
What most is important?

What most is important?

What is the most important thing during the life of a butterfly? To have been a caterpillar.

What is the most important thing for the fruit? To have been a semen.

What is the most important thing for a mature man? Remind the way of playing when he was a child.

What is the less important thing for an hopeless? To know that the world is plenty of opportunities.

What is the less important thing for a castaway? To appreciate the beauty of the sea.

What is the less important thing for a blind? That outside there is daylight.

What most is, was or will be for you, important?

The values are relative: when we still haven’t them we don’t care about this, when we have lost them could be too late to regret them!

L’origine dell’ineguaglianza

L’origine dell’ineguaglianza

“Le premier qui, ayant enclos un terrain, s’avisa de dire : ceci est à moi, et trouva des gens assez simples pour le croire, fut le vrai fondateur de la société civile. Que de crimes, de guerres, de meurtres, que de misères et d’horreurs n’eût point épargné au genre humain celui qui, arrachant les pieux ou comblant le fossé, eût crié à ses semblables : gardez-vous d’écouter cet imposteur ; vous êtes perdus, si vous oubliez que les fruits sont à tous, et que la Terre n’est à personne”*

Eh sì, il filosofo francese Rousseau aveva ben presente il concetto di ineguaglianza derivante dal dichiarare come proprio ciò che è di tutti in origine! Ebbene, ciò che alla sua epoca (siamo a metà del ‘700, il secolo dei Lumi per intenderci) era di chiara evidenza, sembra non essere così chiaro ai “potenti del mondo” di oggi (secolo questo che i Lumi dell’intelletto sembra averli scambiati per lampade, che per giunta fanno anche poca luce!). Al buon Jean Jacques sarebbe parso inconcepibile, forse, pensare che un bene come l’acqua o l’aria, beni comuni per l’appunto, si potessero privatizzare e quindi vendere agli altri esseri umani. Eppure questo è accaduto! Compagnie internazionali si arrogano oramai il diritto di appropriarsi delle maggiori riserve d’acqua del pianeta (le più grandi sono proprio francesi, la Vivendi del gruppo Veolia e la Suez Environnement) per rivenderle poi agli stessi popoli che vedono scorrere sui loro territori quei corsi d’acqua; i Paesi industrializzati hanno trovato il modo di “comprarsi l’aria” attraverso la compravendita delle cosiddette “quote d’inquinamento” stabilite dal protocollo di Kyoto, in base al quale ciascun Paese aderente ha diritto a “quote” di aria da inquinare con le proprie industrie, salvo poi sforare il tetto prestabilito perché si è deciso, con ipocrisia tipica di certi ambienti, che ogni Paese aderente potesse vendere le proprie di quote ad altri, facendo risultare in pratica il totale delle emissioni nell’aria entro certi parametri. Di fatto la storia del “pollo a testa”, senza considerare ovviamente chi al protocollo non ha aderito quale un piccolissimo Paese come gli Stati Uniti, o Cina ed India che non sono tenuti a rispettare tali limiti d’emissione.
Povero Russeau, non poteva mai immaginare, lui, che qualcuno si sarebbe inventato anche il modo per vendere il denaro, che da diversi secoli oramai regola le economie del mondo per così dire “civile”. Al suo tempo i “luigi d’oro” o gli scudi che circolavano in Francia erano il corrispettivo di una ricchezza nel metallo prezioso, poi molto più tardi, verso la fine dell’Ottocento, sono arrivate le moderne banconote che erano emesse dalle Banche centrali a fronte delle riserve auree. Dal 1971 non è più così (ho già in altri post trattato questo argomento) ed oggi un ristretto gruppo di oligarchi, di cui i fulgidi rappresentanti della BCE fanno parte, vendono denaro, sia sotto forma di banconote sia sotto forma di crediti, a tutti i Paesi europei, denaro che in verità dovrebbe essere loro di diritto, visto che producono merci a fronte delle quali tale denaro dovrebbe essere stampato.
In Italia poi, sempre il buon filosofo francese, sarebbe portato a stampare in Parlamento, con una gigantografia questo suo pensiero, visto che gli ultimi Governi, diciamo negli ultimi 20/30 anni, si sono venduti e continuano a farlo o tentare di farlo, interi pezzi di patrimonio pubblico con la scusa di “ripianare il debito”! Debito di chi? Contratto da chi? Nei confronti di chi? A fronte di cosa?
Ho sentito un popolano romano che saputa la notizia dell’intenzione del Governo Letta di vendere “la robba”, anche sua, ha gridato rivolto al Parlamento: “ma venneteve la mejo robba (ho educolcorato volutamente il termine usato) vostra, no quella nostra!”. Che dire? Forse la saggezza popolare ha talvolta ragione? Sono sicuro che Russeau non avrebbe nulla da ridire su questo…


*

“Il primo uomo che, avendo recintato un terreno, ebbe l’idea di proclamare questo è mio, e trovò altri così ingenui da credergli, costui è stato il vero fondatore della società civile. Quanti delitti, quante guerre, quanti assassinii, quante miserie, quanti orrori avrebbe risparmiato al genere umano colui che, strappando i pali o colmando il fosso, avesse gridato ai suoi simili: Guardatevi dall’ascoltare questo impostore; se dimenticherete che i frutti sono di tutti e che la terra non è di nessuno, sarete perduti!”.

Jean-Jacques Rousseau, Discours sur l’origine et les fondements de l’inégalité parmi les hommes,partie II, p. 222

Pomodori rossi freschi alla fermata di Giuliano

Pomodori rossi freschi alla fermata di Giuliano

Mangia bene, mangia sano, mangia solo… napoletano. Eh sì, …una mattina mi son svegliato ed ho trovato l’invasor… in questo caso una bella inchiesta fatta dai bravi americani.
Il solito finto scandalo italiota, quello della serie che “tutti sapevano, ma nessuno parlava”. Un giorno o l’altro mi convincerò che il nostro è un Paese normale, come tutti gli altri, dove gli scandali avvengono sì, ma non sono la regola e soprattutto non vengono “svelati” con una dose d’ipocrisia che non ha eguali. Già, perché con tutta la simpatia che personalmente nutro per il popolo partenopeo, non posso non notare come l’ipocrisia sia il fil rouge di questa ennesima farsa all’italiana.
Tutti sanno, perché oramai si dice anche nei media da anni, che il territorio della Campania è stato per anni, e continua ad essere, una sorta di discarica a cielo aperto, ad uso e consumo della Camorra e di quanti volessero far “sparire” rifiuti tossici di tutti i tipi e provenienti da tutte le parti, fabbriche del nord d’Italia in testa, con buona pace della Lega dura e pura.
Gli americani fanno inchieste già fatte da altri, che nessuno aveva però ascoltato, non suscitando a quanto pare, l’interesse mediatico di questo periodo. Sarà forse perché oggi la Politica è talmente debole da doversi attaccare a queste scoperte “dell’acqua calda” per avere un minimo di appeal sull’opinione pubblica, anche se quest’ultima poi, giustamente, gli rinfaccia di non aver fatto nulla perché tutto ciò accadesse. E’ come per il “finto” scandalo dell’Ilva in Puglia, altro gioco dell’ipocrisia italica, dove come sempre l’anello più debole della catena è il cittadino diviso tra la necessità di lavorare ed il cappio al collo della morte per inquinamento; oppure è come per la più grande discarica d’Europa, quella di Roma a Malagrotta, luogo di “battaglie” politiche ora dell’uno, ora dell’altro per avere l’appoggio del potente proprietario Manlio Cerroni. Per non parlare poi dei casi della Sardegna, poligono preferito per la sperimentazione di armi all’uranio, come le morti che avvengono da anni testimoniano, piuttosto che dell’inquinamento dei territori del mantovano, grazie alle industrie che scaricano nei fiumi e nelle falde acquifere del territorio, o della disastrosa situazione dei fanghi di Mestre.
Si potrebbe continuare nell’elenco, ma a che servirebbe? Ah sì, servirebbe a fare indignare per qualche giorno la popolazione locale, un misto di gente che ha sempre combattuto tali fenomeni e di gente invece connivente, per varie ragioni, che s’indigna però allorquando qualcuno gli ricorda, in modo eclatante, che si muore per ciò che hanno colpevolemente coperto, se non assecondato.
Mah, quasi quasi mi vado a mangiare una bella caprese, ovviamente con buonissima mozzarella di bufala campana d.o.c., pomodori freschissimi di Giuliano, con due foglioline di basilico ligure ed un ottimo olio di Puglia per condire il tutto, magari proprio di Taranto.
Tanto in Italia ci sono solo prodotti di qualità, mica siamo all’estero!

Cui prodest scelus, is fecit

Cui prodest scelus, is fecit

Bene, o meglio, mica tanto! Ricapitoliamo ciò che sta accadendo nel mondo all’epoca della crisi economica. Sono oramai cinque anni da quando c’è stata la bancarotta della americana Leheman Brothers, famoso istituto finanziario d’oltre oceano con sedi in tutto il mondo, Tokyo e Londra in testa. Da allora un’autentica catastrofe finanziaria e sociale s’è abbattuta sul vecchio continente: la Grecia è stata ridotta alla fame, nel vero e proprio senso della parola. Il Portogallo la segue a breve distanza. L’Irlanda e la Spagna hanno visto un tasso di disoccupazione ben oltre le peggiori previsioni, toccando punte di oltre il 20% nel caso della penisola Iberica. Non che a tutti gli altri Paesi dell’Unione sia andata meglio, repubbliche baltiche in testa. Mi sembra che tutto questo tempo dovrebbe far capire che il perdurare di questo stato di cose, in Italia ulteriormente aggravato da una classe politica inetta e corrotta e serva di quei poteri che, come vedremo, hanno causato tutto ciò, non sia casuale, né tantomeno preparato da poco tempo.
Un’Europa debole politicamente perché divisa, suddita di una moneta studiata a tavolino, la cui proprietà è tutta in mani private, quelle della BCE. Un’Europa che vede al vertice del Consiglio europeo, ovvero l’organo deputato ad esaminare i problemi dell’integrazione dei Paesi membri nell’Unione, Herman A. Van Rompuy, politico belga misteriosamente a capo di tale organismo, non essendo stato eletto da alcun cittadino europeo attraverso libere elezioni. Egli è inoltre presidente del vertice Euro, organismo che si prefige di “vigilare” affinché i 27 Paesi membri dell’Unione rispettino i parametri economici imposti dalla moneta unica. In buona sostanza è un guardiano dei voleri della BCE. Fa parte del Gruppo Bilderberg, accolita nella quale anche l’Italia ha un folto numero di “prestigiosi” partecipanti. A questo esilarante quadretto aggiungiamo il fatto che Mario Draghi, Mario Monti e diversi altri sono per così dire il “frutto” di quella che forse è la più grande banca d’affari del mondo, ovvero la Goldman Sachs. Ora senza dilungarmi troppo su altre chicche di carattere squisitamente giuridico, quali il trattato di Lisbona del 2007 entrato in vigore nel 2009 ed altri provvedimenti magistrali, tutti tendenti ad un accentramento di poteri in mano di pochi organismi non perseguibili giuridicamente da parte dei singoli Stati membri dell’Unione, direi che ce ne sarebbe già abbastanza per farsi venire qualche dubbio legittimo. Aggiungiamo a questo il fatto che analisti economici e politici internazionali convengono oramai sul fatto che l’Europa così com’è non ha un gran senso, proprio perché divisa politicamente e, di conseguenza, economicamente (l’unione è solo monetaria, non economica). Di tutte le regole di stretto rigore monetario imposte dagli organi europei, BCE in testa, l’unico Paese che se n’è finora avvantaggiato è proprio quello più forte, cioé la Germania. Bisogna dire però che i benefici che ne ha tratti fin qui sono notevolmente inferiori di quelli che ne avrebbe se decidesse di farsi promotrice di un’unificazione politica e realmente economica. Se l’euro non fosse solo una moneta data in prestito da un ente privato, quale la BCE è, ai Paesi membri, ma rappresentasse veramente la moneta unica sovrannazionale di proprietà degli Stati dell’Unione sarebbe di sicuro più forte che mai e ne gioverebbe l’economia di tutti gli aderenti all’Unione medesima. Purtroppo così non è e tutto ciò avvantaggia le altre economie mondiali, Stati Uniti, Cina, Giappone e Paesi emergenti. I costi sopportati dalle istituzioni dei singoli Paesi dell’Unione sono inutili doppioni che determinano un’inefficienza del sistema Europa unico nel suo genere, affossando le economie più deboli con tutte le ricadute del caso. Come ho già avuto più volte modo di dire in questo blog, quella che stiamo vivendo è una guerra trasversale, giocata da attori di una classe socio economica ben definita e che travalicano i confini nazionali, pur avendo un interesse comune. Costoro si avvalgono di valletti messi a bella posta nei luoghi chiave delle decisioni importanti, politiche ed economiche, rendendo di fatto schiavi i cittadini europei, complici più o meno consapevoli, i politici locali. Un’intera classe dirigente creata appositamente per uno scopo ben preciso, rendere l’Europa la “Cina” del mercato economico d’occidente, con manodopera a basso costo, facilmente ricattabile e, proprio per questo, disposta a non ribellarsi più di tanto; quand’anche lo facesse si stanno mettendo in atto soluzioni legislative e politiche tendenti alla repressione di tali comportamenti poco consoni ad un piano siffatto.
Alla luce di ciò resta solo da chiedersi quanto tempo ancora i cittadini europei tarderanno ad interrogarsi, parafrasando Seneca, Cui prodest scelus? La risposta rimane semplice e sempre data dallo scrittore e filosofo latino: is fecit! *


* A chi giova il crimine? A chi lo ha causato!
The 3rd world war

The 3rd world war

Albert Einstein, one the most famous geniuses of human kind one time said: “I don’t know what kind of weapons will be used in the third world war, assuming there will be a third world war. But I can tell you what the fourth world war will be fought with — stone clubs.”. Well, we can’t say that today we know what the fourth world war will be fought with, but we know the third because it is taking place, right now: it is a financial war. It’s a war between the Financial Power and the rest of the Western World, mainly between USA and Europe. The american Economy is over: the Usa are technically failed, but they still are on, due to China, that has bought their public debt. In this picture there is another subject that plays for them: Germany. I think that this is happening for two reasons: first of all because Germany has an advantage from the bad economy of the others country in Europe; second because German people didn’t realise that in a such way they are playing for the Economy of USA and Great Britain too. The German Chancellor, Angela Merkel, is doing this instead of taking the leadership of an united Europe. A war could be very long so I’m afraid that will pass a long lapse of time before that something positive will come out. The war is hanging over us: open wider your umbrellas. It will be very long!
 
Il Paese dei cachi

Il Paese dei cachi

… E intanto, mentre nel Paese dei cachi tutti i nani si affannavano a discutere se fosse meglio che la principessina prendesse il posto del vecchio Satrapo, piuttosto che se dovesse contrapporglisi il parroco di campagna per la presa del potere, da altre parti si facevano le cose in modo più “serio” ed incisivo. Sembrerebbe, secondo questo articolo di cui devo invero avere ulteriori conferme, che il Governo greco abbia approvato un articolo del Codice Penale, il 458 per la precisione, che prevederebbe fino a due anni di reclusione per chi  manifestasse o si opponesse, in diverso modo, alle istituzioni della Ue ed ai suoi membri rappresentativi.
Inutile rimarcare la gravità di una cosa del genere, se trovasse conferma. Purtoppo in più di un’occasione la realtà ha superato di gran lunga la fantasia e non vorrei che questa fosse una conferma di tale circostanza. Il pericolo che una ristretta oligarchia metta in atto azioni di tale gravità in effetti c’è, visto che finora non si sono limitati alle parole, bensì hanno agito in tutti i Paesi membri a livello legislativo in modo piuttosto pesante per tutelare i loro interessi, ovvero quelli della Finanza.
Dopo tutto, però, perché darsi pensiero per queste cosucce? Da noi non avverrà mai. Mica siamo la Grecia, noi. Siamo il Paese dei cachi…

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