Topolino e le meraviglie del domani

Topolino e le meraviglie del domani

Correva l’anno 1974 e, lo ricordo ancora, in uno splendido sabato pomeriggio di fine ottobre-primi di novembre mi trovai a passeggiare con la mia famiglia lungo la mitica “via Veneto” a Roma. Non so se esista ancora, ma all’epoca c’era una grande edicola di giornali quasi nel punto dove la via della “Dolce vita” si biforca con via Bissolati, di fronte all’Ambasciata americana. Ebbene, lì supplicai mio padre perché mi comprasse un giornaletto extra, rispetto alle normali uscite settimanali di “Topolino”, di cui ero lettore accanito: si trattava di un “Albo d’oro”, dal titolo affascinante di “Topolino e le meraviglie del domani”. Quale bambino avrebbe saputo resistere al mistero che si celava dietro un titolo tanto accattivante? Ben pochi, sicuramente non io. Convinsi alla fine mio padre a cedere ed entrai in possesso di quel giornalino illustrato (peraltro di forma inusuale rispetto ai “normali” Topolino, perché largo e corto in altezza). La storia (Mickey Mouse – The World of Tomorrow), cosa che all’epoca ignoravo, era stata scritta per la versione statunitense da Bill Walsh, mentre Floyd Gottfredson ne aveva fatto i disegni e Dick Moores il ripasso a china, il tutto nel lontano 1944.

La trama del fumetto vedeva Topolino ricevere per posta un misterioso pacco contenente dei vestiti invisibili che, una volta indossati, gli avrebbero mostrato le bellezze del mondo del futuro. Pensando che si trattasse di un regalo dei suoi amici scienziati, Topolino si introdusse nel “nuovo mondo” insieme a Pluto, trovando una Terra iper-tecnologizzata che aveva addomesticato ogni residuo di natura selvaggia. Nominalmente il crimine non esisteva più, ma dei misteriosi uomini meccanici rapirono Minni. Messosi alla sua ricerca insieme all’eccentrico ispettore Gluesome, Topolino arrivò nella valle nascosta di Mekkakia, in cui Pietro Gambadilegno tempo prima aveva sfruttato uno scienziato per assemblare una prima frangia di robot auto-costruenti con cui conquistare il pianeta (risultato ottenibile grazie anche all’ausilio di un nugolo di robot dalle fattezze umane che avrebbero dovuto in sordina prendere il posto delle relative controparti umane). A Mekkakia, oltre a una splendida donna-robot (Mimi) che si innamorò di Topolino, era già pronto un perfetto replicante del topo dalle orecchie rotonde… La storia continua, ma sarebbe troppo lungo riassumerla tutta. Alla fine non sarà chiaro se si sia trattato di un viaggio reale o un incubo causato a Topolino dal bernoccolo che gli ha procurato in testa l’omino meccanico del nipote Tip.

Tutto questo lungo preambolo non soltanto per ricordare un piccolo capolavoro per l’infanzia (e non solo), ma soprattutto per avere uno spunto per parlare delle meraviglie del nostro “domani”, che in realtà è già un triste “oggi”.

I novelli “Gambadilegno”

Nella storia di Walsh il tentativo del cattivo Gambadilegno era quello di sostituire l’umanità con dei robot dalle sembianze umane (molti altri nella letteratura e nel cinema hanno ipotizzato quest’evenienza), mentre oggi quello che si sta profilando all’orizzonte è l’integrazione dell’uomo con la macchina, come negli incubi della peggiore (o migliore, secondo i punti di vista) fantascienza dedicata al cosiddetto transumanesimo. Io direi piuttosto una disumanizzazione dell’essere umano in nome, almeno così viene venduta questa trasformazione, del progresso scientifico e della comodità in ambito sociale ed economico. Oramai si parla apertamente di “fusione” di uomo e macchina, ma ovviamente al fine benefico di prevenire malattie o precorrere tendenze insite nel nostro sviluppo fisico e psichico. Uno dei maggiori fautori di questo “nuovo mondo delle meraviglie” è Yuval Noah Harari, storico e saggista israeliano, consigliere di Klaus Schwab. Il nostro, fra le altre cose, pronostica un mondo dove l’essere umano dovrà essere hackerato. Nel 2020, durante l’annuale incontro del World Economic Forum a Davos, ebbe a dire: “    If you know enough biology and have enough computing power and data, you can hack my body and my brain and my life, and you can understand me better than I understand myself. You can know my personality type, my political views, my sexual preferences, my mental weaknesses, my deepest fears and hopes. You know more about me than I know about myself. And you can do that not just to me, but to everyone.

…A system that understands us better than we understand ourselves can predict our feelings and decisions, can manipulate our feelings and decisions, and can ultimately make decisions for us.

…Now in the past, many governments and tyrants wanted to do it, but nobody understood biology well enough and nobody had enough computing power and data to hack millions of people. Neither the Gestapo nor the KGB could do it. But soon at least some corporations and governments will be able to systematically hack all the people. We humans should get used to the idea that we are no longer mysterious souls – we are now hackable animals”*. “Noi ora siamo animali violabili”…

In effetti la strada verso questo tipo di violabilità s’è intrapresa da tempo. Già nobili fondazioni, come quella dei Rockefeller si erano impegnate ad immaginare il nostro futuro in tal senso. Da allora molteplici sono stati i casi di questo tipo di sviluppo. Per fare un esempio la Svezia, noto Paese di sperimentazioni sociali (eh sì, non siamo i soli in Europa), aveva (nel 2018, per la precisione) introdotto la “comoda” pratica di un chip sottopelle che avrebbe il compito di far risparmiare la noiosa operazione di aprire una porta toccando le infette (dopo la “pandemia”) maniglie, oppure risparmiando gli avventori di un negozio dal dover maneggiare del contagioso e sporco denaro. Ma, notizia di questi giorni, ora siamo arrivati ad un nuovo capolavoro in questa direzione. La sperimentazione non è più gratuita, ma la si fa pagare a coloro che ne sono sottoposti. Volete questa enorme comodità di dare il polso per entrare in casa? Allora pagate 200 euro (anzi, 199 per la precisione). Ma arriva a 350 con l’operazione necessaria all’impianto, come ci spiega l’entusiasta giornalone italiano di via Solferino. Immagino che di italioti (e non) che saranno entusiasti d’aderire a questa meravigliosa iniziativa ce ne siano molti.

Le numerose meraviglie del “domani”

Ma le meraviglie del domani sono molteplici, in Italialand e altrove. Nota è ormai la vicenda degli oltre 30 laboratori di bio-ingegneria finanziati dagli americani (e non solo) in Ucraina dalla Metabiota, una delle ditte appaltatrici del Pentagono (ne ho parlato altrove). Quello che i nostri connazionali probabilmente ignorano è che di laboratori di questo tipo ce ne sono anche sul nostro di territorio nazionale. Uno è stato trasferito dal Cairo a Sigonella (come riferito da Franco Fracassi), e uno, udite udite, è a Trieste, città dal carisma mitteleuropeo.

Interessante documento, riguardo quest’ultimo laboratorio, è la Gazzetta Ufficiale uscita lo scorso 15 giugno. Il Centro internazionale per l’ingegneria genetica e la biotecnologia (ICGEB) è stato infatti reso oggetto di una particolare “attenzione” da parte del Governo, conferendogli dei privilegi che per un’azienda privata risultano quantomeno inusuali.

Come si legge sul loro sito, “L’ICGEB è un’organizzazione intergovernativa unica, nata inizialmente come progetto speciale dell’UNIDO. Autonoma dal 1994, gestisce oltre 45 laboratori all’avanguardia, a Trieste, Italia, Nuova Delhi, India e Città del Capo, Sud Africa e forma una rete interattiva con quasi 70 Stati membri, con operazioni allineate a quelle di il Sistema delle Nazioni Unite. Svolge un ruolo chiave nella biotecnologia promuovendo l’eccellenza della ricerca, la formazione e il trasferimento tecnologico all’industria, per contribuire in termini concreti allo sviluppo globale sostenibile”. Ecco la parolina magica: “sostenibile”. Un semplice aggettivo che viene usato oramai come il prezzemolo. Va bene ovunque. Tutto diventa più bello quando lo si apostrofa con questa parola. Dà un’idea di verde (green, come usano dire coloro che sono “all’avanguardia”), fresco, pulito. Virgilio, nell’Eneide, fa pronunciare a Laocoonte la famosa frase “Timeo Danaos et dona ferentes” (temo i Greci, anche quando recano doni). Ecco, il paragone mi sembra appropriato, bisogna diffidare di chiunque usi parole come “sostenibile” o “resiliente”. Nel caso in questione basta dare un’occhiata a chi sono le aziende partner della ICGEB. Fra le altre troviamo “The Bill & Melinda Gates Foundation”, “The National Institutes of Health” (NIH), “New England Biolabs”, vari enti di beneficenza, “Sun Pharma”, “EMBO” e il “Joint Research Centre” della Commissione europea. Molti attori che a vario titolo sono stati coinvolti anche nella “pandemia”.

Fra le cose che sono state stabilite per legge (LEGGE 19 maggio 2022, n. 66 che ratifica un precedente accordo) il Governo l’ha esentata da tutte le tasse, ha reso i suoi locali inalienabili, ha conferito al personale (e ai suoi familiari) immunità totale. Inoltre l’azienda può avere conti in Italia ed all’estero con valute diverse rimanendo esenti da qualsiasi tassazione. Chissà come mai? E perché tanto risalto viene dato ad un’azienda privata e non statale, da metterne addirittura in una legge i privilegi di cui gode (grazie ad un Parlamento dormiente)?

Conclusioni

Vorrei concludere questa mia divagazione sull’oggi (il domani è già presente, purtroppo), con un altro illuminante pensiero del nostro Harari che, durante un’intervista rilasciata lo scorso maggio, così si è espresso: “Penso che la domanda più grande forse nell’economia e nella politica dei prossimi decenni sarà cosa fare con tutte queste persone inutili? Il problema è più la noia e cosa fare con loro e come troveranno un senso nella vita, quando sono fondamentalmente privi di significato, senza valore? La mia ipotesi migliore, al momento è una combinazione di droghe e giochi per computer come soluzione per la maggior parte. Sta già accadendo… Penso che una volta che sei superfluo, non hai più potere”. E ancora in un’altra del settembre 2021: “Se hai abbastanza dati e hai abbastanza potenza di calcolo, puoi capire le persone meglio di quanto capiscano loro stesse e quindi puoi manipolarle in modi che prima erano impossibili e in una situazione del genere, i vecchi sistemi democratici smettono di funzionare. Dobbiamo reinventare la democrazia in questa nuova era in cui gli esseri umani sono ora animali hackerabili. L’idea che gli esseri umani abbiano questa “anima” o “spirito” e abbiano il libero arbitrio… è finita”. E ancora: “Non abbiamo risposta nella Bibbia di cosa fare quando gli esseri umani non sono più utili all’economia. Servono ideologie completamente nuove, religioni completamente nuove ed è probabile che emergano dalla Silicon Valley… e non dal Medio Oriente. E probabilmente daranno alle persone visioni basate sulla tecnologia. Tutto ciò che le antiche religioni promettevano: Felicità e giustizia e persino vita eterna, ma QUI SULLA TERRA con l’aiuto della tecnologia e non dopo la morte con l’aiuto di qualche essere soprannaturale”.

 

Da qualche parte nella casa paterna dovrei ancora averlo “Topolino e le meraviglie del domani”. Devo andarlo a cercare, perché non mi ricordo bene come vada a finire la storia…

 

*Usate il traduttore automatico se non conoscete l’inglese

Volete libero Gesù o Barabba?

Volete libero Gesù o Barabba?

La frase di Draghi rivolta ad un “giornalista” «Preferisce la pace o il condizionatore d’aria acceso?» non è così banale come molti commentatori hanno chiosato. E questo non perché non lo sia nel suo assunto, molto simile a “volete libero Gesù o Barabba” di biblica memoria, bensì perché cela dietro semplici parole disgiuntive ben altro di ciò che si suppone voglia significare. Ad una poco attenta analisi, infatti, potrebbe sembrare che dietro tale semplicistica domanda si voglia poter giustificare le future restrizioni economiche in primis, e sociali in secundis, a causa del solo conflitto ucraino per porre in atto uno stato d’eccezione permanente (che di fatto c’è già). In realtà è quello che si vuole che venga creduto da parte dei contestatori della narrazione corrente. Questo perché non si tiene presente quale che sia il vero obiettivo della guerra nel vecchio continente, ossia la sua stessa distruzione. Questo fine c’è e rimane a prescindere dalla guerra, che è solo uno dei mezzi per attuarla. Se non ci fosse la guerra (o assieme ad essa) i metodi per farlo li troverebbero comunque, e le restrizioni economiche sarebbero fatte per altre cause. Ad esempio con un nuovo lockdown dovuto ad una nuova (comunque assai probabile) “pandemia”. Quindi quella domanda disgiuntiva serve solo a dare una sorta di giustificazione per la messa in atto di un piano, ben studiato in precedenza, che prescinde dal mezzo usato per portarlo a termine. Per capirci è come dire: «Preferite il dilagamento a vista d’occhio del virus o il lockdown totale per porvi argine?». Qui la scelta è fra due cose entrambe negative, nel primo caso invece è fra due cose positive come la “pace” e il “condizionatore”, quindi sembra essere meno restrittiva. Dovete essere pronti a fare sacrifici, sacrificare le vostre cose e libertà se volete che si ritorni ad un clima di pace e tranquillità per tutti. Ma, ovviamente, questo non è vero.

Putin, la guerra e la pandemia

Putin, la guerra e la pandemia

Un breve chiarimento sulla situazione della guerra e della pantomima della “pandemia”. Entrambe sono una faccia della stessa medaglia. Fanno infatti parte di un piano prestabilito e ben pianificato (come ho più volte scritto), partito diversi anni fa. Sono l’espressione di un accordo per un passaggio alla cosiddetta epoca digitale (con relativo controllo totale dell’umanità) la prima, e per la distruzione economica e sociale dell’Europa la seconda. Il vecchio continente, infatti, non è più nei pensieri degli americani, che lo avevano “addomesticato” dopo il secondo conflitto mondiale, prendendo il posto dei britannici. Il loro interesse oramai è l’Asia e il conflitto con il nuovo gigante, la Cina, pertanto considerano il nostro continente “sacrificabile” e, quindi, “spolpabile” (è per questo che per la seconda volta dalla fine della Seconda guerra mondiale -la prima è stata nella ex Jugoslavia- la guerra ri-inizia a farsi sentire nel nostro continente).

Finché al potere c’era l’amministrazione Trump l’accordo per arrivare a questo fine con la Russia di Putin aveva, molto probabilmente, altre tempistiche ed altre modalità. Con la fraudolenta presa del potere da parte dei “falchi” americani (che hanno messo il fantoccio Biden al comando) le cose sono cambiate. Già i laboratori sparsi in Ucraina avevano ricevuto direttive di un’accelerazione nelle sperimentazioni di gain of function (guadagno di funzione), ossia la tecnica che consiste nel produrre su un patogeno delle modificazioni genetiche (mutazioni attivanti), in grado di attivare sul patogeno stesso una nuova funzione o il potenziamento di una funzione preesistente. È infatti molto probabile che il famoso virus Sars Cov 2, causa della malattia Covid, in Europa non ci sia arrivato “con l’aereo” dall’Asia (dove i pipistrelli viaggiano, notoriamente, alla velocità della luce riuscendo così ad infettare in contemporanea due zone differenti della Cina distanti tra di loro più di 900 chilometri). Molto più comodo crearlo direttamente anche nel vecchio continente, poi di lì alla sua diffusione il passo è breve. Ovviamente nelle altre parti del mondo il sistema è stato lo stesso, poi la gente contagiata viaggia ed il gioco è fatto. A tal proposito noto è il fatto che Anthony Stephen Fauci, consigliere sanitario per la Casa Bianca, fosse non particolarmente simpatico allo stesso Trump, ed altrettanto noto è oramai il suo coinvolgimento negli esperimenti di cui sopra. Molto probabilmente l’ex Presidente statunitense fu messo davanti ad un fatto compiuto con lo scoppio della “pandemia”, tant’è che ci fu il teatrino del suo ricovero durato solo tre giorni a seguito dall’essersi infettato con il virus. Se fosse vero o meno la mossa era di tipo politico (in vista delle nuove elezioni) per far vedere agli americani che, con le cure giuste, si poteva superare “facilmente” la malattia. Però il calcolo fu sbagliato e come è andata a finire lo sappiamo tutti.

Tuttavia quello che poi potrebbe essere accaduto è che l’amministrazione Biden, o meglio chi la comanda veramente, potrebbe aver avuto la tentazione di sferrare un colpo mortale alla Russia. Putin, tempo fa, aveva pubblicamente chiesto conto (tramite il suo portavoce Dmitry Peskov) del fatto che qualcuno (gli USA) stesse prelevando il DNA dei russi per ragioni ignote. Dunque, a mio parere, un’ipotesi non troppo peregrina potrebbe essere che, oltre a regolare i conti riguardo al conflitto colpevolmente sottaciuto per anni da parte dell’Occidente nel Donbass, abbia voluto anche mettere (è il caso di dirlo) una pietra tombale proprio su quei laboratori dove, su stessa ammissione degli americani, si stavano conducendo esperimenti in campo virologico “poco chiari”.

Ad una precisa domanda del senatore statunitense Marco Rubio circa il fatto che l’Ucraina potesse avere armi biologiche, il sottosegretario di Stato americano per gli affari politici Victoria Nuland così ha risposto: “L’Ucraina ha strutture di ricerca biologica, sulle quali in realtà, siamo ora abbastanza preoccupati che le truppe russe, le forze russe possano cercare di ottenere il controllo, quindi stiamo lavorando con gli ucraini su come possano impedire che uno qualsiasi di quei materiali di ricerca cada nelle mani delle forze russe se si avvicinano”.

A fare le spese di questo “regolamento dei conti” ci sono gli ucraini e noi tutti europei. I primi stanno vedendo direttamente le conseguenze dei bombardamenti e delle uccisioni (fatti da entrambe le parti sulla popolazione  inerme, di proposito o indirettamente), noi ce ne accorgeremo presto, soprattutto da un punto di vista economico, prima, e da quello sociale, poi e per conseguenza.

La prima vittima della guerra

La prima vittima della guerra

Quando gli eventi scorrono vorticosi ritengo abbia poco senso scrivere circa le cause degli stessi e di dove porteranno in futuro. Per capire occorre aspettare e tirare i fili di diverse trame che si svolgono contemporaneamente sì, ma ciascuna (almeno apparentemente) slegata dall’altra.

Temo che non passerà molto tempo prima che gli sviluppi, a mio parere tragici, di tutto quanto l’umanità sta vivendo oramai da due anni arrivino al loro punto di approdo.

Ricapitolando brevemente abbiamo subito la finta “pandemia” del Sars Covid 2. Oggi sappiamo bene da dove ha avuto origine (link 1, link 2, link 3) e chi ne è stato per così dire “l’ideatore”. In realtà bisognerebbe dire “gli ideatori”, che poi sono sempre gli stessi. Sono poco più di un centinaio tra famiglie potenti e autocrati al mondo che, sottolineo di comune accordo, hanno deciso verso quali cambiamenti l’umanità avrebbe dovuto dirigersi in un breve lasso di tempo. Fra questi fanno parte del gruppo, oltre alle solite famiglie Rothschild, Rockefeller & Co., la nomenclatura dei mandarini cinesi (con cui, come ha ben messo in rilievo Nicoletta Forcheri, sono in affari proprio i Rothschild oramai da anni), il Vaticano, la Mafia e la Russia di Vladimir Putin (forse l’unico un po’ più legato al mondo “vecchio stampo” per certi versi). Hanno peraltro spiegato tutto bene e alla luce del sole nelle loro varie riunioni, oramai semi leggendarie, del gruppo Bilderberg o del World Economic Forum di Klaus Schwab e la sua agenda 2030. Non avrete nulla e sarete felici (e controllati dalla mattina alla sera). Così si può riassumere il loro motto. Il tutto attraverso la tecnologia.

Tutta l’operazione è stata a lungo preparata e i metodi con i quali è stata introdotta sono stati molteplici. A livello internazionale la tensione è stata mantenuta elevata con le varie rivoluzioni colorate, gli attentati in diverse nazioni, sui cui esecutori estremisti (in genere arabi) possono credere giusto i bambini delle elementari o il popolo bue (ossia il 90 per cento dell’umanità). Per aprire la strada verso un cambiamento di modo di vivere ci hanno invece pensato movimenti politici come i “5 stelle” in Italia, o i Verdi in Germania, oltre alla paladina della protesta contro il “cambiamento climatico” Greta Thunberg e i “gretini” lobotomizzati di ogni età, sorti magicamente come funghi in tutto il globo (la madre dei cretini è sempre incinta, si sarebbe detto in altri tempi al di fuori del politically correct).

Infine è arrivata la guerra in Ucraina. Come in tutte le guerre la prima vittima a farne le spese è la verità. L’unica cosa sicura è che della popolazione ucraina non importa nulla a nessuna delle parti in causa, Europa inclusa.

Una guerra “strana” quella mai ufficialmente dichiarata fra Russia, l’invasore, e Ucraina, l’aggredito. La storia, come sappiamo, parte da lontano. Almeno da un lato della questione. E cioè dalla continua trasgressione degli accordi presi al momento della caduta del Muro di Berlino tra l’ex Unione sovietica e la Nato circa il rispetto della neutralità degli ex territori sovietici (Ucraina inclusa), e il trattamento riservato alle popolazioni russofone del Donbass, con il riconoscimento dell’indipendenza da parte della Russia delle due repubbliche di Doneck e Lugansk. Al riguardo si veda l’ottimo lavoro di Giorgio Bianchi, uno dei pochi veri giornalisti che, sul posto, sta raccontando (al momento di questo mio articolo) come si svolgono veramente i fatti e come si sono svolti in passato.

Ciò detto però rimane d’analizzare la situazione generale. Come dicevo prima anche la Russia fa parte del gruppo di potere che si vuole spartire il mondo futuro. Tuttavia penso che durante il percorso che dovrebbe portare a questo obiettivo ci siano dei veri e propri scontri fra gli attori in campo. In questo caso gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, usando il paravento della Nato, e dall’altra lo zar Vladimir. I primi due hanno provato ad assestare un colpo notevole al rivale, non calcolando che quest’ultimo è in realtà un osso ben più duro di quanto pensassero. Se a questo aggiungiamo il fatto che la Cina (vero obiettivo di Washington) si è unita a far fronte comune con la Russia, il quadro risulta quantomeno problematico.

 

Addio Dollaro, addio

A parte l’accerchiamento sicuramente in atto da parte della Nato nei confronti del territorio russo e il tentativo fatto in Ucraina, usando a proprio piacimento il Vecchio continente (come al solito), ora in ballo c’è la supremazia monetaria e il passaggio (voluto da tutti gli attori contendenti) alla moneta digitale. Primo passo? La poderosa spallata di Putin al Dollaro, chiedendo il pagamento del prezioso (almeno per l’Europa, la vera perdente di tutta questa controversia) gas russo in rubli e non più in Euro o Dollari ha segnato un punto di non ritorno al passato. Il costo dell’oro in Rubli è inferiore a quello dello stesso in Dollari. Il Petrodollaro, che sostituì gli accordi di Bretton Woods nel 1971, è al suo capolinea. La Russia e la Cina hanno deciso che fosse arrivato il momento di mandarlo in pensione.

Ma attenzione, tutto ciò non è il gioco del buono nei confronti del cattivo (in questo caso dei russi nei confronti degli americani). Io non faccio nel modo più assoluto parte di quanti in Rete stanno gongolando al solo pensiero che la globalizzazione sia al suo capolinea. La globalizzazione per come l’avevamo intesa fino ad ora sì. Ma le élite l’hanno trasformata e hanno pensato ad una forma di controllo globale digitalizzato. Non è un caso che la Russia accetti il pagamento per le sue materie prime anche in Bitcoin. Perché sanno molto bene anche i russi che la moneta digitale (che è purtroppo il futuro degli scambi commerciali di qualunque tipo) permette un controllo sociale pressoché totale. Oltre a sapere perfettamente dove si trova e cosa fa un individuo, se non s’attenesse ai diktat di chi comanda o trasgredisse le regole a lui imposte, potrebbe essere immediatamente punito attraverso la chiusura immediata del credito, rendendogli di fatto impossibile la vita. Esattamente come accade ora in Cina in diverse regioni e il cui modello è quello a cui s’ispirano i “socialisti liberali” alla Mario Draghi*.

Per questo c’è stata la “pandemia” prima ed ora la guerra. Tutto era già programmato, così come sono programmati i cambiamenti climatici. Tutto tendente ad un unico obiettivo: il mondo sarà spartito in tre gruppi di potere. L’anglo-americano da una parte, con Canada, Australia e colonie varie da una parte; il blocco sino-russo dall’altra, con India e altri Paesi legati alle loro economie; ed infine l’Europa, o meglio quello che ne rimarrà. L’anello debole infatti siamo proprio noi, schiacciati dagli interessi americani da una parte e dalla carenza di materie prime dall’altra. Eravamo, anzi siamo, il boccone più ghiotto. Siamo un continente relativamente ricco ed abbiamo, noi italiani in particolare, il maggior numero al mondo di opere d’arte ed un alto tasso di ricchezza privata, mobile ed immobile.

A me fanno ridere quanti in Rete affermano: “La globalizzazione sta crollando”, oppure, “viene giù tutto. Abbiamo vinto”, anziché “Putin è l’ultimo paladino contro la globalizzazione”. Putin senz’altro è un ottimo politico vecchio stampo, e innanzitutto fa gli interessi della sua di nazione, ma non è uno stinco di santo né più né meno che gli altri. Ha anch’egli uno scopo ben preciso, quello di spartirsi una fetta della torta globale. La sola differenza è che lo fa con una sorta di etica che i suoi avversari/complici non applicano più da tempo. O che forse non hanno mai applicato. Come si suol dire, fra cani non si mordono. O meglio, ogni tanto tentano di farlo, forse nella speranza di cogliere impreparato l’antagonista, ma lo scopo finale è sempre ben presente a tutti.

La Cina, oramai diventato un gigante economico e tecnologico, è la vera antagonista degli Stati Uniti (che inizialmente l’avevano favorita pensando di relegarvi la produzione industriale di massa, non rendendosi invece conto di aver reso dipendente da essa per la produzione industriale strategica le aziende occidentali). L’impero cinese ha una grande potenza nella logistica costruttiva, cosa che può tornare utile alla Russia che, al contrario, eccezion fatta per Mosca e San Pietroburgo (ossia la parte “europea” del suo territorio), ha ingenti quantità di materie prime, ma non le infrastrutture. Pertanto i cinesi e i russi si sono alleati per uno scambio reciproco in tal senso. Vladivostok in particolare rappresenta la punta di diamante di tale alleanza, in quanto porto che si affaccia sul Mar del Giappone, quindi sull’Oceano pacifico, al confine con la Cina e la Corea del Nord e che, attraverso lo stretto di Bering, rappresenta un’alternativa per il trasporto di merci attraverso la rotta nordica (che oramai con lo scioglimento dei ghiacci è una più che valida alternativa alle consuete rotte controllate per lo più dal blocco economico opposto).

Sia la Cina che la Russia hanno comprato negli ultimi anni grandi quantitativi di oro sui mercati di tutto il mondo, e questo proprio in previsione di uno “sganciamento” dal petrodollaro. Dopo gli Stati Uniti, i più grandi detentori di oro al mondo sono la Germania, e proprio noi, seguiti dai francesi e dagli svizzeri. Dunque noi europei siamo come una grande torta da spartirsi. Cosa ne consegue è facile da predire.

 

Da dove viene la nostra classe politica

Come dicevo alla fine chi ci rimetterà sarà in primis proprio il Vecchio continente, che non ha risorse energetiche proprie e che vedrà la sua industria ed impresa manifatturiera andare in fumo. Già si colgono chiaramente le prime avvisaglie in molti Paesi, il nostro, ovviamente manco a dirlo, fra i primi. L’inflazione ha iniziato a galoppare un po’ ovunque e alla fine il risultato sarà un autentico disastro. I governanti europei, nessuno escluso, fanno parte di quella classe dirigente o inetta (e per questo scelta per governare) o collusa, essendo cresciuta proprio all’interno delle istituzioni, scolastiche ed universitarie prima, politiche e sociali poi, delle élite che comandano il mondo. A tal proposito si veda l’ottimo libro di Davide RossiLa Fabian Society e la pandemia”.

Sono una massa di parvenu che ci governano non nel nostro interesse, bensì in quello delle élite che li hanno formati e messi al potere. Il tutto fra la colpevole distrazione della massa, assopita dietro all’ultimo modello di cellulare, o alla squadra di calcio di turno, oppure ai consigli dell’influencer (ovviamente creato/a ad arte) che propaganda beni di ogni genere di consumo, dispensando di tanto in tanto perle di saggezza politica o sociale da seguire.

Due anni di “pandemia” hanno fatto ben vedere come pochissimi individui ricchi oltre ogni limite dell’immaginabile siano riusciti a mettere gli uni contro gli altri tutto il resto dei componenti dell’umanità. E il tutto facendogli credere, attraverso i potentissimi mezzi dei media totalmente asserviti, che bisogna combattere non contro quello che una volta si sarebbe definito il “sistema”, bensì a suo favore. Ovviamente in nome del “bene comune” e per contrastare le emergenze (da loro stessi create ad hoc). Neanche la propaganda nazista era riuscita a tanto. I dittatori hanno avuto bisogno della forza per far sì che la popolazione obbedisse obtorto collo. Invece, per la prima volta nella storia dell’umanità, le vittime si sono sottoposte volontariamente ad ogni sorta d’angheria dei propri carnefici. Ripeto, per paura, per stanchezza, per vigliaccheria o per semplice accondiscendenza determinata da un’ipnosi collettiva indotta.

Direi che ben poco rimane da sperare riguardo un recupero di posizione da parte delle popolazioni mondiali. Anche se in assoluta maggioranza la posizione a cui sono arrivate è di una debolezza tale che non lascia adito alla speranza di una sollevazione generale. Le rivolte, come abbiamo purtroppo più volte visto in questo periodo (Canada, Australia, Francia… la stessa Italia), sono sempre state messe a tacere con la forza, complice anche una quieta accondiscendenza dei “ribelli” ancora illusi dal fatto che ci si possa aspettare giustizia dalle istituzioni, credendole super partes e facenti il “bene del popolo”. In realtà si è da tempo passato quel sottile confine tra il legale e l’illegale da parte di chi ci avrebbe dovuto tutelare nei confronti del potere economico. Ora è questo stesso che ha preso la parte di quello legislativo e giudiziario. E, purtroppo, non mi sembra che ci sia verso di fermarlo.

 

L’Eurogendfor

Inoltre ciò che mi sembra inevitabile è la guerra civile in diversi Paesi, perché quando i nodi verranno al pettine (e secondo me sarà molto prima di quanto si possa pensare) lo scontro sociale fra queste élite e la classe medio-bassa sarà inevitabile. Come diceva Catone il censore: “Lo stomaco non ha orecchie”. E molti saranno gli stomaci che rimarranno vuoti molto presto. Penso che a nulla varranno i tentativi di rabbonirli con una sorta di reddito di cittadinanza universale (già provato in diverse salse in diverse parti del mondo, Italia inclusa) e l’intervento della violenza repressiva sarà la sola strada per contenere la rabbia del popolo. Vi ricordate l’Eurogendfor? Probabilmente no. Si tratta di quel corpo militare istituito durante il Consiglio europeo di Nizza del dicembre del 2000 e definitivamente ufficializzato con il trattato di Velsen nel 2007, firmato quest’ultimo da Francia, Spagna, Portogallo, Paesi Bassi e, ovviamente, Italia, la cui sede è a Vicenza (dove si trova, guarda caso, una delle più importanti basi americane in Europa). Il trattato è composto di 47 articoli, e fra questi si leggono cose interessanti. I suoi compiti sono: «Condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico; monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi comprese l’attività di indagine penale; assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attività generale d’intelligence; svolgere attività investigativa in campo penale, individuare i reati, rintracciare i colpevoli e tradurli davanti alle autorità giudiziarie competenti; proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici» (art. 4). Il raggio d’azione: «EUROGENDFOR potrà essere messa a disposizione dell’Unione Europea (UE), delle Nazioni Unite (ONU), dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) e di altre organizzazioni internazionali o coalizioni specifiche» (art. 5). La sede e la cabina di comando: «la forza di polizia multinazionale a statuto militare composta dal Quartier Generale permanente multinazionale, modulare e proiettabile con sede a Vicenza (Italia). Il ruolo e la struttura del QG permanente, nonché il suo coinvolgimento nelle operazioni saranno approvati dal CIMIN – ovvero – l’Alto Comitato Interministeriale. Costituisce l’organo decisionale che governa EUROGENDFOR» (art. 3). L’EGF gode di una totale immunità: inviolabili locali, beni e archivi (art. 21 e 22); le comunicazioni non possono essere intercettate (art. 23); i danni a proprietà o persone non possono essere indennizzati (art. 28); i gendarmi non possono essere messi sotto inchiesta dalla giustizia dei Paesi ospitanti (art. 29). Come si evince chiaramente, una serie di privilegi inconcepibili in uno Stato di diritto.

Il 14 maggio 2010 la Camera dei Deputati della Repubblica Italiana ha ratificato l’accordo. Presenti 443, votanti 442, astenuti 1. Hanno votato sì 442: tutti, nessuno escluso. Se una parte delle Forze dell’ordine “regolari”, come penso, prenderà le parti degli oppressi, di chi pensate che si serviranno gli oppressori per contenere la rivolta e piegare i ribelli?

Ai posteri l’ardua sentenza.

 

* A proposito di quest’utlimo, a tutti quelli che dicono che si tratta di un Governo d’incompetenti quello che sta portando avanti l’Italia da due anni a questa parte rispondo che non è così: sanno perfettamente cosa stanno facendo (glielo dicono cosa fare) e lo stanno facendo bene. Almeno dal loro di punto di vista.

 

Gli specchietti per le allodole

Gli specchietti per le allodole

Il modo più certo per dissimulare la realtà e cercare di incanalare il malcontento da parte del potere è sempre stato quello di inserire nel contesto sociale una sorta di “specchietto per le allodole”. Questo nel corso della storia è sempre avvenuto e casi ve ne sono di più e meno famosi, partendo, ad esempio, da Lorenzo Valla che durante il dodicesimo secolo con la sua famosa dissertazione De falso credita et ementita Constantini donatione denunciò come falsa la presunta Donazione di Costantino, testo con cui la Chiesa aveva per secoli giustificato il suo potere temporale, attribuendo all’imperatore Costantino la decisione di donare a Papa Silvestro I (IV secolo d.C.) i domini dell’impero romano d’Occidente. Oppure la figura della pulzella d’Orléans, quella Giovanna d’Arco (Jeanne d’Arc in francese) che guidò, a soli 17 anni, il suo popolo nella riconquista di parte dei territori conquistati dagli inglesi durante la Guerra dei cent’anni.

Ebbene entrambi questi esempi molto probabilmente sono dei “falsi storici”. Provate a pensare al primo: la Chiesa, il potere assoluto, che governava sul mondo già da secoli, avrebbe permesso ad un intellettuale isolato di sbeffeggiarla e metterla in ridicolo, facendo nel contempo una magnifica carriera sotto i pontefici Niccolo V e Callisto III e morendo, infine, molto anziano e ricco. Francamente poco credibile. Come poco credibile risulta la vicenda della pulzella francese, in realtà molto probabilmente una sorella o sorellastra del re Carlo VII (entrambe le vicende sono state ottimamente trattate da Pietro Ratto nel suo “La storia dei vincitori e i suoi miti”).

 

Santa madre Chiesa

Perché sono partito da questi due esempi? Proprio per arrivare ai nostri di giorni. Il periodo distopico che stiamo vivendo è noto a tutti, e sul palcoscenico della storia, almeno quella nostrana, appaiono diversi personaggi che sembrerebbero andare contro la corrente della narrativa mainstream, ampiamente rappresentata giorno e notte. Mi riferisco in particolare a personaggi come l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America (fatto non secondario quest’ultimo), assurto agli onori della cronaca più recente per una serie di video rilasciati in Rete nei quali descrive con assoluta lucidità e precisione i fatti e i retroscena a questi insiti di questo disgraziato periodo. Il tutto lanciando precise “accuse” e facendo, per così dire, nomi e cognomi di quelli che farebbero parte del presunto piano orchestrato ad hoc per trasformare il mondo da come lo abbiamo conosciuto fino ad un paio di anni fa in qualcosa, appunto, di distopico ed inimmaginabile. Ma voi pensate davvero che un’istituzione come la Chiesa di Roma, un vero e proprio impero che come nessuno altro nel mondo occidentale è durato tanto a lungo, ossia per più di 2.000 anni, possa mai permettere ad un suo alto prelato di fare impunemente le dichiarazioni che appunto fa monsignor Viganò, senza censurarlo, senza tentare di chiudergli la bocca o di infangarlo in qualche modo? Giusto un bambino di pochi anni potrebbe crederci, ma il mondo fluttuante del web ne è pieno di bambini creduloni, e questa è la vulgata che si è sparsa alla velocità della luce.

 

Trieste

Altro personaggio recentemente venuto alla ribalta della cronaca è Stefano Puzzer, definito come “portavoce” dei portuali triestini che hanno provato a “bloccare” le attività del porto per protesta contro il provvedimento, questo sì di stampo fascista, della presentazione del “green pass” per poter recarsi a lavoro. Innanzitutto chiariamo una cosa: il porto di Trieste non è di proprietà dell’Italia, bensì come stabilito dal trattato di Parigi del 1947 (a seguito della Seconda Guerra Mondiale) e con successiva reiterazione di 10 anni dopo, è un territorio sotto tutela degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Infatti è detto porto franco e, in teoria, la polizia italiana lì non avrebbe neanche potuto metterci piede. Dal settembre dello scorso anno il colosso tedesco di Amburgo “Hamburger Hafen und Logistik Ag” (Hhla) ha concluso l’intesa per entrare nella Piattaforma Logistica del porto (con una quota pari al 50,01 per cento), una infrastruttura nata sulla carta nei primi Anni 2000, considerata tra le più grandi opere marittime del Paese negli ultimi dieci anni. In pratica sono i soci di maggioranza. Al porto di Trieste giungono le merci provenienti dalla Cina e dirette nel Nord Europa. Sempre lì arriva tutto il petrolio destinato a rifornire la Baviera, regione tedesca di vitale importanza per l’economia germanica e non solo.

Ora immaginate voi le élite americane ed inglesi (oltre a quelle tedesche) starsene lì a vedere in televisione l’inizio di una potenziale pericolosa sommossa del popolino cencioso, che vorrebbe fermare le attività del porto per protestare contro la tessera di stampo fascista istituita da loro stesse. Secondo voi, potevano mai stare con le mani in mano, senza far niente, a vedere che noi povere formichine iniziavamo ad agitarci con le nostre zampette e che, potenzialmente, a medio-lungo periodo potevamo iniziare a costituire un problema “imprevisto”? Ma quando mai! Allora che fare? Beh, secondo me la cosa più logica sarebbe stata proprio quella di inserire un elemento per così dire “rabbonitore” delle folle in rivolta, per far “ribellare” le pecore con pacata compostezza, così, senza violenze, come piace ai mezzi mainstream che riprendono le facce dei poveri disgraziati che provano a protestare in piazza, salvo poi additarli come pericolosi estremisti se provano ad opporsi ai soprusi della Polizia e dei servizi segreti.

Quando poi qualcuno, come è accaduto, fra i veri portuali in rivolta (il signore in questione non fa lo scaricatore di porto, bensì il sindacalista in giacca e cravatta. Normalmente) ha iniziato a nutrire dubbi sulla figura del “Masaniello” perbenista triestino, allora è arrivato il momento di farlo uscire di scena con un coup de théâtre, facendolo scendere nella Capitale, con il suo banchettino educato, in attesa di non si sa bene cosa (visto che s’era capito fin dal primo giorno di proteste a Trieste che in realtà non ci sarebbe stato nessun tipo di risposta alle istanza dei “rivoltosi”), per poi prelevarlo in modo “misterioso” verso le quattro del pomeriggio e portarlo in “questura” (così dice la vulgata diffusa da lui stesso) per accertamenti. Salvo poi sentirlo a sera inoltrata, al telefono, dire che era stato fatto allontanare da Roma, con una sorta di daspo di un anno sul territorio della Città eterna.

A parte il fatto che sarebbe bastato che spostasse la sua protesta, chessò, a Fiumicino (che è altro comune), ma è stato divertente ascoltare la telefonata da lui fatta in seguito (non quella a Giordano in “Fuori dal coro”) dove si capisce benissimo che si trovava in una macchina, che non era lui che guidava, e che nella macchina c’erano un uomo e una donna che conversavano in inglese. Sicuramente deve essere un caso. Come è un caso risaputo che i nostri servizi prendono ordini da quelli britannici ed americani. Ma questa è un’altra storia.

 

I capi popolo

Come un’altra storia è la vicenda di poco precedente che ha visto coinvolto Giuliano Castellino, leader romano di Forza Nuova (nota organizzazione pacifica per nulla nota alle forze dell’ordine). Ebbene questo longilineo signore aveva aizzato la folla presente a “Piazza del popolo” a Roma, durante la manifestazione con i soliti quattro gatti (ovviamente secondo i media, quelli affidabili) contro il “green pass” dello scorso 9 ottobre, ad andare a “trovare” Maurizio Landini alla sede della Cgil, casualmente aperta pur essendo sabato. La storia come sia andata la conosciamo tutti. La cosa più interessante è che questo pasciuto personaggio lo avevo visto anch’io, ignorando chi fosse, durante la manifestazione (sempre contro il passaporto fascista per lavorare, e non solo) che si era tenuta nel mese di agosto, precisamente il giorno 6, sempre nella stessa piazza. Anche allora arringava la folla, urlando a tal punto che pensavo che gli sarebbe venuto un infarto, e faceva, per così dire, da moderatore ai vari interventi. Il tutto sotto il naso delle Forze dell’ordine (Polizia e Carabinieri) presenti in piazza per “vigilare” a che noi sovversivi non facessimo casini in un bollente pomeriggio (otre 38 gradi) romano.

Ebbene, quel che personalmente ignoravo era chi fosse costui, per dirla con un’espressione manzoniana. Solo a seguito di questi fatti di ottobre ho scoperto che il “signore” fosse stranoto ai tutori dell’ordine, che avesse un braccialetto elettronico, che gli fosse proibito allontanarsi da casa e partecipare a qualsivoglia pubblica attività. Strano, no? Non so se si è colta l’ironia.

Vorrei concludere la disamina di questi “specchietti per le allodole” citando un noto personaggio politico e giornalista che a mio modesto parere è il classico esempio di gatekeeper (letteralmente dall’inglese, il guardiano del cancello), termine tanto di moda ora per dire “infiltrato” in un determinato campo: Gianluigi Paragone. Lo fa bene, lo fa da tanto tempo ed è diventato quasi credibile agli occhi dei più. Molto presente sui media, sa molto bene quali corde toccare del senso di ribellione della gente. Ma come si suol dire, il pesce puzza dalla testa. E la sua…

Infine pongo dei seri dubbi sull’“autenticità” di un paio di personaggi femminili tanto di moda recentemente: il vice questore Nunzia Schilirò e la dottoressa Barbara Balanzoni. Entrambe vengono da ambienti di forze dell’ordine o militari. Forse non è un caso. Forse mi sto sbagliando. Chissà!

La finestra di Overton

La finestra di Overton

In “Hammerstein oder Der Eigensinn” (Hammerstein o Dell’ostinazione) Hans Magnus Enzensberger, scrittore e poeta tedesco, parlando del generale Kurt von Hammerstein-Equord (e della sua famiglia), capo di stato maggiore dell’esercito tedesco quando Hitler prese il potere, fece un’ottima descrizione del clima che si era creato in Germania alla fine della Repubblica di Weimar al fallimento dell’opposizione al regime, passando dal richiamo dell’utopia comunista alla guerra fredda. «A differenza dei politici di Weimar, Hitler fu abile nel convogliare le paure e l’energia distruttiva delle masse», scrisse Enzensberger. «La sensazione di impotenza portò la maggioranza dei tedeschi a rifugiarsi proprio nell’estremismo di Hitler: in molti si convinsero infatti di poter trovare in lui protezione e sicurezza». Eravamo all’indomani della Crisi economica del ’29 e l’incertezza regnava sovrana. Fu così che, come scrive l’autore tedesco, un intero popolo si lasciò andare alla nuova ideologia, credendo di trovare in essa una via d’uscita per i propri guai e non rendendosi invece conto di incanalarsi in un vero e proprio tunnel di accondiscendenza acritica e conformismo cieco. In pratica la gente si lasciò avvolgere dalla falsa sicurezza offerta dalla propaganda di regime, che sapientemente creò all’interno degli strati sociali un profondo solco tra quanti aderirono bovinamente al regime e i pochi che cercarono di opporvisi.

Questo tipo di cose sono di quelle che da noi in Europa solitamente la mia generazione è stata abituata a leggerle sui libri di Storia. Mai avrei pensato in vita mia di dover un giorno vivere esperienze di questo genere direttamente. E questo anche solo fino ad un paio di anni fa. Ed invece l’incredibile sta avvenendo con la scusa della “pandemia”, quest’enorme pantomima montata ad arte dalle élite mondiali per trasformare il mondo così come nelle loro menti malate hanno stabilito che si debba evolvere.

In realtà hanno preparato il campo da lungo tempo e quanto accaduto negli ultimi due anni della vita di tutti noi non è altro che il risultato di qualcosa che parte da lontano, per la precisione da alcune decine d’anni. Almeno a partire dagli Anni Settanta, ma con un’accelerazione decisa fin dalla caduta del Muro di Berlino. Da allora sistematicamente sono stati apportati cambiamenti sostanziali nella società, a partire dal filone dell’istruzione (come ho ampiamente spiegato altrove).

 

I guardiani del potere

Oggi passeggiando per una città come Berlino, così come Roma, Parigi o Londra, per rimanere solo in Europa, si possono vedere migliaia e migliaia di giovani sicuri di sé, belli, sani, alla conquista del mondo. Quel mondo che è stato creato per loro dalle élite. Li hanno infatti fatti studiare sui libri preparati appositamente per formarli, gli hanno creato istituzioni ed enti che li abituassero ad essere “mobili”, o per meglio dire apolidi, attraverso programmi di scambio universitari quali il tanto decantato “Erasmus”. Li hanno abituati a trovare “normale” fare lavori sottopagati e ad essere perpetuamente precari, senza poter fare progetti a lungo termine, mettendo radici, come si diceva una volta, da qualche parte. Gli hanno spacciato la società multiculturale per cosmopolitismo (che sono due cose estremamente differenti), facendogli credere che il non avere tradizioni proprie fosse motivo di orgoglio, in quanto pronti ad “accettare l’altro”, il “diverso”, integrandolo. Già, integrandolo, ma in cosa? In un mondo globale e globalista, dove tutti sarebbero uguali, intercambiabili, sostituibili.

Queste nuove generazioni sono cresciute pensando che il “gender” sia un concetto negativo a prescindere, che i diritti delle minoranze si difendano a scapito di quelli delle maggioranze, a prescindere dalla loro valenza e da cosa si è dovuto fare da parte di altre generazioni per ottenerli, magari a costo della vita di molti. Queste nuove generazioni, sulle quali ancora molto altro si potrebbe dire (ad iniziare dalla grandissima supponenza che le contraddistingue non supportata da una preparazione effettiva), sono quelle che, invece di rappresentare la parte più avanzata della società, quella più “rivoluzionaria” e contestataria dell’ordine costituito, sono la più reazionaria, più pronta a rispondere ai comandi delle élite che le hanno fatte formare. Sono quelle che non mettono in discussione la narrazione corrente degli eventi, che obbediscono come tanti burattini agli ordini che vengono dall’alto, siano essi rivolti direttamente alla loro categoria, sia facendosi prodi controllori affinché vengano rispettate le norme imposte all’ambito sociale da chi comanda. Sono in pratica tanti piccoli soldatini, pronti come la “Hitler-Jugend”, la gioventù hitleriana che il nazismo, attraverso l’eliminazione di ogni forma di individualismo, la Gleichschaltung, ossia la “sincronizzazione” o “allineamento” del popolo tedesco al “nuovo ordine”, forgiava per ottenere fedeltà ed obbedienza alla propria ideologia.

Ebbene, costoro sono oggi i “custodi” del verbo, che redarguiscono e stigmatizzano i dissenzienti perfino più degli altri “allineati” di età più avanzata. Questi ultimi sono conformi o per semplice ignoranza o per convenienza, fingendo di non capire quando in realtà avrebbero i mezzi per comprendere benissimo quanto sta accadendo attorno a loro.

 

Politici, giornalisti e uomini di Stato

Una categoria a parte sono i politici ed i “giornalisti”. Esseri prezzolati per lo più, o rientranti comunque nella genìa degli “utili idioti” di leniniana memoria. Ho scritto qui di come si siano messi subito a disposizione del “potere” per avallare la narrativa corrente sul virus e le sue “varianti”.

Recentemente sono però rimasto letteralmente scioccato da una puntata di una delle trasmissioni di punta della narrazione del regime: “In Onda”, condotta da David Parenzo e Concita De Gregorio. Oltre a questi due fedeli propagandisti della “verità”, vi hanno partecipato il costituzionalista Sabino Cassese, Matteo Bassetti (infettivologo ed autentica star televisiva), Candida Morvillo editorialista del “Corriere della Sera” (sempre di Cairo editore, come “La7”) e Gerardo Greco giornalista televisivo, nonché mio ex (per fortuna) compagno di studi universitari. Ebbene in tale trasmissione, dove è stata fatta l’ennesima apologia del vaccino salvifico, la cosa scioccante è stata la continua demonizzazione dei non vaccinati, additati come veri e propri untori e causa dei molto probabili futuri provvedimenti di nuove restrizioni dovute alla risalita dei “contagiati”. Ovviamente questa volta a causa delle varianti, in particolare della famosa (per non dire famigerata) variante Delta.

A prescindere dall’assioma falso (giacché le varianti sono causate semmai dai vaccinati, tant’è che si contagiano pur essendo tali, ossia come pensano loro protetti), ciò che come dicevo mi ha veramente scioccato e preoccupato e stato il clima di autentica “caccia alle streghe” e demonizzazione rivolta nei confronti dei non vaccinati. Categoria della quale mi fregio di appartenere con orgoglio, pur avendo avuto il Covid-19 ed essendo andato a finire in terapia intensiva.

In particolare mi hanno impressionato le parole di quello che dovrebbe essere un “uomo di Stato”, il professor Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale. Ebbene l’esimio professore, che dovrebbe essere il custode dei diritti sanciti dalla Costituzione, ha dato una bella lezione di realismo a tutti noi, invocando il principio di machiavelliana memoria (Machiavelli in realtà non lo espose in nessuna delle sue opere, ma fu Guicciardini a riportarlo) secondo il quale il “fine giustifica i mezzi”. Pertanto citando dei precedenti “illustri” di leggi risalenti al 1939, 1963, 1966, 1991 e del 2017, che prevedevano, per altri vaccini, l’obbligatorietà, si è detto assolutamente certo della giustezza dell’obbligatorietà del siero miracoloso contro la Sars Cov 2. «Vuoi andare al cinema? Vuoi andare in discoteca? Devi essere vaccinato», ha esordito il buon professore. In pratica ha sancito il ricatto sanitario per legge. Quindi non si tratterebbe di «una vaccinazione obbligatoria totale per 60milioni di abitanti, ma tutti coloro che vogliono svolgere un’attività possono farlo se hanno una copertura vaccinale».

In pratica, ci sta dicendo il buon professore, se non ti fai inoculare il siero sperimentale che impongono le multinazionali del farmaco sei fuorilegge, e quindi ti assumi volontariamente la responsabilità delle restrizioni a cui sarai sottoposto, e verrai additato al pubblico ludibrio. Proprio come si faceva una volta con gli ebrei a cui si faceva cucire sugli abiti una stella gialla. Ha poi chiosato che la cosa deve avvenire per gradi e che la politica deve, prima d’imporre l’obbligo indistintamente per tutti, imporre l’inoculazione vaccinale per potersi muovere liberamente nell’ambito sociale, ossia per andare al ristorante, o in discoteca o ad un cinema. Bisogna agire con prudenza e progressività. In pratica bisogna abituare la gente a questo concetto, come il per il principio della “rana bollita” ben espresso da Noam Chomsky. Tuttavia un piccolo particolare che deve essere sfuggito al noto costituzionalista è dato dal fatto che i “vaccini” sono stati autorizzati dall’EMA per la malattia Covid-19 e non per l’infezione Sars Cov 2, come spiega qui l’avvocato Renate Holzeisen. Quindi la vaccinazione obbligatoria oltre che essere inutile, è per giunta illegale, visto che viene spacciata per protettiva nei confronti dell’infezione (la malattia non c’è scritto da nessuna parte che me la debba prendere).

 

La realtà plasmata

Si sta creando lentamente un clima di assuefazione (proprio come quella di cui ho parlato all’inizio dell’articolo durante la Germania nazista) fra la gente ad una narrativa falsa, ma avallata da tutti costoro dalla mattina alla sera. E come fanno per arrivarci? Con un meccanismo tanto semplice quanto diabolico: la cosiddetta “finestra di Overton”. Quest’ultima è una vera e propria tecnica di ingegneria sociale, esposta da Joseph P. Overton, sociologo ed attivista statunitense morto all’età di 43 anni nel 2003 a seguito di un non ancora chiarito incidente di volo. In pratica si tratta di una tecnica di persuasione e di manipolazione delle masse, in particolare di come si possa trasformare un’idea da completamente inaccettabile per la società, a pacificamente accettata ed infine legalizzata (ne troverete un’ottima spiegazione nel video che carico in fondo all’articolo).

Il problema più grande è che si sta creando in questo modo una lenta e quasi inavvertita spaccatura nella società. C’è un settanta per cento di persone che aderisce o ha già aderito a questa narrativa dell’obbligo vaccinale e del cosiddetto “green pass”, il lasciapassare verde, mentre una minoranza del trenta per cento sarà sempre più emarginata e stigmatizzata.

Se non avverrà un risveglio delle coscienze a breve, temo e prevedo tempi molto bui per l’umanità intera.

 

© Youtube Pensiero Diverso

I professionisti dell’informazione

I professionisti dell’informazione

Ho deciso di scrivere questo articolo a partire dall’analisi di ciò che ha fatto e sta continuando a fare nella narrazione della “pandemia” la “mia” categoria, ossia quella dei giornalisti, dei mass media, soprattutto quella “ufficiale” o, come dice uno spot di Mediaset, “i professionisti dell’informazione”.

Quello che molti ignorano è che il Governo Conte con l’articolo 195 del decreto legge 34/2020 stabilì l’erogazione di un “Fondo emergenze emittenti locali” «per l’erogazione di un contributo straordinario in favore delle emittenti radiotelevisive locali che si impegnano a trasmettere messaggi di comunicazione istituzionale relativi all’emergenza sanitaria all’interno dei propri spazi informativi». Tale notizia è reperibile sulla Gazzetta Ufficiale n. 279 del 9 novembre 2020. All’interno vi si legge: «Al fine di consentire alle emittenti radiotelevisive locali di continuare a svolgere il servizio di interesse generale informativo sui territori attraverso la quotidiana produzione e trasmissione di approfondita informazione locale a beneficio dei cittadini, è stanziato nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico l’importo di 50milioni di euro per l’anno 2020, che costituisce tetto di spesa, per l’erogazione di un contributo straordinario per i servizi informativi connessi alla diffusione del contagio da COVID-19. Le emittenti radiotelevisive locali beneficiarie si impegnano a trasmettere i messaggi di comunicazione istituzionale relativi all’emergenza sanitaria all’interno dei propri spazi informativi…».

Urbano Cairo, editore-padrone tra gli altri de “La7” e del “Corriere della Sera” ha dichiarato all’Ansa di “meritarsi” parte dei proventi del canone televisivo (circa 1,7miliardi di euro) per i servigi offerti in particolare con “La7” durante il periodo della “pandemia”. E come dargli torto? Chi meglio di Mentana, Floris, Formigli ed altri ancora hanno reso con il loro “tam tam” quotidiano a tutte le ore la narrativa sul Covid 19 l’unico argomento degno di discussione? Il solo problema è che la “discussione” è sempre stata a senso unico: il loro, ossia quello della propaganda governativa e di regime in genere. Mai spazio è stato dato a chi la pensasse in modo differente dal pensiero “ufficiale” su tutta la faccenda della “pandemia”. Ricordo che a tutt’oggi il numero ufficiale dei morti nel mondo “a causa” del Covid-19 (che è la malattia della SarsCov2, che è l’infezione) sono… ben 4milioni. I deceduti per tumore solo durante lo scorso anno sono stati circa 10milioni. I soli a cui tale spazio è stato concesso sono stati “invitati” nei salotti televisivi per “confronti” nello stile “uno contro tutti”, mettendoli alla berlina e mettendo in onda spezzoni di discorsi tagliati ad arte, per far sembrare le loro tesi quantomeno contraddittorie, per non dire folli. Il tutto senza possibilità di replica. Un caso per tutti quello del dottor Mariano Amici che lo strapagato professionista dell’informazione Bruno Vespa si è augurato fosse radiato dall’ordine dei medici perché reo di non aver abiurato alla sua professionalità.

A fronte di questa massa di “professionisti dell’informazione”, per chi ha voglia di cercare opinioni che non siano tutte strettamente allineate alla voce ufficiale del mainstream, si possono trovare in Rete variegate voci che, con i pochissimi mezzi a loro disposizione, cercano di informare la gente da altri punti di vista. Fra questi, ci sono: Byoblu (di Claudio Messora), Radio Radio (con Fabio Duranti e la nutrita squadra), Visione Tv con Francesco Toscano, Luogocomune (di Massimo Mazzucco), Contro Tv, (sempre con Massimo Mazzucco), Maurizio Blondet, La casa del Sole Tv (con Margherita Furlan), Becciolininetwork (di Stefano Becciolini), Numero6 (di Morris San), L’orizzonte degli eventi (di Barbara Tampieri), 100giorni da leoni (di Riccardo Rocchesso), Riscossa Italia, FEF Academy, L’Anticonformista, Meglio di ieri (di Daniel Griva), ComeDonChisciotte, Atlantico Quotidiano, l’Antidiplomatico, Nicoletta Forcheri, Oltre la linea News, Enrica Perrucchietti, Il bosco ceduo (di Pietro Ratto), Studi e salute (di Loretta Bolgan), Sandro Torella, Stefano Montanari, Barbara Belanzoni, Silver Nervuti, Matteo Brandi, Luca Donadel, Silvana De Mari, il sottoscritto e molti altri che al momento sono sicuro di aver dimenticato. Ebbene tutti costoro non credo che abbiano usufruito dei fondi stanziati dal Governo, proprio perché non allineati.

Molti hanno un canale Telegram oltre ai siti di cui ho messo il collegamento sopra. Telegram, almeno finora, sembra essere uno dei pochi social media non controllabile da parte dei grandi poteri. E proprio per questa ragione se ne stanno preoccupando. Pertanto sta venendo fuori la bufala secondo cui sarebbe un mezzo usato preferenzialmente da “cospirazionisti”, o peggio ancora da pericolosi elementi “estremisti” che vanno, per ovvii motivi, fermati. Ed ecco allora che Klaus Scwhab, fondatore ed organizzatore del World Economic Forum (organizzazione che decide in pratica i destini del mondo e che ha pubblicamente ammesso il Great Reset), ha iniziato a dire che occorrerà prevedere attacchi informatici su larga scala (a dire il vero non è la prima volta). Pertanto domani, 9 luglio, verrà lanciata una simulazione (sarà veramente tale o l’inizio di un cambiamento reale a livello mondiale?) denominata “Cyber Polygon”. Sarò pessimista (o forse realista?), ma penso che possa trattarsi dell’inizio di un controllo informatico globale, totale e definitivo.

Lo scopriremo solo vivendo, come si suol dire.

I professionisti dell’informazione

© Mediaset Infinity

I dimenticati

I dimenticati

Nell’ormai lontano 1959 uscì un film comico firmato da Steno (Stefano Vanzina) dal titolo “I tartassati”. Un piccolo capolavoro di comicità per raccontare i tentativi di un ricco negoziante (Totò) di evadere il Fisco facendosi beffa di un finanziere (Aldo Fabrizi), anche attraverso i consigli maldestri di un consulente fiscale (Louis de Funès). Il film metteva ben in evidenza la “lotta” tra lo Stato e il piccolo imprenditore italiano, generalmente visto come furbetto ed evasore fiscale.

Quello rappresentato nel film era un altro mondo, un mondo che non esiste più. All’epoca infatti poteva essere vero quanto raccontato in modo arguto dagli sceneggiatori; e questo tanto perché le condizioni generali del Paese erano ben diverse, quanto perché il sistema economico si basava su presupposti totalmente differenti da quello attuale. Alla fine degli Anni 50 la pressione fiscale italiana aveva raggiunto il 23,8 per cento (pressione fiscale, calcolata quale percentuale delle entrate tributarie rispetto al reddito nazionale), mentre nel quarto trimestre dello scorso anno ha raggiunto l’incredibile livello del 52 per cento. Fare il “piccolo imprenditore” non ha dunque più lo stesso significato e oggi si potrebbe quasi affermare che le parti in gioco si sono invertite (le ragioni sono molto complesse e non posso dilungarmi qui a spiegarne il perché, a partire dalla separazione di Banca d’Italia dal Tesoro operata nel febbraio del 1981 per volontà dell’allora ministro del Tesoro Beniamino Andreatta e dell’allora Governatore di Banca d’Italia Carlo Azelio Ciampi).

Oggi le piccole e medie imprese italiane (quelle per capirci che sono rispettivamente sotto i 50 e 250 occupati), per non parlare delle micro (quelle con meno di 10 dipendenti) sono la parte produttiva del Paese che maggiormente soffre delle rigide imposizioni fiscali dovute per lo più dai dettami europei (“Ce lo chiede l’Europa”, il mantra che meglio di ogni altra cosa rappresenta questo salasso) e dalle ulteriori restrizioni (non casuali) dovute alla “pandemia” in corso.

Ho già scritto altrove (ad esempio qui) della distruzione sistematica del tessuto produttivo italiano nel corso degli ultimi 40 anni, pertanto è più interessante qui trattare di quanto sta accadendo in questo periodo.

In questo primo anno (non è un refuso) di “pandemia” i cosiddetti “ristori”, ossia gli aiuti economici, previsti dai governi Conte e Draghi per le imprese ed i lavoratori autonomi ammontano a 64,7mld di euro. Di questi secondo l’Ufficio studi della Cgia di Mestre solo 29 sono stati finora erogati. E questo a fronte di perdite subite per 423miliardi di euro. Dunque gli aiuti finora rappresentano appena il 7 per cento delle perdite subite. Pertanto è chiaro che non v’è alcun interesse a supportare la micro, piccola e media impresa. Anche perché tutte le incombenze economiche che continuano a gravare sulle stesse (affitti, bollette, tasse e spese varie) non sono state sospese o ridotte.

L’unica luce che viene data alla gente per tornare alla “normalità” qual è? Ma ovvio, il vaccino! Solo il liquido salvifico permetterà a tutti di tornare ad operare come prima. Salvo varianti che “potranno” sopraggiungere, e salvo la sconsideratezza della gente “irresponsabile” che causerà nuove restrizioni. Dunque, care partite IVA e piccoli imprenditori, divertitevi per i prossimi due mesi estivi, che poi l’autunno (quello meteorologico) arriva. Quello vostro imprenditoriale è già stato scritto e oramai siete considerati oltre l’inverno. La vostra tomba è già stata scavata dai grandi gruppi internazionali (in mano alla solita élite che vi vuole morti). E il bello è che non ve ne rendete ancora conto e continuate a lamentarvi perché state morendo pur avendo rispettato “le regole”. Le loro.

 

P.S.: questo breve pezzo m’è sfuggito, per così dire dalla penna, dopo aver visto lo sfogo di questa donna nel filmato qui sotto.

 

 

Il migliore dei mondi possibili

Il migliore dei mondi possibili

La “pandemia”, i vaccini, le mascherine… tutti i principali argomenti di cui si sente parlare dalla mattina alla sera ovunque, in tv, sui social, per le strade. Oramai ci si è assuefatti a queste tematiche e le si dà praticamente per scontate. Un po’ come parlare del tempo, quando non si sa bene su cos’altro conversare. Oramai si dà per scontato che la libertà sia rappresentata dal potersi far vaccinare (o marchiare, come le bestie, a seconda dei punti di vista) con il metodo che si ritiene più adatto per sé e nel modo più rapido possibile, e non dal fatto che si possa non volersi vaccinare, cosa che al contrario è vista ed additata come la più turpe delle colpe nell’ambito sociale e addirittura morale (ne ho trattato in questo articolo). Chiunque nutra dubbi circa il volersi far inoculare il liquido salvifico viene messo all’indice e considerato come un reietto ed un untore. Quest’opera di “marchiatura” viene messa in atto a partire dalle svariate truppe cammellate dell’“informazione”. Ad ogni ora del giorno e della notte le solite facce di “esperti”, opinionisti e politici ripetono all’infinito la messa cantata che è stata detta loro di propagandare, a prescindere dalla propria competenza e capacità di comprensione di ciò che ripetono allo sfinimento. E questo avviene ovunque, in ogni Paese, dove più, dove meno e con modalità che cambiano a seconda del tipo di cultura dello stesso.

Da noi, in Italialand, a questo martellamento ininterrotto vengono aggiunti altri diversivi d’accompagno, un po’ perché tipici della nostra di cultura, un po’ perché, come ho già altre volte sottolineato, noi siamo un popolo perfetto per fare esperimenti sociali su larga scala. Ultimo in ordine temporale è la discussione sulla cosiddetta legge “Zan” (disegno di legge per essere precisi), approvata alla Camera ed ora in discussione al Senato. Di detto provvedimento legislativo in particolare sarebbe da esaminare ed approfondire l’articolo 4, dando esso modo (se passasse la legge così com’è) di accusare chiunque di reati d’opinione se si esprimessero pensieri non conformi a quelli del “politically correct”, che potrebbero “offendere” chicchessia su tematiche di carattere sessuale ed “inclusivo” (termine tanto caro ad una certa parte politica, e che volutamente non vuol dire nulla di concreto di per sé). Ma non mi soffermerò ora qui a discuterne. Ci saranno altre occasioni.

Tuttavia c’è un aspetto di tutta questa situazione “surreale” che a mio parere non è stato ancora ben messo in rilievo. Si tratta della stretta connessione che c’è in realtà tra la “pandemia”, le restrizioni messe in atto per “controllarla”, i vaccini e… la “transizione ecologica” e la cosiddetta “digitalizzazione”.

Apparentemente questi argomenti non sarebbero correlati, ma ad un’analisi più attenta i fili possono essere uniti assieme. Partiamo dalle ultime due.

 

Clima, ecologia e bit a volontà

Nel mese di aprile l’Unione Europea (Consiglio e Parlamento) ha raggiunto un accordo politico (confermato pochi giorni fa) che introduce nella legislazione l’obiettivo della neutralità climatica (ossia la capacità della Terra di assorbire le emissioni di gas prodotte) della UE stessa per il 2050, ed un obiettivo collettivo di riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra pari ad almeno il 55 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. A seguito di tale decisione, o per meglio dire dopo, la Corte Costituzionale tedesca ha emesso una sentenza definita da tutti i media “storica”: “…Le disposizioni della legge sulla protezione del clima del 12 dicembre 2019… sono incompatibili con i diritti fondamentali, nella misura in cui mancano requisiti sufficienti per ulteriori riduzioni delle emissioni a partire dal 2031. La legge sulla protezione del clima obbliga il Governo federale a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 55 per cento entro l’anno 2030 rispetto al 1990… i ricorrenti, alcuni dei quali sono ancora molto giovani, hanno avuto i loro diritti civili violati dalle disposizioni contestate”.

Già, “i giovani”, perché molti dei ricorrenti erano proprio quei movimenti giovanili che si rifanno al “Friday for future” di Greta Thunberg. Guarda caso. E il Governo tedesco, così sensibile alle istanze dei giovani (o forse della sua classe imprenditoriale?), ha subito prontamente rilanciato, aumentando l’obiettivo di riduzione delle emissioni della Germania per il 2030 dal 55 al 65 per cento. Il gabinetto federale intende approvare un emendamento corrispondente alla legge sulla protezione del clima nel prossimo futuro.

L’energia sostitutiva del carbone e della lignite per far marciare le industrie tedesche nel futuro sarà molto probabilmente l’idrogeno e quella nucleare a doppio fluido (per capirci i reattori montati sui sottomarini), ma per il momento il gas rimane la fonte energetica più praticabile per la sostituzione del carbone. Di qui l’accordo con il “cattivone” Putin per la costruzione del raddoppio del gasdotto sul Mar Baltico, il cosiddetto “Nord Stream 2”, tanto osteggiato dall’altro cattivone Trump prima, e dal buono Biden adesso. Osteggiato chiaramente non perché qualcuno creda alla barzelletta della cattiveria del “nemico” russo, bensì perché gli Stati Uniti devono esportare il loro gas di scisto in Europa. Pertanto la Germania dà un colpo al cerchio e l’altro alla botte, per non scontentare nessuno. Un capolavoro di diplomazia economica per ottenere ciò di cui ha bisogno: esportare a gogo è l’obiettivo a cui non derogare, quindi…

Quindi l’industria tedesca, vero Panzer della “locomotiva d’Europa” si prepara, in tutti i sensi. Ha bisogno di riconvertire i propri mezzi di produzione, anche attraverso la digitalizzazione (che come vedremo non serve solo a questo), ma per farlo deve investire cospicui capitali. Pertanto quale migliore cosa che fare pagare questa “transizione” a tutti i “clienti” stessi, ossia ai cittadini europei attraverso i finanziamenti (finti) del Recovery Fund (che in realtà a parole dovrebbe servire per i danni derivanti dalla “pandemia”)? Ma come farlo? Semplice! Innanzitutto occorre trovare un alleato che abbia la stessa necessità di riconversione industriale (leggi Francia), poi spingi a livello politico perché la decisione di adottarli venga presa da tutti gli altri Paesi (ci deve essere la maggioranza assoluta). Dopodiché bacchetti i più riottosi ad accettare questa “suppostina”, costituita in maggioranza da prestiti che andranno restituiti con gli interessi (all’Italia sono destinati 191,5miliardi circa, di cui 68,9 di sovvenzioni e 122,6 di prestiti. Inoltre sono previsti altri 31miliardi dal cosiddetto Fondo complementare e 13,5 dal programma “React EU”) con minacce (finte) di non concedere gli aiuti stessi. Questo per una parte dei fondi necessari a tale transizione.

Poi c’è l’aspetto politico. Bisogna spingere su quei partiti e movimenti che nell’immaginario comune maggiormente sono legati al “verde”, all’“ecologia”, alla “salvaguardia dell’ambiente”. Ossia i Grünen, i Verdi tedeschi. E come condire questa scelta sull’onda internazionale del “politically correct”? Ma ovvio! Con una candidata donna alla cancelleria per le prossime elezioni di settembre: Annalena Baerbock, 40 anni di inesperienza e inconsistenza allo stato puro. La candidata ideale per trascinare quell’elettorato giovane, o giovanile, che tanto piace alla gente che piace. Tutto “green”, spirituale, innovativo e, perché no?, digitale.

Sì, perché il futuro passa per i byte, o meglio per i Yobibyte (280) di dati che circolano e sempre più circoleranno in Rete. Una montagna di dati, che valgono tanto oro quanta è la loro massa immane. E per far questo la Germania si vuole mettere al passo con i tempi, come i concorrenti economici americani e cinesi, attraverso la costruzione dei super-computer quantistici (capaci di fare calcoli, che i più veloci computer al mondo impiegherebbero a risolvere in 10mila anni, in circa 3minuti e venti secondi). Una tale potenza di calcolo la si può applicare ad infiniti settori, da quello prettamente commerciale a quello militare, da quello finanziario a quello della ricerca pura. In particolare a beneficiarne sarà quello medico.

 

Resistere, anzi no! Resilire!

Del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (termine tanto usato ultimamente, e non a caso) che si divide in 6 “mission”, ossia comparti per dirla all’italiana, il capitolo riservato alla Sanità o Salute (anche qui il cambiamento non è casuale) è quello a cui è stata destinata la fetta più piccola di risorse (appena 15,6miliardi dal PNRR + 1,71 da React EU + 2,89mld dal fondo complementare) fra quelle che “arriveranno” dall’Europa. Ma come? Non siamo in un’emergenza pandemica mondiale? Visto che ci si è (giustamente) lamentati tanto della carenza dei posti in terapia intensiva nei nostri ospedali, come mai non si è provveduto in più di un anno ad aumentarli? Ah, già! Si sono comprati i banchi a rotelle, quelli sì necessari! Inoltre, per chi non lo sapesse, i nostri Governi (Conte prima e Draghi adesso) non hanno stanziato a tutt’oggi un solo euro per la ricerca nel nostro Paese sul Covid 19, la “più grande pandemia che la storia dell’umanità ricordi”…

Eppure dalla mattina alla sera, come dicevamo, siamo bombardati da continui messaggi che ci ricordano quanto il “virus” sia pericoloso, quanto sia importante che si continuino a mantenere le distanze “sociali”, che bisogna essere “responsabili” per non rovinare quelle due briciole di libertà che ci sono state concesse.

Piccola parentesi: se non lo sapeste l’OMS ha suggerito ai Paesi che stanno applicando a man bassa la campagna vaccinale di abbassare il numero di cicli (si chiamano così) che vengono fatti per verificare se un tampone sia positivo o negativo (entro i venti, perché oltre si rintraccia la qualunque). Dunque il risultato dell’abbassamento dei contagi non è dovuto alla minore diffusione del virus in virtù dell’efficacia dei vaccini, bensì semplicemente perché le analisi (comunque non adatte a diagnosticare tale tipo di positività) vengono fatte in modo più corretto.

Tornando al PNRR, i capitoli più corposi di finanziamento, indovinate un po’, sono assegnati a: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura (40,32miliardi dal PNRR + 0,8miliardi da React-EU + 8,74 dal fondo complementare); rivoluzione verde e transizione ecologica (59,47miliardi dal PNRR + 1,31 da React-EU + 9,16 dal fondo complementare); infrastrutture per una mobilità sostenibile (25,4mld da PNRR + 6,06 dal fondo complementare); istruzione e ricerca (30,88miliardi dal PNRR + 1,93mld da React-EU + 1miliardo dal fondo complementare); inclusione e sociale (19,81mld dal PNRR + 7,25 da React-EU + 2,77 dal fondo complementare).

Dunque, come in Germania, “digitalizzazione”, “rivoluzione verde” e “transizione ecologica” sono ai primi posti. Un caso? Non penso proprio. Quel che penso, al contrario, è che sia esattamente ciò che la classe egemone economicamente, i cosiddetti “poteri forti” avesse in mente fin dall’inizio di tutta questa immensa pantomima. Il virus, ovviamente, è un mezzo per cambiare radicalmente l’economia e la società. Finito un Covid se ne fa un altro, per traslare un vecchio proverbio romano sui Papi. La “pandemia” è un metodo per ottenere il cambiamento che si vuole, e pertanto può essere usata a piacimento. Almeno finché la gente continuerà a dare credito alla narrativa corrente, anche se quest’ultima fa palesemente acqua da tutte le parti. La paura di perdere la vita è il motore di tutta questa narrativa, e per paura di perderla non ci si accorge che, di fatto, non si vive più.

 

Il tuo robot medico

Concludo questo lungo articolo con un’ultima considerazione. Una delle componenti principali della “digitalizzazione” è proprio quella legata alla Salute. Quest’ultima, o meglio la Sanità (concetto ben più ampio di quello usato in questi ultimi anni, ripeto, non a caso), è un mezzo potentissimo di controllo delle masse. E questo non solo perché la malattia è connaturata alla natura dell’uomo, ma anche perché attraverso la medicina si può determinare il destino di un individuo, tanto in senso positivo che negativo. Si possono inoltre indirizzare le masse verso determinati tipi di comportamento, sia con reazioni riflesse sia con metodologie di carattere fisico d’interazione con l’essere umano. In questo quadro la cosiddetta “telemedicina” assumerà sempre più piede in un futuro oramai prossimo. Verranno create delle centrali telematiche che controlleranno costantemente i pazienti a casa propria, e l’interazione con gli smartphone sarà sempre più evidente. In pratica ci sarà un’informatizzazione totale del nostro stato di salute e della nostra vita in genere, dove il vostro medico sarà un programma informatico o un dottore robot. Milioni di dati, come accennavo prima, che saranno vero e proprio oro tanto per le élite che detengono i mezzi tecnologici e finanziari per fare tutto ciò, quanto per le loro aziende da cui oramai l’intera umanità dipende. Dunque oltre il controllo anche il guadagno. L’“Internet delle cose”, per cui è necessario il 5G (già si parla di 6G e oltre) non è una “figata”, è la fine dell’autodeterminazione. Sarete collegati con la Rete 24 ore al giorno e questi miliardi di dati saranno appunto controllati attraverso computer quantistici. Con la digitalizzazione scordatevi la privacy, scordatevi la libertà di decisione e di movimento, scordatevi la vita come l’avete conosciuta fino ad oggi.

Benvenuti nel mondo nuovo, ecologico, sostenibile e digitale. Il migliore dei mondi possibili.

Germania anno zero

Germania anno zero

Gli avvenimenti difficilmente sono casuali. Soprattutto in politica. Magari non se ne conoscono a prima vista i motivi, ma dietro qualcuno o qualcosa ha generalmente agito per ottenere un determinato risultato.

Durante questo periodo di “pandemia” diverse sono le cose che si sono succedute in tutto il mondo e in Europa anche la nazione leader, la Germania, ha visto profondi cambiamenti. In tutti i sensi.

Tanto per iniziare è finita (finalmente diranno alcuni) l’era Merkel. La Cancelliera ha definitivamente, almeno all’apparenza, gettato la spugna, decretando un suo ritiro dalla scena politica attiva rinunciando a un quinto mandato al comando del Paese. La regina di Germania ha provato a lasciare lo scettro a due donne, Annegret Kramp-Karrenbauer e Ursula von der Leyen, ma entrambe non hanno la stoffa per succederle. Alla fine, guarda caso, lo scettro della conduzione del partito è passato nelle mani di “un brav’uomo” come si sarebbe detto in altri tempi, o leggi “mediocre” come si direbbe fuori dai denti (o politically correct) oggi: Armin Lascet, 60 anni, Presidente del Nord Reno-Westfalia. Uomo perfetto per non dar fastidio a nessuno. Tanto perfetto che alla fine si è deciso che dovrà guidare l’Unione ossia la CDU e la CSU (partito gemello della prima, ma solo presente in Baviera) nella corsa per il cancellierato il 26 settembre prossimo. Non è infatti un caso che gente come Wolfgang Schäuble, un falco della politica tedesca, lo appoggiasse apertamente contro il rivale, il Presidente della Baviera, Markus Söder (54 anni). Quest’ultimo certamente preferito dagli elettori tedeschi, perché più carismatico e “deciso” nelle sue pur discutibili decisioni. Ma si sa, in tempi di Covid la figura dell’uomo “forte” e risoluto ha successo per credere di uscire dall’impasse economica, sanitaria e sociale.

Un suicidio programmato

La domanda da porsi è: perché la CDU si è suicidata politicamente? Perché, dopo 16 anni di regno praticamente incontrastato, durante il quale la politica della Merkel ha fagocitato tutto e tutti, in primis la SPD, la più antica socialdemocrazia al mondo con una tradizione politica centenaria (fu fondata nel lontano 1863), ha deciso di abdicare politicamente la guida del Paese egemone in Europa da almeno trent’anni? Perché è chiaro, sondaggi a parte, che il cancellierato tedesco sia destinato ad andare nelle mani dei “Grüne”, ossia i Verdi tedeschi, già in ascesa da tempo nelle preferenze elettorali del Paese, tanto a livello nazionale che locale (un recente sondaggio del Forsa Institute darebbe i Verdi in sorpasso sull’Unione con il 28 per cento delle preferenze contro appena il 21). E non è di certo un caso che proprio il giorno prima della decisione “suicida” del Consiglio esecutivo del partito cristiano democratico fosse stata eletta come candidata alla cancelleria per il partito in ascesa una donna, Annalena Baerbock. Quest’ultima, che passa per essere una vera e propria “promessa” della politica tedesca, a mio parere è al contrario un grande bluff.

Il verde speranza

La “giovane” promessa (ha, si fa per dire, appena 40 anni) ricalca perfettamente la figura della politica perfetta per rientrare nei canoni del “politically correct”. Madre di due figlie, Annalena ha studiato Scienze Politiche e Diritto Pubblico (in Germania si prende la laurea in due specializzazioni, anche se, spesso, non si sa nulla di entrambe. Ma questo sarebbe un lungo discorso che esula dal tema di questo articolo). Si è poi laureata (ma guarda tu il caso!) alla “London School of Economics and Political Science” in Diritto pubblico internazionale e specializzata presso Istituto britannico di Diritto internazionale e comparato. Incarna dunque alla perfezione la figura di quella generazione dei cosiddetti Millenials di cui ho parlato nel mio articolo “L’altra faccia della Luna”. Infatti come incarico “politico” è stata assistente di un’eurodeputata dei Verdi presso il Parlamento europeo (tra il 2005 e il 2008) e pochi incarichi secondari all’interno del Bundestag tedesco.

Dunque quale migliore figura per guidare la successione dell’era Merkel e trascinare un elettorato “giovane” come lei, attento (si fa per dire) alle tematiche dell’Ambiente, della “sostenibilità” (termine che va tanto di moda ultimamente) e aperto alle differenze culturali e sessuali? Come dire, il perfetto manuale della “società liquida”, senza confini e contraria alla tradizione fatta passare, quest’ultima, come segno di regressione e conservatorismo deleterio.

Uomini nuovi per il tempo a venire

I Verdi tedeschi incarnano il partito perfetto (costruito nel corso degli ultimi anni a tavolino e che nulla ha più a che vedere con quello del passato) per far governare direttamente le élite mondiali, attraverso più o meno ignari “soldatini”, tirati su nel corso degli anni nelle Università e nei centri Think Tank (letteralmente “serbatoio di pensiero”) di mezzo mondo. Ma ovviamente i partiti di tutto il mondo, certamente dei principali Paesi europei, ne sono pieni allo stesso modo.

S’è ben visto da noi, con una classe politica nel migliore dei casi inetta, nel peggiore collusa con il sistema stesso. In genere i più “anziani”, quelli che una volta erano i portaborse dei politici del vecchio corso del dopoguerra oramai quasi tutti scomparsi, fanno parte di quest’ultima categoria. I più “giovani”, o quelli che si fanno passare per tali, in genere fanno parte della prima. Per non fare nomi, ne fa parte gente che è stata chiamata dall’estero (dove passava per essere fine intellettuale ed insegnava in quelle stesse Università di cui sopra e dove si era formata a sua volta) a guidare partiti di sistema cui si continua a dare appellativi d’appartenenza politica che nulla hanno a che fare con la loro vera natura. Ma questo è solo un esempio. Gli altri sono la stessa cosa, sotto altre vesti.

Germania anno zero

Dunque quello che sta accadendo in Germania, a mio parere, è un reset completo della classe politica (quello economico lo si sta facendo su scala globale, con l’eliminazione della piccola e media impresa. Ne ho parlato diffusamente nei miei precedenti articoli). Una tabula rasa su cui riavviare il sistema sociale, educativo e, ovviamente, economico. Questo processo non sta avvenendo solo nei Verdi, bensì in tutti i partiti dell’arco costituzionale. La cosa, quantomeno, è più evidente in quelli maggiori, che potrebbero aspirare al governo del Paese. Dunque, per tornare all’inizio di questo discorso, quello della CDU è stato un “suicidio” programmato, perché è stato deciso che, in mancanza di “uomini forti” da mettere al comando del cambiamento programmato, fosse ora di rimpiazzare direttamente la vecchia classe politica con quella creata ad hoc, ed ora pronta a seguire i dettami che le vengono impartiti e per cui è stata formata. Dopo quello della Seconda Guerra Mondiale, magistralmente descritto da Rossellini con la sua immortale pellicola, è per questa Terza Guerra Mondiale, combattuta con altri mezzi, arrivato il momento di azzerare nuovamente la storia tedesca.

Theme: Overlay by Kaira
Everybody lies