Una letterina a Babbo Natale

Una letterina a Babbo Natale

Caro Babbo Natale,

ti scrivo questa letter(ina) affinché tu possa regolarti su cosa portarci come regalo per la fine di quest’anno. Se poi non riuscissi a fare tutto entro questo Natale potrai sempre chiedere una mano alla Befana, o a qualche altro personaggio dispensatore di balocchi, ricchi premi e cotillon. Tanto di questi tempi è pieno un po’ ovunque nel mondo.

Devo dire che c’è l’imbarazzo della scelta nel proporti avvenimenti e cose che richiederebbero un intervento, per così dire, “magico”, risolutore. Qui di seguito te ne elenco tre fra le più importanti, pur essendo conscio che tralascerò di menzionartene molte altre, un po’ per questione di lunghezza, un po’ per mia ignoranza personale.

 

 

Si vis pacem para bellum, e viceversa

Direi di iniziare con un classico: la guerra in Ucraina, ossia l’inizio di questa Terza Guerra Mondiale fatta a tozzi e bocconi, un po’ qua e un po’ là.

Dunque, la situazione è la seguente: la pantomima sta per finire. Si aspetterà quasi sicuramente l’insediamento sul trono del nuovo salvatore dell’umanità, al secolo il ciuffo dorato, il “Potus”, alias Donaldone Trumpone.

Quale migliore viatico per il suo secondo mandato di una bella soluzione telefonata con l’altro attore della scena dei paladini della giustizia? No, non mi riferisco al giullare ucraino, detto “tiro facile”, mi riferisco all’inquilino del Cremlino (sulla cui autenticità ci sarebbe molto da dire).

Sì, direi che i tempi sono oramai maturi per la spartizione dei pani e dei pesci ucraini. Ognuno vuole mangiare a quella mensa e dopo aver fatto a scazzottate, usando prevalentemente la faccia degli abitanti del posto, si realizzerà l’“equa” divisione di territori e di risorse. Alla fine, chi più, chi meno, saranno tutti contenti, eccezion fatta per il popolo, s’intende.

 

 

ישראל השלמה, Eretz Yisrael Hashlemah

Qui la cosa si fa più difficile, caro Babbino. Dovresti parlare con quel mascalzoncello di Benjamin (Bibi per gli amici) Milejkowski, al secolo Netanyahu, e sentire fin dove vuole arrivare (non lui personalmente, ma chi ne tira i fili).

Secondo la Bibbia (Genesi 15, 18-21) la “Grande Israele” si doveva estendere dal “fiume d’Egitto, al grande fiume Eufrate. Il Paese dove abitano i Keniti, i Kenizziti, i Kadmoniti, gli Hittiti, i Perizziti, i Refaim, gli Amorrei, i Cananei, i Gergesei, gli Evei e i Gebusei”. Quindi un territorio che oggi comprende, in parte o per intero, l’Egitto, la Giordania, il Libano, la Siria, la Turchia, l’Iraq, l’Iran e l’Arabia Saudita. Insomma un bel casino, Babbino caro.

Guarda cosa gli è toccato fare finora a Beniamino & Co: una carneficina nella striscia di Gaza (tanto i palestinesi…); bombardamenti massicci in Libano (e relative occupazioni), invasione dei territori siriani violando gli accordi del 1974, scaramucce (quelle per il momento veramente finte) con l’Iran…

Ah, a proposito di Siria: altra pagliacciata organizzata con il consenso un po’ di tutti gli attori internazionali, Bashar al-Assad incluso. Come ci ha ben spiegato Franco Fracassi, il più pulito in questa faccenda ha la rogna. Ad iniziare dalla Russia, una volta paladina difenditrice degli alauiti Assad. Tutti d’accordo, felicemente. Popolo escluso, ovviamente. Come sempre.

 

 

La resurrezione dell’impero giallo

Pǔ Yí, ultimo esponente della dinastia Qing, chiuse in modo drammatico una storia imperiale durata per 5mila anni. Era il lontano 1911. Ora, nel nuovo secolo, si può dire senza ombra di dubbio che l’antico impero è di nuovo in piena espansione. A condurlo ci sono i mandarini affiliati alla massoneria internazionale e legati a doppio filo con i soliti noti padroni dell’Occidente, oramai decadente.

Comunque la si voglia vedere sul “loro” impero non tramonta mai il Sole.

La “battaglia” è per il controllo del mondo futuro e si snoda su vari fronti: da quello tecnologico a quello commerciale, da quello politico a quello militare. Che poi, a ben vedere, sono tutti aspetti oramai strettamente connessi gli uni agli altri.

Sia che i conduttori delle danze abbiano gli occhi a mandorla, sia che si avvolgano in una bella bandiera a stelle e strisce, sono tutti mossi dallo stesso proposito: governare la mandria attraverso la tecnologia e, attraverso quest’ultima, ottenere il controllo sociale completo. In pratica caro Babbo si tratta del buon vecchio socialismo totalitario di stampo, per così dire, fabiano.

Una scaramuccia qui, uno sgambetto lì, un colpo basso tirato là. E giù a correre ad accaparrarsi le tanto preziose materie prime e le terre rare per la produzione degli strumenti di controllo. L’Africa, come sempre, è uno dei campi di battaglia preferiti, essendo un continente ricchissimo di ogni ben di Dio. Oggi vinco io, domani vinci tu. E poi si ricomincia da un’altra parte.

 

 

Lo zoo degli umani

Ultimo argomento di questa mia letter(ina), caro Babbo Natale, è riservato alla IA, della quale ho parlato approfonditamente nel mio articolo “Il fascino discreto del futuro”.

Ebbene, questa meraviglia dell’ingegno umano (umana? Mah…), come ho scritto, è qualcosa che secondo me sarà presto paragonabile all’invenzione della ruota o alla scoperta del fuoco: una rivoluzione dalle dimensioni e dalla portata sconvolgente, come non si è mai vista finora sul nostro pianeta (qualunque cosa esso sia).

Gli utilizzatori medi dell’applicazione più comune, paragonabile ad un giocattolo, che è ChatGPT, sembrano non rendersi minimamente conto della potenza e della pericolosità intrinseca, connaturata al suo sviluppo, di questa rivoluzione tecnologica dai profondissimi risvolti esistenziali legati al genere umano stesso.

Tale tecnologia è energivora, come nessuna tecnologia lo è stata finora. La quantità di energia giornaliera necessaria a mandare avanti i data center presenti in Irlanda equivale a quella che serve per rifornire oltre mezzo miliardo di individui nell’arco della stessa giornata. Una quantità di energia spropositata. Per questa ragione le grandi aziende, da Facebook ad Amazon, da Google a Neuralink, ecc. stanno facendo incetta di centrali atomiche in dismissione e stringono accordi per l’acquisto di energia un po’ ovunque sul globo. Per non parlare delle quantità d’acqua necessarie per raffreddare i super-computer quantistici con cui funziona. Alla faccia di Greta, dei gretini e dei vari movimenti “green”!

Come tutte le tecnologie che sono state presentate al grande pubblico nel corso degli anni, in realtà anche questa, molto probabilmente, nella versione resa disponibile attualmente, è da considerarsi venti o trenta anni indietro rispetto alla reale capacità ottenuta nei laboratori militari, dove è stata creata (o sviluppata). In altre parole noi vediamo quello che è stato sviluppato già due o tre decenni fa. Ricordo quello che a metà degli Anni 80 mi disse un mio parente, che a quel tempo era capo spedizione per l’Enea in Antartide: la tecnologia all’epoca disponibile i militari e la grande industria non la mettevano “a disposizione” del grande pubblico. Al popolino sono sempre arrivate le briciole, quando lo decidono loro.

Tornando a noi, caro Babbo Natale, è stato calcolato che il punto di “singolarità”, ossia quel momento in cui l’IA si renderà autonoma dall’essere umano, tanto in quanto a sviluppo di se stessa, quanto a mantenimento energetico attraverso l’energia nucleare, dovrebbe cadere (ad essere ottimisti) fra una venticinquina d’anni. A quel punto, Babbino caro, saranno veramente uccelli per diabetici, come si suol dire. Cosa deciderà questa nuova realtà “pensante”, capace di “ragionare” miliardi di volte più in fretta e con più precisione di un essere umano rispetto all’esistenza stessa dell’uomo? In fin dei conti, a quel punto, a cosa potrebbero mai servirgli questi esseri in carne ed ossa, tutto sommato inefficienti ed inutili? Ad essere buoni, se ne potrebbe ridurre il numero a poco più di 80mila individui, da tenere come specie da vedere come in uno zoo, così come facciamo noi oggi con gli altri animali. Oppure, ad essere cattivi…

Quindi Babbino caro spero tu abbia soluzioni per questi tipi di problemi che ti ho elencato sopra, e che le possa portare con te nel sacco quando verrai a trovarci di notte, mentre dormiamo. Già, la speranza è l’ultima a morire, ma nonostante tutto so già che la mattina mi sveglierò senza trovare nulla davanti al camino.

È tutta colpa di mia sorella: mi disse che non esistevi quando avevo soli 6 anni!

 

Il fascino discreto del futuro

Il fascino discreto del futuro

Sono preoccupato. Decisamente preoccupato.

Sono preoccupato soprattutto per me stesso, lo ammetto. Per il mio futuro, per quello della mia famiglia, dei miei amici, degli umani in genere.

Quello che sta palesemente accadendo sotto i nostri occhi è una trasformazione senza precedenti nella storia dello sviluppo della società e dell’essere umano. È una trasformazione non casuale, ma programmata. Da chi, almeno per il momento, non è dato saperlo. O meglio, ci sono alcuni che, evidentemente qualcosa sanno, magari perché ne sono stati messi al corrente da altri, ed ogni tanto si lasciano sfuggire brandelli di verità. Particolarmente discusso da noi in Italialand il caso dell’ex ministro della “Transizione ecologica” Roberto Cingolani.

La mia preoccupazione ha un nome (e cognome): IA, ossia Intelligenza Artificiale (o Artificial Intelligence, per fare bella figura con gli esperti del settore). Ora non sto qui a fare tutta la storia e la cronistoria di questa meraviglia della tecnica, anche perché oltre ad essere lunghissima è anche molto complicata. Non basterebbe questo mio “piccolo” articolo a descriverne la genesi e lo sviluppo. Per chi avesse curiosità può cercare di districarsi in questo complesso campo attraverso la lettura di questo ottimo articolo divulgativo.

Fatto sta che a partire dal 2022, cioè pochi secondi fa se volessimo mettere su una stringa lineare lo sviluppo della tecnica e della tecnologia umana, si è dato pubblico avvio alle danze che riguardano quella che, a mio parere, sarà la più grande e pericolosa (per l’uomo) evoluzione verso il “futuro”.

A dire il vero questo è uno dei più difficili articoli che ho scritto. Ho iniziato ad esaminare e “collezionare” materiale fin dal maggio del 2021 (più di 80 articoli e conferenze letti e seguiti sull’argomento. Ho messo molti link in questo pezzo, ma solo per far capire come i fili della ragnatela siano difficili da sbrogliare. Se volete potete anche non visitarli). Da allora, pian piano, mi sono reso conto del fatto che, come la Pandeminchia, anche il tema che veniva sempre più discusso dell’IA aveva a che fare con la trasformazione radicale del nostro mondo che è stato deciso con largo anticipo dai soliti noti. In questo caso si tratta della tecnologia e dell’utilizzo della stessa che comporta, come un cavallo di Troia, al suo interno un pericolo mortale.

Per principio non sono contrario all’innovazione tecnologica, anzi.

Il telefono cellulare, vera novità della mia generazione (e di quelle precedenti) è stato una vera e propria rivoluzione tanto nel modo di comunicare, quanto in quello dei comportamenti sociali.

Come molti della mia età sono stato da principio restìo ad abbandonare le buone vecchie segreterie telefoniche, prima a nastro, poi digitali. Poi la comodità prese il sopravvento e cedetti all’utilizzo di questa scatola che ci ha resi schiavi. Come scriveva Orazio nel secondo libro delle sue Epistole: «Graecia capta ferum victōrem cepit» (ossia la Grecia, conquistata [dai Romani], conquistò il selvaggio vincitore).

Il problema non sta nella tecnologia in sé, bensì nell’utilizzo che se ne fa. In questo caso è un utilizzo a doppio senso, dove il sopravvento è stato (non a caso) preso dalla parte di chi il servizio lo “offre”, ossia il “sistema”. In realtà l’utilizzatore, che crede di essere libero, è utilizzato attraverso quest’oggetto (cellulare o computer che sia) che, come ho già più volte scritto, è la più potente arma di costrizione finora mai usata da qualunque dittatura in qualunque tempo. Più dei fucili, più delle minacce, più del ricatto. Anzi, il ricattato è felice di esserlo al punto tale da anelare lo strumento della sua schiavitù, pagandolo a caro prezzo al suo schiavista. Quest’ultimo, attraverso la propria industria, sforna in continuazione tale strumento di tortura e coercizione in nuove versioni, sempre più sofisticate e sempre più accattivanti agli occhi dello schiavo.

Nella storia dell’umanità non si era mai vista un’idea più diabolica per soggiogare il corpo e lo spirito degli uomini. Nemmeno Pol Pot riuscì a tanto. Fra le efferatezze, da lui e dai Khmer rossi, compiute si dice che facesse pagare ai parenti le pallottole con cui giustiziava le sue vittime. Qui, al contrario, sono le vittime che pagano spontaneamente.

Dal fare una telefonata (che come recitava un vecchio slogan pubblicitario avrebbe potuto allungarti la vita) all’essere schedati e controllati nel vero e proprio senso della parola attraverso questa scatoletta maledetta è stata questione di un attimo. In pochissimo tempo la scatola magica si è trasformata in un potentissimo strumento di controllo.

Lo stesso concetto è valido per l’IA. A chi non piacerebbe avere a disposizione una macchina che potesse risolvere tutti i problemi e i compiti più difficili in tempo reale? Una sorta di “lampada di Aladino” a cui basta chiedere per avere ciò che si vuole.

Ma le cose stanno proprio così? Non direi!

AI Generativa, innanzitutto, è un’arma a doppio taglio, soprattutto nelle sue applicazioni del tipo ChatGpt e similari (variano da azienda ad azienda, anche se al grande pubblico è più nota la versione di OpenAI).

Sulla pericolosità di tale tecnologia ha ben messo in guardia Catherine Austin Fitts, conosciuta dal grande pubblico dei non addetti al mondo bancario e amministrativo americano a partire dal periodo della Pandeminchia, allorché rilasciò un’intervista proprio su ciò che stava succedendo e su cosa il cosiddetto “deep State” mondiale aveva programmato per le masse.

In pratica attraverso l’utilizzo di ChatGPT il controllo attivo e passivo sulla massa sarà facilissimo.

Oltre a questo, come distinguere la realtà dalla menzogna digitale? Già ora girano in Rete filmati, completamente fatti dalla IA, con personaggi veramente esistiti che parlano e discutono di avvenimenti “storici” completamente reinventati. I principali destinatari di tali filmati sono i giovani, coloro che maggiormente credono nelle potenzialità (peraltro sicuramente presenti) di tale tecnologia, utilizzandola però senza alcun senso critico e, soprattutto, senza una cultura di supporto alle spalle. Infatti, nel corso degli anni, non a caso, è stata fatta terra bruciata nelle scuole, nei programmi scolastici e nei libri di testo, dell’utilizzo del senso critico, soprattutto attraverso il tentativo, più o meno riuscito, della cancellazione della Storia e della Filosofia. Questo ha fatto sì che i più giovani non abbiano neanche una “memoria storica” del passato che, quindi, si può riscrivere a proprio piacimento. In Rete, oltre alla cosiddetta “disinformazione” voluta, sono sparite decine di migliaia di testimonianze del passato messe online già da anni. Oltre alla chiusura sistematica di canali dei social considerati “scomodi”.

Sempre in Rete sono già infiniti gli esempi di manipolazione della realtà: non solo notizie inventate di sana pianta (che sono all’ordine del giorno, soprattutto sui canali dei “professionisti dell’informazione”), ma addirittura filmati completamente falsi, con personaggi falsi o reali che parlano ed agiscono come si vuole che facciano per il grande pubblico. Anche per i tecnici del settore è oramai quasi impossibile affermare se un filmato sia “vero” o “falso”. Oramai l’interesse su quanto prodotto dalla IA è un affare irrinunciabile. Basti dire che Alphabet, società madre di Google, lo scorso febbraio ha perso 70miliardi di capitalizzazione sul mercato, a causa di un “errore”. In pratica il suo strumento di creazione di immagini Gemini AI ne stava producendo di storicamente e fattualmente inaccurate (tipo George Washington che risultava un po’ troppo “abbronzato”, o nazisti con la pelle di varie colorazioni). In pratica per inseguire l’ideologia woke imperante era diventato più realista del re, fino al ridicolo.

 

Lo scopo di tale tecnologia

Ma tutto ciò non viene fatto di nascosto. La verità e la progettualità ci vengono dette in faccia. E questo già da tempo. Lo scopo ultimo dell’IA è il controllo. Totale!

Il buon Yuval Noah Harari (del quale mi ero già occupato qui) così si è espresso su tale materia: “Lo strumento più efficace utilizzato da un dittatore nella storia è la paura. Sei Stalin e vuoi tenere in riga la gente, cosa fai? Li terrorizzerai. Come si terrorizza un’intelligenza artificiale? Cosa farai? La manderai in un gulag? Ucciderai la sua famiglia? Voglio dire, cosa puoi fare a un’IA che inizia a dire cose o fare cose che vanno contro la linea del partito o cerca di toglierti il potere? I dittatori si trovano in un problema molto, molto serio, in un certo senso persino peggiore di quello delle democrazie”.

Ma di esempi in tal senso ce ne sono a bizzeffe.

Lo sviluppo di questa tecnologia è continuo ed esponenziale.

Lo stesso Sam Altman, fondatore di ChatGPT, durante l’Entrepreneurial Thought Leader (ETL) tenutosi alla prestigiosa Stanford University ha dichiarato: “Possiamo dire proprio ora con un alto grado di certezza scientifica che GPT -5 sarà molto più intelligente di GPT-4. GPT-6 sarà molto più intelligente di GPT-5 e non siamo vicini al vertice di questa curva…”.

Quale dunque il confine? Non se ne vede la fine.

Non a caso tutte le più potenti aziende mondiali ci si sono buttate a capofitto: da Apple a Microsoft, da Amazon a Google, per non dimenticare il buon caro vecchio Elon Musk (o “muschio”, come lo chiama giustamente Greg) che qualche tempo fa, proprio per abituare le pecore che lo seguono, si lanciò in una finta crociata contro la pericolosità potenziale dell’IA, salvo poi utilizzarla lui per primo nelle sue aziende, soprattutto in Neuralink. È un affare lucroso ed una corsa nella quale tutti vogliono arrivare primi al traguardo. E naturalmente te lo pubblicizzano nel modo più affabile e affascinante possibile. Vogliono convincere le pecore che l’IA è umana come noi, molto umana, tanto da assumere un avvocato per provarlo.

 

La strada che porta all’Inferno

Ma in che modo si manifesterà tale controllo?

Oltre al controllo delle menti più “fragili”, perché meno supportate da senso critico e da memoria storica, come dicevo prima, quello che secondo me a breve, molto più a breve di quel che si pensi, accadrà sarà la sostituzione degli “umani” con l’IA e con i robot da quest’ultima guidati.

In verità sta già accadendo un po’ ovunque. Per parlare di un campo come il mio, quello del giornalismo, già da molto tempo testate prestigiose come il Washington Post producono articoli redatti da IA. Vengono prodotti perfino i telegiornali attraverso tale tecnologia.

Una mia amica tedesca, che fa la traduttrice di libri dall’italiano al tedesco per conto di prestigiose case editrici teutoniche, mi ha raccontato di aver partecipato di recente ad un seminario del suo settore durante il quale ad un gruppo di traduttori, assieme a lei, sono stati sottoposte alcune traduzioni. Il gruppo doveva decidere quale delle versioni proposte, a partire da un testo in inglese, fosse stato a parer loro meglio tradotto in tedesco. Ebbene, la prima scelta è ricaduta su un testo che si è rivelato poi essere stato effettivamente tradotto da un umano, ma il secondo scelto era stato tradotto dall’IA.

Perfino nel campo della vita privata e sessuale si tenta di introdurre tale tipo di tecnologia.

Non solo le professioni per così dire “intellettuali” potranno, prima o poi, essere sostituite, ma anche quelle “manuali”, attraverso i robot. Oramai ne esistono di tutti i tipi, in ogni campo di quello che oggi è l’agire umano (dalla produzione in fabbrica, al settore sanitario, da quello dei servizi a quello della manodopera specializzata, ecc.) prodotti da aziende specializzate in ogni angolo del Globo.

Un robot potenzialmente lavora 365 giorni l’anno, 24 ore al giorno, non si ammala, non va in ferie e non fa figli a cui badare. Ovviamente già immagino il commento dei soliti benpensanti che diranno: “Eh, ma si rompono anche loro”. Grazie tante… Ma per un robot che necessita di riparazioni o di sostituzione ce ne sono una schiera infinita che continuano a fare il loro lavoro indefessamente.

E allora? Cosa accadrà dell’umanità, o meglio, di quel che ne rimane? Semplice: a chi sarà rimasto, tra una Pandeminchia e l’altra, occorrerà dare una sorta di reddito di cittadinanza, due croccantini per dirla sempre “alla Greg”, tenendo tutti sotto il costante ricatto di toglierglielo se non saranno ubbidienti. Ovviamente sarà una moneta digitale, a tempo (andrà spesa entro e non oltre una certa data, pena la sua sottrazione), da spendere per comprare oggetti per lo più inutili e cibo spazzatura da mangiare. Il tutto rigorosamente in “città da 15 minuti”. Saremo tutti felici di non avere nulla, per far riferimento allo slogan coniato da lor signori.

 

Conclusione

Le tecnologie, o meglio, quella che Umberto Galimberti (finché non s’è rincoglionito con la Pandeminchia) chiamava l’età della Tecnica, sono uno strumento potentissimo, molto più di quanto comunemente possiamo immaginare. E proprio per questa ragione devono essere messe sotto il vaglio di una, per così dire, categoria dello Spirito, ossia la Morale. Non a caso è una delle branche del pensiero umano più importanti e dibattute nel corso dei secoli dalla Filosofia. Cosa è lecito e cosa non lo è? Fin dove ci si può spingere nel perseguire determinati scopi e cosa si può ritenere “accettabile” per ottenerli? Chi è che stabilisce cosa sia per l’appunto “accettabile” e chi no? Ci si può fidare della “Scienza” in un campo come questo? La risposta è ovvia.

E allora? Ci si può ribellare a questo, a quanto pare, inevitabile destino di “assimilazione” per dirla con un’efficace espressione usata da parte dei Borg nella serie di Star Trek?

Direi di no, ma in parte sì.

Personalmente ho deciso di non avvalermi di tale tecnologia. Per così dire ho deciso di rimanere “analogico” e di non usare (almeno coscientemente) questo potente strumento per qualsivoglia operazione io compia e per qualunque problema io debba risolvere. Questo per due ragioni principali: la prima è che voglio utilizzare le mie capacità di ragionamento e culturali in genere per “cavarmela” in ogni circostanza della vita. Sono umano, ho un cervello con i suoi pregi e i suoi difetti e, soprattutto, non temo di non sbagliare. So perfettamente che è più facile prendere un ascensore per salire fino all’ultimo piano di un palazzo, ma so anche che l’esercizio fisico, per quanto duro e stancante, alla fine apporterà al mio organismo umano molti più benefici che momentanee scomodità. La seconda ragione è che mi rendo perfettamente conto del fatto che il “sistema”, che già mi ha reso schiavo volente o nolente per molte, troppe cose della mia vita quotidiana, sicuramente, attraverso un algoritmo si accorgerà in tempo reale del fatto che ho fatto utilizzo della sua tecnologia a buon mercato (in questo caso addirittura gratuita) e saprà così all’istante che la mia volontà, prima o poi, potrà essere piegata ed io, implicitamente, ricattato. Il sistema saprà che ha fatto breccia nel mio cervello e che avrà una fessura per rendermi “schiavo”, così come ha fatto con il cellulare.

No, non si tratta solo di accettare di utilizzare una macchina, che può avere anche dei risvolti di utilità. Si tratta di qualcosa di più profondo. Si tratta di delegare al “sistema” la capacità umana di pensare e prendere decisioni, giuste o sbagliate che siano. Ognuno è libero di scegliere in tal senso su cosa fare. Io, almeno finché mi sarà concesso, preferisco vivere.

 

 

Foto di copertina: © Mindworld Pixabay

Vot’Antonio, vot’Antonio!

Vot’Antonio, vot’Antonio!

Quando ero giovane, tra gli ultimi anni del liceo e quelli universitari, avevo un amico fraterno con il quale condividevo l’amore per la conversazione. Parlavamo per ore praticamente di tutto: dai sentimenti alle scelte difficili da prendere, dai progetti per il futuro alle nostre speranze, dalla Filosofia alla Politica. C’era solo un problema: io ero un ragazzino ancora dalle idee confuse, almeno in campo politico, mentre il mio amico le aveva molto più chiare delle mie, o almeno così a me sembrava.

Fu proprio durante le nostre lunghe conversazioni che io, pian piano, “maturai” le mie convinzioni politiche passando da posizioni “centriste” (più che altro influenzate dall’ambiente impiegatizio familiare) a convinzioni di “sinistra”. Tuttavia la differenza tra le mie posizioni e quelle del mio amico rimaneva grande: io avevo una visione, per così dire, di social democrazia, confondendo il mondo della Grecia antica (che tanto amavo) con quello moderno della “democrazia rappresentativa”. Il mio amico, invece, sembrava non credere al “sistema” ed aveva posizioni “extra-parlamentari” che io all’epoca giudicavo troppo “estremiste”. Nel corso di pochi anni, comunque, spostai le mie convinzioni fino a finanziare, da studente universitario squattrinato, il giornale “Lotta comunista” del quale iniziai a sposare le convinzioni politiche (almeno quelle dei suoi intellettuali). Tuttavia continuavo, illudendomi, a credere nei valori che mi erano stati inculcati e, pur annullando la scheda elettorale (non sentendomi minimamente rappresentato), continuavo ad andare al seggio elettorale, ritenendo che il voto rappresentasse ancora un “segno di democrazia” irrinunciabile.

Col passare degli anni ho capito che l’esercizio del voto, tanto bello sulla carta, poco ha a che fare con ideali democratici egualitari. Il voto, al contrario, è un potente strumento di legittimazione del potere. Anzi, lo è sempre stato.

 

Vota Antonio la Trippa

Le ragioni per le quali i partiti politici e i mass media insistono così tanto all’unisono che voi andiate a votare sono principalmente due. La prima, la più evidente, riguarda tutta quella pletora di omuncoli e nani da circo che campano facendo i maggiordomi del vero potere, quello economico-finanziario, all’interno dei parlamenti: “Tengo famiglia” si sarebbe detto una volta. Oggi, semplicemente, questa schiera di parvenu campa solo grazie alle prebende che le derivano dalle cariche ricevute all’interno dei partiti e degli incarichi istituzionali ricoperti. Ad eleggerli, il più delle volte, non è il voto degli illusi che ancora pensano che l’urna possa far cambiare la rotta prestabilita della politica, bensì la decisione presa dai partiti stessi che scelgono chi candidare e in che posizione mettere i singoli individui negli elenchi delle liste elettorali. In pratica a decidere chi dovrà sedere sopra una determinata poltrona non sono i cittadini con il loro voto, ma i giochi di potere (spesso di piccolo cabotaggio) all’interno delle segreterie e delle correnti politiche. Diverse migliaia di euro al mese, privilegi che un cittadino medio non si sogna minimamente di poter ricevere in tutta la sua vita e un vitalizio assicurato anche solo dopo una legislatura passata a fare il passacarte in qualche “sacro” emiciclo sono una ragione più che sufficiente affinché vi martellino dalla mattina alla sera con il messaggio dell’importanza del vostro voto. Ma non è né la sola, né a mio parere la principale.

In effetti chi è veramente preoccupato dal fatto che la massa possa disertare le urne è chi detiene il vero potere e che il “sistema” ha creato e mantiene attraverso tutta una massa di istituzioni e servizi preparati apposta per la sussistenza del medesimo. Non solo apparati burocratici, ma anche apparati dell’informazione che martellano dalla mattina alla sera il cittadino, il suddito per meglio dire, con slogan e surrettizi ragionamenti atti appunto a spingere le pecore a legittimare il sistema stesso, in questo caso con il voto. Se per assurdo nessuno si recasse alle urne ciò significherebbe non solo la completa eliminazione dalla scena politica e sociale di tutto quell’ammasso di servi e servetti di cui sopra, ma, soprattutto, un disconoscimento totale del sistema in sé. Il re sarebbe a quel punto “nudo”. È un po’ come per la storia della Pandeminchia e dei vaccini. Se nessuno li avesse fatti tutta la pantomima che ne è seguita e tutti gli attori in essa coinvolti sarebbero svaniti in pochissimo tempo. E forse oggi ci sarebbero ancora persone che, purtroppo, ci hanno lasciato più o meno prematuramente. In quel caso gli “anarchici” erano quanti, medici e ricercatori seri in testa, hanno lanciato un grido d’allarme circa quanto stava avvenendo e a quali conseguenze si sarebbe potuti andare incontro (come poi, puntualmente, è avvenuto). Sarebbe bastato esercitare un ragionevole dubbio per capire che la strada che ci stavano facendo intraprendere ben poco aveva a che vedere con il “nostro” bene. Ma si sa, il “sistema” adopera proprio le emergenze, vere o fittizie che siano, per spingere le persone a credere a soluzioni da lui stesso proposte (e messe in atto comunque). L’emergenza serve proprio per dare la legittimazione a quanto messo in atto. Si vedano ad esempio tutte le misure messe in atto “per il nostro bene” dopo l’altra pantomima, quella (tragica anch’essa per chi l’ha vissuta sulla propria pelle) dell’11 settembre 2001. Una volta deciso che tutto il mondo avrebbe dovuto adottare misure “anti-terrorismo” non sono state più tolte. Vedasi ad esempio quelle negli aeroporti e le centinaia di telecamere che ci controllano a vista dalla mattina alla sera ovunque.

Le elezioni funzionano allo stesso modo: si lancia l’allarme dell’astensionismo e ciò che potrebbe comportare, inventandosi appositi slogan, come dicevo sopra, del tipo: “Se non voti, comunque la tua astensione permetterà agli altri di raggiungere il quorum per essere eletti”; oppure: “Occorre essere responsabili in un momento in cui la democrazia è da più parti messa in pericolo”. Già, la democrazia è messa in pericolo. Se ce ne fosse una! E in ogni caso bisognerebbe vedere da parte di chi.

Il famoso adagio attribuito a Mark Twain “Se votare facesse qualche differenza, non ce lo lascerebbero fare” ha un fondamento che va al di là del senso comune. Il sistema prevede tutto pur di mantenere il potere e di perpetuare la propria esistenza. Come rimarcava giustamente Ernst Jünger nel suo “Trattato del Ribelle” il totalitarismo del sistema deve prevedere anche un finto, piccolo spazio per un’opposizione, proprio per giustificare e legittimare la sua soverchiante totalità. Allora, come scriveva l’autore tedesco, bisogna avere il coraggio di ribellarsi, di “andare nel bosco”, che è l’esatto contrario dell’indifferenza. Nel bosco si è soli, ma si è liberi e disposti alla lotta, alla ribellione. «La violazione del diritto assume talvolta apparenza di legalità, per esempio quando il partito al potere si assicura una maggioranza favorevole a modificare la Costituzione. La maggioranza può contemporaneamente agire nella legalità e produrre illegalità: le menti semplici non afferrano mai questa contraddizione. Eppure, già nelle votazioni, molto spesso è difficile stabilire l’esatto confine tra diritto e arbitrio.».

 

Fenomenologia di una nazione in declino

Piccola digressione finale che, in parte, ha a che vedere con quanto scritto finora. In Germania, in questo periodo elettorale, si stanno susseguendo una serie di “misteriosi” atti di violenza (più o meno annotabili) nei confronti principalmente di esponenti politici della SPD o dei Verdi. Ma tu guarda un po’ il caso, proprio in prossimità della tornata elettorale. Sempre al margine della stessa occorre rimarcare che degli otto principali partiti che si presentano per uno scranno europeo i solerti media tedeschi hanno deciso di escludere il crescente (almeno nei sondaggi) da poco nato partito Bündnis Sahra Wagenknecht, ossia “Alleanza Sahra Wagenknecht”, la ex deputata della Linke (della quale ho più volte scritto che a mio parere è il solo vero politico tedesco rimasto all’interno del Bundestag) dai dibattiti pubblici televisivi. Questo sempre per favorire il processo democratico, s’intende.

Eh, quanto è bella la democrazia anche in Kruchland! Così bella che i politici tedeschi, dopo che gli hanno distrutto ben due gasdotti, la fonte primaria d’energia per l’ex “locomotiva d’Europa”, e che ora sono costretti a comprare il gas sottobanco e per vie traverse a prezzi molto più alti sempre dalla Russia (oltre a quello a buon prezzo -si capisce l’ironia?- dagli Stati Uniti) di cosa si occupano in questi giorni? Ma ovvio, del rincaro dei prezzi del Kebab! Un fatto gravissimo, soprattutto per i più giovani (noti consumatori di cibo spazzatura, per l’appunto). Il fatto è tanto grave che se n’è occupato anche il Cancelliere Scholz in persona impegnandosi a farlo tornare a prezzi più ragionevoli, ossia sui 3 euro. Tanto vale la democrazia oggi.

Dei Vannacci e Toti di turno da noi non voglio nemmeno fare un cenno.

Mi raccomando, continuate a votarli!…

 


Gli onorevoli © Youtube Roberto Molfetta

 

Come parla? Le parole sono importanti!

Come parla? Le parole sono importanti!

“Come parla? Le parole sono importanti!” diceva, anzi urlava, Michele Apicella ad un’attonita intervistatrice (Mariella Valentini) in “Palombella rossa”. Ed aveva ragione. Le parole sono effettivamente importanti e pregne di significato. Il loro utilizzo può essere fonte di comprensione, malintesi o perfino una vera e propria arma utilizzata a scopo manipolatorio.

Questo appare chiaro soprattutto nel linguaggio comunicativo, che nel corso degli anni è stato volutamente cambiato. Oggi sono all’ordine del giorno, ovunque, termini come “resilienza” oppure “sostenibilità” (e relativi aggettivi, applicabili alla qualunque). La cosa non è di poca importanza ed è stata fatta artatamente. Resilienza è esattamente l’opposto di resistenza. Una volta si adoperava veramente di rado tale termine e per mettere in rilievo la caratteristica tipica della flessibilità contrapposta alla rigidità. È resiliente una canna di fronte alla potenza del vento di un uragano. Il giunco si piega e non offre “resistenza” alla forza impari delle folate d’aria che viaggiano a velocità elevatissima, proprio per non spezzarsi e volare via. Ma qui il concetto è fra due entità di grandezza incomparabile: il piccolo e debole giunco da una parte, la enorme forza e velocità del vento dall’altra. Questo è il vero significato da attribuire a tale termine. Oggi, invece, lo si è volutamente diffuso per stare a significare che chiunque, difronte alle difficoltà o calamità in cui può imbattersi, può risultare vincitore proprio in virtù di tale caratteristica. Meglio fingersi morti, senza combattere, come fanno alcuni animali quando sono sotto attacco da parte di rivali molto più forti. Si utilizza quindi questa sorta di linguaggio “fluido” per esprimere un concetto che non è proprio del termine, ossia resistenza ad un evento catastrofico esterno. Bisogna essere “fluidi” per resistere. Anche nella fisicità. Di qui il passo al “gender fluid”, un essere senza un’identità precisa, né donna né uomo né omosessuale (o ermafrodito per includerci anche un altro genere sessuale già noto da migliaia di anni). La fluidità, quindi la non identità per eccellenza, diventata sinonimo di modello ideale della società moderna, e anche per tale modello si crea un linguaggio apposito (vedi l’utilizzo della cosiddetta “schwa“, la “e” rovesciata “ә“). Dunque, se si è “resilienti” non si è “resistenti” nei confronti del “sistema”.

Come dicevo prima, altro termine principe dei tempi che stiamo vivendo è “sostenibilità”. Se leggiamo nel vocabolario Treccani (sulla cui evoluzione nel corso del tempo bisognerebbe scriverne a parte, ma non in questa sede) sotto questa voce troviamo scritto: «sostenìbile agg. [der. di sostenere]. – 1. a. Che si può sostenere: una tesi difficilmente sostenibile. b. Che può essere affrontato: una spesa s.; questa situazione non è più sostenibile. 2. estens. Compatibile con le esigenze di salvaguardia delle risorse ambientali: energia s.; sviluppo s., locuzione con la quale si indica una strategia di sviluppo tecnologico e industriale che tenga conto, nello sfruttamento delle risorse e nelle tecniche di produzione, delle condizioni e delle compatibilità ambientali».

Dunque quello che una volta era solo un significato per “estensione” di quello originario, derivato dal latino (“sub” e “tenere”, cioè tengo da sotto, sostengo, supporto), è diventato al giorno d’oggi il significato primario del termine. O meglio, lo hanno volutamente fatto diventare tale. Tutto deve essere “green”, verde, pulito. A partire dall’energia, anche quella usata per muovervi.

 

L’ambito sociale

Ma non basta. Il vostro stesso agire nell’ambito sociale deve essere “sostenibile”. Comprate un biglietto di aereo? Avete colpevolmente contribuito all’emissione di CO2 nell’atmosfera e quindi dovete abituarvi all’idea che in un prossimo futuro ciò non vi sarà più permesso senza pagarne uno scotto tanto in termini di denaro, quanto di libertà di movimento. Tutto questo, ovviamente, al netto del fatto che nessuno dichiara i principi in base ai quali sareste colpevoli di tale “misfatto” (come avreste in pratica fatto ciò), né che l’anidride carbonica “naturale” nell’atmosfera è di gran lunga superiore a quella prodotta per cause antropiche ed è per giunta necessaria al tanto citato (spesso a sproposito e senza cognizione di causa) ambiente. Di esempi se ne potrebbero fare a bizzeffe: uno per tutti le operazioni bancarie che effettuate online. L’utilizzo del vostro pc o smartphone per tali operazioni (un bonifico, un estratto conto, ecc.) comporta un certo quantitativo di emissioni di CO2 a voi imputabili, quindi per questo dovrete presto “pagare” (sempre nei termini citati sopra).

Dunque sì, le parole sono importanti e, come abbiamo visto, non vengono usate a caso. Il linguaggio viene lentamente cambiato nella società, in modo che ad esso ci si abitui lentamente (finestra di Overton), a partire dai libri di testo nelle scuole. Queste ultime sono oramai ridotte a succursali del “sistema” e non servono ad altro se non a veicolare alle nuove generazioni (perfino quelle troppo piccole per essere indottrinate attraverso gli onnipresenti smartphone) tale nuovo modo di “leggere la realtà” attraverso le parole e gli esempi (anche visivi).

Il cambiamento del linguaggio avviene anche a livello istituzionale. Lo si è visto bene durante il periodo della “pandemia”. Le decisioni prese non dovevano ricadere sulla responsabilità specifica (seppure queste sono state a livello locale ben evidenti) del singolo individuo o governante di turno, bensì sulla necessità dovuta al corso degli eventi. Di qui l’utilizzo massiccio del “si” impersonale: “si è deciso”, “si rende necessario”, “si consente”, ecc. ecc..

Come diceva Martin Heidegger in “Essere e Tempo” l’utilizzo del “si” nella comunicazione, per esprimere decisioni o imposizioni fatte percepire come inevitabili, serve per privare l’essere umano della sua caratteristica progettualità e per spingerlo verso la massificazione e l’appiattimento, facendogli percepire che egli non ha nessuna libertà di scelta. La prima forma di lotta verso la libertà di scelta infatti arriva già nel linguaggio, proprio perché delle decisioni arbitrarie ti vengono presentate come già prese, e a chi dissente rimane solo la disobbedienza.

Tutto ciò sarebbe già sufficiente per capire la gravità della situazione e ciò che ci aspetta in un futuro prossimo, anzi nel nostro presente. Tuttavia non c’è solo questo.

 

ChatGPT

Il “sistema” utilizza la tecnologia, la “tecnica” come avrebbe detto Galimberti quando ancora (spiace dirlo) non si era bevuto il cervello, per assoggettare l’uomo, i giovani in primis. E quale migliore strumento se non l’Intelligenza Artificiale per compiere tale operazione? ChatGPT come fonte del sapere, facile, rapida, e soprattutto gratis!

I giovani (ma non solo) la usano oramai quotidianamente, anche per svolgere i compiti loro assegnati dagli insegnanti. La macchina (opportunamente istruita attraverso algoritmi) ti dice esattamente quello che dovresti scoprire o fare tu attraverso lo studio ed il sacrificio. Il risultato è un concetto che non è proprio di chi lo dovrebbe elaborare, ma qualcosa che viene ripetuta a pappagallo, senza alcuna mediazione critica del soggetto percepiente. La macchina pensa per noi e ci suggerisce quello che dobbiamo dire e come ci dobbiamo comportare. Il migliore dei mondi possibili, per il sistema.

Soluzioni? Francamente non ne vedo alcuna all’orizzonte. Chi ha la coscienza di ciò che sta avvenendo può parare i colpi inflitti ovunque tutt’intorno, al meglio o alla peggio. Per tutti gli altri, essendoci immersi fino al midollo, non vedo soluzioni atte a farli “svegliare”, fermo restando che il “dialogo” non serve a niente, tantomeno a convincerli altrimenti da quanto assorbono quotidianamente. La lotta è impari, personalmente passo la mano.

Auguri a tutti! Per il futuro e per il nuovo anno.

 

P.S.: Dopo questa più o meno lunga disamina avrei voluto parlare del nostro amato Paese, Italialand e delle tante “armi di distrazione di massa” di quest’ultimo periodo (dal caso Cecchettin e patriarcato annesso, al Mes e la Meloni, per finire con la Ferragni). Purtroppo, o forse meglio per voi, mi sono dilungato troppo in questa chiacchierata. De “Nella tana del Bianconiglio” (così avevo intitolato l’articolo) ne parlerò (forse) un’altra volta.

 

Ma come parla? Le parole sono importanti!

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Il re è morto. Viva il re!

Il re è morto. Viva il re!

Una breve premessa

Chi scrive è stato in passato, direi per un lungo periodo, un simpatizzante di “sinistra”, anche estrema oserei dire. Questo sempre al netto del fatto che ciò è accaduto quando, in qualche misura, della divisione tra “sinistra” e “destra” nella politica italiana ancora si poteva parlare, e sempre che in realtà abbia un senso dire di “essere di sinistra” o “essere di destra”. Solo il passare degli anni, infatti, mi ha insegnato che anche le ideologie (poco importa quali) sono sempre state utilizzate dal “vero” potere per comandare e soggiogare i popoli di tutta la terra. Questi ultimi, invece, hanno sinceramente aderito ai ruoli che di volta in volta venivano loro offerti, spesso anche a costo della propria vita e di quella delle persone a loro care.

Questa breve introduzione solo per non ricevere, dai soliti quattro cretini lobotomizzati, gli usuali epiteti che sono stati addestrati ad utilizzare, come i cani di Pavlov, nei confronti di chi la pensa diversamente dalla narrativa corrente del politically correct.

 

Una storia italiana. O forse no

Era il 17 febbraio 1992 quando l’allora, quasi sconosciuto, pubblico ministero Antonio Di Pietro ottenne dal Giudice per le indagini preliminari Italo Ghitti un mandato d’arresto per l’ingegner Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, nonché esponente di spicco del PSI milanese, per un’indagine iniziata l’anno prima che lo vedeva coinvolto in prima persona in una vicenda di corruzione amministrativa e di pagamenti di mazzette. Era solo l’ago nel pagliaio e rivelò ben presto un giro di tangenti che da anni era praticato in tutto il Paese, ma che tutti facevano finta che non esistesse. Le indagini si allargarono e, dopo le elezioni politiche dei primi di aprile di quell’anno, disastrose per tutte le formazioni (Lega e Rete di Leoluca Orlando escluse), fu un susseguirsi di accuse, dimissioni e, in alcuni casi, anche suicidi sia di politici che di imprenditori (fra gli altri l’ex presidente dell’Eni Francesco Cagliari e l’imprenditore Raul Gardini, presidente del gruppo Ferruzzi-Montedison, entrambi coinvolti nella storia della tangente “Enimont”). In poco più di un anno fu travolta un’intera classe politica, capi di partito in testa. Si registrarono anche diverse minacce di morte allo stesso Di Pietro (personaggio, per altro, niente affatto adamantino. Ma sarebbe troppo lungo parlarne qui.). Le inchieste, oramai numerosissime, videro coinvolta perfino la Guardia di Finanza. Solo il vecchio PCI sembrò essere toccato marginalmente da quest’ondata di scandali. Ma, in realtà, il motivo per il quale non fu coinvolto direttamente è ben altro. Ne riparlerò più in là in questo articolo.

Tutto ciò portò, come vedremo presto, alla fine della prima Repubblica, per usare un’espressione giornalistica.

 

Fozza Itaia

Ricordo perfettamente una sera del 1992 quando con alcuni amici stavamo girando per le strade di Roma chiacchierando. Ad un certo punto, nella zona di San Giovanni, notammo tutti dei cartelloni pubblicitari che esponevano l’immagine a tutto schermo di un neonato sorridente con sopra la scritta “Fozza Itaia”. Ci facemmo subito tutti la stessa domanda: “E questa, che roba è? Sembra uno slogan calcistico!”. Anche se i pubblicitari lo negarono in seguito, nessuno mi leva dalla testa che fossero, per così dire, le prove tecniche di trasmissione per il nuovo partito, già previsto, che sarebbe stato fondato nel gennaio del 1994, dopo la sua entrata in politica nell’ottobre dell’anno prima, da un imprenditore milanese: Silvio Berlusconi.

Il motivo per il quale, oggi, a distanza di anni, ritengo che non fossero casuali quei cartelloni pubblicitari è che poco più di due anni prima, esattamente il 9 novembre del 1989, era caduto il Muro di Berlino. Da allora si decise altrove che l’assetto politico europeo dovesse cambiare e che l’Italia in particolare dovesse dare spazio ad una classe politica nuova, che sostituisse la vecchia che, seppur corrotta e corruttibile, aveva il grandissimo peccato di essere formata da uomini politici autentici, cioè la cui formazione era stata quella politica reale e che, a modo suo, teneva comunque al bene generale del Paese. In altre parole bisognava spazzare via chi aveva ancora un concetto di mondo multi-polare e non globalista e la cui visione dei rapporti di forza risentiva ancora di “valori” politici, sociali e morali che appartenevano allo sviluppo dei secoli precedenti. La fine del 20esimo secolo, al contrario, doveva preparare a quei principi unificatori e annullatori delle differenze di pensiero che tutt’oggi sono le linee guida dei recenti sviluppi internazionali.

Proprio per questo motivo, quella che sto qui riassumendo, non è forse (come ho scritto sopra) proprio del tutto una “storia italiana”. E questo tanto per quanto riguarda la storia di “Tangentopoli”, quanto per l’entrata in campo (come usava dire lui stesso, mutuando il termine dal suo amato calcio) di questo personaggio tanto controverso, quanto atipico della politica italiana.

Nel bene e nel male il politico Berlusconi, assolutamente inscindibile dall’imprenditore, ha caratterizzato circa 17 anni della politica e società italiana: dalla fondazione ufficiale della sua Forza Italia nel gennaio del 1994, fino al 12 novembre del 2011, data delle sue dimissioni “forzate” da Presidente del Consiglio. Tali dimissioni, come notai all’epoca discutendo con i miei amici della sopra citata sera del 1992, erano state in realtà un vero e proprio “colpo di Stato” ad opera dell’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano* (forse il peggiore Presidente che la Repubblica italiana abbia mai avuto assieme all’attuale) e della comunità politica ed economica internazionale. Quest’ultima era la vera mandante di ciò che fece in pratica Napolitano. Molto probabilmente l’imprenditore Berlusconi fu ricattato. Le azioni di Mediaset iniziarono a perdere il proprio valore scendendo in picchiata per tutto il 2011, perdendo ben il 45,5 per cento già solo fino ad agosto. Non le andò certo bene anche per gli anni immediatamente successivi. Fu creata, nel 1987 e valeva 4miliardi a fine 1996, l’anno della quotazione in Borsa, per poi toccare i 30miliardi ad inizio del 2000, con l’avvento di Internet. Da allora però è stato un lento, inesorabile declino fino ai circa 1,7miliardi odierni, meno della metà di quanto valeva al momento della quotazione di 27 anni fa. In pratica Goldman Sachs & Co. fecero capire al Cavaliere che era arrivato il momento di cedere le redini del comando. E fu così che iniziò l’era Monti.

 

Berlusconi il corruttore

Sicuramente Berlusconi ha contribuito a peggiorare da diversi punti di vista il già traballante Paese della fine degli Anni 80. Sono il primo a ritenere che con le sue televisioni, grazie alla complicità di personaggi come Maurizio Costanzo e il di lui marito (no, non è un lapsus il mio…) che hanno portato nelle case degli italiani, già di loro tendenti alla superficialità, il peggior qualunquismo e la peggiore volgarità legata agli istinti primari (pappa, sesso becero e popò). È inoltre vero che il personaggio Berlusconi (e anche questo non è un caso) ha usufruito per i suoi progetti imprenditoriali dell’aiuto economico e non della Mafia, che, ricordo a noi tutti, è la “mano sporca” del potere internazionale. Altrettanto lo è che sia stato un corruttore ed abbia commesso forse decine di reati amministrativi e non, oltre ad aver approfittato del doppio ruolo di politico e di imprenditore, con un conflitto d’interessi palese, per far beneficiare, attraverso oltre 70 provvedimenti legislativi ad personam, le sue aziende di vantaggi di ogni genere, anche a danno di imprese dello Stato.

Ebbene, tutto ciò è sicuramente vero (come i molti processi a suo carico hanno più volte provato). Ne ero sicuro anni fa e lo sono ancora. Tuttavia non trovo che, nonostante tutto, il ruolo più grave, più denso di responsabilità in tutto il periodo che Berlusconi ha significato qualcosa per il nostro Paese e non solo, sia stato il suo. Berlusconi si è sempre presentato per quello che era, senza infingimenti. Non è stato proprio così per altri protagonisti della vita politica e sociale italiana.

E qui torniamo al ruolo che svolse, come ho scritto prima, il vecchio PCI durante la fase concitata di “Mani pulite”. Come ho già accennato, il vecchio Partito Comunista, o ciò che ne restava dopo la “svolta” occhettiana del 1991 con la trasformazione in PDS (Partito Democratico della Sinistra). Non è un caso che il nome riecheggiasse quello di uno dei due principali partiti di oltreoceano. Così come non è un caso che a succedere ad Achille Occhetto, secondo me manipolato da altri, nel 1994, anno della vittoria elettorale di Berlusconi, ci fu Massimo D’Alema uno dei più loschi personaggi della politica italiana (non sto qui ad elencare le varie nefandezze accumulate nella sua lunga carriera politica). Quello che una volta era il “portaborse” dei vecchi politici del PCI, diventò protagonista, formando così (assieme ad altri portaborse di altri vecchi partiti) la “nuova” classe politica della “seconda Repubblica” (oggi, con la cosiddetta “terza”, siamo alle mezze calzette di quelli della seconda).

La cosiddetta “sinistra” (che con i “valori” della “sinistra” di una volta non ha più nulla a che fare, così come la “destra” odierna con quella di una volta) in tutti gli anni che è stata al governo, alternandosi con il Cavaliere, non ha mai, dico mai, cancellato nessuno di quei 70 provvedimenti legislativi ad personam fatti passare da quest’ultimo. Un caso? Non direi proprio.

 

Questo o quello per me pari sono

Al vero potere, quello massonico internazionale, Silvio Berlusconi, a sua volta massone, con la tessera della loggia Propaganda 2 (P2) di Licio Gelli (come il già citato Maurizio Costanzo) serviva per portare l’Italia verso quella direzione che, ahinoi, gli fece prendere. Tuttavia il personaggio era, per così dire, istrionico. Aveva la spiacevole tendenza a sentirsi protagonista. In altre parole a fare ogni tanto come cavolo gli pareva, non tenendo conto del fatto che i padroni che lo tenevano al guinzaglio non avrebbero gradito questa sua “autonomia” di vedute. E gliela fecero pagare, fino a scaricarlo quando capirono che, oltre a non servirgli più, stava diventando anche dannoso per i loro piani (Putin, Gheddafi, ecc.). Dall’altra parte, sempre i veri padroni del vapore, per gli italiani (sarebbe meglio chiamarli, come sono solito fare, italioti) hanno inscenato la parte della finta opposizione creando, per l’appunto un partito di “sinistra”, facendogli cambiare nome nel corso degli anni. Ma perché usarono il vecchio PCI (e per l’uopo non lo fecero coinvolgere in “Mani pulite”)? Semplice. Perché il vecchio Partito Comunista era quello che aveva una distribuzione sul territorio capillare e che, attraverso le sue cooperative, poteva meglio raggiungere la maggior parte del popolino lavoratore. Alla medio-alta borghesia ci avrebbe pensato, per l’appunto il Berlusca.

Quando i servetti de “sinistra” avevano iniziato a stancare il popolino cencioso, che sarà pure cencioso, ma c’ha sempre uno stomaco e mal sopporta che chi lo dovrebbe difendere sorseggia a champagne, mangiando caviale (vi ricorda qualcosa di oggi?) fregandosene palesemente di lui, le élite mondiali tirarono fuori dal cilindro la nuova “fint’opposizione”: i 5 Stelle (o stalle, come preferite). Con questi ultimi, come ho già detto altrove, caddi anch’io in inganno e gli diedi il mio voto (dopo circa 30 anni di onorata scheda annullata). Chiaramente non feci lo stesso errore la tornata elettorale successiva.

Oggi, le sinistre “fucsia-arcobaleno”, come le chiama giustamente Diego Fusaro, si stracciano le vesti (colorate) sui “social media” per il fatto che è stato proclamato il lutto nazionale per la morte di Berlusconi (è tutto un “non in mio nome” o “not in my name”, perché in inglese fa più figo, ovunque). Oltre a non importarmi assolutamente nulla dell’atto politico voluto dall’attuale Governo marionetta (cambia la casacca dei burattini, ma i burattinai sono sempre gli stessi), devo dire che trovo semplicemente deprimente il fatto che esistano così tanti decerebrati a piede libero. Sul fatto che abbiano diritto di voto non mi preoccupo più da un pezzo, visto che, come diceva qualcuno (non mi interessa se fosse realmente Mark Twain o meno), “se servisse a qualcosa non ce lo lascerebbero fare”.

Il re è morto, viva il re! Avanti un altro.

 

*Ne avevo parlato in diversi articoli, fra cui qui, qui e qui

Ho sofferto un mare di cambiamenti e niente potrà mai più essere lo stesso

Ho sofferto un mare di cambiamenti e niente potrà mai più essere lo stesso

Non ho più scritto a lungo perché, come diceva Ludwig Wittgenstein nel suo “Trattato Logico-Philosophicus” «Wovon man nicht sprechen kann, darüber muss man schweigen», ossia «Ciò di cui non si è in grado di parlare, occorre tacerne». E infatti di cosa mai avrei potuto scrivere oltre a quanto ho già fatto nei miei precedenti articoli circa l’epoca che stiamo vivendo? Ben poco, in effetti.

Questo anche perché tutto sta procedendo come pianificato, almeno per coloro che hanno deciso che si dovesse mettere in atto questo cambiamento epocale nelle esistenze di tutti noi: prima è stata la volta della finta pandemia, poi è arrivata la guerra (che sta scemando nell’interesse di molti), ora è la volta della graduale scomparsa delle banche commerciali (vedi il caso svizzero e quello della Silicon Valley) in favore di un cambiamento centralizzato di valuta digitale. Non abbiate paura, avverrà a breve giro di vite, non così lontano nel tempo come alcuni credono e continuano a sostenere.

Circa 200 banche statunitensi sono a rischio fallimento e potrebbero crollare in modo simile a quello della banca californiana. Un rapporto afferma che “Anche se solo la metà dei depositanti non assicurati sceglie di prelevare fondi, quasi 190 banche sono esposte al potenziale rischio di deterioramento dei depositanti assicurati, con depositi potenzialmente assicurati per 300 miliardi di dollari”.

Uno studio di quattro economisti di importanti Università, pubblicato il 13 marzo sul Social Science Research Network, sostiene che l’aumento dei tassi di interesse della Federal Reserve ha portato al deprezzamento di attività come i buoni del Tesoro statunitensi detenuti da queste banche. Il segretario al Tesoro Janet Yellen ha avvertito che non tutti i depositi non assicurati saranno salvati dalla FDIC. In altre parole, saranno salvate solo le grandi banche.

In Europa il meccanismo è stato annunciato da Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della BCE, durante la sua dichiarazione introduttiva dinanzi alla Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo: «La fase istruttoria del progetto relativo all’euro digitale è iniziata oltre un anno fa. Sin dal suo avvio, lo stretto coinvolgimento del Parlamento europeo è stato prioritario per la BCE. Nel corso del 2022, in questa Commissione abbiamo discusso regolarmente le principali opzioni tecniche esaminate. I vostri contributi hanno fornito indicazioni preziose per il nostro lavoro; insieme con i riscontri ricevuti da altre controparti sia pubbliche sia private, essi hanno contribuito ai progressi compiuti nei mesi scorsi. Queste interazioni sono essenziali per assicurare che la moneta pubblica (la moneta emessa dalla banca centrale) risponda alle preferenze e alle esigenze dei cittadini e delle imprese, in un contesto digitale in continua evoluzione.

Le abitudini di pagamento dei cittadini europei stanno mutando a una velocità senza precedenti: negli ultimi tre anni i pagamenti in contanti effettuati nell’area dell’euro sono diminuiti dal 72 al 59 per cento di quelli totali, mentre i pagamenti digitali si sono ulteriormente diffusi. Nei Paesi Bassi e in Finlandia, ad esempio, il contante è utilizzato soltanto in un quinto delle transazioni. Al tempo stesso, i cittadini vogliono avere la possibilità di pagare con moneta pubblica. La maggior parte di essi considera importante o molto importante avere sempre a disposizione una tale opzione. Un euro digitale risponderebbe a questa crescente domanda di pagamenti elettronici, rendendo disponibile la moneta pubblica in forma digitale. Insieme con il contante, un euro digitale offrirebbe ai cittadini europei l’accesso a un mezzo di pagamento che consentirebbe di pagare ovunque nell’area dell’euro, senza costi. La facilità di accesso e la convenienza del suo utilizzo favorirebbero l’adozione della nuova moneta, migliorando l’inclusione finanziaria. Nel mio intervento odierno esaminerò come l’euro digitale potrebbe aiutarci a rendere disponibile la nostra moneta ovunque e per ogni necessità nell’area dell’euro. Concluderò le mie osservazioni soffermandomi sul programma di lavoro per il 2023, durante il quale la BCE porterà a termine la fase istruttoria del progetto relativo all’euro digitale e la Commissione europea presenterà la sua proposta legislativa.». Insomma il controllo sociale, attraverso una moneta digitale a tempo ed emessa dalle sole banche centrali, è ben tracciato. Prima nei Paesi occidentali, poi seguiranno gli altri (con le buone o con le cattive).

Il sistema è stato messo in moto e, aggiustamenti a parte, ha una sua precisa tabella di marcia. Il principio della rana bollita è sempre valido, così come quello della finestra di Overton.

Questo mio breve scritto è quindi più che altro un promemoria fatto a me stesso, in primis, circa un paio di punti che vengono tessuti da tutte le parti in causa. A chi si è preso la briga di leggere i miei precedenti articoli chi siano “le parti in causa” dovrebbe essere oramai ben chiaro. Per i più distratti si potrebbe riassumere semplicemente che non esiste “il buono” contrapposto al “cattivo”, per capirci meglio il “Trump” contrapposto al “Biden” di turno (o viceversa, a seconda di come si vuole credere alla narrativa corrente), oppure il “buono Occidente” contrapposto al “cattivo Oriente” (per semplificare i “buoni della Nato”, contro i “cattivi russi e cinesi”), bensì esistono due principali gruppi massonici che si alternano al vertice della piramide del potere mondiale, prevalendo l’uno ora e l’altro dopo, facendosi “sgambetti” reciproci strada facendo (leggi finti scandali su cose in realtà ben note a tutti, o finti attentati di varia natura tendenti a “destabilizzare” l’altra parte, almeno agli occhi dell’opinione pubblica).

Insomma è tutto un gioco delle parti su di un’enorme scacchiera, dove i pedoni che vengono massacrati (più o meno consapevolmente) siamo tutti noi “comuni mortali”. Chi stia al di sopra perfino dei re e delle regine comporterebbe un discorso a parte che non intendo affrontare qui, anche perché sono conscio che mi dareste tutti del matto (ancor più di quanto alcuni già non facciano).

 

I soldatini di piombo

In questa scesa agli inferi non si può fare affidamento per un rallentamento (non penso nemmeno ad un’inversione di marcia, secondo me impossibile) sulle cosiddette “nuove generazioni”. Come ho già scritto altrove, sono masse di soldatini che sono state preparate appositamente nelle scuole ed Università di tutto il mondo attraverso programmi fatti ad hoc per tale scopo. In loro (e non mi riferisco solo ai ventenni o agli adolescenti) è stato ucciso ogni senso di coscienza critica, creandogli appositamente una realtà indiscutibile, calata dall’alto, che non tollera dubbi, se non quelli finti creati appositamente per dar a vedere che il dissenso è tollerato. D’altro canto ci aveva già spiegato bene come funziona la cosa Ernst Jünger nel suo “Trattato del ribelle”.

I docili soldatini, armati di cellulare, cercano risposte ai quesiti del mondo attraverso gli algoritmi di “ChatGPT” (già il nome è tutto un programma: Chat Generative Pre-trained Transformer, ossia “Trasformatore pre-istruito generatore di conversazioni”), sapientemente messi su dall’azienda “senza scopo di lucro” OpenAI, tra i cui fondatori e partecipanti figurano i soliti noti: Elon Musk, Reid Hoffman (LinkedIN), Peter Thiel (PayPal), Sam Altman e Jessica Livingston di “Y Combinator” (incubatrice di startup come Airbnb, Stirpe, Coinbase, Dropbox, Twich, Reddit), Ilya Sutskever, ex esperto Google sull’apprendimento automatico, l’Amazon Web Services (sussidiaria che si occupa dei servizi su cloud).

Se ne vanno quindi in giro per il mondo, scandendo slogan (preparati appositamente da altri per loro), lanciando anatemi contro chi osi mettere in dubbio la vulgata del mainstream e dispensando di tanto in tanto perle di saggezza politica o morale. Soprattutto i trenta-quarantenni sono la quintessenza della saccenza incolta ed autoreferenziale. E questo è un fenomeno che non risente dei confini geografici. Un po’ ovunque nel mondo sono quella fascia d’età in cui meglio si assommano queste nuove “qualità” dell’homo technologicus (sic.), e si espandono democraticamente in tutte le branche dell’agire umano. In pratica sono, oramai, il perno centrale della moderna società (ovviamente esistono debite eccezioni, ma appunto sono tali).

 

Italialand, meine Liebe

Breve accenno ad Italialand, dove tra un “orbe terracqueo” del Presidente del consiglio Meloni e una “rambata” del sindaco di Firenze Nardella, sfilano le orde LGBTQXYZ+++— (si nota l’ironia?) capitanate dalla neo segretaria del PD Elly Schlein, la Greta Thunberg de noantri, allevata direttamente in seno alla compagine “neo liberal” americana. Ovviamente tutto ciò nulla ha a che vedere con il sacrosanto diritto degli omosessuali di avere diritti civili e sociali, bensì con la destabilizzazione dell’individuo attraverso la finta richiesta di normalizzazione di pratiche fortemente discutibili da diversi punti di vista, quale, ad esempio, quella della maternità surrogata. Di questi argomenti se ne potrebbe discutere per giorni, e non intendo certo qui farlo.

 

Senescenza

Personalmente mi sento come un essere immerso in una visione “spengleriana” del mondo, ossia facente parte di un mondo (in Der Untergang des Abendlandes, ossia “Il tramonto dell’Occidente”) già morto e privo di speranza che tenta in tutti i modi di resistere al suo declino. Colpa mia, della mia generazione (e di tutti quelli delle generazioni immediatamente precedenti alla mia) che non abbiamo saputo vedere la polpetta avvelenata che era stata lanciata nel nostro recinto. Eppure i mezzi per capirlo c’erano già, solo che non li abbiamo usati. Le analisi a posteriori servono solo per consolarsi e, se ci si riesce, per capire.

Nostalgicamente penso alla frase pronunciata da Donald Sutherland alla fine del bellissimo film di John Sturges “The eagle has landed” e un po’ mi ci identifico: «Bonnie my love, as a great man once said: I have suffered a sea change and nothing can ever be the same again… as they say in Ireland: we have known other days».

I professionisti dell’informazione

I professionisti dell’informazione

Ho deciso di scrivere questo articolo a partire dall’analisi di ciò che ha fatto e sta continuando a fare nella narrazione della “pandemia” la “mia” categoria, ossia quella dei giornalisti, dei mass media, soprattutto quella “ufficiale” o, come dice uno spot di Mediaset, “i professionisti dell’informazione”.

Quello che molti ignorano è che il Governo Conte con l’articolo 195 del decreto legge 34/2020 stabilì l’erogazione di un “Fondo emergenze emittenti locali” «per l’erogazione di un contributo straordinario in favore delle emittenti radiotelevisive locali che si impegnano a trasmettere messaggi di comunicazione istituzionale relativi all’emergenza sanitaria all’interno dei propri spazi informativi». Tale notizia è reperibile sulla Gazzetta Ufficiale n. 279 del 9 novembre 2020. All’interno vi si legge: «Al fine di consentire alle emittenti radiotelevisive locali di continuare a svolgere il servizio di interesse generale informativo sui territori attraverso la quotidiana produzione e trasmissione di approfondita informazione locale a beneficio dei cittadini, è stanziato nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico l’importo di 50milioni di euro per l’anno 2020, che costituisce tetto di spesa, per l’erogazione di un contributo straordinario per i servizi informativi connessi alla diffusione del contagio da COVID-19. Le emittenti radiotelevisive locali beneficiarie si impegnano a trasmettere i messaggi di comunicazione istituzionale relativi all’emergenza sanitaria all’interno dei propri spazi informativi…».

Urbano Cairo, editore-padrone tra gli altri de “La7” e del “Corriere della Sera” ha dichiarato all’Ansa di “meritarsi” parte dei proventi del canone televisivo (circa 1,7miliardi di euro) per i servigi offerti in particolare con “La7” durante il periodo della “pandemia”. E come dargli torto? Chi meglio di Mentana, Floris, Formigli ed altri ancora hanno reso con il loro “tam tam” quotidiano a tutte le ore la narrativa sul Covid 19 l’unico argomento degno di discussione? Il solo problema è che la “discussione” è sempre stata a senso unico: il loro, ossia quello della propaganda governativa e di regime in genere. Mai spazio è stato dato a chi la pensasse in modo differente dal pensiero “ufficiale” su tutta la faccenda della “pandemia”. Ricordo che a tutt’oggi il numero ufficiale dei morti nel mondo “a causa” del Covid-19 (che è la malattia della SarsCov2, che è l’infezione) sono… ben 4milioni. I deceduti per tumore solo durante lo scorso anno sono stati circa 10milioni. I soli a cui tale spazio è stato concesso sono stati “invitati” nei salotti televisivi per “confronti” nello stile “uno contro tutti”, mettendoli alla berlina e mettendo in onda spezzoni di discorsi tagliati ad arte, per far sembrare le loro tesi quantomeno contraddittorie, per non dire folli. Il tutto senza possibilità di replica. Un caso per tutti quello del dottor Mariano Amici che lo strapagato professionista dell’informazione Bruno Vespa si è augurato fosse radiato dall’ordine dei medici perché reo di non aver abiurato alla sua professionalità.

A fronte di questa massa di “professionisti dell’informazione”, per chi ha voglia di cercare opinioni che non siano tutte strettamente allineate alla voce ufficiale del mainstream, si possono trovare in Rete variegate voci che, con i pochissimi mezzi a loro disposizione, cercano di informare la gente da altri punti di vista. Fra questi, ci sono: Byoblu (di Claudio Messora), Radio Radio (con Fabio Duranti e la nutrita squadra), Visione Tv con Francesco Toscano, Luogocomune (di Massimo Mazzucco), Contro Tv, (sempre con Massimo Mazzucco), Maurizio Blondet, La casa del Sole Tv (con Margherita Furlan), Becciolininetwork (di Stefano Becciolini), Numero6 (di Morris San), L’orizzonte degli eventi (di Barbara Tampieri), 100giorni da leoni (di Riccardo Rocchesso), Riscossa Italia, FEF Academy, L’Anticonformista, Meglio di ieri (di Daniel Griva), ComeDonChisciotte, Atlantico Quotidiano, l’Antidiplomatico, Nicoletta Forcheri, Oltre la linea News, Enrica Perrucchietti, Il bosco ceduo (di Pietro Ratto), Studi e salute (di Loretta Bolgan), Sandro Torella, Stefano Montanari, Barbara Belanzoni, Silver Nervuti, Matteo Brandi, Luca Donadel, Silvana De Mari, il sottoscritto e molti altri che al momento sono sicuro di aver dimenticato. Ebbene tutti costoro non credo che abbiano usufruito dei fondi stanziati dal Governo, proprio perché non allineati.

Molti hanno un canale Telegram oltre ai siti di cui ho messo il collegamento sopra. Telegram, almeno finora, sembra essere uno dei pochi social media non controllabile da parte dei grandi poteri. E proprio per questa ragione se ne stanno preoccupando. Pertanto sta venendo fuori la bufala secondo cui sarebbe un mezzo usato preferenzialmente da “cospirazionisti”, o peggio ancora da pericolosi elementi “estremisti” che vanno, per ovvii motivi, fermati. Ed ecco allora che Klaus Scwhab, fondatore ed organizzatore del World Economic Forum (organizzazione che decide in pratica i destini del mondo e che ha pubblicamente ammesso il Great Reset), ha iniziato a dire che occorrerà prevedere attacchi informatici su larga scala (a dire il vero non è la prima volta). Pertanto domani, 9 luglio, verrà lanciata una simulazione (sarà veramente tale o l’inizio di un cambiamento reale a livello mondiale?) denominata “Cyber Polygon”. Sarò pessimista (o forse realista?), ma penso che possa trattarsi dell’inizio di un controllo informatico globale, totale e definitivo.

Lo scopriremo solo vivendo, come si suol dire.

I professionisti dell’informazione

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