Le parole sono importanti

Le parole sono importanti

“Le parole sono importanti, chi parla male pensa male”, così diceva Michele Apicella, il personaggio di Nanni Moretti, nel film Palombella rossa. Sì, le parole sono importanti perché sono rivelatrici di un modo di pensare, di una cultura che si ha alle spalle, dei propri valori. Attenzione, ogni volta che faccio riferimento nei miei post al termine “valore” lo faccio nel modo più laico che si possa pensare; non a caso sono ateo! 
Ricordo per motivi, diciamo così, anagrafici quando la cosiddetta “intellighenzia” di sinistra (me compreso, non in quanto facente parte di quest’ultima bensì in quanto aderente ai valori che la sinistra propugnava) criticò con feroce ironia le gaffes di Silvio Berlusconi: dal “Romolo e Remolo” pronunciato nella base militare di Pratica di Mare al “culona” riferito alla Cancelliera tedesca Angela Merkel. Per non parlare di tutta la sequela di lunghissime chicche della nostra “classe politica” degli ultimi 20 anni, dal “tunnel” della Gelmini, Ministra della Pubblica Istruzione, fra il Cern in Svizzera e i laboratori del Gran Sasso, al nuovo posizionamento sulla carta geografica di Bari a nord del Gargano, fatto da parte del Governatore della Puglia Nichi Vendola.
Ebbene, ora che la “nuova sinistra” è al potere, come una volta si sperava ci andasse l’immaginazione, mostra chiaramente la stoffa di cui è composta. Un esempio banale, ma secondo me rivelatore della pasta di cui sono fatti i “giovani rampanti” di questa classe politica è l’uso dei termini usato in dichiarazioni di carattere squisitamente politico. E’ infarcito di tecnicismi proprii di un linguaggio inerente ad atre professionalità, quelle professionalità da cui in realtà provengono e che li vedrebbero sicuramente come persone di eguale successo. M’è capitato di sentire un’intervista a Filippo Taddei, giovane responsabile economico del PD di Renzi, il quale riferendosi alla disastrosa situazione finanziaria del Comune di Roma ha usato il termine “condizionalità” (traducendo probabilmente dall’inglese “conditionality“) che in italiano non esiste, anziché “condizione”. Questo banale errore di carattere etimologico in realtà vuol dire molto di più di quanto non sembrerebbe a prima vista. Non si tratta di mera ignoranza della lingua, come poteva capitare ai “vecchi politici” che magari avevano fatto la gavetta venendo dai più bassi strati sociali, anzi! Costoro fanno parte di una classe politica di laureati perlopiù, quando addirittura non abbiano alle spalle dottorati e prestigiosi masters conseguiti all’estero. Quindi il problema non è di carattare nozionistico quanto piuttosto di provenienza culturale. Termini quali “spending review”, cioé “revisione della spesa pubblica”, oppure “spread”, cioé “differenziale”, sono tutti derivati da un preciso linguaggio tecnico, quello dell’economia (anglosassone) e sono entrati nel comune linguaggio politico in quanto usati da “politici” di tipo nuovo, dai cosiddetti tecnici, Mario Monti in testa. Ebbene, questo dice molto, anzi direi tantissimo di come sia formata la nostra attuale classe dirigenziale nel Paese e ci dovrebbe far capire come si sia operato nella società un progressivo scambio di ruoli a cui ci siamo un po’ tutti abituati ed uniformati. I pubblicitari hanno sempre saputo bene che ripetere un messaggio ancorché falso decine di volte, alla fine, lo fa sembrare vero o almeno verosimile alle orecchie di chi lo ascolta, operando una sorta di lavaggio del cervello. Bene, proprio questo è accaduto e sta accadendo alla nostra Politica. Accorgersene è fondamentale, cambiare questo stato di cose è quantomeno auspicabile se si vuole tornare a considerare la società che ci circonda sotto un’altra Weltanschauung  (visione del mondo, termine filosofico tedesco stupendo). 
Sì, le parole sono importanti. Apicella aveva ragione.
La mistificazione delle competenze

La mistificazione delle competenze

“Alle elezioni, alle elezioni”, orsù andiam, andiamo a votar!
Già, siano esse elezioni nazionali od europee è ciò che caratterizza, o meglio dovrebbe caratterizzare, la democrazia nei Paesi cosiddetti democratici. Al di là di chi sia il vincitore, francamente, mi sembra che il problema principale delle democrazie occidentali sia diventato nel corso degli anni quello di un progressivo scambio di posizioni di responsabilità. Mi spiego meglio: come spesso ho sostenuto la Politica ha progressivamente lasciato il passo alla Finanza nel condurre i Paesi e quest’ultima s’è avvalsa di suoi “uomini” per condurre le redini delle nazioni che li hanno lasciati fare. In Italia la cosa ha assunto un carattere macroscopico e questo è avvenuto a partire da una ventina d’anni a questa parte attraverso una generale mistificazione, operata peraltro anche in altri Paesi, secondo la quale v’era una crescente necessità di porre i cosiddetti “tecnici” al posto dei politici. Questo avvenne perché si scambiò l’impreparazione e l’inettitudine della nascente classe politica con la necessità di personaggi “eccezionali” che risolvessero problemi “concreti” con competenze specifiche. Nacque in pratica il lunghissimo periodo di tecnocrati che ha preso il potere spolpando in senso letterale del termine le risorse economiche, in primis, e socio-culturale poi. Ci si dimentica che fino ad allora la Politica, cui spetterebbero le decisioni inerenti l’indirizzo in tutti i campi che un Paese dovrebbe prendere per il suo sviluppo e crescita, s’era presa il proprio compito e s’era avvalsa di più o meno ottimi “tecnici” che avevano il semplice compito di fare il loro di mestiere e non di sostituire la classe sociale che li nominava. Ad ognuno il suo mestiere, avrebbe detto mio nonno. Già, perché è un’usurpazione di competenze quella che s’è operata. Le soluzioni date ai bisogni concreti delle persone da parte della pura tecnica non costituisce la giusta risposta ad esigenze sociali che rispecchiano un panorama ben più vasto. Ad esempio i diritti civili non sono contemplati in decisioni di carattere economico se non si mediano, tali decisioni, con altre tipologie di valori che esulano completamente dall’orizzonte “tecnico” dei calcoli economici. In altre parole sarebbe come cercare di insegnare ad uno studente la metrica usata da Leopardi nel comporre L’infinito senza fargli scoprire l’intima bellezza e le emozioni che tutt’ora trasmette all’anima di chi lo legge. C’è ben altro oltre alla tecnica e questo altro deve essere lo scopo di mediazione della Politica, il mestiere della Politica.
Sì, mio nonno aveva proprio ragione. E mio nonno faceva solo il falegname!

L’importanza della differenza

L’importanza della differenza

Pensare non ti fa mangiare, ma ti aiuta a comprendere come farlo.
Il quadro purtroppo è sempre quello: adeguare al pensiero unico. Eric A. Blair, meglio conosciuto come George Orwell, ben aveva descritto in quello che forse è il più famoso dei suoi romanzi 1984 questo stato di cose. Quello che per allora era solo un mondo futuro possibile, oggi è triste realtà. 
Nella nostra piccola Italia, con una visione degli eventi del mondo molto limitata, è passata come quasi trascurabile, se non per “gli addetti ai lavori“, la notizia del progressivo tentativo di togliere dallo studio nelle nostre scuole dell’insegnamento della Filosofia. Personalmente vedo la gravità di tale “andazzo” nel fatto che, oltre ad un indiscusso ed indiscutibile impoverimento culturale del nostro Paese, si stia lentamente portando a termine un disegno molto più vasto a livello internazionale in direzione di una quieta accondiscendenza al pensiero dominante, in questo caso quello della Finanza internazionale, indiscussa padrona del mondo contemporaneo. Al di là, dunque, di un discorso per me ancor più coinvolgente (essendo il percorso di studi che ho scelto nella mia vita) l’importanza di difendere la Filosofia, come qualunque altra materia di studio, è una questione di civiltà e di sopravvivenza di valori fondanti la società. In questo, bisogna essere sinceri, le cosiddette materie umanistiche, sono sempre state la “cenerentola” del sistema di apprendimento nel tempo a noi contemporaneo; molto più che nel passato, quando invece erano il valore fondante senza cui le più grandi rivoluzioni sociali e di pensiero dell’umanità non avrebbero visto la luce. Il campanello d’allarme è quindi più che giustificato perché chi ha interesse a negare i diritti altrui ben sa che bisogna minare le basi del dissenso, ovvero il libero pensiero. Fa parte della guerra, quella che come ho già detto in questo blog è oramai in atto da un po’ di tempo. Svegliare le coscienze è proprio compito della Filosofia, promuovere il libero pensiero è compito della Politica. La seconda è oramai venuta meno, permettere la corrosione progressiva della prima è un completo suicidio. Non rendersene conto vuol dire avere perso in partenza. Nella sua XI° tesi su Feuerbach, incisa anche sulla sua tomba, Marx diceva: “I filosofi hanno finora soltanto interpretato il mondo in diversi modi; ora si tratta di trasformarlo“. Ecco, non dimentichiamocelo mai, bisogna combattere anche con le proprie idee per cambiare il mondo. Sta a noi comprenderlo!
Nagima

Nagima

Nagima is a nice film by Zhanna Issabayeva, an independent filmmaker and an outsider of the Kazakhstan film world. It’s the story of two orphan girls, Nagima and her friend Anya (who will die during childbirth). The end of the film is quite shocking, nevertheless it is plenty of significance. It is the same significance that we could find in the Neo realism of directors like Rossellini or Visconti or de Sica, after the 2nd World War, rather than in the filmography by Pier Paolo Pasolini.Unfortunately I’m sure that it will be never screen in Italian cinemas and this is a pity, however it has been shown during the Berlinale film festival.
If it will possible for you, go and watch this good film.





Ricominciare per non morire

Ricominciare per non morire

Mala tempora currunt, sed postea peiora parantur!*
Tutto sbagliato, tutto da rifare, tutto da ripensare. Il quadro socio-politico nazionale ed internazionale è quanto di più sbagliato potesse immaginarsi. L’Italia è un disastro, si sa e l’ho innumerevoli volte scritto su questo blog, ma non è che l’Europa, intesa come Unione Europea, sia migliore!
Ricapitoliamo: nel Belpaese c’è un Parlamento di gente altamente incompetente che segue un Governo di stupidi servetti o gente altamente furba ed in malafede. Gli unici, e sottolieno unici ad essersi opposti a tale andazzo sono stati i deputati del Movimento 5 stelle, gente che sicuramente peccherà d’esperienza, di maniere “consone” (quali sarebbero poi? Quelle di continuare a subire le angherie patinate di un sistema arroccato su se stesso e in difesa dei propri privilegi?), ma che avendo ben chiaro il quadro della situazione politica italiana tentano di cambiare lo status quo, passando per “sfascisti” nel bel mezzo di un sistema “fascista”. Il pensiero unico è oramai regola nel Paese ogni attività. Il populismo è senz’altro un pericolo che dovrebbero evitare quelli del Movimento, ma certamente non è con il finto attivismo dei “nuovi” giovani rampanti di PD e Forza Italia che il Paese potrà cambiare. Ora questi ultimi si “vendono” come gli uomini “del fare”, contrapponendosi al presunto solo “dire” dei “grillini”; già, tutt’è a vedere cos’è che fanno. Mi sembra, francamente che si stiano molto dando da fare ad avallare, non avendo proprie idee circa il da farsi per il futuro del Paese, le stesse politiche di smembramento del Paese messe in atto dalla gente che li ha preceduti, Monti in testa. Se regalare 7 miliardi di banche vuol dire “fare”, allora era meglio stare fermi! Per non parlare della legge elettorale e tante altre cose del “fare”, fatte male o non fatte affatto. La Boldrini poi, terza carica dello Stato, questa “Madonna” con un’aurea di maestrina dalla penna rossa che si permette di blaterale cose allucinanti, salvo poi non dire una parola in difesa della deputata del Movimento 5 stelle Lupo aggredita dal Questore Dambruoso. Per non parlare del provvedimento cosiddetto della ghigliottina messo in atto per la prima volta nella storia repubblicana, provvedimento non previsto in alcun modo dalla Costituzione o dal regolamento della Camera e peraltro criticato dallo stesso PD quando Presidente era Fini.
Questa la situazione in Italia, ben triste. In Europa non stiamo meglio purtroppo!
L’Unione Europea è tale solo da un punto di vista economico e poco più. Ciascuno con le proprie leggi, con i propri eserciti, con la propria politica estera. Purtroppo l’Europa è in grande ciò che negli stati sta accadendo più in piccolo. Un quadro lucido della situazione generale è ancora una volta data da N. Chomsky nell’ultimo libro uscito in Italia dal titolo I padroni dell’umanità. Saggi politici 1970-2013, dove il filosofo-linguista ben delinea i tratti fondamentali del processo finora compiuto dal potere delle multinazionali americane e quanto sono riuscite a mettere in atto, con segni direi indelebili, sia in campo sociale che politico, più in Europa che negli Stati Uniti. La situazione è grave, direi quasi irrimediabile a meno che i cittadini europei non si sveglino ed alle prossime elezioni non decidano di fare una “rivoluzione copernicana”, cioé invertire proprio il modo di pensare all’Europa steessa, non abolendola perché non avrebbe senso. Ri-pensare la politica si può, ri-fondare l’Europa è un dovere, altrimenti oltre 3000 anni di civiltà del vecchio continente non saranno serviti a nulla in un mondo globale, dove i confini fisici non sono più un ostacolo e quelli sociali sono guidati dalla finanza che schiavizza le menti per ottenere i propri scopi. Una volta c’erano i servi della gleba, tenuti sotto la minaccia delle armi del più forte, oggi ci sono i servi del pensiero, tenuti sotto la minaccia del pensiero unico, ottenuto con un impoverimento culturale generale che fa spavento. A forza di convincere la gente della necessità dello status quo, questa finisce per crederci. E chi lo impone lo sa perfettamente. Bisogna cambiare per non morire.
Eh sì, mala tempora currunt!

*Stiamo vivendo tempi non buoni, ma se ne preparano di peggiori!
Un giaccone galeotto

Un giaccone galeotto

Viaggiava spesso fra Roma e Berlino. Le vicissitudini della vita lo avevano portato a non badare più molto ai piccoli fatti quotidiani sui quali inciampava accidentalmente ed il passare degli anni gli aveva creato una patina di indolente indifferenza proprio lì, sul fondo dell’anima.
Erano state quelle appena passate vacanze non facili. Tornare a “casa”, quando una casa che senti tua non ce l’hai più e quella che è diventata la tua nuova “casa” non la senti ancora tale; tornare in un ambiente familiare “difficile”, dove i tuoi maggiori affetti, quelli che “normalmente” dovrebbero essere tali, non sono rappresentati dai tuoi familiari più prossimi, ma da amici che sono stati i succedanei di un sentimento familiare mancato; tornare e constatare che il tempo passa, inesorabile e ti mette alla prova per l’ennesima volta con i mali fisici della vita, tuoi o di chi ti è più prossimo. Insomma una prova ad ostacoli più che una vacanza.
Questo in sintesi il “fardello” con cui, tra il senso di liberazione da un periodo oggettivamente pesante e la nostalgia causata da una partenza, vissuta per l’ennesima volta, da un pezzo della propria vita, si accingeva a tornare verso il proprio futuro.
Volo pomeridiano questa volta, quando in inverno è già buio, nonostante non sia così tardi oggettivamente. Le solite famiglie con bambini piccoli, i soliti ragazzi chiassosi che scherzando riempiono l’aria di fastidiosi suoni gutturali e non, i soliti tizi silenziosi, come lui del resto, che osservavano gli altri dietro uno sguardo inquisitore e di noia.
Aveva optato per un volo low cost italiano, perché in quell’occasione era stato molto più conveniente economicamente di quelli tedeschi e questo lo infastidiva un po’, tanto a causa dei posti a sedere più angusti quanto per le restrizioni imposte dalla compagnia sui bagagli; in fin dei conti, aveva pensato, si trattava solo di volare per poco meno di due ore.
Usava in genere tentare di salire per primo sugli aerei, anche se il posto era già assegnato, e questo per una ragione che aveva a che fare con il suo carattere un po’ spigoloso, da persona precisina, come un po’ tutti quelli del suo segno zodiacale, avrebbe detto se avesse creduto nell’oroscopo. In realtà il motivo era che sapeva quanto fosse difficile trovare un “buco” libero per il proprio bagaglio a mano su quel genere di voli e non voleva rischiare di dover vedere la propria valigia e soprabito messi dalla parte opposta dell’aereo. Così era meglio arrivare fra i primi e prendere comodamente posto per sé e per le proprie cose: molto più facile anche all’arrivo per scendere senza dover aspettare una vita l’uscita degli altri. Così fece anche in quell’occasione: salì fra i primi, salutò il personale di bordo, trovò il suo posto e mise il bagaglio proprio sopra quest’ultimo. Poi si sfilò il giaccone, lo piegò al meglio perché non si sgualcisse del tutto e si mise a sedere in attesa che arrivasse il resto dei passeggeri. Non gli era di certo sfuggito, in tutto questo suo da fare, che fra l’equipaggio a bordo c’era una donna molto bella, ma l’indolenza di cui dicevamo prima ed un fatalismo a cui s’era ormai abituato facevano sì che il pensiero di come entrarci in contatto gli rimanesse relegato in un angolo remoto della mente. Intanto l’aereo si popolava di corpi e di rumori ed il momento del decollo si avvicinava sempre più. Ed ecco il momento fatale: la bella assistente di volo si avvicinò per “sistemare” le valigie e spostò, pressandolo ben bene, il suo giaccone in un interstizio fra i bagagli. Non l’avesse mai fatto! Il suo giaccone nuovo nuovo! Come osava? Il nostro s’alzò stizzito e con un gesto di fastidio in volto s’apprestò a risistemare l’oggetto già completamente deturpato, nella sua mente, così come lo aveva messo all’inizio, dove non dava fastidio pur non assumendo la forma di un salame schiacciato. Poi, come per giustificarsi del repentino scatto, si girò verso la bella hostess e disse: “Scusi sa, ma così me lo distrugge!”. Lei lo guardò fra lo stupito e l’aria di chi sotto sotto pensasse: “Ma guarda questo qui! Mi sembra “Furio” di Bianco, rosso e verdone” e con voce decisa e canzonatoria replicò: “Veramente l’ho solo sistemato perchè non cadesse”. Ecco, l’aveva sistemato perché non cadesse, ed in effetti non l’aveva messo poi così male e lui si stava maledicendo da solo per aver messo in moto il cervello solo dopo che il suo istinto da “zitello” acido l’aveva fatto scattare in piedi come una molla. Un senso di frustrazione, lo stesso che conosceva così bene fin da piccolo, lo colse dopo essersi rimesso seduto mentre si dava del cretino da solo. Che fare? Questo il dilemma che occupò il suo cervello mentre l’aereo si apprestava al decollo e lei, l’oggetto da quel momento in poi dei suoi pensieri, stava lì in piedi a mostrare a tutti i passeggeri cosa fare in caso di malaugurato incidente. Già, come poteva rimediare ad una figura da cretino assoluto agli occhi di quella che, ora, considerava la sola cosa degna d’attenzione in quell’aereo?
Bisogna pur dire che al nostro non mancava senso d’iniziativa e, nonostante una timidezza che l’aveva accompagnato fin da piccolo, sapeva ben destreggiarsi fra il ribollire dei suoi sentimenti. Decise così che il solo modo per non perdere la faccia completamente e tentare l’impossibile fosse quello di fare il galante. Fu così che, non appena l’aereo fu decollato e si poterono slacciare le cinture di sicurezza, s’alzò, aprì lo sportello nel quale c’era l’ormai famoso giaccone e da quest’ultimo tirò fuori un porta documenti estraendone un suo biglietto da visita. Poi prese un libro dal suo bagaglio a mano e si rimise a sedere calando il ripiano del sedile avanti a sé. Con finta nonchalance finse di leggere qualche riga, mentre in realtà pensava intensamente cosa scrivere sul retro di quel cartoncino patinato. L’esperienza non gli mancava in proposito e, vuoi per l’età non proprio più tenera, vuoi per un fondo d’animo romantico che s’annidava laggiù da qualche parte, nella sua mente, buttò giù qualche riga di scuse, con annesso invito a cena per farsi perdonare d’essere stato “scortese”.
Dopo il difficile “parto” si mise a leggere, alzando di tanto in tanto gli occhi, solo quando lei passava fra i passeggeri per portare bevande o altro. Fu una vera sofferenza trovare il coraggio per consegnarle quel biglietto all’arrivo a Berlino. Passandole davanti, proprio sul portellone d’uscita, le consegnò il biglietto sorridendole e dicendole: “Grazie per il volo, a presto!”. Lei sorrise, ringraziò a sua volta e lui uscì di fretta. Mentre andava verso il basso edificio difronte l’aereo ripassava mentalmente quel che era successo, in parte vergognandosi, in parte chiedendosi se l’avrebbe mai più rivista.
Berlino d’inverno è un misto di bellezza, freddo e stimolo a vincere i propri limiti. Ci si adegua al gelo cui non si è abituati solo a guardare i suoi abitanti, che sembrano temprati nel ghiaccio. Pian piano si diventa bravi a passeggiare con naturalezza con diversi gradi sottozero. Le idee, si freddano anche loro.
Anche quella s’era oramai congelata nei suoi ricordi, dopo più di un mese.
Bisognava pur controllare di tanto in tanto il cellulare usato in Italia per essere sicuri che qualcuno non l’avesse contattato ancora su quel numero. Lo accese distratto. Aspettò che si caricassero i programmi e, quasi con distrazione, aprì quello per chattare: un messaggio da un numero sconosciuto. In fondo una firma: un nuovo capitolo della sua vita!
Il calciatore perfetto

Il calciatore perfetto

Confesso che non sono mai stato in vita mia esperto di calcio, ebbene sì! Tuttavia, pur non amando particolarmente lo sport nazionale italiano per eccellenza, non mi sfuggono i termini calcistici più in voga ed il loro significato. Uno di questi è “assist”. A dire il vero credo che sia d’uso comune anche in altri sport di squadra, ma la mia notoria passione per le cose del Belpaese mi porta ad usare un linguaggio consono all’andazzo generale, anche in campo sportivo. Ebbene, trovo che il buon Mario Draghi, presidente della BCE, sia un ottimo giocatore nel ruolo di assist. Già, infatti ha doverosamente fatto trapelare il fatto che la Banca Centrale Europea farà presto “le pulci” alle banche europee, declassando quelle non “consistenti”, attraverso il cosiddetto stress test. Dunque una quindicina di banche italiane sono certamente a rischio (che paura!), perché si paventano ripercussioni, tanto per cambiare, sui piccoli azionisti delle stesse. Allora, che fare? Avrebbe detto qualcun altro, in altri tempi. Beh, si potrebbe tentare di far passare l’ennesima porcata del definitivo regalo alle banche di pezzi dello Stato, attraverso una vera e propria regalìa di Banca d’Italia (o meglio di quel che ne resta, per inciso bene pubblico) alle voraci bocche delle banche private attraverso un decreto inserito ad hoc dal Governo all’interno di quello per l’abolizione della seconda rata dell’Imu. L’assist di Draghi non farebbe digerire agli italiani l’ennesima porcata a favore dei poteri finanziari internazionali (le nostre banche sono compartecipate e scalabili dall’estero), pertanto occorre “nascondere” tali tipi di provvedimenti. Salvo poi che un gruppo come i 5 stelle non facciano opposizione in Parlamento, con la solita dose di contumelie da parte di tutti gli altri partiti conniventi allo status quo. Intanto le fabbriche chiudono, l’economia va sempre più a fondo e la solita italietta continua a vedere i soliti personaggiucoli che vanno in televisione, invitati dai soliti giornalistucoli, che discettano dei soliti statistucoli come il Renzi o il Berlusconi di turno. Non c’è veramente speranza per il mio popolo, purtroppo!
L’insostenibile leggerezza del “nuovo”

L’insostenibile leggerezza del “nuovo”

Calamandrei Piero, Amendola Giorgio, Andreotti Giulio, Basso Lelio, Bonomi Ivanoe, Croce Benedetto, De Gasperi Alcide, Della Seta Ugo, Di Vittorio Giuseppe, Dossetti Giuseppe, Einaudi Luigi, Fanfani Amintore, Foa Vittorio, Gronchi Giovanni, Gui Luigi, Iotti Leonilde, La Malfa Ugo, La Pira Giorgio, Leone Giovanni, Longo Luigi, Merlin Angelina Livia, Merzagora Cesare, Moro Aldo, Nenni Pietro, Nitti Francesco Saverio, Notarianni Giuseppe, Orlando Vittorio Emanuele, Pajetta Gian Carlo, Paratore Giuseppe, Parri Ferruccio, Pertini Sandro, Pollastrini Elettra, Rescigno Matteo, Romita Giuseppe, Ronchi Vittorio, Rosselli Enrico, Rumor Mariano, Saragat Giuseppe, Scalfaro Oscar Luigi, Segni Antonio, Tambroni Armaroli Fernando, Taviani Emilio Paolo, Terracini Umberto, Togliatti Palmiro, Treves Paolo, Valiani Leo, Zaccagnini Benigno.



“Carneade! Chi era costui?” ruminava tra sè don Abbondio seduto sul suo seggiolone, in una stanza del piano superiore, con un libricciolo aperto davanti, quando Perpetua entrò a portargli l’imbasciata. “Carneade! questo nome mi par bene d’averlo letto o sentito; doveva essere un uomo di studio, un letteratone del tempo antico: è un nome di quelli; ma chi diavolo era costui?”.

Sembra quasi di leggere il Manzoni per molti cittadini italiani, soprattutto se di giovane età.

Questi  erano invece i nomi di alcuni fra i più conosciuti dei “padri costituenti” della Repubblica italiana (l’elenco completo lo potete trovare qui).
Matteo Renzi, Silvio Berlusconi: questi i nomi degli aspiranti “nuovi padri costituenti” di quel che resta della Repubblica italiana.
Se la cosa non fosse quasi tragica direi che fa quasi ridere. Già, c’è proprio poco da ridere oramai. Un Paese il nostro che sta registrando uno dei livelli più bassi nella sua millenaria storia, in diversi campi. Quello politico è palese tanto quanto quello economico, ma soprattutto quello culturale è infimo. “Cosa c’entra il livello culturale ora?”, direbbero i saggi che dispensano perle per ogni dove. C’entra, eccome! Un fenomeno da baraccone come Berlusconi o quello del finto innovatore, privo di consistenza politica e di pensiero, come Renzi sono il frutto di un tracollo culturale innanzitutto. Tracollo che pervade sì la politica, ma soprattutto la società che tale gente ha “partorito”. I nomi che ho citato all’inizio, di diversa provenienza culturale e fede politica, erano tutti legati da un sostrato comune: era gente preparata! Il nostro è un Paese che è sempre sopravvissuto grazie alla genialità di pochissimi e al buon lavoro di pochi, ma sostanzialmente si è trascinato in avanti, seguendo l’onda, per la maggior parte dei suoi cittadini. Ora il momento è grave, molto più di quanto non si percepisca. Lo Stato è massacrato dall’esterno, da poteri economici e finanziari che sono riusciti ad infiltrare loro uomini al suo interno (come in molte altre parti d’Europa), così come al suo interno da gente inconsistente ed impreparata che contribuisce ad aggravare la situazione generale. Il fenomeno del berlusconismo, per quanto biasimevole da innumerevoli punti di vista, ha rappresentato per i poteri finanziari esteri una vera anomalia, non allineata ai propri progetti e per questa ragione è stato “accantonato” in modo non proprio democratico (lo dico da feroce oppositore di quanto esso abbia rappresentato per il nostro Paese negli ultimi 20 anni). Il cosiddetto “nuovo”, in prospettiva, è peggiore. Questo per due ordini di motivi: il primo perché sono fermamente convinto che sia sapientemente “pilotato” da una serie di poteri economico-finanziari, tanto interni quanto esterni al Paese; il secondo perché, in questa vacatio d’idee e pensiero generali in cui siamo piombati, sembra essere alla maggioranza della gente che si fa “trascinare” dall’onda una sorta di “vento nuovo”, di “aria fresca”, di “rinnovamento” che tali non sono, anzi! Come diceva il personaggio di Tancredi, nel bellissimo romanzo di Tomasi di Lampedusa il Gattopardo, “bisogna cambiare tutto per non cambiare nulla” ed in questo sono bravissimi tutti, Renzi in testa con i suoi seguaci. Venti anni fa è stato il turno dei vari d’Alema, Veltroni & Co., ora è il turno loro, ma, perché c’è un ma e grande come una casa, ora i tempi sono cambiati. Il mondo va veloce, tanto, troppo per questi omuncoli e donnicciole che vogliono decidere dei nostri destini credendosi dei novelli demiurghi in grado di plasmare l’avvenire, non rendendosi minimamente conto di essere plasmati a loro volta da altri, essendo privi di un loro carattere e formazione solida. Se gli italiani non si svegliano e smettono di accettare supinamente ogni cosa gli venga propinata come fosse oro colato il futuro che vedo all’orizzonte è peggiore di quanto non lo prefigurassi solo fino a poco tempo fa. Come dicono gli spagnoli: suerte!

 

A debate about Memory

A debate about Memory

On an Italian newspaper, “Espresso”, recently Umberto Eco, the italian philosopher and writer, has written an article that is a letter to his nephew. Into the article he “talk” to his nephew about the importance of technology and of reminding things (poetry better than the names of football teams) as well. This caused a debate on internet in Italy, because some people accused Eco to be old and to do obvious remarks. Personally I don’t think so! It is true, in fact, that the risk of saying oratory things is high, however the cultural level of Italian children has become very poor in the last 20 years. I can say this both because I personally talk with some teenagers, sons and daughters of friends of mine, and because talking with another friend of mine who is a teacher, he told me that is very common to find children and teenagers very smart with technological instruments like smartphones or laptop, but completely unable to write something by themselves, with their own ideas. It is a relapse into illiteracy and is very serious in my opinion. I don’t know if in the other countries it is the same, but I find it dangerous for many reasons that, as I explained in a previous post. I would like to know what is the situation in other countries and what people thing about it.

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