Il lavoro al tempo della crisi

Il lavoro al tempo della crisi

Nel bel romanzo di G.G. Marquez L’amore al tempo del colera dopo più di 50 anni si concretizzava un amore “promesso” e mai giunto a compimento. Nell’Italia di oggi l’eterna promessa del lavoro potrebbe prendere il posto di questa attesa “eterna”. Sappiamo tutti che manca il lavoro, che non ci sono prospettive per i giovani che vorrebbero entrare nel mercato lavorativo, che l’età pensionabile la si sposta sempre più in avanti, che si fanno leggi per licenziare ancor più facilmente di quanto non sia già (questo è un Paese dove il precariato ha preso il posto della tanto sbandierata “flessibilità”, al contrario di ciò che avviene nella maggior parte degli altri Paesi presi sempre ad esempio da politici ed imprenditori che vogliono giustificare il licenziamento facile). Sappiamo tutti che chi perde il lavoro, grazie proprio a questa possibilità di liquidare un lavoratore come e quando si vuole, soprattutto se ha superato i 40 anni, pur avendo esperienza accumulata nel corso degli anni, è praticamente escluso da qualsivoglia tipologia di possibile impiego, proprio per la maggior convenienza delle aziende nell’assumere giovani, sì senza esperienza, ma decisamente sottopagati. Sappiamo tutti che i sindacati in Italia si sono sempre preoccupati di chi il lavoro, bene o male, già ce l’ha (quando se ne preoccupano!). Quello che molti non sanno è che i fondi destinati dall’Unione Europea allo sviluppo di nuove imprese, finanziamenti anche a fondo perduto, e purtroppo dati in gestione per conto delle Istituzioni europee a quelle italiane (per lo più Regioni e Province), sono da queste ultime gestiti in modo privatistico, con privilegi e ruberie varie sulle quali mancano completamente i controlli e che causano la perdita di chances di chi ha provato a rendersi autonomo e crearsi un proprio futuro lavorativo: sottrazione di fondi dell’Unione, clientelismi vari nella distribuzione dei medesimi, mancato rispetto dei tempi e delle modalità di svolgimento dei bandi di gara ufficilamente pubblicizzati dalle Istituzioni italiane. Il tutto senza poi potersi rivalere su “responsabili” delle nostre beneamate Istituzioni pubbliche, non sapendo bene a chi potersi rivolgere presso gli organi dell’Unione Europea per avere “giustizia” nei confronti di chi nega i diritti di chi vorrebbe poter lavorare, rendendosi autonomo e magari creando imprese che lavoro potrebbero darne ad altri. Purtroppo, a quanto è finora risultato a chi scrive, neanche i giornalisti più “irriverenti” nei confronti del potere politico, hanno sentito il bisogno di “scoperchiare” quest’ennesimo scandalo dell’Italietta di oggi. Ennesima storia di un Paese morto!
P.S.: lo scrivente ha tutte le prove di ciò che afferma, essendo una “vittima” di tale sistema in prima persona!
I mass media ed il vento del cambiamento

I mass media ed il vento del cambiamento

Sono passati solo pochi giorni dall’infelice esito della manifestazione di Roma e molti sono gli avvenimenti, internazionali e no, che si sono succeduti e che hanno giustamente monopolizzato l’attenzione pubblica. Tuttavia è singolare come in Italia, la maggior parte dei media, soprattutto radiotelevisivi, abbiano la capacità di “dimenticarsi” di alcune notizie che, invece, cavalcano sull’onda del fatto eclatante. Le giuste rimostranze del movimento degli indignati, oltre che passare in secondo piano a causa degli scontri del 15, sono state come inghiottite da un oblio tipico di questo Paese, dove l’emergenza è sempre tale e ce se ne occupa solo quando serve a riempire le prime pagine. Invece di mettere in evidenza i tragici problemi che derivano dalla catastrofica crisi economica mondiale e nostrana, da noi di che si parla? Sì della morte di Gheddafi, sì del terremoto in Turchia, sì della morte di Simoncelli, ma poi c’è sempre un bel po’ di spazio per l’immancabile calcio, per la nuova edizione del Grande Fratello, per l’indignazione del nostro benamato premier che fa la voce grossa dopo essere stato sbeffeggiato da altri capi di Governo e di Stato, per faccendieri nostrani che si sostituiscono al ministro degli Esteri della Repubblica, per il solito balletto della politica del “dimettiti”, “no, non mi dimetto”, del “troviamo la quadra” dall’alto dei nostri privilegi, o “non troviamo la quadra e facciamo cadere il Governo”. Provate a dare un’occhiata ai giornali degli altri Paesi. Il fenomeno di Occupy Wall Street negli Stati Uniti è sempre vivo e ben presente sui media americani e non, così come in Spagna o in Francia, ecc.. Solo poche eccezioni, per lo più della carta stampata rimangono in linea con l’attenzione data al fenomeno dall’estero. Speriamo che questo vento cambi e che anche in questo non rimarremo, come per tutto il resto, gli ultimi a cogliere un cambiamento sociale, secondo me in atto, che difficilmente potrà essere fermato nei mesi a venire.

Il link allegato è su suggerimento di Federico Rampini. CVD

Il ricordo

Il ricordo

Passano i giorni, trascorrono i mesi, muoiono le stagioni, svaniscono gli anni.
Appassisce il fiore, muore l’ape, spira l’anima con l’essere umano, anche le cose si sfalederanno.
Solo il ricordo dei giorni passati, dei mesi trascorsi, delle stagioni vissute, degli anni sfogliati, del fiore profumato, dell’ape ronzante, di te, che mi guardi fisso negli occhi, rimarrà per sempre nell’aria, sopravviverà a tutto il resto!
Ballata del giovane stanco

Ballata del giovane stanco

Questa è la ballata del giovane stanco
che s’accorse una mattina di mostrare il fianco
ad una strana voglia di novità.
Vide su un ramo un grazioso uccellino
dal manto dorato ed il canto adamantino
Lo vide volare lontano nel cielo
e decise di andare a seguire quel volo
Arrivò in una valle accogliente e solare
piena di frutti e bellissimi fiori
Prese una mela profumata di fresco
le diede un morso e cadde riverso
Più non udiva l’uccello cantare
più non vedeva i fiori danzare
Si rese conto un attimo prima
che da questo mondo lasciasse le soglie
che non valeva dar corso alle voglie
ché portano spesso ad effetti dannosi

financo a lasciare le proprie spoglie

There was a place

There was a place

There was a place where I used to go since I was a child
It has been a place of beauty, where the silence was my friend and loneliness was my woman
I’ve learnt over the years to open the door of that place just to a few
‘cause I’ve understood that there are places too fragile to allow to everybody to walk over
It is a place where I’ve collected all my treasures, accumulated with patience, one after one, while time was going by
I’ve spent all my strength to build it like a kingdom
sometimes making mistakes, sometimes waiting for a better time to put inside something of value
I’ve grown it up like a baby, and like a baby it gave to me joy and pain
I’ve been waiting to see it grown up like an adult
After so many years I’ve thought it was the moment to open it’s door for the great day
The day I’ve always dreamed, since I was a child
The day in which it should not have been for my eyes only
The day in which all those years that I spent to collect all those treasures should have had a sense
I trusted you, I opened wide that door, I gave all my treasures to you, without if and without but
It was the last time in which I’ve been into that place
Nobody else have been there: now it’s completely empty! There are no more treasures, no more memories, no more hopes, no more wishes

There was a place where I used to go since I was a child: that place was my soul.

Sic transit gloria mundi

Sic transit gloria mundi

Parafrasando una bellissima canzone di Fabrizio De Andrè, ieri si sono affrettati a dare la propria adesione al “ballo mascherato della celebrità” i maggiori capi di Stato e di Governo delle nazioni “liberatrici” della Libia, ciascuno rivendicando il ruolo decisivo dato al tragico epilogo del dittatore Muʿammar Abū Minyar ʿAbd al-Salām al-Qadhdhāfī, italianizzato in Gheddafi. Il nostro di capo di Governo, sua eccellenza Silvio Berlusconi, ha laconicamente commentato con la locuzione latina sic transit gloria mundi. Che dire? La pantomima della guerra di liberazione è finita, ora inizierà quella per la spartizione degli interessi economici. Portata la libertà, bisogna poi “organizzarla” ed “indirizzarla” verso un processo “democratico”. Assisteremo, per quel poco che trasparirà sui mezzi d’informazione, nei prossimi mesi a lotte furibonde (a dire il vero già iniziate da tempo, ma sicuramente avranno una escalation) per la spartizione delle ricchezze del Paese africano. E l’amico fraterno di Gheddafi? Colui il quale gli baciò la mano in segno di referenza? Colui il quale tanto clamore sollevò per il famoso trattato italo-libico, inneggiando a sviluppi clamorosi, tanto a livello economico, quanto a quello politico? Diciamo, a voler essere generosi, che si è defilato, con una frase che deve aver ritenuta ad effetto, una delle sue, di quelle che lasciano il segno… Chissà se userebbe la stessa per un’eventuale venuta in disgrazia dell’altro suo buon amico Vladimir Putin?
Al di là di ogni altra considerazione, ciò che dovrebbe fare pensare un popolo come il nostro, tristemente abituato  a non pensare, è che con una classe politica come la nostra non andremo mai da nessuna parte nel mondo futuro; dovrebbe fare pensare ad un popolo come il nostro che non si può essere supini ed accettare tutto in nome del “vivi e lascia vivere”, in nome del menefreghismo perché “tanto ci pensano gli altri”; dovrebbe fare pensare ad un popolo come il nostro che la realtà della Grecia non è che la minima parte di ciò che può e, spero di sbagliarmi, sicuramente accadrà all’Italia quintuplicato, grazie a personaggi come i nostri politici inetti e corrotti, grazie ai nostri “salvatori della Patria” economisti, grazie alla mediocrità diffusa.
Sic transit gloria mundi, et sic est fatum patriae nostrae! Dicuntur…
In un mondo di confusione

In un mondo di confusione

In un mondo di confusione
di vociare intenso ed inutile
di pensieri corrotti e corruttori
In un mondo pieno d’ingiustizie
di lacrime perse nel fiume del dolore
di lotte per la libertà perduta
di vite annientate e derise
In un mondo annerito dal fumo delle guerre
annegato nel sudore della fatica
reso rosso dal sangue degli sconfitti
In un mondo come questo ho visto te:
t’ho creduta essere il mio futuro alla vita,

sei stata solo un sogno di un illuso senza speranza

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