Timeo Danaos et dona ferentes

Timeo Danaos et dona ferentes

Ἄνδρα μοι ἔννεπε, Μοῦσα, πολύτροπον, ὃς μάλα πολλά
πλάγχθη, ἐπεί Τροίης ἱερὸν πτολίεθρον ἔπερσεν.

Narrami, o Musa, dell’uomo dall’agile mente, 
che tanto vagò, dopo che distrusse la sacra città di Troia.

Torniamo ai classici, o ad Omero (o meglio chi creò quel meraviglioso poema) o a Virgilio, quando nel II libro dell’Eneide dice: “Temo i Dànai, e più quand’offrono doni.”.
Sono passati millenni da allora, eppure i concetti espressi rimangono eternamente validi, perfino nella contemporaneità che viviamo noi, figli indegni di tanta grandezza.
Con un inganno, l’uomo dall’agile mente, quell’Ulisse a cui il mio pseudonimo fa riferimento (sia nell’accezione latina che greca), indusse i troiani ad accettare in dono il cavallo (mitologia stupenda, pur se falsa) che portò alla loro distruzione totale. 
Sono partito da lontano e da alte vette per spiegare ciò che penso dell’attualità a noi vicina. I fatti di oggi sono quelli di una guerra in atto, non più portata avanti con lancie e frecce (almeno non direttamente in Europa), bensì con la finanza, l’economia e con altri mezzi che vanno dal terrorismo all’invasione del territorio effettuata con mezzi non proprio convenzionali. Il più ingegnoso di questi è mandare milioni di profughi, o supposti tali, all’interno dei Paesi della già fragile Unione. Una massa di disperati spinti con vari mezzi verso il vecchio continente. Ed il cavallo? Domanderete voi? Eh, beh, quello è solo metaforico oggigiorno. Ricordate agosto del 2015? C’era una Cancelliera che era fermamente contraria all’apertura delle frontiere tedesche. Per quanto riguardava gli altri, italiani inclusi, dovevano stare bene attenti a tenersi i disgraziati che arrivavano via mare dentro i confini patrii, rispettando il trattato di Dublino. Poi, all’improvviso, click! Tutti dentro. Mutti Angela, persona dell’anno per quel gesto secondo il settimanale Time (sarà un caso? Può anche essere), improvvisamente decise di accogliere più di un milione di profughi, quasi tutti siriani. Molte cose furono dette su questa “mossa”, in primis che l’avesse fatto per avere mano d’opera, di cui la Germania è carente, a basso costo. Già, piccolo particolare, però, è che il costo per l’integrazione di questa massa di persone è senz’altro non proprio a buon mercato, per giunta efficace per una piccola parte degli ospiti inattesi, data la difficoltà della lingua in primis e le differenti regole di vita adottate in Germania (poco comprese, a quanto sembra, dagli ospitati). Grande tripudio, almeno fino a Capodanno. In seguito agli incidenti accaduti in tutta la Germania, Colonia in testa, si è iniziato a capire che l’integrazione sarebbe stata tutt’altro che facile, anzi. Ovviamente il malcontento generale si è incanalato, manco a dirlo, nel populismo più bieco e nei revanscismi di partiti estremisti quali AfD ed in movimenti come Pegida. E come sarebbe potuto essere altrimenti? Ma la domanda sorge spontanea: come mai Frau Angela ha deciso così improvvisamente di aprire le porte di casa, passando quasi per santa, e si è poi precipitata da Erdogan, l’hitlerino de ‘noiartri, a chiedergli, con i soldi di noi tutti, di tenersi stretti i profughi che i bombardamenti vari stanno continuando a pompare verso le frontiere europee? Ovviamente il dittatoretto con i baffetti ha subito rilanciato, tanto sul prezzo che sulle pretese. Perché mica è cretino, lui. Arriviamo dunque ad Angela. Ebbene, per quanto banale possa sembrare, secondo me ha agito così per un calcolo sbagliato. Ovviamente indotto da chi la comanda, più o meno a bacchetta. Già, perché così come aveva più volte lasciato a bocca aperta (si fa per dire) per il suo “insensato” comportamento nei confronti di Putin, con le sanzioni volute dagli americani, cambiando improvvisamente, anche su quello, più volte opinione, così adesso, accortasi di essere stata giocata da chi, probabilmente, gliela aveva fatta passare per una mossa elettorale vincente, ha fatto di nuovo dietro front. Anche se in casa propria afferma di voler rimanere aperta all’accoglienza. Sì, a casa degli altri, visto che le frontiere le ha chiuse eccome. Ora deve gestirsi la gatta da pelare e cerca di metterci un rimedio, seppur posticcio.
Insomma chi ha organizzato tutto questo (ne ho già parlato altrove in questo blog) ha mandato questo dono, impacchettato da mossa politica astuta. Quello che non le avevano detto
, alla Cancelliera, era che la sorpresa era tutt’altra.
Ricordo vagamente la fine di Troia. Magari da qualche parte c’è un Enea che sta scappando già, con sulle spalle il padre Anchise, verso lidi migliori. Magari un altro pianeta.
Giambattista Tiepolo – Il cavallo di Troia
Sono solo canzonette

Sono solo canzonette

Mentre nell’italica penisola del sole e della buona cucina si parlava di unioni civili e dell’ugula d’oro della stagione, cosa è accaduto nel resto del mondo che gli ignari italioti non sanno?
Ebbene sì, il mondo gira per tutti,  ma non per l’italico popolo. Per loro è l’ombelico il posto più lontano dove riescono a volgere il proprio sguardo. E non sempre neanche fino a lì.
Mentre ci si accapiglia su stepchild adoption (in italiano “adozione del figliastro”) o quanto s’è rifatto la faccia Garko, in Europa accadono un po’ di cosucce del tutto secondarie delle quali, però, i media nostrani -e non solo- non dicono nulla o quasi. In Ucraina, per esempio, la polizia nazionale (collusa con il regime), ovvero la cosiddetta Milizia, è stata nottetempo sostituita in toto da una nuova forza armata, la Polizia, formata da giovani uomini e donne il cui solo addestramento è consistito in 3 mesi di istruzioni. Primo risultato omicidi in strada da parte di costoro nella capitale Kiev. Colpi di mortaio vengono sparati nella città senza motivo apparente, senza spiegazione alcuna.
Nel frattempo in Siria venti di guerra si alzano fra Turchia e Russia, cosa questa che coinvolgerà inevitabilmente la Nato (quindi tutti noi).
Quel gran paravento (per non dire paraculo) del nostro Presidente del Consiglio non perde occasione per far sapere che fa la “voce grossa” con l’Europa. E tutti lì a dire: “Ah, però! Ha ragione, questa volta gliene diciamo quattro a quei burocrati di Bruxelles che vogliono decidere delle cose nostre. E’ ora che la finiscano. Basta. Usciamo dall’Europa”.
Beh, a parte che è vero che “l’Europa” vuole decidere del nostro futuro, ed in particolare una piccolissima manciata di Stati capitanati dalla Germania, ma il punto non è questo. Renzie non intende minimamente mettersi contro l’Europa. Per due motivi. Primo perché non ne avrebbe la caratura per farlo, secondo perché è tutta una messa in scena quella che fa. Lo scopo è abbastanza evidente: dare la colpa all’Europa ed agli euroburocrati per l’ormai palese fallimento della politica degli annunci che sta sempre più venendo a galla nel Paese delle canzonette. Così come è accaduto con Tsipras in Grecia (che sta per scoppiare con una guerra civile). E siccome Sanremo non dura per sempre…, occorre fare qualcosa per distrarre gli italioti. E allora dagli con i diritti civili, o presunti tali, negati o con gl’interventi sulle pensioni, tagliando alle vedove diritti acquisiti per non parlare del “bail in“.
Prossimo passo: la supplica alla Gran Bretagna di non lasciare la povera Europa in balìa di se stessa: magari lo facesse!


Come ti continuo la guerra, senza fartene accorgere

Come ti continuo la guerra, senza fartene accorgere

Allora, vediamo come posso sviluppare al meglio un piano di guerra contro l’Europa.  
Schema. Cose necessarie: infiltrati (a tutti i livelli); agenzie che spingono milioni di persone verso l’Europa; agenti provocatori che sobillino alcuni presunti immigrati; aizzare le forze reazionarie presenti nei Paesi; legislazioni restrittive delle libertà con la scusa di maggiori controlli.
Svolgimento. Creo gruppi estremisti musulmani (Al Qaeda, Isis) o ne finanzio e fomento (fratelli musulmani). Li faccio scorrazzare per mezzo mondo, fornendogli armi, logistica, addestramento. Salvo dire, ovviamente,  che sono loro i cattivoni da distruggere, rigorosamente a parole. Intanto organizzo attentati in alcune città del mondo, fra le quali Parigi o Barcellona, così, tanto per tenere alta la tensione ed iniziare ad abituare la gente alla restrizione delle libertà personali in nome della “sicurezza”. Ovviamente fomento l’opinione pubblica circa chi sarebbero i cattivoni nel mondo da far fuori, tipo Assad, o prima Gheddafi, e sgancio bombe alla, come si suol dire, do’ cojo cojo. Tanto i morti sono degli altri. A questo punto creo i profughi. Grande idea. Ed anche quelli che non lo sarebbero li induco a partire verso la terra promessa (l’Europa) attraverso apposite agenzie, create ad hoc. Gente in forma, mica vecchietti incartapecoriti. Già, perché mi servono per due scopi. Madopera a basso costo per sostituire quella presente in alcuni Paesi (quali l’Italia) e per creare nelle popolazioni locali l’ansia da “emergenza”. Ovviamente, una volta sul luogo, avrò gioco facile ad organizzare, fomentare e non reprimere sul nascere eventuali atti di vandalismo o violenze (vedi Colonia). Nel frattempo assesto duri colpi di carattere economico con declassamenti del rating di Paesi deboli (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, ecc.) e colpisco improvvisamente le industrie di quelli più potenti (Germania) con scandali dei quali tutti sapevano tutto da tempo e che, ovviamente, tiro fuori quando mi fa più comodo. Tutto questo non sarebbe possibile senza le complicità interne, a tutti i livelli: servizi segreti, politici, banche, economisti e chi più ne ha più ne metta. 
Nel frattempo, per distrarre l’opinione pubblica dai veri scopi e dalle cose che più contano, organizzo “armi di distrazione di massa” attraverso sollevamenti popolari a favore o contrari alle unioni civili, adozioni da parte dei gay, oltre a portare avanti una politica di annullamento della distinzione dei sessi per rendere la gente sia sempre più disposta al cambiamento, sia più malleabile, senza nette distinzioni su ciò che è buono da ciò che non lo è (non mi riferisco ovviamente all’omosessualità in sé, bensì al suo “sdoganamento” fatto apposta per creare discussioni). Il relativismo dei valori è l’obiettivo da cogliere. Quando tutto è relativo non si giudica e si rinuncia allo sforzo di pensare a ciò che bisognerebbe fare, lasciando ad altri il compito di decidere per noi, oppure semplicemente pensando che decidere qualcosa di “diverso” dal mainstream non sia affatto necessario. Nei vari Paesi uomini tramano per il potere e sferrano duri colpi fatti a scapito della reale sicurezza dei propri concittadini pur di raggiungere lo scopo prefissato.
I piani sui quali muoversi sono molteplici, pur se collegati invisibilmente fra di loro. La gente deve arrivare a pensare che l’attentato fatto in una città nulla abbia a che vedere con l’attacco di tipo economico, cosicché si possano adottare diverse strategie di controllo su ambo i fronti. In tutto ciò, ovviamente i gruppi xenofobi avranno gioco facile, quand’anche non agevolati volontariamente. E intanto costringo le nazioni europee a dissanguarsi ulteriormente affinché i profughi, che gli ho in qualche modo spedito (e continuo a farlo), rimangano in Turchia, accettandola per giunta nell’Unione prima o poi.
Purtroppo la conclusione del tema non è prevista ancora e temo che non lo sarà a lungo. Questo è un tema il cui svolgimento è ancora tutto in divenire e la sua conclusione molto dipenderà da chi, fra gli squali che sono al vertice, riuscirà a prevalere sugli altri. E’ troppo presto per dirlo. I bookmakers non hanno ancora stabilito le quotazioni.

Stupri di massa

Stupri di massa

Con il titolo di questo post mi riferisco ovviamente ai fatti “accaduti” in Germania. Il punto, però, è capire esattamente “cosa” sia successo. Quel che voglio dire è che tutta la vicenda si può tranquillamente interpretare in tre modi differenti. Il primo, il più ovvio, è quello che tutti i media internazionali hanno strombazzato ai quattro venti, ovvero che si è trattato di una sorta di stupro e violenza di massa messa in atto da “islamici”, per lo più profughi siriani (anch’io posso passare per siriano con la facilità che c’è nel reperire su piazza passaporti falsi). La seconda è quella di un premeditato attacco politico fatto ai danni della Merkel da parte di esponenti del suo stesso partito che vorrebbero farla fuori. Ma, a mio modesto avviso, ce n’è una terza.Quest’ultima è la più difficile da provare (non che le altre due non lo siano, ma senz’altro destano meno diffidenza). Nessuno mette in dubbio, intendiamoci, che qualche cosa sia effettivamente accaduto, ma la dinamica e la tempistica con cui tutto ciò è avvenuto è almeno sospetta. Personalmente non credo che ci sia stata una sorta di libera caccia alla donna bianca da parte di supposti “profughi” e, se come tale è passata, lo si è voluto che sembrasse tale. Penso che dietro tali fatti (ci sarebbe da spiegare del perché dei ritardi nelle denunce delle stesse vittime, anche se si può sempre dire che siano giustificabili dalla shock subìto, nonché dalla strana assenza degli uomini tedeschi, notoriamente non degli agnellini. Per non parlare della completa assenza della polizia in una notte che si sapeva sarebbe potuta essere ad elevato rischio attentati) ci possa essere una regia occulta con progetti ben più vasti del rovesciamento della Cancelliera. Un piano preordinato per giustificare tanto misure ancor più restrittive della libertà personale in nome di una presunta sicurezza, quanto l’istigazione all’odio nei confronti di quegli stessi stranieri che, sempre loro, hanno favorito nella stessa “transumanza” verso il continente europeo. Questo a due scopi: uno destabilizzante. Una società che si sente in pericolo agisce d’istinto e vive costantemente nel panico di subire attacchi alla propria tranquillità sociale e personale. Un altro divisivo, tra quanti continuano nonostante tutto a difendere il diritto d’asilo e l’accoglienza e quanti, al contrario, danno libero sfogo (finalmente per loro in modo aperto) a tutti gli istinti di ripulsa ed odio nei confronti del “diverso”. Se a tutto ciò aggiungiamo un costo economico non indifferente di cui la società si è dovuta fare carico e che non rendono di certo tutte le fasce della popolazioni contente, direi che gli ingredienti per vederci un vero e proprio metodo destabilizzante ci sono tutti.
Certo, non lo posso provare, ma la grande confusione ed i ritardi nella diffusione di quelli che sarebbero stati i fatti presunti non mi sembrano certamente quel che si suol dire una solida prova di quanto accaduto realmente. Io, come ho avuto già modo di dire più volte in questo blog, ritengo che sia in atto la terza guerra mondiale (lo dico da ben prima del Papa), fatta con mezzi economici, politici (o meglio con la loro assenza) e fenomeni sociali di proporzioni come non se ne vedevano, appunto, dall’ultimo conflitto mondiale. Sono altresì convinto che non sarà questo l’ultimo atto di tale guerra, ma altri ne seguiranno. Purtroppo. La sola speranza è che qualcuno inizi a svegliarsi e capisca che è ora di dire basta a questo stupro collettivo di massa.
Luigi Celommi – Lo stupro
 
Dagli all’untore

Dagli all’untore

Quel che scambiano molti è l’effetto con il fine. Mi spiego meglio. Io posso anche sobillare uno a tirare una torta in faccia ad un altro. E’ chiaro che quest’ultimo reagisca nei confronti di chi lo ha colpito, ma il vero mandante ero io. Il fine era dunque nascosto, ma l’effetto è quel che appare, dunque è.
E’ singolare come la Francia si sia affrettata a bombardare il “covo” dell’Isis (secondo loro) Raqqa con effetto di colpire innocenti che di Parigi non sanno assolutamente nulla, mentre fino a ieri (o meglio, l’altroieri. Perché avevano già iniziato a sganciare bombe, non autorizzati da alcuno) l’Isis non era cosa “loro”. Anzi, tutte le nazioni oggi pronte alla pugna non sapevano cosa fare o come muoversi, salvo poi farselo spiegare in modo inequivocabile da Putin. Il balletto è dunque iniziato, con buona pace di chi si affanna a correre dietro al mainstream, abboccando alle versioni “ufficiali” di come siano andate effettivaemente le cose (che non sapremo mai, almeno per ora, con certezza). Tutti pronti a seguire la “verità” che gli viene propinata, proprio come dopo l’11 settembre. Ed ecco che la gente, pur di non pensare con il proprio cervello, mette bandiere francesi sul proprio profilo e grida all’untore. Tutt’è a capire chi realmete ci sia sotto la maschera dello spargitore di peste. 
Parigi val bene un “mi piace”

Parigi val bene un “mi piace”

Sono sempre stato controcorrente, ma non per partito preso. Bensì solo quando ce n’è stato bisogno. Quando penso che una cosa non sia vera, non mi adeguo al coro dei più. Sono perfettamente cosciente che per questo si debba pagare un prezzo: nel migliore dei casi si è semplicemente ignorati, come se si fosse trasparenti ed irrilevanti, nel peggiore si è tacciati di aver commesso chissà quale peccato, di essere cinici, di pensare di sapere tutto e di aver capito tutto, di credere di essere “il solo intelligente, mentre tutti gli altri sono cretini”. Me ne sono fatto una ragione nel corso degli anni, ci ho convissuto e continuo e continuerò a farlo. Pazienza. Un mio amico, a chi gli diceva di avere un “brutto carattere” rispondeva di “averne uno”. Stessa cosa: avere una propria opinione, non vuol dire voler avere ragione a prescindere, bensì semplicemente ragionare con la propria testa. Cosa questa che non vuol certamente dire che si debba sempre aver ragione su tutto. Per carità: tutti possono sbagliare, ed io per primo. Ma se c’è una cosa che mi manda in bestia è proprio il fatto che esprimere la propria opinione liberamente sia automaticamente sinonimo di polemicità a tutti i costi. Forse sarò anche polemico se con questo s’intende che non lascio cadere le cose che a mio parere sono fondamentali, ma trovo che stia a chi critica il mio atteggiamento provare che il mio comportamento non sia coerente e conseguenziale al pensiero che muove le mie convinzioni.
Tutto questo per dire che sì, penso che l’attentato di Parigi sia tutta una cosa organizzata, che dietro ci siano interessi dei soliti che muovono le cose del mondo, che seppure i “terroristi” fossero stati arabi (è come dire, chessò, europei, o nordamericani) erano stati instradati, se non preparati, da servizi occidentali e che tutta la commozione indotta nella gente per questo esecrabile gesto mi disgusta. Mi disgusta perché trovo che sia ad un tempo falsa, proprio perché indotta da piani molto ben preparati, sia perché trovo decisamente ipocrita l’atteggiamento della gente di ogni nazionalità del mondo “occidenttale” di sentirsi profondamente “indignata” e “vicina” ai morti di Parigi, per lo più attraverso manifestazioni idiote, quali quelle che si vedono a centinaia su Fb o Twitter (cambi d’immagine, bandiere francesi sulla propria foto, ecc.). Tutto questo senza aver mai manifestato la stessa “vicinanza” alle decina di migliaia di morti che ci sono finora stati proprio in quegli stessi Paesi che si indicano come la causa e nel contempo la fonte da cui proviene tutto il “male” che avrebbe invaso l’Occidente. Niente sdegno e cambi d’immagine per le stragi che da anni ci sono di palestinesi, curdi, libanesi e chi più ne ha più ne metta. Quelli sono morti di seconda categoria, morti per cui non vale la pena indignarsi e scrivere frasi idiote od ipocrite sulla proprie bacheche elettroniche (cosa questa che per giunta non costa affatto fatica, se non quella di dover trovare la frase ad effetto più cretina possibile con cui ricevere un “mi piace” dagli altri ebeti che leggono e partecipano a questo enorme circo mediatico doloroso). No, in questo senso (e spero che sia stato compreso, visto che in realtà la amo tantissimo) je ne suis pas Paris! 
Parata

Parata

Ci risiamo. Un altro capitolo della terza guerra mondiale in atto, quella di cui non ci siamo accorti che è in pieno svolgimento, è stato portato a termine a Parigi per la seconda volta in meno di un anno. Circa 160 i morti. Atto esecrabile al pari degli altri, ma che tuttavia non ci esime dal ragionare su cosa stia accadendo (peraltro ricordo a me stesso che centinaia e centinaia di morti rimangono a terra, su questo vastistissimo campo di battaglia senza confini chiari, ogni giorno da altre parti del mondo. E non fanno così clamore per noi, proprio perché distanti).
Fino a qualche mese fa i profughi erano un problema a quasi totale carico dell’Italia e della Grecia in Europa. Essendo, noi in particolare, una sorta di “portaerei naturale” piazzata al centro del Mediterraneo, il mare nostrum. Nessuno li voleva, neanche la “buona” mamma Merkel. Poi, all’improvviso, il miracolo: tutti si accorgevano che era necessario far qualcosa ed accoglierli. Un po’ anche per convenienza economica (nel caso della Germania, per via della sua carenza di manodopera atta a mantenere il suo welfare. Anche se su questo pure ci sarebbe da discutere, visto che di manodopera ne arriva tanta in Germania, anche dall’Est. Ed è altrettanto, se non di più qualificata di quella siriana. Oppure dal Sud d’Europa, Italia compresa). Dunque apertura improvvisa delle frontiere, tutti d’un colpo, tutti assieme. E tutti a lodare mamma Merkel per questo suo gesto di “generosità”.
Il sospetto che un ordine dall’alto sia arrivato direi che è più che un’ipotesi. Già, ma perché? Beh, perché quando si ha una strategia globale i pezzi del puzzle sono molti e le pedine vanno mosse in ordine (tranne quando c’è un Putin di mezzo che si mette in testa di giocare, almeno in parte, a modo suo). Dunque, tornando a noi e a questa ipotesi un po’ strampalata, direi che uno prima fa entrare un bel po’ di “arabi” nel cuore dell’Europa (che intanto è già stata massacrata a sufficienza con altri attentati e la peggiore crisi economica dall’inizio del secolo scorso in avanti), poi instilli nella gente la convinzione, anche giustificata dai fatti (pur se manipolati ad arte), che sono proprio gli arabi i cattivoni di turno da cui guardarsi. Con una fava due piccioni. Si continua a destabilizzare il vecchio continente, sempre più supino alle posizione politiche che gli vengono imposte “con le buone” dall’esterno (o interno, vista la composiizone di chi gliele impone), dall’altra fomenti l’odio nei confronti del nemico arabo, quello che fa stragi e mette le bombe. Sarebbe utile ogni tanto leggersi qualche analisi di politica internazionale, tipo questa o questa per avere un quadro un po’ più ampio della questione. Ciò, ovviamente, non esclude il fatto che oltre quelli “preparati” dai servizi segreti “occidentali” ci possano essere terroristi genuini, quelli per intenderci che, esasperati da tutto il contesto, da buoni fanatici integralisti (chi li alleverà mai questi fanatici integralisti, poi? Peccato non ci siano le faccine qui sul blog, altrimenti avrei messa quella del sarcasmo) si fanno veramente esplodere o compiono attentati in “Occidente” in nome di Allah.
La Germania ha così scoperto, all’improvviso, che aprire le frontiere non è stato poi così intelligente, visto il pericolo di infiltrazioni terroristiche. I servizi segreti tedeschi si sono scoperti improvvisamente “intelligence” e così stanno provando, quelli del Governo, a fare marcia indietro. Arichiudi, o meglio, “regolamenta” il flusso dei profughi, tenta di far mettere attorno ad un tavolo di pace siriani, russi, tedeschi, iraniani, francesi e chi più ne ha più ne metta. Sobbarcati le lamentele interne e la gran voglia di chi non aspettava altro che un passo falso della buona Mutti Merkel per farla finalmente fuori, dopo 10 anni di regno incontrastato. Adesso prepara un piano B, dopo l’attentato di Parigi. Vallo a spiegare al cittadino medio che deve sentirsi sicuro con decine di migliaia di profughi fuori dalla propria finestra. Insomma gran casino.
E a Parigi? A cosa assisteremo ora? Ovviamente al giusto cordoglio, quello sì autentico, delle persone che scenderanno in piazza per ricordare le vittime, ma poi ci sarà la solita parata di facciata con tutte le facce di bronzo, Hollande in testa, che marceranno “unite” a favore di telecamere ed obiettivi per dirsi pronti all’ennesima crociata contro il nemico dell’Occidente. E la guerra continua. Senza che ci sia mai stata la sua dichiarazione, ovviamente.

Una mera espressione geografica

Una mera espressione geografica

La famosa e controversa frase attribuita a Klemens Wenzel Nepomuk Lothar von Metternich-Winneburg-Beilstein, ovvero al famoso Cancelliere austriaco, secondo cui l’Italia non sarebbe stata “nicht mehr als ein geografischer Begriff”, cioè “nient’altro che una mera espressione geografica” è, ahimè, profondamente vera.
Cerco di spiegarmi meglio. Noi tutti a scuola abbiamo imparato la Storia, studiando sui libri di testo che ci venivano proposti dagli insegnanti che man mano ci siamo trovati dinnanzi, e che hanno contribuito a formarci secondo regole più o meno convenzionali, le stesse regole su cui loro, a loro volta, erano stati formati da altri. Ero ingenuo, allora. E’ stato solo con il periodo universitario che scopersi, con mio sommo stupore, che la Storia, effettivamente, è fatta secondo i dettami dei vincitori. Dunque tutto da rifare, tutto da riconsiderare, ed ecco che all’improvviso Camillo Benso, conte di Cavour non era più quel fine stratega che era riuscito a riunificare l’Italia, facendola in barba ai cattivi austriaci, bensì un astuto ladro per conto della squattrinata monarchia dei Savoia che, per così dire, era andato a fare la spesa a casa altrui, nel caso particolare in quella di Francesco II, giovane erede di un trono molto ricco e di uno Stato fra i più avanzati d’Europa, ovvero il Regno delle due Sicilie, tramite il buon Garibaldi.
In realtà mi sbagliavo anche in questo caso, o meglio, vedevo solo una parte della faccenda. Già perché l’altra parte è quella che abitualmente non ci viene raccontata e cioé del ruolo avuto in tutto ciò dalla Gran Bretagna e dai potenti banchieri Rothschild, con il loro ramo londinese e quello parigino, dove il buon Cavour si recò per la sua formazione fin da giovane. Non a caso i Savoia erano fortemente indebitati con i Rothschild per l’appunto. Se a questo aggiungiamo le due belle navi da guerra al largo di Marsala, allorquando i Mille sbarcarono, mi sembra evidente che qualche domanda occorrerebbe farsela se effettivamente la Storia, quella con la “s” maiuscola sia effettivamente andata come siamo abituati a studiarla.
Ma questa è una lunga storia e molto altro ci sarebbe da dire sul ruolo della Gran Bretagna nella storia italiana, fino ai giorni nostri ininterrottamente. Si aggiunsero successivamente gli americani. La Chiesa c’era già.
Ma cambiamo scenario e passiamo ai giorni nostri. La Siria, nuovo campo di battaglia internazionale dove stanno avvenendo cose che riguardano un quadro politico molto più vasto. Qui si fronteggiano le nuove potenze “padrone” del mondo. Da un lato la Russia, dall’altro gli Stati Uniti. Intorno la Germania, la Francia, la Cina e, ovviamente, la Gran Bretagna. Frank-Walter Steinmeier, Ministro degli Esteri tedesco, si propone di organizzare un vertice tra grandi potenze per negoziare la pace. La Germania cerca di “fuggire” dalla situazione siriana. Già, perché in realtà c’era molto invischiata, fin dal 2012 quando il Ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, creò un segretariato permanente, dotato di un budget di 600.000 euro, per gestire il saccheggio degli idrocarburi della Siria (che si pensava fosse alla fine del suo Governo) che affidò a Gunnar Wälzholz, che aveva già prestato servizio in modo identico ai danni dell’Afghanistan.
Ma a cosa è dovuto questo cambiamento? E’ dovuto a un riavvicinamento tanto atteso – e tanto temuto da Washington – tra Berlino e Mosca.Questa evoluzione può essere spiegata al pubblico in occasione della crisi dei migranti. Preparata con un anno di anticipo, su richiesta del capo della Confindustria, Ulrich Grillo, ed eseguita dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, dall’Alto Commissario per i Rifugiati, António Guterres, e dallo speculatore George Soros, ha fatto sì che centinaia di migliaia di persone abbiano attraversato i Balcani per andare a lavorare a prezzi più bassi in Germania. Ora i tedeschi temono l’infiltrazione di jihadisti fra i profughi e vorrebbero arrivare ad una pace attorno ad un tavolo, magari anche con l’Iran.
La situazione è liquida, nel senso che alcune cose sfuggono anche a chi ha programmato tutto ciò e le strategie si rimodellano man mano che gli eventi prendono forme non proprio previste almeno all’inizio. In particolare, poi, in medioriente la situazione è assai complessa, con una maggioranza sunnita che si contrappone agli sciiti iraniani, piuttosto che alla minoranza alauita di Bashar Hafiz al-Asad.
In fin dei conti, noi come loro, i Siriani, siamo solo una mera espressione geografica.

 

Il battito d’ali della farfalla

Il battito d’ali della farfalla

Personalmente non sono di quelli che pensa alla Germania odierna come al 4° Reich. Ciò che ritengo però è che la Germania abbia grandi colpe nei confronti dell’Europa e non solo, per il semplice fatto che è la sola nazione europea in grado di opporsi al corso degli eventi che sono in atto in Europa. La storia dei profughi, tanto sbandierata ovunque nel mondo, è solo l’ennesimo specchietto per le allodole messo lì a bella posta da chi sta causando tutto questo. Messo lì a bella posta nel senso che è stato fortemente voluto (ho già spiegato in questo blog perché) e tutti, sottolineo tutti i “governanti” europei (eccezion fatta per i piccoli ex Paesi del blocco comunista) hanno risposto ovviamente in modo positivo a tale “ordine”. Mi viene da ridere quando vedo un Juncker bacchettare gli stati affinché si prendano la loro bella quota di migranti (lui che è una delle longae manus della Finanza internazionale). Io non sono populista, né tantomeno di destra (chi mi conosce sa bene che idee politiche ho, direi abbastanza “rivoluzionarie”), ma non ho i paraocchi e mi guardo attorno, al di fuori dei confini del mio sguardo, peraltro miope. Quello che vedo è un’Europa colonizzata dal suo interno, attraverso uomini, leggi ad hoc, dissoluzione di parte della sua forza economica (nei Paesi del Sud in primis), dissoluzione della sovranità nazionale attraverso lo smembramento dei diritti e delle carte costituzionali, imposizione di trattati economici attraverso la longa manus di Bruxelles (unione da operetta), nonché la continua vessazione da parte di quell’organismo artificiale imposto e pienamente accettato da tutti che è la BCE.
Il famoso adagio di Edward Norton Lorenz secondo cui, il matematico pioniere della teoria del caos, si chiedeva “può il battito delle ali di una farfalla in Brasile scatenare un tornado in Texas?” non può che trovare una risposta positiva, ai giorni nostri più che mai. Oggi le merci viaggiano come un tempo, anche se in minor tempo, ma i capitali si spostano istantaneamente, essendo solo numeri all’interno della memoria di computers. Basta spingere un bottone e intere fortune si spostano nel pianeta istantaneamente. Cosa c’entra la teoria della farfalla? C’entra, perché oggi per ottenere un effetto concreto da qualche parte nel mondo, basta minacciare lo spostamento di capitali (leggi spread e quant’altro) e se questo non bastasse si danno spinte concrete, attraverso Isis, migrazioni di massa (manodopera a basso costo e poco qualificata da noi, manodopera più qualificata in Germania), attentati fatti ogni tanto ad hoc. Cose così, fatte per dare una “spinta” verso determinate posizioni, accettate supinamente da tutti, Germania in testa. Secondo me la Germania le accetta per due motivi: il primo è che, comunque la si metta, rimane pur sempre una forza economica in grado di “galleggiare” entro certi limiti anche in questo sfacelo totale, la seconda per incapacità dei suoi leader politici d’avere una politica estera indipendente dai voleri americani in primis (ma non solo). Angela Merkel, ottimo cancelliere per il suo popolo, è un nano da un punto di vista politico internazionale. Mi chiedo se per incapacità intrinseca o se per qualcos’altro di più grave ed incofessabile. Schäuble, sul quale fino a poco tempo fa nutrivo dubbi se fosse in malafede o meno (premetto che è politico estremamente intelligente e dallo sguardo politico molto più “lungo” della Merkel che poco sopporta), ritengo sia in malafede (cioé, per capirci, della stessa parrocchia di Monti & Co.). E’ solo che è tedesco, quindi più determinato di altri e meno avvezzo a farsi teleguidare se ha una propria idea (per quanto conforme a quella del mainstream della finanza internazionale).
In conclusione, ora è il tempo dei “profughi” da guerre che nessuno vuole fermare perché fa comodo che ci siano. A questi aggiungiamo “le riforme necessarie”, il controllo maggiore a causa del “terrorismo”, i trattati internazionali (leggi Ttip) che bisogna accettare supinamente e la sempre più progressiva ebetizzazione del “pubblico mediatico” che “abbocca”, come si dice a Roma, ad ogni input che gli viene inviato, con un riflesso del tutto pavloviano ed il quadro è completo. O quasi. Vedrete che il prossimo passaggio sarà l’emigrazione in massa dei palestinesi, oltre ovviamente alla guerra a Bashar al Assad. Siamo in guerra. E da un pezzo per giunta. Il guaio è che non ce ne siamo ancora accorti, tranne per le macerie che di giorno in giorno si accumulano, perché da qualche parte il battito di ali di una “farfalla” spinge il vento verso di noi, e sulle quali, per quanto sono riusciti a farcele accettare, passeggiamo tranquillamente
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Profughi da noi stessi

Profughi da noi stessi

Sono impresse nella memoria di tutti noi le immagini del piccolo, presumibilmente siriano, riverso su una spiaggia turca, piuttosto che quelle dei poveri disgraziati morti per asfissia nel camion su territorio austriaco. Tragedie, entambe, forse evitabili, forse no. Chi può esserne certo? Sono immagini che hanno però il demerito di suscitare compassione e giudizi unanimi di condanna da parte dell’opinione pubblica solo perché avvengono ora, in una sonnacchiosa fine estate, quando le notizie per i media sono in calo e tutti sono “affamati” di qualcosa di cui parlare. Stesso effetto non lo ricordo, francamente, per le altrettanto povere vittime che ogni giorno, bambini inclusi, lasciano questa valle di lacrime in Palestina, piuttosto che in Iraq o Libia, piuttosto che Tunisia o Afganistan. I morti sono tutti uguali, ma per noi alcuni lo sono più di altri perché li vediamo, quando fa comodo al mainstream farceli vedere. Diciamo che li notiamo di più, ad essere indulgenti con noi stessi.
Detto questo l’analisi politica di ciò che sta accadendo è l’altra faccia della stessa medaglia: l’accoglienza. Qui un misto di buonismo ed opportunismo si mescolano con una situazione di per se stessa già estremamente complicata. Il buonismo dei Paesi del Sud d’Europa, come il nostro, impreparati ad affrontare un afflusso così massiccio di persone (salvo inventarsi alcuni il modo per specularci sopra, appropriandosi dei sussidi destinati all’accoglienza) ed il calcolo economico di Paesi del Nord d’Europa, tipo la Germania, che avendo un calo demografico pari al nostro, ma un’economia molto più forte ed uno stato sociale (che noi non abbiamo) da mantenere ha bisogno di manodopera, anche da formare. Infatti, loro, si sono attrezzati per derogare alle proprie leggi e (in futuro) a quelle europee per permettere a costoro di entrare in Germania per lavorare. Per noi, questi disgraziati, rappresentano dei “rivali” per i poveracci che già faticano ad arrivare alla fine del mese, per i tedeschi sono solo che una risorsa altrimenti difficile da reperire. Gli costerà circa 4 miliardi di euro in più nel bilancio dello Stato nel 2016, lo hanno già calcolato. Ma sono ben disposti, naturalmente, ad accettare questo “sacrificio” in vista dei futuri benefici ottenuti dal mercato del lavoro tedesco. Programmano loro, noi invece affrontiamo come sempre l’emergenza, senza programmare né per capacità né per il fatto che, obiettivamente, non ce lo possiamo permettere da un punto di vista economico e sociale. Intanto gli organizzatori di questo esodo di massa continuano a “pompare” gente dal Sud del mondo verso l’Europa, tranquilli, indisturbati, approfittando dell’incapacità dei nostri politici, a loro volta succubi di un mainstream mediatico, loro unico punto di riferimento culturale e di ideali. Fa parte della guerra che stiamo combattendo senza neanche percepirlo, se non per le conseguenze lasciate sul campo. La democrazia è la prima vittima, chi non ce la fa la seconda non meno importante della prima.
Ed intanto il mare nostrum diventa sempre più il palcoscenico di una farsa a cui sembra che nessuno sia capace di mettere la parola fine.
Siamo tutti profughi: scappiamo in continuazione da noi stessi e dalla nostra capacità di riflettere.

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