La guerra ai tempi della “crisi”

La guerra ai tempi della “crisi”

Nel caos più totale nel quale sta vivendo gran parte d’Europa, soprattutto i cosiddetti Paesi del Sud Europa, occorrerebbe chiedersi con maggiore insistenza da dove proviene l’origine di tanti mali. Sembra invece questo un punto focale oramai desueto, dove la rassegnazione allo stato delle cose ha oramai preso il sopravvento totale e dove il porsi più che legittime domande è visto come segno di diversità in senso negativo, per non dire del tutto nocivo per “il bene comune”.
Già, tutt’è a stabilire cosa sia “il bene comune”, con cosa identificarlo ed in base a quali parametri di giudizio. Se per “bene comune” s’intende quello generato artificialmente da chi ha posto le basi per questo stato di cose generale, allora il porsi domande diventa immediatamente un qualcosa di negativo, se invece, al contrario, si pensa che il “bene comune” sia ciò che ti rende autonomo dal “pensiero unico”, allora il porsi domande è la sola strada per capire e tentare di trovare una soluzione al problema generale.
Molti sono i tasselli che sono stati costruiti nel corso di questi ultimi, diciamo, trent’anni. La terza guerra mondiale, perché di questo si tratta, è stata pianificata con cura ed i mezzi con cui combatterla sono stati a lungo preparati da schiere di “soldati del pensiero unico”, da lobbisti del potere economico, orientato ad un solo scopo: il proprio profitto. In fondo dai tempi di Marx le cose non sono cambiate poi molto: sono i mezzi che il “Capitale” ha adottato per ottenere il profitto (un enorme profitto, come non si era mai visto finora nella storia dell’umanità) che sono cambiati. Oggi è il volto mascherato del perbenismo finanziario è diventato quello di politici ed economisti (qual è oramai la differenza fra i due generi?) messi ad hoc nei posti di comando europei. Infatti è ancora una volta l’Europa il campo di batttaglia in cui si sta combattendo questa guerra senza bombe, eccezion fatta per l’Ucraina e gli attentati vari compiuti magistralmente ogniqualvolta se ne renda “necessaria” l’esecuzione per focalizzare nuovamente l’attenzione su altro o per limitare ulteriormente le libertà comuni, imponendo un sempre maggiore controllo fisico sulla popolazione. In pratica una silente schiavitù, cui tutti aderiscono supini in modo del tutto volontario, giacché il grande fratello del pensiero comune è oramai riuscito a far accettare la perdita di libertà come un fatto naturale, invocato da un finto bisogno di “sicurezza” generato all’abbisogna. Quando un problema non c’è lo si crea, per poi fornire su un piatto d’argento la “soluzione” che si voleva imporre fin dall’inizio.
L’Europa del Sud come Mercato di “manovalanza a basso costo” per produrre merci a poco prezzo per i Paesi ricchi, del Nord Europa compreso. Di qui due strategie sugli immigrati. Importarne grandi quantità in modo artificiale (altro che migrazioni “volontarie”) per generare ulteriori problemi sociali, legati alla “sicurezza”, alla logistica e quant’altro, nonché “importare” manodopera disposta a sostituire quella locale per due soldi*, costringendo peraltro quella autoctona ad “emigrare” a sua volta per poter sopravvivere in modo dignitoso. Soprattutto costringendo la classe lavoratrice qualificata a cercare lavoro ed un futuro altrove, depauperando le nazioni della loro possibile futura classe dirigente politica, economica e sociale. Coloro che rimangono sono quanti, non avendo una qualifica d’istruzione e lavorativa alta, non saprebbero come organizzarsi altrove, partendo praticamente da zero, spesso non conoscendo altre lingue se non la propria, con ulteriori difficoltà in un eventuale progetto migratorio. Rimangono così nel proprio Paese a contendersi con i “nuovi arrivati” lavori retribuiti due soldi per i quali si accontentano di condizioni di lavoro bassissime, senza praticamente diritti, perché “così è meglio di niente”.
Il pensiero unico ha ormai portato una grande fetta del mercato del lavoro, soprattutto quello meno qualificato, ad accettare il principio che è “meglio questo di niente”. Siamo praticamente tornati ai livelli dei diritti precedenti la seconda guerra mondiale, se non addirittura prima ancora. Anni ed anni di battaglie sindacali e per i diritti civili sono stati spazzati via da una serie di “riforme”, fatte ad hoc e, soprattutto, fatte digerire alla popolazione come un qualcosa di “necessario” per migliorare la propria ed altrui condizione in un periodo di “crisi”. Tutto starebbe a capire cosa realmente sia e come sia stata generata tale “crisi”.
Una soluzione al problema in atto? Quella che personalmente percepisco è una sola: una lenta diffusione di una “controinformazione”, tendente a smantellare il muro creato dal pensiero unico, nella speranza che la popolazione resa ancor più ebete di quanto non fosse già di per sé predisposta ad essere per sua natura (è più facile ricevere e credere alla “pappa fatta”, piuttosto che impegnarsi e pensare con il proprio cervello), si possa “risvegliare”. Questo sarebbe soprattutto compito della intellighenzia dei vari Paesi, se trovasse il coraggio di farlo, abbandonando i propri privilegi accumulati negli anni (come dignitari alla corte del Re Sole) e recuperando il proprio ruolo di “guida” del pensiero dell’umanità verso un miglioramento e non un abbrutimento totale a cui sembriamo essere destinati. Altrimenti l’altra strada percorribile è quella delle armi reali, con morte e distruzione in cui le vittime, cioé tutti noi, lo sarebbero due volte, uccisi prima nell’anima e poi nei corpi.

* per chi volesse approfondire il tema “profughi” ecco alcuni link interessanti:

L’ultimo treno?

L’ultimo treno?

Riassuntino semplice semplice, per chi si fosse perso nel gorgo degli avvenimenti. 
Dunque, i “cattivi” hanno vinto (i tedeschi, Schäuble e la Merkel), i “buoni” (i greci, o meglio Tsipras) hanno perso, i “saggi” (la Troika, o meglio ancora Draghi) sono corsi in aiuto dei buoni perdenti. E tutti vissero felici e contenti. Già, così è nelle favole, ma non nella realtà.
Io invece, da buon “complottista” quale sono, dò un’altra versione dei fatti, e cioé: il “buono” Tsipras sapeva benissimo come sarebbe andata a finire ed ha inscenato una bella commedia ad uso e consumo del suo popolo e del mondo intero che, solo a parole, tifava per lui. Lui, dal canto suo ha nell’ordine: 1) giocato la pedina Varoufakis, tanto per provare un’alternativa (andata come sappiamo a male); 2) indetto un finto referendum (nel senso che, come si è visto chiaramente, il risultato del quale non intendeva assolutamente rispettare), per poter dire appunto al popolo “mezzo allocco” ed al mondo intero: “io ci ho provato, pur se poi sono dovuto capitolare davanti alla cattiveria di Schäuble & Co.” a cui, con gesto plateale, ma calcolato, voleva dare perfino la giacca (proprio per testimoniare che lui stesse combattendo); 3) il buon “samaritano” Draghi, è corso in aiuto del buono, contro il “cattivo” tedesco (che ancora devo capire se fa parte della stessa cricca del buon Draghi, oppure se è un “libero battitore”). Alla fine, morale della favola, la Troika ha trionfato su tutta la linea. Ha fatto finta di tenersi fuori dal contenzioso fra Stati, salvo poi fare la parte del pompiere. Hanno ammazzato ogni velleità di democrazia possibile, anche perché l’uscita della Grecia avrebbe rappresentato il cattivo esempio da evitare accuratamente (a livello economico non avrebbe fatto alcun danno).  Con una Germania che dorme sonni profondi (gli altri già sono stati ben anestetizzati con minacce varie), direi che se la possono proprio godere alla grande questa ennesima vittoria. Temo che un’occasione così non “ritorni mai più”, parafrasando la famosa canzone di Modugno. Peccato, in fondo in fondo, c’avevo sperato anch’io. Buona vegetazióne a tutti (non nel senso botanico).
Sparta is dead, honor to the winners

Sparta is dead, honor to the winners

What a surprise! Yes, the truth won. The common good triumphed. We are all brothers and we love each other. However the patient is dead.
Yes the patient is dead because of it was already planned. As I told here. Now there is the second part of the plan: the complete privatisation of the State, they will sell it completely. And all the others in Europe now will say: the Greece has won. They succeeded. They still remain into the Union.
Poor blind people, poor us. The others won, and they are laughing.
The stupid europeans haven’t still understood that the only way to exit from this slavery is only one: to kick our politicians out. They are the evil, they are the messengers of the Lords of the world and they support their masters. The only way to survive is to understand this, but I’m afraid that people will never understand this. All over the countries, expecially in Italy, the mainstream is too strong. It will never change, we will loose forever. Honor is due to the winners. Good luck to all of us!
Leonida è morto, viva Leonida

Leonida è morto, viva Leonida

C’era una volta Pericle. E c’era una volta anche Platone. C’erano Sparta ed Atene, c’era la culla della civiltà e dell’Umanità intera, almeno quella occidentale.
No, non è l’inizio di una bella favola. E’ la verità. Il debito che l’Umantità intera ha nei confronti della Grecia è immenso ed inestinguibile in tal senso, su questo non v’è dubbio alcuno. Ma, perché c’è un “ma” grosso come una casa in questa storia, tutto questo era più di 2000 anni fa. Oggi le cose sono cambiate, e molto. Non vi sono più Pericle ed Aristotele fra i viali di Atene, bensì personaggiucoli che ne hanno infestato nell’utimo secolo i più alti scranni del potere, portando il piccolo stato nelle condizioni in cui è oggi. Intendiamoci, non penso che tutta la colpa sia di questa piccola nazione e dei suoi governanti (nonché dei cittadini che hanno permesso che questi ultimi facessero ciò che volevano), così come non lo penso per il nostro di Paese. Anzi, credo profondamente che la Grecia sia stata oggetto di un “esperimento” sociale da parte di lobby finanziarie e di potere internazionale, Troika in testa (come peraltro ho già su questo blog messo chiaramente in evidenza). Quindi in tal senso non accetto “lezioni” da alcuno. Quello che non penso però è che si debba per forza rimanere ancorati ad un’idea di un mondo che non c’è più. Così come noi non siamo più gli eredi di Cicerone (ammesso che uno lo voglia far valere come un merito) o di Giulio Cesare. Peraltro non siamo più neanche lontanamente gli eredi di Dante o di illustri nostri connazionali anche a noi molto più anagraficamente vicini. Uno la stima se la deve conquistare sul campo e, noi come loro (i greci) non abbiamo fatto un granché per meritarci quella altrui negli ultimi tempi.
Detto questo, appunto, mi fa sorridere vedere gente, la maggior parte della quale non sa nemmeno dove sia Sparta o Delfi, prendere a vessillo di una resistenza al “cattivo” di turno (la Troika in questo caso, che certamente non considero di buon occhio, anzi tutt’altro), soprattutto a parole, su giornali e mass media. Improvvisamente si sentono tutti spartani contro il nemico persiano. E giù a fare paragoni di nobile resistenza del piccolo Davide, contro il grande Golia.
La realtà è ben differente. Primo perché Davide questa volta ha metà del torto (per quanto ho detto prima), secondo Golia c’era anche quando gli altri, quelli che inneggiano alla resistenza altrui, erano piuttosto (e lo sono tuttora) sonnacchiosi a casa propria, dove la situazione non è che sia migliore di quella greca. Sono solo le proporzioni ad essere diverse. Se a tutto questo aggiungiamo il fatto che penso che il nobile Leonida di turno (in questo caso con un nome molto meno altisonante, Alexīs Tsipras) sia uno che di fondo è identico a tutti gli omologhi europei, cioè asservito ad una logica di sudditanza al vero potere sovrannazionale, quello che conta veramente nel mondo, il quadro non è poi così felice. Quel che veramente penso, magari sbagliando, anche se lo vedremo presto, è che costui abbia messo in atto una bella mess’in scena, usufruendo di un valido guerriero, il Varoufakis-Achille di turno, che è servito da centravanti di sfondamento. Magari gli poteva anche andare a finire bene la pantomima. In quel caso avrebbe fatto la parte dell’eroe nobile che ha messo a disposizione della giusta causa tutta la sua migliore squadra, capo guerriero in testa. Al contrario, visto che le cose non hanno avuto modo di andare a finire così, ha preferito “battere in ritirata”, sacrificando sull’altare della convenienza Achille (che tanto un’altra professione ben retribuita la troverà di certo, non essendo proprio uno stupido). Ora inscenata una difesa davanti al “tribunale” internazionale, dove ha fatto la parte del “padre nobile”, accetterà “suo malgrado” la sconfitta a testa alta. Potrà sempre dire al suo popolo di averci provato, nonostante la forza incomparabile del nemico. E continueremo a vivere tutti felici e contenti, proprio come prima. La Troika, le multinazionali, i poteri massonici, ecc. possono continuare a dormire sonni tranquilli, tanto il popolo credulone è sempre pronto a farsi coraggio a parole nei confronti delle ingiustizie che popolano il mondo. Purché si possa vedere il programma strappalacrime in tv, postare gattini su Facebook o andare a spaccare la faccia a qualcuno la domenica allo stadio.
Come non concludere con le nobili (quelle sì) parole di Tucidide che scrissi qui. Così ci sentiremo tutti quanti un po’ Pericle.


Tifare non serve a niente

Tifare non serve a niente

Le battaglie sono pericolose, specialmente quelle inconsistenti. Si rischia di perdere di vista il punto effettivo della situazione. Il tifo è sempre negativo, anche quando le battaglie sono di fondo “giuste”. Questo perché tifare obnubila in parte la mente, anche quella delle persone più attente ed intelligenti. 
Era già accaduto con Charlie Hebdo, quando sull’onda dell’emozione in molti s’erano sperticati in battaglie, per lo più meramente mediatiche, in favore della difesa dei “valori” dell’Occidente contro il “cattivo” presunto attentatore islamico che tuttora non penso fosse tale, ma anzi… . Ora siamo da capo con la Grecia, vessillo alzato dai più quale parte in una battaglia che, purtroppo non è tale, nel senso che non c’è proprio partita. Mispiego meglio: penso che Tsipras sia un bluff e che Varoufakis sia stato “usato” quale specchietto per le allodole a “sua insaputa”, come ariete da sfondamento per infervorare le masse. Una volta ottenuto ciò è stato gentilmente fatto mettere ds parte perché lo scopo era raggiunto. Almeno voglio sperare che fosse “inconsapevole”. Ora si tornerà alla routine di sempre, dove s’aprirà di nuovo il balletto del bastone e della carota, dove a farne le spese sarà comunque solo e soltanto il povero popolo greco e la democrazia europea in genere. Ma quest’ultima è purtroppo morta già da tempo e non ce ne siamo ancora accorti tutti. O quasi.

Il terrore

Il terrore

Rieccoli. Sono arrivati puntuali come la morte (non vuole essere un macabro giro di parole il mio). Stavolta dal mare con i gommoni. La prossima chissà. Il terrore ad uso e consumo di chi sta in vacanza, ad uso e consumo dei “telespettatori” occidentali, coloro che guarderanno su internet filmati ripresi da cellulari e camere di altri turisti o, magari, di gente che era appositamente lì ad aspettarli. Chi può dirlo? Comunque ha poca importanza. Ciò che conta è l’effetto finale. Sempre quello: instillare nell’animo il terrore, la paura, l’insicurezza. Cosa c’è di meglio, infatti, che spargere il terrore per ottenere una generosa offerta di limitazione della propria libertà in nome della sicurezza? Agiscano essi in Siria, in Tunisia o in Francia non è poi così importante. Tanto nell’epoca dell’immagine l’effetto è il medesimo. L’importante è l’effetto che la cosa ha. E l’effetto è sicuro. Fa parte di un piano a vasto raggio. L’insicurezza è quella economica, di una politica oramai inesistente, di un senso di frustazione dovuta al disagio sociale chiaramente voluto, di un riversamento di futura manodopera a basso costo sulle coste europee fatto letteralmente strappando dal loro territorio migliaia di persone, cosa quest’ultima fatta o coercitivamente in modo diretto oppure tramite guerre che costringono ad una fuga veloce. In “Occidente” non ci si domanda mai chi finanzia il “terrrorismo” e perché, tranne in pochissime eccezioni. Gruppi perfettamente armati, non contrastati dagli eserciti che si sono spinti fino al lontano Afganistan dove, sia chiaro, si andava solo per “aiutare” le popolazioni locali. Quando gli europei si sveglieranno? Quando capiranno che è ora di prendere a calci questi succedanei di Governi fantoccio messi lì ad hoc? Quando si ribelleranno a questo stato di guerra subdola che stanno subendo e che li ridurrà sempre più in uno stato di sudditanza? Temo mai, speriamo che mi sbagli.
Ominicchi e quaquaraquà

Ominicchi e quaquaraquà

Leonardo Sciascia fa esporre, in modo magistrale, a don Mariano ne “Il giorno della civetta” quelle che per lui erano le varie tipologie di uomini al mondo: «Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo…» 
Bene direi che il quadro per descrivere la situazione internazionale ed italiana in particolare ci sia tutto. Il nostro beneamato premier, il twittatore folle, direi che può rientrare tranquillamentte nella categoria degli ominicchi: si crede grande statista, spara frasi ad effetto che tanto colpo fanno sugli italioti (che oramai si dividono fra “pigliainculo e quaquaraquà) e “scimmiotta” i grandi, quelli che i fili li tirano veramente mentre si fanno crasse risate nel vedere come le anatre annaspano nelle pozzanghere che gli sono rimaste.
Dopo l’esperimento sociale della Grecia si è passati, direi con esito del tutto positivo, a quello dell’Italia. L’industria (quella pochissima “pesante” che aveva, ma soprattutto quella manifatturiera che era il “nocciolo duro” della nostra economia) è stata smantellata, pezzo a pezzo, svenduta per tre denari, come si suol dire. Le Istituzioni sono ridotte a simulacri di difensori dei valori oramai fittizi e sono state smembrate anch’esse nominalmente e di fatto. La costituzione, sicuramente non la “più bella del mondo”, ma certaemente una delle migliori, è stata in più occasioni attaccata per minarne i principi fondanti. I partiti politici non esistono più, sostituiti da un “unicum” omopensante (il cui pensiero, nel migliore dei casi, non esiste affatto, mentre nel peggiore è sapientemente guidato da altri). I sindacati ed i diritti dei lavoratori sono stati minati alla base, mentre i contratti di lavoro sono stati uniformati ad una realtà che nei fatti già esisteva di estrema precarietà, rendendola però regola incontestata ed incontestabile, facendola passare per la migliore possibilità di sopravvivenza in un mondo in continua trasformazione, soprattutto nel campo lavorativo. I cittadini sono oramai arrivati al rango di sudditi, di anatre che annaspano nelle pozzanghere che gli sono lasciate per fargli credere di essere ancora vive e vitali, mentre di fatto sono come i pesci che vengono allevati negli allevamenti intensivi: non devono crescere pià di tanto perchè non ce n’è bisogno. Si possono consumare in fretta e dopo di loro ce ne saranno altri al loro posto che ricopriranno la stessa funzione.
Il livello di tensione sociale, ovviamente, per mantenere tale status quo, è volutamente tenuto alto, favorendo illegalità a vari livelli (dai mafiosetti che regolano la vita sociale della Capitale, agli zingari che scorrazzano indisturbati nelle strade cittadine compiendo pià o meno piccoli reati, alle minacce presunte o reali di terrorismo internazionale, cosa quest’ultima in particolare che dà adito ad un maggiore controllo sociale, restringendo le libertà personali in nome di una presunta maggiore sicurezza).
Questo a livello nazionale. A livello internazionale l’Europa è ridotta ad un simulacro d’un’idea che si regge solo sulla speculazione di una moneta regolata da un gruppetto di oligarchi privati, parte anch’essi di quanti tirano veramente le fila dei “destini del mondo”, mentre viene sistematicamentte smembrata nei suoi ideali d’unione e rafforzamento politico. Quindi l’uscita della Grecia (non voluta, ma a questo punto sperata) e quella auspicabile fin dall’inizio della Gran Bretaagna (a questo punto voluta e programmata) fanno parte di un processo di destrutturalizzazione del vecchio continente.
Non c’è che dire, proprio un bel quadretto. Tutto questo mentre i destini del mondo si decidono, manco a dirlo, con i “giochi” politici internazionali fra Usa, Cina, Russia, Israele e Paesi Arabi.
Brindiamo! Dopotutto siamo arrivati quasi a metà dell’anno…

Chi di Kiev ferisce, di Atene perisce

Chi di Kiev ferisce, di Atene perisce

La mossa politica messa in atto da zar Putin è da manuale. Gli accordi economici raggiunti con il governo di Tsipras circa il passaggio del gas russo sul territorio greco, permettendo così ad Atene di ripagare l’ingente debito accumulato con la UE, sono un vero cavallo di Troia messo in atto da Mosca all’interno dell’Europa. Washington non sarà di certo contenta, così come la BCE che speravano in un eterno gioco al massacro nei confronti dei greci incapaci di saldare tale somma (stiamo parlando di circa 320miliardi di debito pubblico), anche alla luce delle dichiarazioni dello stesso Tsipras riguardo le sanzioni imposte dalla UE, affermando che occorre «abbandonare il circolo vizioso delle sanzioni» contro la Russia. Al di là del risultato della mossa messa in atto da entrambi i leaders politici quello che spiace (almeno a me, che sono un noto complottista controcorrente) è vedere come l’Europa sia diventata il campo di battaglia preferito di America e Russia (il resto del mondo lo era già). Direi che manca solo la Cina, poi il quadretto è completo. Questo mostra ulteriormente quanto l’Europa sia un gigante dai piedi d’argilla, senza una conduzione politica comune, pilotato dall’esterno per puri interessi economici. E’ pertanto diventato un territorio da sfruttare economicamente e politicamente per scopi altrui. I politici miopi dei nostri Paesi, nessuno escluso, non vedono o non vogliono vedere ciò che sta accadendo, o meglio, è già accaduto. Hanno lasciato che un intero continente diventasse letteralmente schiavo dei voleri altrui, chiamando “in soccorso” altre potenze mondiali (anzi, non c’era bisogno di chiamarle, visto che si sono imposte da sole) che hanno deciso del suo futuro. Non è una questione di nazionalismi (personalmente non lo sono mai stato), è una questione di realtà politica. E’ quello che è accaduto e che continua ad accadere. Il mondo si muove e rapidamente, mentre noi siamo inermi alla finestra a guardare come veniamo distrutti lentamente (la nostra storia, cultura, tradizione, umanità intesa nel senso di capacità di porre l’uomo al centro della società, senza coinvolgimenti religiosi). Mi fa male vedere tutto ciò e mi sento impotente davanti ad uno sfacelo del genere, ma fintanto che la gente non si sveglierà le probabilità d’invertire la tendenza le vedo assai scarse per non dire nulle.
Gustavo Aceves – Cavallo di Troia
Piccolo mondo antico

Piccolo mondo antico

Tanto, tanto tempo fa c’era un mondo non proprio genuino, ma senz’altro più intellegibile di oggi. In quel mondo c’erano l’ingiustizia e l’inganno, tanto quanto oggi, ma erano in qualche modo più identificabili, visibili a chiunque. Le attività poste in atto da chi tali ingiustizie compiva per coprirle erano comunque riconoscibili all’occhio dei più attenti osservatori e questi ultimi venivano per lo più emarginati ai bordi della società, tacciati di vizi e la loro immagine veniva riempita di pregiudizi da parte della cosiddetta opinione pubblica, mezzi d’informazione in testa. La cosa non era,  ovviamente, positiva, ma i ruoli erano chiari.
Oggi è tutto cambiato, nulla è più come prima. O meglio, l’ingiustizia e l’inganno continuano ad essere parte integrante della società, ma ciò che è cambiato sono i ruoli e gli attori in scena.
Dopo la caduta del Muro, infatti, è venuto meno il classico ruolo del gioco del “bene” contro il “male” ed è stato necessario mischiarli. Quale migliore escamotage, nell’era dell’immagine e dell’apparire, che rendere gli stessi spettatori protagonisti, dando loro una funzione non marginale nella mess’in scena stessa? Quale meravigliosa opportunità quella di rendere chi dovrebbe giudicare coprotagonista della pantomima stessa?
Et voilà, il gioco è fatto. Nella società dove l’immagine e l’informazione mediatica è tutto, si può operare un condizionamento collettivo delle coscienze molto più facilmente. Immagini manipolate ad hoc (vedi torri gemelle, oppure massacri di giornalisti palesemente preparati da professionisti del settore e non da quattro presunti scalzacani arabi nel caso di Charlie Hebdo), piuttosto che campagne mediatiche contro il russo cattivo invasore. Le informazioni e le immagini sono appunto manipolate più o meno bene, a tal punto da rendere partecipe lo spettatore-consumatore delle stesse come parte in causa dello stesso gioco, facendolo sentire partecipe dello sdegno (al punto da scendere in piazza manifestandolo tale sdegno) e convincendolo ad abbandonare i suoi diritti e la sua privacy in nome di una presunta sicurezza perduta (l’abbiamo mai avuta realmente?). Sono bravi, e molto, questi manipolatori dell’informazione, al punto che chiunque osi dubitare della loro mess’in scena viene automaticamente tacciato di “complottismo”, che oramai è sinonimo di “non allineato”. C’è chi è consapevole della manipolazione delle immagini e delle notizie e ci gioca su (si veda il caso del famoso dito medio alzato di Varoufakis), ma il confine del vero dal falso è così labile che si fatica a distinguere cosa sia l’una e cosa sia l’altra realtà offerta.Oggi i manipolatori sono globali, il grande inganno non è più una favoletta che, sostenevano i detrattori, s’inventano quattro sfigati che non vogliono vedere “la realtà” e che vedono il male dietro anche le più “innocenti” intenzioni. Si va in guerra e si uccidono decine di migliaia di persone in nome di presunte minacce e pericoli creati ad hoc, fingendo che, una volta scoperto l’inganno, tutto sia come prima. Nessuna condanna, nessuna sollevazione popolare o, questa volta sì giustificata, scesa in piazza contro un modo di manipolare le coscienze per scopi neanche troppo nascosti. Questo vuol dire solo una cosa, cioè che il livello d’assuefazione è talmente elevato oramai che si dà tutto per scontato e “normale”. E questo non accade soltanto nella nostra addormentata Italia.
Il vuoto pneumatico

Il vuoto pneumatico

Chiacchiericcio di sottofondo. Ecco come si potrebbe descrivere la situazione politica e d’informazione in Italia.
Analizzando le azioni di politica sia interna che estera c’è da rimanere esterrefatti. Il nulla assoluto. Il vuoto pneumatico fatto persone e vacui discorsi. Ed intanto il mondo continua a girare mentre nel piccolo paesucolo affannato dietro a sentenze date su uomini politicamente morti (imbalsamati da uno stuolo di sodali e dall’opinione pubblica che in questo modo riempie la scena di per se stessa desoltante). L’Ucraina è la testa di sfondamento in Europa per una politica d’oltre oceano che rischia di far collassare intere nazioni. L’Isis è l’altro mostro creato ad hoc che scorrazza liberamente in Medioriente ed Africa, alimentato sempre da una certa politica statunitense ed israeliana. Per non parlare delle altre parti del globo. E da noi? Il job’s act, le “riforme” e il processo Ruby. Che altro aggiungere? Ai miei tempi si diceva no comment. Mi meraviglio solo della resistenza dei miei connazionali a respirare nel vuoto pneumatico.
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