Verrà la morte e avrà i tuoi occhi

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi


Verrà la morte e avrà i tuoi occhi

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.

Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.


Cesare Pavese

John William Waterhouse – The lady Clare study


L’avenir

L’avenir

    L’avenir                                                                                                  L’avvenire

    Soulevons la paille                                                                                  Solleviamo la paglia
    Regardons la neige                                                                                 Guardiamo la neve
    Écrivons des lettres                                                                                 Scriviamo lettere
    Attendons des ordres                                                                              Aspettiamo ordini

    Fumons la pipe                                                                                        Fumiamo la pipa
    En songeant à l’amour                                                                             Pensando all’amore
    Les gabions sont là                                                                                  I gabbioni son qui
    Regardons la rose                                                                                    Guardiamo la rosa

    La fontaine n’a pas tari                                                                             La fonte non s’è inaridita
    Pas plus que l’or de la paille ne s’est terni                                                Né la paglia d’oro è sbiadita
    Regardons l’abeille                                                                                   Guardiamo l’ape
    Et ne songeons pas à l’avenir                                                                   E non pensiamo al domani

    Regardons nos mains                                                                                 Guardiamo le mani
    Qui sont la neige                                                                                        Che sono la neve
    La rose et l’abeille                                                                                      L’ape e la rosa
    Ainsi que l’avenir                                                                                       Nonché il domani

Guillaume Apollinaire

Torniamo a studiare i classici: hanno detto già tutto ed in modo impareggiabile! 
La bontà del Natale

La bontà del Natale

Chreme, tantumne ab re tuast oti tibi aliena ut cures ea quae nil ad te attinent? (Cremete, hai tanto tempo libero dalle tue faccende per occuparti di quelle altrui, che non ti riguardano per nulla?)
Homo sum, humani nihil a me alienum puto (sono un uomo, nulla di umano ritengo a me estraneo). Queste parole pronunciate dai due principali protagonisti dell’Heautontimorùmenos (Il punitore di se stesso), commedia di Publio Terenzio Afro, dovrebbero farci pensare che la condizione umana è degna di considerazione non soltanto durante le feste natalizie, quando siamo “tutti più buoni”, bensì dovrebbero essere l’oggetto di una società degna di perpetuarsi nel tempo, attraverso la cura dell’essere umano in quanto tale, detto nel senso più laico del pre-occuparsi degli altri. Ce lo ricorderemo dopo le feste? 
Publius Terentius Afrus
Torniamo a studiare i classici: hanno già detto tutto in modo ineguagliabile!
La crisi al tempo delle banche e dei “Draghi”

La crisi al tempo delle banche e dei “Draghi”

Dunque, ricapitoliamo. La situazione economica del Paese è disastrosa, e questo è facilmente percepibile dovunque; le televisioni ci hanno riempito di notizie circa la necessità di fare sacrifici per evitare un “default” finanziario altrimenti intevitabile; il nostro presidente del Consiglio ci ha, assieme ai suoi Ministri, continuamente detto che era necessario fare la manovra “lacrime e sangue” per permettere al Paese di non cadere nella situazione della Grecia e per poter far si che le imprese possano riprendere a produrre, dopo ovviamente che le banche, soggetti da tutelare sopra ogni altro, gli concedano credito da investire in tale produzione. Ora, quello che, a parer mio, non è poi così chiaro è proprio il ruolo delle banche in tutta questa faccenda di carattere nazionale ed internazionale nel contempo. Già, perché non penso che la gente abbia ben chiaro come funzioni l’economia dei nostri Paesi, da un po’ di anni a questa parte e di come la Banca Centrale Europea, capitanata dal nostro condottiero Mario Draghi, stia continuando a “foraggiare” le banche nazionali (che sono enti puramente privati, al contrario di ciò che la nozione di “nazionale” farebbe pensare) di denaro a buon mercato, “permettendogli così di prestarlo alle imprese per produrre”. Ed invece non è così. Non tutti sanno, infatti, che il trattato di Lisbona del 13 dicembre del 2007 all’art. 123(*) vieta espressamente alle banche pubbliche nazionali di stampare moneta per coprire il debito nazionale, mentre non vieta alle banche commerciali (le nostre comuni banche per intenderci) di finanziare tali scoperti. In parole povere la BCE non può finanziare le banche pubbliche dei singoli stati per “evitare l’inflazione” degli stessi, ma può di fatto finanziare le banche private che a loro volta daranno il denaro comprato dalla BCE (costo del denaro) ai privati come allo Stato. In pratica il nostro debito pubblico è in mano ai privati e non allo Stato come forse si è portati a credere. Sono gli interessi che noi cittadini dobbiamo pagare alle banche private per averci “prestato” il denaro sufficiente a far funzionare l’economia, ovviamente ad un tasso d’interesse carissimo! Dunque, quando ci viene detto che l’enorme debito pubblico, al quale ovviamente va sommato quello delle imprese nei confronti delle banche medesime, viene causato dall’ingente spesa pubblica non è affatto vero, o meglio è una ragione assolutamente secondaria del crescere continuo di tale debito. La vera ragione è il fatto che si è creato un cane che si morde la coda da sé, favorendo organismi finanziari privati, che sono le banche per l’appunto. Quarant’anni fa le nazioni si erano imposte di non alimentare dalle proprie Banche centrali l’immissione di denaro per evitarne l’abuso e quindi il problema dell’inflazione. Oggi si ha il problema inverso: il debito delle nazioni è in mano alle grandi banche private ed è praticamente impossibile da estinguere. Per non parlare poi dei conseguenti tentativi di privatizzazione portati come panacea del male dell’economia, mentre non c’entrano assolutamente nulla con la reale causa del problema. Se poi pensiamo al fatto che ci sono altri soggetti che su tutta questa faccenda, già di suo al limite dell’inverosimile, speculano letteralmente “scommettendo” sul fallimento delle economie nazionali (Goldman Sachs) e dando i “voti” alle stesse (agenzie di rating), come fossimo a scuola e loro fossero gli insegnanti di chicchessia la faccenda assume toni da commedia dell’arte tragica, siamo al teatro dell’assurdo, in pieno stile beckettiano!
* 101 del TCE)
1. Sono vietati∗ la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione
creditizia, da parte della Banca centrale europea o da parte delle banche centrali degli Stati membri
(in appresso denominate “banche centrali nazionali”), a istituzioni, organi od organismi dell’Unione,
alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di
diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l’acquisto diretto presso di essi
di titoli di debito da parte della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali.
2. Le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano agli enti creditizi di proprietà pubblica che,
nel contesto dell’offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche
centrali nazionali e dalla Banca centrale europea lo stesso trattamento degli enti creditizi privati.
Articolo 124
(ex articolo 102 del TCE)
È vietata qualsiasi misura, non basata su considerazioni prudenziali, che offra alle istituzioni, agli
organi o agli organismi dell’Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti
pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri un accesso
privilegiato alle istituzioni finanziarie.
∗ Rettifica
Occupy the Church or…the priests I like (I’m atheist)

Occupy the Church or…the priests I like (I’m atheist)

We know, the situation is very hard everywhere in the world: the crisis is a global problem. All over the world there are thousand of unemployed people, poor people, youngs without a future… Nevertheless survives the strong protest of people, despite of the continuous attempt of the strong powers to switch it off. In a such difficult situation like this, one time the Church, the catholic Church would have been with who protests against injustice and for freedom from poverty, but those times were the times of Saints and good intentions. Two opposite positions about this hard economic period have been taken by catholic Church: from one side there is the Church of Rome that won’t pay taxes over it’s huge quantity of real estate owned in Italy, while poor people must pay more than rich people, according to the decision taken by the new Government of the prime Minister Mario Monti; on the other side there is the Episcopal bishop George E. Packard, that was among more than 50 people arrested after the Occupy Wall Street movement stormed another New York City park, in an attempt to find a new home. This is the Church I like, this is the “real” Good Shepherd!
Napolitano, vessillifero dell’Italia moderna

Napolitano, vessillifero dell’Italia moderna

E’ di ieri il bell’articolo, perfettamente condivisibile di Giulietto Chiesa sul Fatto Quotidiano sul nostro Presidente della Repubblica. La medesima esigenza di manifestare sconcerto alle parole del Capo dello Stato l’avevo espressa personalmente in un mio post di un paio di giorni fa. Risulta francamente incomprensibile l’atteggiamento di Giorgio Napolitano, ex componente del Partito Comunista Italiano, facente parte dell’area cosiddetta “migliorista” si, ma pur sempre uno dei maggiori esponenti di quello che era il più grande partito comunista europeo dopo quello dell’Unione Sovietica. Seguace di Amendola ebbe, il nostro Presidente, incarichi di rilievo nell’ex PCI e, foss’anche per i suoi trascorsi di uomo dedito alla cultura (si potrebbe dire che facesse parte della cosiddetta intellighenzia napoletana del dopoguerra), ci si sarebbe aspettato un atteggiamento un po’ più critico nei confronti delle palesi “ingiustizie” sociali non sanate in alcun modo dal presente Governo, anzi senz’altro aggravate dai sacrifici richiesti ad una classe sociale di certo non privilegiata. E’ pur vero che i tempi sono cambiati, ma i valori, soprattutto quelli di equità e solidarietà, dovrebbero rimanere tesoro “storico” di qualunque coscienza. Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti nel suo film “Palombella rossa” (film proprio sul cambiamento del partito comunista italiano) e come ha ribadito Ritanna Armeni l’altro giorno in un suo articolo molto interessante, la “sinistra”, sempre che questo termine abbia ancora un significato nel quadro politico italiano attuale, non ha più parole che fino a qualche hanno fa erano alla base di un comune sentire fra la “sua gente” all’interno del proprio vocabolario politico.
Al di là di come la si possa pensare politicamente i valori dovrebbero essere patrimonio comune di un popolo, in special modo di uno che ha un’eredità culturale e sociale densa di storia ed importanti esempi come il nostro; soprattutto chi maggiormente ci dovrebbe rappresentare, chi dovrebbe essere l’esponente di un pensiero comune di una nazione, quale appunto un capo di Stato dovrebbe essere, penso abbia il compito interiore di tutelare, anche da un punto di vista di onestà intellettuale, tutte le componenti sociali della società che rappresenta, in primis quelle economicamente più deboli e per questa ragione, più esposte e meno tutelate. Le cose stanno cambiando, i nostri riferimenti stano cambiando, forse noi tutti siamo profondamente cambiati, ma in meglio? Sarà che sto invecchiando, ma per dirla con Woody Allen “Dio è morto, Marx è morto ed anch’io inizio a non sentirmi più tanto bene…!”
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