There was a place

There was a place

There was a place where I used to go since I was a child
It has been a place of beauty, where the silence was my friend and loneliness was my woman
I’ve learnt over the years to open the door of that place just to a few
‘cause I’ve understood that there are places too fragile to allow to everybody to walk over
It is a place where I’ve collected all my treasures, accumulated with patience, one after one, while time was going by
I’ve spent all my strength to build it like a kingdom
sometimes making mistakes, sometimes waiting for a better time to put inside something of value
I’ve grown it up like a baby, and like a baby it gave to me joy and pain
I’ve been waiting to see it grown up like an adult
After so many years I’ve thought it was the moment to open it’s door for the great day
The day I’ve always dreamed, since I was a child
The day in which it should not have been for my eyes only
The day in which all those years that I spent to collect all those treasures should have had a sense
I trusted you, I opened wide that door, I gave all my treasures to you, without if and without but
It was the last time in which I’ve been into that place
Nobody else have been there: now it’s completely empty! There are no more treasures, no more memories, no more hopes, no more wishes

There was a place where I used to go since I was a child: that place was my soul.

Sic transit gloria mundi

Sic transit gloria mundi

Parafrasando una bellissima canzone di Fabrizio De Andrè, ieri si sono affrettati a dare la propria adesione al “ballo mascherato della celebrità” i maggiori capi di Stato e di Governo delle nazioni “liberatrici” della Libia, ciascuno rivendicando il ruolo decisivo dato al tragico epilogo del dittatore Muʿammar Abū Minyar ʿAbd al-Salām al-Qadhdhāfī, italianizzato in Gheddafi. Il nostro di capo di Governo, sua eccellenza Silvio Berlusconi, ha laconicamente commentato con la locuzione latina sic transit gloria mundi. Che dire? La pantomima della guerra di liberazione è finita, ora inizierà quella per la spartizione degli interessi economici. Portata la libertà, bisogna poi “organizzarla” ed “indirizzarla” verso un processo “democratico”. Assisteremo, per quel poco che trasparirà sui mezzi d’informazione, nei prossimi mesi a lotte furibonde (a dire il vero già iniziate da tempo, ma sicuramente avranno una escalation) per la spartizione delle ricchezze del Paese africano. E l’amico fraterno di Gheddafi? Colui il quale gli baciò la mano in segno di referenza? Colui il quale tanto clamore sollevò per il famoso trattato italo-libico, inneggiando a sviluppi clamorosi, tanto a livello economico, quanto a quello politico? Diciamo, a voler essere generosi, che si è defilato, con una frase che deve aver ritenuta ad effetto, una delle sue, di quelle che lasciano il segno… Chissà se userebbe la stessa per un’eventuale venuta in disgrazia dell’altro suo buon amico Vladimir Putin?
Al di là di ogni altra considerazione, ciò che dovrebbe fare pensare un popolo come il nostro, tristemente abituato  a non pensare, è che con una classe politica come la nostra non andremo mai da nessuna parte nel mondo futuro; dovrebbe fare pensare ad un popolo come il nostro che non si può essere supini ed accettare tutto in nome del “vivi e lascia vivere”, in nome del menefreghismo perché “tanto ci pensano gli altri”; dovrebbe fare pensare ad un popolo come il nostro che la realtà della Grecia non è che la minima parte di ciò che può e, spero di sbagliarmi, sicuramente accadrà all’Italia quintuplicato, grazie a personaggi come i nostri politici inetti e corrotti, grazie ai nostri “salvatori della Patria” economisti, grazie alla mediocrità diffusa.
Sic transit gloria mundi, et sic est fatum patriae nostrae! Dicuntur…
In un mondo di confusione

In un mondo di confusione

In un mondo di confusione
di vociare intenso ed inutile
di pensieri corrotti e corruttori
In un mondo pieno d’ingiustizie
di lacrime perse nel fiume del dolore
di lotte per la libertà perduta
di vite annientate e derise
In un mondo annerito dal fumo delle guerre
annegato nel sudore della fatica
reso rosso dal sangue degli sconfitti
In un mondo come questo ho visto te:
t’ho creduta essere il mio futuro alla vita,

sei stata solo un sogno di un illuso senza speranza

Live from Rome

Live from Rome

Live from Rome 

What a pity, many thousands of peaceful demonstrators, families, purple people, just youngs, workers, unemployed people arrived to demonstrate against social inequality from all over the nation and… few hundred of black blocks: a wonderful occasion wasted! 
The worst thing is that now our politicians will say that this is the result of people that are against democracy, etc. etc. instead of the real reason why all those people were there in the streets
Indignados di tutto il mondo unitevi

Indignados di tutto il mondo unitevi

Parafrasando la celebre frase del Capitale di K. Marx si potrebbe dire che la manifestazione mondiale del 15 ottobre prossimo potrebbe costituire una valida base di rifondazione della società e del suo sviluppo a livello mondiale.
Intendiamoci, con ciò non intendo dire che sarà sicuramente l’inizio di una rivoluzione planetaria, ma potrebbe costituire senz’altro la base sociale che generi un più diffuso senso di necessità di cambiamento a livello planetario. I cambiamenti sociali e storici in Hegel avvengono in modo “dialettico”, in altre parole quando un’epoca è giunta alla sua fine ha già in sé i presupposti dell’epoca che la segue: la storia è in continuo divenire.  La realtà non è che il dispiegarsi della Ragione che si manifesta in una serie di passaggi, i quali rappresentano, ognuno, il risultato di quelli precedenti e il presupposto di quelli seguenti. Bene, mi sbaglierò, ma in questo fermento planetario intravedo i presupposti per questo cambiamento e spero, francamente, che non venga meno. Ciò che Marx aveva ben espresso circa l’atomismo e l’individualismo quali tratti peculiari della civiltà moderna della sua epoca rimane purtroppo valido anche ai nostri giorni, traslato in un’economia che da pura capitalistica s’è trasformata in finanziaria. Senza voler scomodare la rivoluzione auspicata da Marx per superare le disuguaglianze sociali determinate dal capitalismo, è comunque chiaro che un cambiamento sociale deve essere una naturale valvola di sfogo per un confronto di esigenze di vita oramai inconciliabili tra i forti poteri economici, che sono una minoranza assoluta in termini numerici, e la moltitudine variegata e di diverse estrazioni sociali che si contrappone dall’altra parte e che è costretta a subire il carico economico determinato dall’arricchimento di tali poteri economico-finanziari. In parole povere non è più sostenibile una situazione che faccia pagare a quasi tutti il privilegio di pochissimi, pena una inevitabile rivolta anche cruenta.
Vedremo nei prossimi mesi dove condurrà questo sentimento d’ingiustizia ormai comune fra la gente, qui in Italia come nel resto del mondo: da noi la classe politica è praticamente un’entità aliena al comune sentire della gente e la “casta” di cui si parlava fino a qualche tempo fa è oramai un termine che va sostituendo la classe politica tout court, senza più distinzioni fra gruppi politici. Quella economico-finanziaria vorrebbe “sostituire” quella politica che non gli fa più da referente nella vita sociale (essendo solo costituita da persone inette, non votate, ma andate al potere per clientelismo e favoritismi vari), mettendo così in serio pericolo la propria egemonia a livello di classe di riferimento per “il popolo”, come in parte era ancora vista, almeno fino a qualche tempo fa. Pertanto ci sono personaggi come Montezemolo (FIAT!) e Profumo (EX UNICREDIT!), praticamente due dei maggiori rappresentanti di quella classe sociale diretta responsabile del disastro economico che stiamo vivendo che vorrebbero rappresentare il nuovo in politica: un po’ come 20 anni fa “scese in campo” il buon Berlusconi per difendere ciò che la caduta in disgrazia di Craxi non gli permetteva più di difendere: se stesso ed i propri interessi economici.
Di che cosa stiamo parlando? Del futuro di un Paese morto!
Ho incontrato la stanchezza di vivere

Ho incontrato la stanchezza di vivere

Ho incontrato la stanchezza di vivere
Non m’aspettavo di vederla sul mio cammino
Eppure s’è presentata al calar della sera
Nella penombra era celata, ma ne ho percepito la presenza
Era vestita del colore dei pensieri cupi
Era silenziosa come il predatore in attesa della sua vittima
Era bella come una giovane sposa nella sua prima notte di nozze
Ho incontrato la stanchezza di vivere
Pensavo m’avrebbe abbandonato presto

Mi sbagliavo: è stato l’ultimo abbraccio tenero che ho provato nella mia vita

A momentary lapse of reason

A momentary lapse of reason

A momentary lapse of reason is that we’re living in this period. It’s a short period if we compare it with the age of capitalism; it’s very long if we think to the starting period, in 2000 more or less. The “indignados” are rising up all over the world today, nevertheless they should have been some years ago, when the way we are running now started. At the end of 2008 I remember was clear that that system that was the very easy living had to fall down. People thought that it were just a short period of crisis instead of the start of a very long walk on the brink of the precipice.
When the root of a house is not stable, the walls will fall down. The only way to think about a possible future in a crisis period is thinking with imagination that’s more important than knowledge said A. Einstein, and where this imagination can bring us? I think very far. Is it possible to think to a future with a root into the past and walls forwards to the future. The root are all those values that our world has given away in the name of the progress, of the economy, of money: in other words solidarity, equity, justice and sense of shame not without culture, research, curiosity for the new. The age of technique and technology has killed the age of humanism: we should retrieve values that are the mile stone of our civilization. We should wake up from this momentary lapse of reason!
La foglia d’autunno

La foglia d’autunno

Lieve si stacca dal ramo della vita
Danza nell’aria tersa del mattino della speranza
Con circoli irregolari che descrivono i gorghi dell’esistenza
Rimaniamo sospesi per un tempo che sembra eterno
Mentr’essa lentamente s’abbassa
E gioiamo ad ogni refolo di vento che la sospinga ancora per poco più sù
E’ solo l’illusione di pochi attimi: è già giunta a terra
Un ragazzo distratto passando la schiaccia
Rimarrà lì accatastata con tutte le altre che hanno già condiviso il suo cammino

Aspettando la scopa inesorabile del proprio destino

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Everybody lies