Topolino e le meraviglie del domani

Topolino e le meraviglie del domani

Correva l’anno 1974 e, lo ricordo ancora, in uno splendido sabato pomeriggio di fine ottobre-primi di novembre mi trovai a passeggiare con la mia famiglia lungo la mitica “via Veneto” a Roma. Non so se esista ancora, ma all’epoca c’era una grande edicola di giornali quasi nel punto dove la via della “Dolce vita” si biforca con via Bissolati, di fronte all’Ambasciata americana. Ebbene, lì supplicai mio padre perché mi comprasse un giornaletto extra, rispetto alle normali uscite settimanali di “Topolino”, di cui ero lettore accanito: si trattava di un “Albo d’oro”, dal titolo affascinante di “Topolino e le meraviglie del domani”. Quale bambino avrebbe saputo resistere al mistero che si celava dietro un titolo tanto accattivante? Ben pochi, sicuramente non io. Convinsi alla fine mio padre a cedere ed entrai in possesso di quel giornalino illustrato (peraltro di forma inusuale rispetto ai “normali” Topolino, perché largo e corto in altezza). La storia (Mickey Mouse – The World of Tomorrow), cosa che all’epoca ignoravo, era stata scritta per la versione statunitense da Bill Walsh, mentre Floyd Gottfredson ne aveva fatto i disegni e Dick Moores il ripasso a china, il tutto nel lontano 1944.

La trama del fumetto vedeva Topolino ricevere per posta un misterioso pacco contenente dei vestiti invisibili che, una volta indossati, gli avrebbero mostrato le bellezze del mondo del futuro. Pensando che si trattasse di un regalo dei suoi amici scienziati, Topolino si introdusse nel “nuovo mondo” insieme a Pluto, trovando una Terra iper-tecnologizzata che aveva addomesticato ogni residuo di natura selvaggia. Nominalmente il crimine non esisteva più, ma dei misteriosi uomini meccanici rapirono Minni. Messosi alla sua ricerca insieme all’eccentrico ispettore Gluesome, Topolino arrivò nella valle nascosta di Mekkakia, in cui Pietro Gambadilegno tempo prima aveva sfruttato uno scienziato per assemblare una prima frangia di robot auto-costruenti con cui conquistare il pianeta (risultato ottenibile grazie anche all’ausilio di un nugolo di robot dalle fattezze umane che avrebbero dovuto in sordina prendere il posto delle relative controparti umane). A Mekkakia, oltre a una splendida donna-robot (Mimi) che si innamorò di Topolino, era già pronto un perfetto replicante del topo dalle orecchie rotonde… La storia continua, ma sarebbe troppo lungo riassumerla tutta. Alla fine non sarà chiaro se si sia trattato di un viaggio reale o un incubo causato a Topolino dal bernoccolo che gli ha procurato in testa l’omino meccanico del nipote Tip.

Tutto questo lungo preambolo non soltanto per ricordare un piccolo capolavoro per l’infanzia (e non solo), ma soprattutto per avere uno spunto per parlare delle meraviglie del nostro “domani”, che in realtà è già un triste “oggi”.

I novelli “Gambadilegno”

Nella storia di Walsh il tentativo del cattivo Gambadilegno era quello di sostituire l’umanità con dei robot dalle sembianze umane (molti altri nella letteratura e nel cinema hanno ipotizzato quest’evenienza), mentre oggi quello che si sta profilando all’orizzonte è l’integrazione dell’uomo con la macchina, come negli incubi della peggiore (o migliore, secondo i punti di vista) fantascienza dedicata al cosiddetto transumanesimo. Io direi piuttosto una disumanizzazione dell’essere umano in nome, almeno così viene venduta questa trasformazione, del progresso scientifico e della comodità in ambito sociale ed economico. Oramai si parla apertamente di “fusione” di uomo e macchina, ma ovviamente al fine benefico di prevenire malattie o precorrere tendenze insite nel nostro sviluppo fisico e psichico. Uno dei maggiori fautori di questo “nuovo mondo delle meraviglie” è Yuval Noah Harari, storico e saggista israeliano, consigliere di Klaus Schwab. Il nostro, fra le altre cose, pronostica un mondo dove l’essere umano dovrà essere hackerato. Nel 2020, durante l’annuale incontro del World Economic Forum a Davos, ebbe a dire: “    If you know enough biology and have enough computing power and data, you can hack my body and my brain and my life, and you can understand me better than I understand myself. You can know my personality type, my political views, my sexual preferences, my mental weaknesses, my deepest fears and hopes. You know more about me than I know about myself. And you can do that not just to me, but to everyone.

…A system that understands us better than we understand ourselves can predict our feelings and decisions, can manipulate our feelings and decisions, and can ultimately make decisions for us.

…Now in the past, many governments and tyrants wanted to do it, but nobody understood biology well enough and nobody had enough computing power and data to hack millions of people. Neither the Gestapo nor the KGB could do it. But soon at least some corporations and governments will be able to systematically hack all the people. We humans should get used to the idea that we are no longer mysterious souls – we are now hackable animals”*. “Noi ora siamo animali violabili”…

In effetti la strada verso questo tipo di violabilità s’è intrapresa da tempo. Già nobili fondazioni, come quella dei Rockefeller si erano impegnate ad immaginare il nostro futuro in tal senso. Da allora molteplici sono stati i casi di questo tipo di sviluppo. Per fare un esempio la Svezia, noto Paese di sperimentazioni sociali (eh sì, non siamo i soli in Europa), aveva (nel 2018, per la precisione) introdotto la “comoda” pratica di un chip sottopelle che avrebbe il compito di far risparmiare la noiosa operazione di aprire una porta toccando le infette (dopo la “pandemia”) maniglie, oppure risparmiando gli avventori di un negozio dal dover maneggiare del contagioso e sporco denaro. Ma, notizia di questi giorni, ora siamo arrivati ad un nuovo capolavoro in questa direzione. La sperimentazione non è più gratuita, ma la si fa pagare a coloro che ne sono sottoposti. Volete questa enorme comodità di dare il polso per entrare in casa? Allora pagate 200 euro (anzi, 199 per la precisione). Ma arriva a 350 con l’operazione necessaria all’impianto, come ci spiega l’entusiasta giornalone italiano di via Solferino. Immagino che di italioti (e non) che saranno entusiasti d’aderire a questa meravigliosa iniziativa ce ne siano molti.

Le numerose meraviglie del “domani”

Ma le meraviglie del domani sono molteplici, in Italialand e altrove. Nota è ormai la vicenda degli oltre 30 laboratori di bio-ingegneria finanziati dagli americani (e non solo) in Ucraina dalla Metabiota, una delle ditte appaltatrici del Pentagono (ne ho parlato altrove). Quello che i nostri connazionali probabilmente ignorano è che di laboratori di questo tipo ce ne sono anche sul nostro di territorio nazionale. Uno è stato trasferito dal Cairo a Sigonella (come riferito da Franco Fracassi), e uno, udite udite, è a Trieste, città dal carisma mitteleuropeo.

Interessante documento, riguardo quest’ultimo laboratorio, è la Gazzetta Ufficiale uscita lo scorso 15 giugno. Il Centro internazionale per l’ingegneria genetica e la biotecnologia (ICGEB) è stato infatti reso oggetto di una particolare “attenzione” da parte del Governo, conferendogli dei privilegi che per un’azienda privata risultano quantomeno inusuali.

Come si legge sul loro sito, “L’ICGEB è un’organizzazione intergovernativa unica, nata inizialmente come progetto speciale dell’UNIDO. Autonoma dal 1994, gestisce oltre 45 laboratori all’avanguardia, a Trieste, Italia, Nuova Delhi, India e Città del Capo, Sud Africa e forma una rete interattiva con quasi 70 Stati membri, con operazioni allineate a quelle di il Sistema delle Nazioni Unite. Svolge un ruolo chiave nella biotecnologia promuovendo l’eccellenza della ricerca, la formazione e il trasferimento tecnologico all’industria, per contribuire in termini concreti allo sviluppo globale sostenibile”. Ecco la parolina magica: “sostenibile”. Un semplice aggettivo che viene usato oramai come il prezzemolo. Va bene ovunque. Tutto diventa più bello quando lo si apostrofa con questa parola. Dà un’idea di verde (green, come usano dire coloro che sono “all’avanguardia”), fresco, pulito. Virgilio, nell’Eneide, fa pronunciare a Laocoonte la famosa frase “Timeo Danaos et dona ferentes” (temo i Greci, anche quando recano doni). Ecco, il paragone mi sembra appropriato, bisogna diffidare di chiunque usi parole come “sostenibile” o “resiliente”. Nel caso in questione basta dare un’occhiata a chi sono le aziende partner della ICGEB. Fra le altre troviamo “The Bill & Melinda Gates Foundation”, “The National Institutes of Health” (NIH), “New England Biolabs”, vari enti di beneficenza, “Sun Pharma”, “EMBO” e il “Joint Research Centre” della Commissione europea. Molti attori che a vario titolo sono stati coinvolti anche nella “pandemia”.

Fra le cose che sono state stabilite per legge (LEGGE 19 maggio 2022, n. 66 che ratifica un precedente accordo) il Governo l’ha esentata da tutte le tasse, ha reso i suoi locali inalienabili, ha conferito al personale (e ai suoi familiari) immunità totale. Inoltre l’azienda può avere conti in Italia ed all’estero con valute diverse rimanendo esenti da qualsiasi tassazione. Chissà come mai? E perché tanto risalto viene dato ad un’azienda privata e non statale, da metterne addirittura in una legge i privilegi di cui gode (grazie ad un Parlamento dormiente)?

Conclusioni

Vorrei concludere questa mia divagazione sull’oggi (il domani è già presente, purtroppo), con un altro illuminante pensiero del nostro Harari che, durante un’intervista rilasciata lo scorso maggio, così si è espresso: “Penso che la domanda più grande forse nell’economia e nella politica dei prossimi decenni sarà cosa fare con tutte queste persone inutili? Il problema è più la noia e cosa fare con loro e come troveranno un senso nella vita, quando sono fondamentalmente privi di significato, senza valore? La mia ipotesi migliore, al momento è una combinazione di droghe e giochi per computer come soluzione per la maggior parte. Sta già accadendo… Penso che una volta che sei superfluo, non hai più potere”. E ancora in un’altra del settembre 2021: “Se hai abbastanza dati e hai abbastanza potenza di calcolo, puoi capire le persone meglio di quanto capiscano loro stesse e quindi puoi manipolarle in modi che prima erano impossibili e in una situazione del genere, i vecchi sistemi democratici smettono di funzionare. Dobbiamo reinventare la democrazia in questa nuova era in cui gli esseri umani sono ora animali hackerabili. L’idea che gli esseri umani abbiano questa “anima” o “spirito” e abbiano il libero arbitrio… è finita”. E ancora: “Non abbiamo risposta nella Bibbia di cosa fare quando gli esseri umani non sono più utili all’economia. Servono ideologie completamente nuove, religioni completamente nuove ed è probabile che emergano dalla Silicon Valley… e non dal Medio Oriente. E probabilmente daranno alle persone visioni basate sulla tecnologia. Tutto ciò che le antiche religioni promettevano: Felicità e giustizia e persino vita eterna, ma QUI SULLA TERRA con l’aiuto della tecnologia e non dopo la morte con l’aiuto di qualche essere soprannaturale”.

 

Da qualche parte nella casa paterna dovrei ancora averlo “Topolino e le meraviglie del domani”. Devo andarlo a cercare, perché non mi ricordo bene come vada a finire la storia…

 

*Usate il traduttore automatico se non conoscete l’inglese

Gli specchietti per le allodole

Gli specchietti per le allodole

Il modo più certo per dissimulare la realtà e cercare di incanalare il malcontento da parte del potere è sempre stato quello di inserire nel contesto sociale una sorta di “specchietto per le allodole”. Questo nel corso della storia è sempre avvenuto e casi ve ne sono di più e meno famosi, partendo, ad esempio, da Lorenzo Valla che durante il dodicesimo secolo con la sua famosa dissertazione De falso credita et ementita Constantini donatione denunciò come falsa la presunta Donazione di Costantino, testo con cui la Chiesa aveva per secoli giustificato il suo potere temporale, attribuendo all’imperatore Costantino la decisione di donare a Papa Silvestro I (IV secolo d.C.) i domini dell’impero romano d’Occidente. Oppure la figura della pulzella d’Orléans, quella Giovanna d’Arco (Jeanne d’Arc in francese) che guidò, a soli 17 anni, il suo popolo nella riconquista di parte dei territori conquistati dagli inglesi durante la Guerra dei cent’anni.

Ebbene entrambi questi esempi molto probabilmente sono dei “falsi storici”. Provate a pensare al primo: la Chiesa, il potere assoluto, che governava sul mondo già da secoli, avrebbe permesso ad un intellettuale isolato di sbeffeggiarla e metterla in ridicolo, facendo nel contempo una magnifica carriera sotto i pontefici Niccolo V e Callisto III e morendo, infine, molto anziano e ricco. Francamente poco credibile. Come poco credibile risulta la vicenda della pulzella francese, in realtà molto probabilmente una sorella o sorellastra del re Carlo VII (entrambe le vicende sono state ottimamente trattate da Pietro Ratto nel suo “La storia dei vincitori e i suoi miti”).

 

Santa madre Chiesa

Perché sono partito da questi due esempi? Proprio per arrivare ai nostri di giorni. Il periodo distopico che stiamo vivendo è noto a tutti, e sul palcoscenico della storia, almeno quella nostrana, appaiono diversi personaggi che sembrerebbero andare contro la corrente della narrativa mainstream, ampiamente rappresentata giorno e notte. Mi riferisco in particolare a personaggi come l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America (fatto non secondario quest’ultimo), assurto agli onori della cronaca più recente per una serie di video rilasciati in Rete nei quali descrive con assoluta lucidità e precisione i fatti e i retroscena a questi insiti di questo disgraziato periodo. Il tutto lanciando precise “accuse” e facendo, per così dire, nomi e cognomi di quelli che farebbero parte del presunto piano orchestrato ad hoc per trasformare il mondo da come lo abbiamo conosciuto fino ad un paio di anni fa in qualcosa, appunto, di distopico ed inimmaginabile. Ma voi pensate davvero che un’istituzione come la Chiesa di Roma, un vero e proprio impero che come nessuno altro nel mondo occidentale è durato tanto a lungo, ossia per più di 2.000 anni, possa mai permettere ad un suo alto prelato di fare impunemente le dichiarazioni che appunto fa monsignor Viganò, senza censurarlo, senza tentare di chiudergli la bocca o di infangarlo in qualche modo? Giusto un bambino di pochi anni potrebbe crederci, ma il mondo fluttuante del web ne è pieno di bambini creduloni, e questa è la vulgata che si è sparsa alla velocità della luce.

 

Trieste

Altro personaggio recentemente venuto alla ribalta della cronaca è Stefano Puzzer, definito come “portavoce” dei portuali triestini che hanno provato a “bloccare” le attività del porto per protesta contro il provvedimento, questo sì di stampo fascista, della presentazione del “green pass” per poter recarsi a lavoro. Innanzitutto chiariamo una cosa: il porto di Trieste non è di proprietà dell’Italia, bensì come stabilito dal trattato di Parigi del 1947 (a seguito della Seconda Guerra Mondiale) e con successiva reiterazione di 10 anni dopo, è un territorio sotto tutela degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Infatti è detto porto franco e, in teoria, la polizia italiana lì non avrebbe neanche potuto metterci piede. Dal settembre dello scorso anno il colosso tedesco di Amburgo “Hamburger Hafen und Logistik Ag” (Hhla) ha concluso l’intesa per entrare nella Piattaforma Logistica del porto (con una quota pari al 50,01 per cento), una infrastruttura nata sulla carta nei primi Anni 2000, considerata tra le più grandi opere marittime del Paese negli ultimi dieci anni. In pratica sono i soci di maggioranza. Al porto di Trieste giungono le merci provenienti dalla Cina e dirette nel Nord Europa. Sempre lì arriva tutto il petrolio destinato a rifornire la Baviera, regione tedesca di vitale importanza per l’economia germanica e non solo.

Ora immaginate voi le élite americane ed inglesi (oltre a quelle tedesche) starsene lì a vedere in televisione l’inizio di una potenziale pericolosa sommossa del popolino cencioso, che vorrebbe fermare le attività del porto per protestare contro la tessera di stampo fascista istituita da loro stesse. Secondo voi, potevano mai stare con le mani in mano, senza far niente, a vedere che noi povere formichine iniziavamo ad agitarci con le nostre zampette e che, potenzialmente, a medio-lungo periodo potevamo iniziare a costituire un problema “imprevisto”? Ma quando mai! Allora che fare? Beh, secondo me la cosa più logica sarebbe stata proprio quella di inserire un elemento per così dire “rabbonitore” delle folle in rivolta, per far “ribellare” le pecore con pacata compostezza, così, senza violenze, come piace ai mezzi mainstream che riprendono le facce dei poveri disgraziati che provano a protestare in piazza, salvo poi additarli come pericolosi estremisti se provano ad opporsi ai soprusi della Polizia e dei servizi segreti.

Quando poi qualcuno, come è accaduto, fra i veri portuali in rivolta (il signore in questione non fa lo scaricatore di porto, bensì il sindacalista in giacca e cravatta. Normalmente) ha iniziato a nutrire dubbi sulla figura del “Masaniello” perbenista triestino, allora è arrivato il momento di farlo uscire di scena con un coup de théâtre, facendolo scendere nella Capitale, con il suo banchettino educato, in attesa di non si sa bene cosa (visto che s’era capito fin dal primo giorno di proteste a Trieste che in realtà non ci sarebbe stato nessun tipo di risposta alle istanza dei “rivoltosi”), per poi prelevarlo in modo “misterioso” verso le quattro del pomeriggio e portarlo in “questura” (così dice la vulgata diffusa da lui stesso) per accertamenti. Salvo poi sentirlo a sera inoltrata, al telefono, dire che era stato fatto allontanare da Roma, con una sorta di daspo di un anno sul territorio della Città eterna.

A parte il fatto che sarebbe bastato che spostasse la sua protesta, chessò, a Fiumicino (che è altro comune), ma è stato divertente ascoltare la telefonata da lui fatta in seguito (non quella a Giordano in “Fuori dal coro”) dove si capisce benissimo che si trovava in una macchina, che non era lui che guidava, e che nella macchina c’erano un uomo e una donna che conversavano in inglese. Sicuramente deve essere un caso. Come è un caso risaputo che i nostri servizi prendono ordini da quelli britannici ed americani. Ma questa è un’altra storia.

 

I capi popolo

Come un’altra storia è la vicenda di poco precedente che ha visto coinvolto Giuliano Castellino, leader romano di Forza Nuova (nota organizzazione pacifica per nulla nota alle forze dell’ordine). Ebbene questo longilineo signore aveva aizzato la folla presente a “Piazza del popolo” a Roma, durante la manifestazione con i soliti quattro gatti (ovviamente secondo i media, quelli affidabili) contro il “green pass” dello scorso 9 ottobre, ad andare a “trovare” Maurizio Landini alla sede della Cgil, casualmente aperta pur essendo sabato. La storia come sia andata la conosciamo tutti. La cosa più interessante è che questo pasciuto personaggio lo avevo visto anch’io, ignorando chi fosse, durante la manifestazione (sempre contro il passaporto fascista per lavorare, e non solo) che si era tenuta nel mese di agosto, precisamente il giorno 6, sempre nella stessa piazza. Anche allora arringava la folla, urlando a tal punto che pensavo che gli sarebbe venuto un infarto, e faceva, per così dire, da moderatore ai vari interventi. Il tutto sotto il naso delle Forze dell’ordine (Polizia e Carabinieri) presenti in piazza per “vigilare” a che noi sovversivi non facessimo casini in un bollente pomeriggio (otre 38 gradi) romano.

Ebbene, quel che personalmente ignoravo era chi fosse costui, per dirla con un’espressione manzoniana. Solo a seguito di questi fatti di ottobre ho scoperto che il “signore” fosse stranoto ai tutori dell’ordine, che avesse un braccialetto elettronico, che gli fosse proibito allontanarsi da casa e partecipare a qualsivoglia pubblica attività. Strano, no? Non so se si è colta l’ironia.

Vorrei concludere la disamina di questi “specchietti per le allodole” citando un noto personaggio politico e giornalista che a mio modesto parere è il classico esempio di gatekeeper (letteralmente dall’inglese, il guardiano del cancello), termine tanto di moda ora per dire “infiltrato” in un determinato campo: Gianluigi Paragone. Lo fa bene, lo fa da tanto tempo ed è diventato quasi credibile agli occhi dei più. Molto presente sui media, sa molto bene quali corde toccare del senso di ribellione della gente. Ma come si suol dire, il pesce puzza dalla testa. E la sua…

Infine pongo dei seri dubbi sull’“autenticità” di un paio di personaggi femminili tanto di moda recentemente: il vice questore Nunzia Schilirò e la dottoressa Barbara Balanzoni. Entrambe vengono da ambienti di forze dell’ordine o militari. Forse non è un caso. Forse mi sto sbagliando. Chissà!

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